Questionario sbagliato? Nessuna preclusione in sede contenziosa

Anche se una risposta del questionario è sbagliata o insufficiente, il contribuente può fornire - in sede contenziosa e senza preclusioni - ulteriori informazioni.

La Corte di Cassazione - con la sentenza n. 263/2012 depositata il 12 gennaio - ha affermato, tra l’altro, che l’onere di provare l’incompletezza e la falsità delle notizie fornite dal contribuente, grava sull’Amministrazione finanziaria. Il caso. A una contribuente veniva rettificata maggiore Irpef, in quanto, secondo l’Amministrazione finanziaria, non aveva dimostrato la provenienza delle somme di alcuni investimenti. Nella specie, la contribuente aveva fornito alcune informazioni nel questionario inviatole e, in sede contenziosa, aveva esibito ulteriore documentazione, dai quali risultava che l’investimento scaturiva dallo smobilizzo di titoli bancari e dagli incrementi di carattere ereditario per successione al marito. Se la Ctp aveva respinto il ricorso, la Ctr accoglieva l’appello, affermando che la contribuente aveva risposto al questionario inviatole, e che comunque il diritto alla difesa ed al contraddittorio non poteva essere disconosciuto nella sede contenziosa, anche in mancanza di una risposta al medesimo . L’Agenzia delle Entrate, però, presenta ricorso per cassazione. L’Amministrazione finanziaria ha l’onere di contestare la completezza e la veridicità del fatto presentato. La Corte di Cassazione afferma che, solo dopo l'adempimento di tale onere di contestazione da parte dell’Agenzia, può sorgere, in capo al contribuente, l'onere di provare le circostanze di fatto rilevanti per smentire le contestazioni dell'ufficio Cass. Sent. n. 9892/2011 . Nella fattispecie, la contribuente aveva fornito la prova documentale del proprio assunto, secondo cui gli investimenti effettuati scaturivano dallo smobilizzo di titoli bancari e dagli incrementi di carattere ereditario per successione al marito. In sintesi, secondo quanto disposto dalla sezione Tributaria, non è sostenibile la tesi secondo cui quanto non comunicato in precedenza non sia più utilizzabile. Pertanto, il ricorso viene rigettato.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 17 novembre 2011 – 12 gennaio 2012, n. 263 Presidente Adamo – Relatore Bognanni Svolgimento del processo 1. L'agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della commissione tributaria regionale della Lombardia n. 64/41/06, depositata l'11 giugno 2006, con la quale, accolto l'appello di D.L. avverso quella della commissione tributaria provinciale, l'opposizione di lei contro due avvisi di accertamento relativi all'Irpef ed accessori per gli anni 1999 e 2000, veniva ritenuta fondata. In particolare il giudice di appello affermava che la contribuente aveva risposto al questionario inviatole, e che comunque il diritto alla difesa ed al contraddittorio non poteva essere disconosciuto nella sede contenziosa, anche in mancanza di una risposta al medesimo o di esibizione di documentazione, come invece previsto per l'Iva. La contribuente resiste con controricorso. Motivi della decisione 2. Col primo motivo la ricorrente deduce violazione di norme di legge, in quanto la CTR non considerava che a seguito della innovazione legislativa di cui alla L. n. 28 del 1999, non era consentito a D. produrre alcuna documentazione, che invece non aveva esibito nel procedimento amministrativo pre-accertamento, e non aveva risposto al questionario trasmessole. Il motivo è infondato, dal momento che la CTR osservava che l'appellante aveva restituito il questionario in argomento, e tanto basta per ritenere che il presupposto della invocata preclusione non sussistesse, dal momento che le singole indicazioni alle varie note quesito non dovevano necessariamente essere esatte. Si tratta di accertamento di fatto, che non può essere perciò messo in discussione in questa sede. D'altronde, com'è noto, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, nella procedura improntata al principio del contraddittorio, quale quella prefigurata con la richiesta di informazioni e documenti mediante questionari, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, una volta che il contribuente abbia ottemperato alla richiesta di chiarimenti, grava sull'Amministrazione finanziaria l'onere di contestarne in modo specifico la completezza, la veridicità, l'idoneità probatoria, la qualificazione giuridica del fatto rappresentato e, più in generale, la correttezza in termini di effettiva deducibilità dei costi documentati. Solo dopo l'adempimento di tale onere di contestazione, può sorgere, in capo al contribuente, l'onere di provare le circostanze di fatto rilevanti per smentire le contestazioni dell'ufficio Cfr. anche Cass. Sentenze n. 9892 del 05/05/2011, n. 28049 del 2009 . Del resto D. aveva fornito la prova documentale del proprio assunto, secondo cui gli investimenti effettuati scaturivano dallo smobilizzo di titoli bancari e dagli incrementi di carattere ereditario per successione al marito. 3. Col secondo motivo la ricorrente denunzia vizio di motivazione, circa la data, la natura dei precedenti disinvestimenti e l'epoca degli acquisti immobiliari. Si tratta all'evidenza di censura che rimane assorbita dal motivo come prima esaminato. 4. Ne deriva che il ricorso va rigettato. Quanto alle spese del giudizio, esse seguono la soccombenza, e vengono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso, e condanna la ricorrente al rimborso delle spese a favore della controricorrente, e che liquida in Euro100,00 per esborsi ed Euro 3.500,00 tremilacinquecento/00 per onorario, oltre a quelle generali ed agli accessori di legge.