Al contribuente vengono scontati i costi

Qualora il contribuente abbia omesso di presentare la dichiarazione dei redditi, e l’Amministrazione proceda con il metodo induttivo all’accertamento del reddito, quest’ultima deve tener conto anche dei componenti negativi emersi dagli accertamenti compiuti.

Nei casi in cui si proceda ad accertamento induttivo del reddito a seguito della mancata presentazione della dichiarazione, il fisco, nel determinare il reddito accertato, deve considerare anche i costi inerenti l’attività d’impresa ossia deve tenere conto anche delle componenti negative del reddito che siano comunque emerse dagli accertamenti compiuti. Le limitazioni previste dall’ art. 75 comma 6 TUIR n. 917/1986 in materia di prova dei costi e oneri ai fini dell’accertamento analitico/induttivo, non trovano applicazione, poiché la norma disciplina il caso di dichiarazione presentata infedele e non omessa. Tale assunto è stato statuito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 1166 del 27 gennaio 2012. Costi scontati. Tale pronuncia, in tema di riconoscimento degli oneri e delle spese, precisa che in presenza di un accertamento, differente da quello analitico ex articolo 39, comma 1, lettera d d.p.r. n. 600/1973, i costi devono essere riconosciuti anche se non annotati nelle scritture contabili e anche in caso di omessa presentazione della dichiarazione. Il caso. Ad un contribuente era stato rettificato un maggior reddito di impresa. I giudici di merito tributari riconoscevano la deducibilità dei costi dal maggior imponibile rettificato dall'amministrazione. La quantificazione forfettaria avveniva in base al rapporto proporzionale tra redditi e costi indicati in dichiarazione. Il fisco ricorreva per cassazione eccependo, tra l'altro, che erroneamente il giudice di appello aveva ritenuto che l'accertamento era di tipo induttivo puro, mentre, in realtà, si trattava di una rettifica analitico-induttiva ai sensi dell'articolo 39, comma 1 lettera d d.p.r. n. 600/73, essendo state determinate le quantità di prodotti venduti e non fatturati raffrontando le quantità rilevate nelle bolle di accompagnamento e quelle indicate nelle rispettive fatture. I maggiori ricavi quindi, secondo il fisco, erano accertati in base alla differenza matematica tra quanto indicato in bolla e quanto riportato nelle fatture. Ne conseguiva, secondo la tesi erariale, che, nella specie, i costi riconosciuti dalla commissione regionale non potevano essere ritenuti inerenti in quanto mancanti della certezza e precisione, atteso che i giudici di merito avevano fatto ricorso ad una determinazione forfetaria. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso e confermato la sentenza del giudice del gravame, ritenendo, che il fisco non aveva indicato, in modo esaustivo, le circostanze di fatto concernenti la qualificazione del metodo di accertamento adottato. Nella specie, i giudici di legittimità non erano stati messi in condizione dal fisco di verificare l'effettiva metodologia di accertamento adottata analitica pura, induttiva o analitico/induttiva . Costi riconosciuti se l’accertamento non è analitico? I giudici di legittimità hanno precisato che in tema di imposte sui redditi la norma che prevede la deducibilità dei costi solo a condizione della loro trascrizione nelle scritture contabili non è applicabile in caso di rettifica induttiva, inoltre, se la ricostruzione non è analitica, i componenti negativi devono essere considerati, sia nell'ipotesi di omessa presentazione della dichiarazione, sia in fattispecie ad esse assimilabili di accertamento di maggiori redditi non dichiarati. E, a fronte di maggior ricavi non analiticamente quantificati, i costi devono essere riconosciuti anche se in modo forfetario. La ricostruzione della situazione reddituale deve tener conto anche delle componenti negative. Allorché,in mancanza della dichiarazione del contribuente, l'Amministrazione finanziaria ricostruisca ex officio la sua posizione reddituale, non trova applicazione la limitazione della prova riferita ad oneri e spese, dovendosi tener conto anche di tali componenti negativi del reddito per non assoggettare ad imposta come reddito d'impresa quello che non è tale. L'Amministrazione finanziaria, in sede di accertamento induttivo, deve procedere alla ricostruzione della situazione reddituale complessiva del contribuente, tenendo conto anche delle componenti negative del reddito che siano comunque emerse dagli accertamenti compiuti, tanto che, qualora per alcuni proventi non sia possibile accertare i costi, questi possono essere determinati induttivamente, perché diversamente si assoggetterebbe ad imposta, come reddito d'impresa, il profitto lordo, anziché quello netto, in contrasto con il parametro costituzionale della capacità contributiva art. 53 Cost. . In tema di accertamento delle imposte sui redditi, la commissione tributaria adita per l'annullamento dell'avviso di rettifica del reddito, individuato dall'Amministrazione finanziaria con metodo analitico, ex art. 39, primo comma, del d.p.r. n. 600/1973, non può procedere alla determinazione induttiva dell'utile di gestione, atteso che il giudice, investito del sindacato sulla legittimità di un accertamento tributario, può soltanto verificare la sussistenza o meno dei presupposti idonei a legittimare il potere dell'Ufficio in concreto esercitato, senza potersi ad esso sostituire nell'esercizio di un potere diverso, spettante all'amministrazione attiva, del quale vengano in ipotesi riconosciute sussistenti le condizioni.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 8 novembre 2011 27 gennaio 2012, n. 1166 Presidente Adamo – Relatore Olivieri Svolgimento del processo Con sentenza 3.12.2004 n. 99 la CTR della regione Marche sez. 6 Ancona ha rigettato l'appello proposto dall'Ufficio di Tolentino dell'Agenzia delle Entrate confermando la decisione n. 7/01/2002 della CTP di Macerata che -in parziale accoglimento del ricorso proposto dalla ditta individuale C. di D.D. avverso l'avviso di accertamento in rettifica dei maggiori redditi di impresa imponibili, dichiarati per l'anno 1994 a fini IRPEF aveva riconosciuto come deducibili dai maggiori redditi accertati costi inerenti in misura corrispondente al rapporto proporzionale tra redditi e costi indicati dal contribuente nella dichiarazione, ritenendo inoltre non applicabile la sanzione pecuniaria prevista dall'art. 53 co 1 n. 3 d.p.r. n. 600/1973. La CTR marchigiana riteneva infondata la eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo in quanto tale sanzione era comminata dall'art. 18 co 4 d.lgs. n. 546/1992 soltanto per la omessa sottoscrizione del ricorso da parte del difensore e non anche per la mancanza della autentica di firma relativa al conferimento della procura, peraltro presente nell'atto originale depositato presso la Segreteria della Commissione tributaria. Riteneva altresì infondato nel merito l'appello, rilevando che in caso di accertamento di maggiori redditi non dichiarati dal contribuente, l'Ufficio, nella determinazione della base imponibile, era tenuto a considerare anche i costi inerenti alla produzione di tali redditi, come statuito con giurisprudenza costante dalla Corte di legittimità. Inoltre la sanzione ex art. 53 co 1 n. 3 d.p.r. n. 600/1973 non era irrogabile essendo stata tale norma abrogata dall'art. 16 lett. b d.lgs. n. 471/1997, mentre doveva ritenersi congrua la sanzione di lire 1.000.000 inflitta ai sensi dell'art. 51 co 3 d.p.r. n. 600/1973, trovando applicazione il disposto dell'art. 3 co 3 d.lgs. n. 472/1997 principio della legge più favorevole al reo . Avverso la sentenza di appello non notificata, con atto consegnato all'Ufficiale giudiziario in data 18.1.2006 e notificato ai sensi dell'art. 149 c.p.c. in data 24.1.2006, hanno proposto ricorso per cassazione il Ministero della Economia delle Finanze e l'Agenzia delle Entrate deducendo due motivi articolati in plurime censure. Non ha resistito la intimata. Alla udienza 23.6.2010 la causa è stata sospesa, su istanza del difensore delle parti ricorrenti, con rinvio a nuovo ruolo sussistendo i presupposti della legge n. 73/2010, ed è quindi pervenuta alla discussione alla odierna udienza. Motivi della decisione 1. Va preliminarmente dichiarata ex officio l'inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, per difetto di legittimazione attiva, non avendo assunto l'Amministrazione statale la posizione di parte processuale nel giudizio di appello svoltosi avanti la CTR della regione Marche, introdotto con ricorso proposto dall'Ufficio di Tolentino della Agenzia delle Entrate in data successiva all'1.1.2001 subentro delle Agenzie fiscali a titolo di successione particolare ex lege nella gestione dei rapporti giuridici tributari pendenti in cui era parte l'Amministrazione statale , con conseguente implicita estromissione della Amministrazione statale ex art. 111 co 3 c.p.c. cfr. Corte cass. SSUU 14.2.2006 n. 3116 e 3118 . 2. Con il primo motivo la Agenzia delle Entrate deduce violazione degli artt. 12, 80 recte 20 e 22 del D.lgs. n. 546/1992 in relazione all'art. 360 co 1 n. 3 c.p.c La parte ricorrente sostiene la erroneità della pronuncia impugnata laddove ha ritenuto ammissibile il ricorso introduttivo sebbene il conferimento dell'incarico di assistenza tecnica fosse privo della certificazione del difensore di autenticità della sottoscrizione, con conseguente nullità della procura ad litem e difetto di jus postulando del difensore che aveva sottoscritto il ricorso. Inoltre il ricorso doveva ritenersi inammissibile anche alla stregua degli artt. 20 e 22 D.lgs. n. 546/1992 in quanto, diversamente da quanto prescritto da tali norme, era stato notificato all'Ufficio in copia anziché in originale e, conseguentemente, era stato depositato presso la Segreteria in originale anziché in copia, vizi che non potevano essere ascritti, come affermato dai Giudici di appello, a mere irregolarità non sanzionate dalle norme. 2.1 II motivo, oltre che erroneamente prospettato in rubrica come vizio di violazione di norme di diritto sostanziale, venendo denunciati invece errori di attività processuale ex art. 360 co 1 n. 4 c.p.c. la corretta qualificazione ed individuazione del motivo di ricorso non è preclusa a questa Corte nel caso in cui, la esatta individuazione del parametro di legittimità violato, erroneamente indicato in rubrica, possa essere agevolmente compiuta -come nel caso di specie alla stregua del complessiva lettura del ricorso e precipuamente degli argomenti svolti a sostegno della censura cfr. Corte cass. 3941/2002 Corte cass. I sez. 5.4.2006 n. 7882 id. I sez. 13.9.2006 n. 19661 id. I sez. 3.3.2007 n. 7981 , è manifestamente infondato alla stregua della consolidata giurisprudenza di questa Corte in materia di ricorsi proposti avanti le Commissioni tributarie. Occorre premettere che la CTR marchigiana ha rilevato che l'autentica cd. minor della sottoscrizione autografa di conferimento dell'incarico di assistenza tecnica era presente nell'originale depositato nella Segreteria della Commissione al momento della costituzione in giudizio . Tanto premesso rileva il Collegio che l'atto introduttivo del giudizio avanti la Commissione tributaria -salvo trattasi di controversia di valore inferiore ad € 2.582,28 deve essere sottoscritto dal difensore e deve contenere la indicazione dell'incarico a norma dell'art. 12 co 3 D.lgs. 546/92, a pena di inammissibilità art. 18 co 3 e co 4 , non essendo sanabile il vizio neppure con la costituzione in giudizio del resistente art. 22 co 2 l'inammissibilità del ricorso è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio, anche se la parte resistente si costituisce . . L'incarico di assistenza tecnica avanti le Commissioni tributarie deve essere conferito al difensore abilitato nelle forme prescritte dall'art. 12 comma 5 del D.lgs. n. 546/1992 con atto separato dal ricorso atto pubblico, scrittura privata autentica con atto contestuale procura rilasciata a margine od in calce al ricorso con dichiarazione resa a verbale della udienza pubblica art. 12 comma 3 D.lgs. n. 546/92 , e nel caso in cui il conferimento venga rilasciato in calce od a margine del ricorso, il difensore è chiamato a certificare l'autografia della sottoscrizione della parte. Secondo il costante indirizzo di questa Corte, la prescrizione dei requisiti del contenuto minimo dell'atto introduttivo, concernenti la sottoscrizione del difensore e la indicazione dell'incarico conferito allo stesso dal ricorrente ex art. 18 comma 3 d.lgs. n. 546/1992, risponde alla esigenza di difesa della parte destinataria della notificazione di verificare la provenienza della vocatio in ius ” da parte di un procuratore abilitato alla assistenza tecnica dinanzi alle Commissioni tributarie -ai sensi dell'art. 12 co2 D.lgs. n. 546/1992 e munito dei richiesti poteri di rappresentanza processuale. La specificità del processo tributario, quale giudizio di tipo impugnatorio e di merito che non consente -attesi i tempi particolarmente brevi di impugnazione dell'atto nel caso di pronuncia di inammissibilità del ricorso di accedere nuovamente alla tutela giurisdizionale, ha richiesto, tuttavia, una attenta rimeditazione sulla applicazione delle norme processuali che comminano sanzioni di inammissibilità, e pertanto, anche sulla scorta delle pronunce 13.6.2000 n. 189 e 6.12.2002 n. 520 emesse dal Giudice delle Leggi nelle quali è stata ribadita la necessità di una interpretazione di tali norme in armonia con un sistema processuale che deve garantire la tutela delle partì in posizione di parità, evitando irragionevoli sanzioni di inammissibilità che si risolvano a danno del soggetto che si intende tutelare , questa Corte è pervenuta ad elaborare principi interpretativi restrittivi delle predette norme in base al canone ermeneutico secondo il quale è necessario dare alle norme processuali in genere, ed a quelle sul processo tributario in particolare, una lettura che, nell'interesse generale, faccia bensì salva la funzione di garanzia che è istituzionalmente propria del processo e, però, consenta, per quanto possibile, di limitare al massimo l'operatività di irragionevoli sanzioni di inammissibilità in danno delle parti che di quella garanzia dovrebbero giovarsi Corte cass V sez. 8.9.2004 n. 18088 Corte cass V sez. 10.3.2006 n. 5356 Corte cass. V sez. 22.3.2006 n. 6391 Corte cass. V sez. 15.6.2010 n. 14389 affermando il principio che il definitivo sacrificio dell'interesse ad agire del contribuente può essere giustificato idest reso compatibile con il diritto di difesa tutelato dall'art. 24 Cost. soltanto nei casi in cui la particolare gravità del vizio che affligge l'atto introduttivo ed il conseguente impedimento alla prosecuzione del giudizio siano giustificati dal preminente interesse pubblico alla soddisfazione di quelle esigenze appunto la tutela effettiva dei diritti che la legge persegue nell'interesse generale attraverso il regolare svolgimento della funzione giudiziaria ed il processo , e dunque soltanto nei casi in cui il vizio di forma sanzionato a pena di inammissibilità corrisponda ad un vizio di sostanza, o perché l'atto viziato viene a pregiudicare altri interessi di natura sostanziale o processuale ritenuti dalla legge prevalenti , o perché il vizio è tale da non consentire di ricondurre l'atto, come in concreto compiuto, nello schema del modello legale della fattispecie disciplinata dalla norma processuale. A tale proposito, ed in funzione dell'indicato accertamento devoluto al Giudice tributario, l'art. 22, comma 5 D.lgs. n. 546/1992, stabilisce che ove sorgano contestazioni il giudice tributario ordina l'esibizione degli originali degli atti e dei documenti di cui ai precedenti commi tra cui il ricorso ed i documenti prodotti e tale norma, come è stato rilevato in precedenti pronunce di questa Corte, fornisce la chiave di volta dell'intero regime delle inammissibilità del ricorso introduttivo o dell'appello, stabilendo una sorta di possibile causa di esclusione della sanzione come si è detto, vera e propria extrema ratio quando vi sia modo di accertare la sostanziale regolarità dell'atto e l'osservanza delle regole processuali fondamentali Corte cass. V sez. 22.3.2006 n. 6391 Corte cass V sez. 15.5.2008 n. 12185 Corte cass V sez. 30.6.2010 n. 15444 . Conseguentemente, con specifico riferimento al ricorso introduttivo ed al conferimento dell'incarico di assistenza tecnica ovvero della procura ad litem nel caso in cui il contribuente intenda avvalersi di un professionista legale , è stato affermato che ai fini dell'applicazione della sanzione di inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio dinanzi alle commissioni tributarie, di cui agli artt. 18, comma quarto, e 22, comma secondo, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, l'omessa sottoscrizione dell'atto deve essere intesa in senso restrittivo, ossia come mancanza radicale del requisito imposto dalla legge, la quale non ricorre allorché la copia dell'atto, notificata all'ufficio finanziario, sia una fotocopia dell'originale regolarmente sottoscritto e depositato nella segreteria della commissione tributaria cfr. Corte cass. V sez. 31.10.2005 n. 21170 id. 16.12.2008 n. 29394 id. 15.6.2010 n. 14389 nel processo tributario, è irrilevante la mancanza della sottoscrizione della procura sull'originale del ricorso introduttivo del giudizio, notificato a mezzo posta, essendo sufficiente che la sottoscrizione in originale della parte sia riscontrabile nella copia da inserire nel fascicolo destinato al deposito ai fini della costituzione in giudizio, in modo da consentire al giudice di valutarne la validità cfr. Corte cass. V sez. 5.3.2010 n. 5371 in tema di contenzioso tributario, la firma apposta dal difensore per l'autenticazione della procura mandato ad litem in calce al ricorso introduttivo consente di riferire al difensore stesso anche la paternità del ricorso medesimo cfr. Corte cass. V sez. 3.10.2006 n. 21326 la mancata sottoscrizione in originale della procura alle liti, nella copia del ricorso depositata presso la segreteria del giudice tributario è priva di conseguenze in ordine all'ammissibilità e validità del ricorso medesimo, essendo necessario che la sottoscrizione della parte sia contenuta nell'originale dell'atto, nonché seguita dall'autenticazione del difensore ed, infine, che le copie contengano elementi idonei a dimostrare la provenienza dell'atto da difensore munito di procura speciale, come la trascrizione o l'indicazione del mandato cfr. Corte cass. V sez. 15.6.2010 n. 14389 nel processo tributario la mancanza di autenticazione, da parte del difensore, della firma apposta dal contribuente per procura in calce od al margine del ricorso introduttivo costituisce una mera irregolarità e non determina la nullità dell'atto non comminata espressamente dalla legge, e non incidendo la irregolarità sui requisiti essenziali per il raggiungimento dello scopo dello scopo dell'atto da individuarsi nella costituzione in giudizio del difensore ai fini della corretta instaurazione del rapporto processuale , a meno che la controparte non contesti espressamente l'autenticità della sottoscrizione cfr. Corte cass. V sez. 3.9.2004 n. 17845 id. V sez. 12.3.2008 n. 6591 id. V sez. 12.5.2010 n. 11446, che recepiscono, in materia tributaria, il consolidato orientamento espresso dalla Corte in ordine alla mera irregolarità formale della mancata autentica della sottoscrizione della procura ad litem conferita per il ricorso per cassazione Corte cass. SU 6.5.1996 n. 4191 la mancata certificazione, da parte del difensore, dell'autografia della firma del ricorrente, apposta sulla procura speciale in calce o a margine del ricorso per cassazione e quindi a maggior ragione l'analoga omissione riguardante come nella specie la copia notificata costituisce una mera irregolarità, che non comporta la nullità del mandato ad litem ”, poiché tale nullità non è comminata dalla legge né la predetta formalità incide sui requisiti indispensabili per il raggiungimento dello scopo dell'atto -individuabile nella formazione del rapporto processuale attraverso la costituzione in giudizio del procuratore nominato -, salvo che la controparte non contesti, con valide e specifiche ragioni e prove, l'autografia della firma non autenticata id. SU 17.12.1998 n. 12625 id. I sez. 10.10.2000 n. 13468 id. II sez. 27.12.2004 n. 23994 id. III sez. 25.11.2005 n. 2894 id. sez. lav. 2.2.2007 n. 2272 il requisito della indicazione dell'incarico ovvero della procura ad litem conferito al difensore -prescritto dall'art. 18 co 3 D.lgs. n. 546/92 deve ritenersi assolto, nel caso di notifica di copia del ricorso a mezzo di Ufficiale giudiziario, con la apposizione della procura alle liti sull'originale del ricorso, mentre non è necessario che figuri anche sulla copia notificata alla controparte, nella quale è sufficiente che compaia una annotazione la quale attesti la presenza di tale procura sull'originale cfr. Corte cass. V sez. 6.6.2007 n. 13208 , nonché deve intendersi analogamente assolto, nel caso di notifica diretta del ricorso in originale all'Ufficio, non soltanto nel caso in cui la procura in originale sia stata conferita in margine od in calce all'atto notificato e trasmessa quindi unitamente ad esso, ma anche nel caso in cui nel ricorso spedito in originale venga fatta menzione della procura rilasciata in calce od in margine della copia del ricorso depositato presso la segreteria della CTR, essendo irrilevante, al riguardo, la eventuale inversione dello schema procedimentale per la notifica ed il deposito dell'atto introduttivo in originale ed in copia, individuato dall'art. 22 comma 1 D.lgs. n. 546/92 con riferimento alla diversa forma di notifica -mediante Ufficiale giudiziario ovvero diretta, mediante consegna o spedizione di plico raccomandato del ricorso deposito dell'originale del ricorso corredato della procura e notifica della copia contenente la mera indicazione dell'incarico, anziché, come previsto dall'art. 22 D.lgs. n. 546/92, notifica dell'originale del ricorso contenente la procura ad litem e deposito della copia con la indicazione dell'incarico, corredata della attestazione di conformità. La irregolarità formale, non sanzionata d inammissibilità, va ravvisata anche in altre possibili forme di inversione come nel caso in cui viene spedito il ricorso originale con la mera indicazione dell'incarico e depositata la copia corredata della procura in originale , ed essendo altresì irrilevante la apposizione della procura ad litem , recante le sottoscrizioni autografe, a margine od in calce della copia -depositata o notificata anziché del ricorso in originale cfr. Corte cass. V sez. 5.3.2010 n. 5371 . Alla stregua dei principi indicati appare dunque infondato il primo motivo di ricorso, avendo correttamente deciso i Giudici territoriali in ordine alla ammissibilità del ricorso proposto dal contribuente in quanto recante il conferimento dell'incarico al difensore debitamente sottoscritto e corredato della prescritta certificazione di autografia di firma nell’originale dell'atto introduttivo depositato presso la segreteria della Commissione tributaria, essendo irrilevante a tal fine che la copia del ricorso notificata all'Ufficio finanziario fosse priva della predetta certificazione del difensore. 2. Con il secondo motivo la Agenzia delle Entrate censura la sentenza di appello per violazione e falsa applicazione degli artt. 74 e 75 D.p.r. n. 917/1986, nonché per insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all'art. 360 co 1 nn. 3 e 5 c.p.c. La parte ricorrente sostiene che il Giudice di appello ha fondato la propria decisione sull'assunto -ritenuto errato che l'accertamento era stato compiuto con metodo induttivo puro, mentre -come specificato nei motivi dell'atto di appello, trascritti in parte qua nel ricorso per cassazione l'avviso di accertamento in rettifica era stato emesso ai sensi dell'art. 39 co 1 lett. d d.p.r. n. 600/1973 con applicazione del metodo analitico, essendo state determinate le quantità di prodotti venduti e non fatturati raffrontando le quantità rilevate nelle bolle di accompagnamento e quelle indicate nelle rispettive fatture ed essendo stati accertati i maggiori ricavi in base alla mera differenza matematica tra l'importo indicato nelle bolle di accompagnamento e quello indicato in fattura, mentre soltanto i prezzi di vendita erano stati determinati in modo induttivo. Da ciò conseguiva -secondo la ricorrente la applicazione dell'art. 75 TUIR che ammetteva in deduzione soltanto i costi inerenti risultanti da elementi certi e precisi , mentre nel caso di specie la CTR aveva riconosciuto in via induttiva la deducibilità di costi determinati in modo forfetario, con ciò incorrendo altresì nel vizio motivazionale non avendo indicato i criteri logici in base ai quali si era pervenuti alla adozione del metodo forfetario. 2.1 Entrambe le censure, che possono essere esaminate congiuntamente attesa la loro stretta connessione logica, sono inammissibili per difetto di autosufficienza. Premesso che il precedente richiamato a sostegno del secondo motivo Cass. n. 640/2001 , contrariamente a quanto opinato dalla Agenzia ricorrente, sembra applicare anche all'accertamento compiuto ai sensi dell'art. 39 co 1 lett. d d.p.r. n. 600/1973 in tal senso, dalla lettura della sentenza, sembra deporre l'accoglimento del motivo di ricorso con il quale, sulla premessa incontestata della rettifica eseguita ai sensi della predetta norma, veniva censurato l'utilizzo da parte della Amministrazione finanziaria di un documento extracontabile esclusivamente per la determinazione del maggior volume di affari e non anche per la determinazione dei corrispondenti costi inerenti il principio di diritto secondo cui in tema di imposte sui redditi inerenti ad attività d'impresa, il principio sancito dall'art. 75 del d.p.r. n. 917 del 1986 e ribadito dall'art. 6 bis del D.L. n. 90 del 1990, secondo cui le spese sono deducibili se e nella misura in cui siano annotate nelle scritture contabili ed abbiano concorso alla determinazione del risultato del conto profitti e perdite, non è applicabile in caso di rettifica induttiva, in cui alla ricostruzione dei ricavi deve corrispondere un'incidenza percentualizzata dei costi, rileva il Collegio che le mere allegazioni contenute nel ricorso per cassazione in ordine all'inquadramento del tipo di accertamento nello schema dell'art. 39 co 1 lett. d d.p.r. n. 600/1973, ed alla qualificazione del metodo di accertamento adottato analitico anziché induttivo, come invece ritenuto dai Giudici territoriali , è manifestamente insufficiente a sostenere autonomamente la censura, implicando questa una verifica del contenuto dell'avviso di accertamento all'esito della quale, soltanto, la Corte potrebbe pervenire, nel'esercizio dei suoi poteri ex officio, alla corretta qualificazione giuridica della fattispecie, stabilendo in particolare se nel peculiare caso in esame il maggiore reddito imponibile sia stato o meno determinato dalla Amministrazione finanziaria in modo sintetico art. 39 co 2 D.p.r. n. 600/1973 ovvero in modo analitico art. 39 co 1 lett. a, b, e D.p.r. n. 600/73 in quanto l'accertamento si riferisce a singole poste di bilancio e non al reddito globalmente considerato Corte cass. I sez. 7.2.1992 n. 1382 id. V sez. 1.8.2002 n. 11459 secondo l'insegnamento di questa Corte cfr. Cass. 28 giugno 2001 n. 8835 , nel caso in cui l'amministrazione finanziaria corregga singoli elementi della dichiarazione dei redditi d'impresa sulla base di dati forniti dallo stesso contribuente, ricorre la fattispecie dell'accertamento analitico dall'art. 39, 1 co., d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600, che non cessa di essere tale per il fatto che, movendo da specifici elementi quantitativamente certi, quali, in particolare, il costo del prodotto venduto ed i prezzi di vendita verificati, con il medesimo pervenga ad altri dati, quali i ricavi, attraverso il ricorso a parametri induttivi cfr. Cass. civ., sez. 1 sent. 1 aprile 1994, n. 3206 . Ciò è vero sempre che, in tale ipotesi, la rettifica investa singole poste della contabilità dell'impresa, e non globalmente la stessa in ragione di irregolarità di tale rilievo da farla ritenere inattendibile nel suo complesso cfr. Cass. civ., sez. 1a, sent. 7 febbraio 1992, n. 1382 , ovvero ancora in modo analitico-induttivo art. 39 co 1 lett. d, D.p.r. n. 600/73 . E' stato, infatti, ritenuto dalla giurisprudenza di questa Corte che le prescrizioni dell'art. 75 co 6 TUIR, nel testo vigente ratione temporis -1994- Le spese e gli altri componenti negativi, di cui è prescritta la registrazione in apposite scritture contabili, ai fini delle imposte sui redditi, non sono ammessi in deduzione se la registrazione è stata omessa o è stata eseguita irregolarmente, salvo che si tratti di irregolarità' meramente formali” , trovano applicazione esclusivamente nel caso in cui i componenti reddituali attivi e passivi siano rilevabili dalle scritture contabili, ma non anche nelle ipotesi di omessa dichiarazione del contribuente, ed a quelle ad essa assimilabili di accertamento di maggiori redditi non dichiarati cfr. Corte cass. I sez. 15.11.1994 n. 9581 , in cui alla determinazione del reddito possa pervenirsi soltanto con metodo induttivo. In proposito risulta affermato il principio di diritto secondo cui in tema di accertamento della imposta sui redditi, qualora il contribuente ometta del tutto la presentazione della dichiarazione, e l'Amministrazione finanziaria proceda d'ufficio all'accertamento del reddito d'impresa con metodo induttivo, essa, dovendo procedere alla ricostruzione della situazione reddituale complessiva del contribuente, deve tenere conto anche delle componenti negative del reddito che siano comunque emerse dagli accertamenti compiuti. Nell'ipotesi considerata, infatti, non possono trovare applicazione le limitazioni previste dall'art. 74, commi secondo e terzo, del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 597, in tema di prova dei costi e degli oneri ai fini dell'accertamento con metodo analitico induttivo, in quanto tale norma disciplina la diversa ipotesi in cui una dichiarazione dei redditi, ancorché infedele, sia comunque sussistente. Diversamente, d'altronde, si assoggetterebbe ad imposta, come reddito d'impresa, il profitto lordo, anziché quello netto, in contrasto con l'art. 53 Cost. cfr. Corte cass. V sez. 25.11.2008 n. 28028, Cfr. Corte cass. I sez. 10.4.1996 n. 3317 id. V sez. 17.1.2001 n. 640 id. V sez. 10.2.2006 n. 2946 id. V sez. 19.2.2009 n. 3995 . Tali principi sono stati espressamente richiamati nella sentenza impugnata avendo ritenuto i Giudici territoriali che la PA avesse determinato i maggiori redditi con metodo induttivo. Ne consegue che la censura della ricorrente, incentrandosi nella erronea rilevazione da parte dei Giudici di appello del criterio di determinazione del maggior reddito imponibile risultante dall'avviso di accertamento, avrebbe dovuto essere supportata a dalla trascrizione integrale del contenuto dell'avviso di accertamento b dalla individuazione degli elementi fattuali decisivi a determinare una diversa conclusione sulla qualificazione giuridica del metodo di accertamento in concreto applicato. Ed infatti, tanto nel caso di deduzione del vizio di irrituale od omessa ammissione di prove ovvero di omessa od inesatta valutazione di atti o documenti prodotti in giudizio, quanto nel caso in cui si intenda far valere un vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, la parte ricorrente è onerata della specifica indicazione della prova o del documento pretermessi od erroneamente valutati eventualmente mediante individuazione della sede processuale in cui la prova è stata richiesta o prodotta Corte cass. sez. lav. 7.2.2011 n. 2966 id. I sez. 13.11.2009 n. 24178 id. III sez. ord. 4.9.2008 n. 22303 id. IlI sez. 25.5.2007 n. 12239 e della chiara indicazione del nesso eziologico tra l'errore denunciato e la pronuncia emessa in concreto cfr. Corte cass. I sez. 17.52006 n. 11501 . Nella specie, invece, la Agenzia ricorrente, non soltanto ha omesso del tutto di soddisfare al requisito di cui all'art. 366 comma 1 n. 6 c.p.c., in quanto non ha adeguatamente specificato il carattere decisivo della prova dei fatti la cui considerazione è stata omessa e che, qualora non fosse stata trascurata dalla Commissione regionale, avrebbe consentito -secondo un criterio di certezza probabilistica e non di mera possibilità di pervenire ad una diversa decisione, ma neppure ha provveduto alla completa trascrizione dell'integrale contenuto degli atti/documenti l'avviso di accertamento ritenuti decisivi, al fine di rendere immediatamente apprezzabile da parte della Corte il vizio dedotto cfr. Corte cass. SU 24.9.2010 n. 20159 id. VI sez. ord. 30.7.2010 n. 17915 id. III sez. 4.9.2008 n. 22303 id. IlI sez. 31.5.2006 n. 12984 id. I sez. 24.3.2006 n. 6679 id. sez. lav. 21.10.2003 n, 15751 id. sez. lav. 12.6.2002 n. 8388 , impedendo in tal modo al Giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare Corte cass. 6 sez. L. ord. 30.7.2010 n. 17915 id. III sez. 31.5.2006 n. 12984 . In difetto degli indicati adempimenti il motivo va dichiarato inammissibile, dovendo darsi seguito al costante insegnamento di questa Corte, in tema di ammissibilità dei motivi di ricorso con i quali si denuncino i vizi di cui all'art. 360 co 1 n. 5 c.p.c, secondo cui la parte che, in sede di ricorso per cassazione, lamenti vizi di motivazione della sentenza impugnata, ha l'onere di indicare in modo esaustivo le circostanze di fatto che potevano condurre, se adeguatamente considerate, ad una diversa decisione, in quanto il detto ricorso deve risultare auto sufficiente e, quindi, contenere in sé tutti gli elementi che diano al giudice di legittimità la possibilità di provvedere al diretto controllo della decisività dei punti controversi e della correttezza e sufficienza della motivazione della decisione impugnata, non essendo sufficiente un generico rinvio agli atti ed alle risultanze processuali cfr. Corte cass. IlI sez. 24.1.2002 n. 849 id. I sez. 23.7.2003 n. 11422 . 3. Il ricorso deve in conseguenza essere rigettato, non occorrendo provvedere sulle spese di lite non avendo svolto difese la intimata. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso proposto dal Ministero della Economia e delle Finanze rigetta il ricorso proposto dalla Agenzia delle Entrate nulla in ordine alla spese di lite.