Niente rimborso al contribuente? Deve prima sollecitare il rimborso in sede amministrativa

Domande di restituzione e riduzione in pristino conseguenti alla cassazione della sentenza? Nel giudizio tributario non si applica l’articolo 389 del c.p.c. il rimborso avviene d’ufficio entro 90 giorni dalla notificazione della sentenza che ha accolto il ricorso del contribuente.

Il caso. La controversia da cui deriva la sentenza della Suprema Corte di Cassazione del 25 novembre 2011, n. 24937, sorge a seguito di accertamento tributario da parte dell’ufficio delle imposte dirette di Genova che rettificava la dichiarazione IRPEG E ILOR del 1989 presentata da una s.r.l Dopo i giudizi di merito emessi dai giudici tributari il contribuente de quo ne usciva parzialmente vittorioso in sede di CTP viceversa, la CTR rigettava interamente l’impugnazione dello stesso. Su ricorso del medesimo, la decisione d’appello veniva cassata dalla Suprema Corte di Cassazione con rinvio alla CTR della Liguria, che accoglieva la tesi del contribuente sia in merito agli ammortamenti che alla voce rischi su crediti quindi, la società interessata, a detta dei giudici di legittimità, deve ritenersi totalmente vittoriosa. Per la cassazione di tale sentenza, che ha disposto la compensazione delle spese ricorre il contribuente de quo , in base a tre motivi. Il primo motivo riguarda il contrasto insanabile tra motivazione e dispositivo che, però, secondo la Suprema Corte è sanabile mediante il procedimento di correzione degli errori materiali. La seconda eccezione mossa dal contribuente verte sulla mancata enunciazione delle ragioni della disposta compensazione delle spese di giudizio che, a ogni buon conto, i Supremi giudici ritengono infondata tant’è che la compensazione è giustificata dalla complessità della vicenda processuale. Con il terzo motivo, la ricorrente società, lamenta l’omessa statuizione sulla domanda, da lei diretta in sede di rinvio, di condanna dell’Agenzia alla restituzione di quanto versato, a seguito di riscossione parziale, avvenuta nelle more del giudizio. Quale giudice è competente per il rimborso? Al riguardo, i giudici di piazza Cavour ritengono che la suddetta pretesa di rimborso, deve ritenersi inammissibile in quanto il procedimento d’instaurazione del processo tributario, avente carattere impugnatorio, prevede che il giudice tributario possa essere adito soltanto impugnando gli atti previsti dal d.lgs. n. 546/1992, art. 19 ivi compreso il diniego tacito di rimborso e si distingue, pertanto, dal processo civile, impedendo di ricondurre l’oggetto del giudizio all’accertamento di un’obbligazione. 90 giorni per il rimborso. Ne consegue, a dire dei Supremi giudici della Cassazione, che non è applicabile al giudizio tributario, per mancanza dei relativi presupposti, la norma dettata dall’art. 389 c.p.c., per la peraltro diversa ipotesi di domande di restituzione e riduzione in pristino conseguenti alla cassazione della sentenza e che, prevedendo il d.lgs. n. 546 del 1992, art. 68, comma 2, il rimborso d’ufficio entro 90 giorni dalla notificazione della sentenza che ha accolto il ricorso del contribuente, quest’ultimo, non ricevendo l’indicato rimborso, non può adire direttamente il giudice tributario, ma deve prima sollecitare il rimborso in sede amministrativa e solo successivamente può impugnare il diniego, anche tacito.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 25 novembre 2011, n. 24937 Presidente D'Alonzo – Relatore Sambito Svolgimento del processo L'Ufficio Imposte dirette di Genova rettificava la dichiarazione IRPEG ed ILOR del 1989 presentata dalla S.r.l. A. B., recuperando a tassazione le somme di L. 63.979.000 per ammortamenti e di L. 9.235.000 per accantonamento rischi su crediti. Il ricorso della contribuente veniva parzialmente accolto dalla CTP di Genova, con l'annullamento della prima ripresa, decisione che, appellata in via principale dall'Ufficio ed in via incidentale dalla Società, veniva riformata dalla CTR della Liguria, che rigettava interamente l'impugnazione della contribuente. Su ricorso della stessa, la decisione d'appello veniva cassata da questa Corte con rinvio alla CTR della Liguria, che, con sentenza n. 63/20/2005, depositata il 7.2.2006, ha osservato, in motivazione, che la tesi della contribuente era fondata in merito agli ammortamenti ed era, inoltre, accoglibile il recupero per accantonamento rischi su crediti, statuendo, in seno al dispositivo, che in riforma della decisione di primo grado si accoglie l'appello . Per la cassazione di tale sentenza, che ha disposto la compensazione delle spese, ricorre la S.r.l. A. B., in base a tre motivi. L'Agenzia delle Entrate non ha depositato controricorso. Motivi della decisione Con il primo motivo, la ricorrente, deducendo violazione del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, e art. 36, in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, sottolinea la contraddittorietà rilevabile tra la motivazione, interamente favorevole alle sue tesi, ed il dispositivo della sentenza, che non riferisce l'accoglimento dell'appello né, come avrebbe dovuto, a quello incidentale da lei proposto, né a quello principale avversario. Ove tale incongruenza non possa ritenersi ascritta ad una mera imprecisione letterale - come desumibile dagli argomenti svolti in motivazione -, la sentenza va dichiarata nulla, conclude la ricorrente, per la mancanza dei requisiti formali, indispensabili al raggiungimento dello scopo. Il motivo è infondato. Secondo la giurisprudenza di questa Corte Cass. n. 11299 del 2011 n. 29490 del 2008 la sentenza è nulla quando sussiste un contrasto insanabile tra la motivazione ed il dispositivo, non essendo consentito di individuare la statuizione del giudice né attraverso una valutazione di prevalenza di una delle contrastanti affermazioni contenute nella decisione, né mediante il ricorso alla interpretazione complessiva della decisione, che presuppone una sostanziale coerenza tra le diverse parti e proposizioni della medesima. Tale insanabile contrasto non ricorre nella specie. Dopo aver riepilogato i punti in contestazione - 1 ammortamenti per L. 55.968.000 e L. 8.281.000 2 accantonamento crediti su rischi per L. 9.235.000 - e riportato i relativi, contrapposti, argomenti, la CTR ha affermato che erano accoglibili le tesi del contribuente” in relazione agli ammortamenti, per averne la Società ampiamente dimostrato i presupposti, ed ha ritenuto, in relazione alla voce 2 , altresì accoglibile il recupero di L. 9.235.000 per accantonamento rischi su crediti, in quanto la delega all'incasso -salvo buon fine-attribuita alle banche non fa venire meno il rischio sui crediti il tenore di tale argomento indica che i giudici d'appello hanno accolto, anche per tale voce altresì , la tesi della contribuente, utilizzando il termine recupero a favore, quale credito, della contribuente stessa. A tale stregua, la circostanza che in seno al dispositivo non risulti precisato che l'appello accolto è quello incidentale della Società, risultata totalmente vittoriosa, non determina la nullità dell'impugnata sentenza, ma costituisce una mera omissione, come riconosciuto dalla stessa ricorrente, emendabile mediante il procedimento di correzione degli errori materiali, di cui all'art. 287 c.p.c. e segg., da svolgersi innanzi alla stessa CTR, e non da denunciare col ricorso per cassazione. Col secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione dell'art. 92 c.p.c., e d.lgs., n. 546 del 1992, art. 15, comma 1, per la mancata enunciazione delle ragioni della disposta compensazione delle spese del giudizio. Il motivo è infondato. La giurisprudenza di legittimità SU n. 20598/2008 e successive conformi ha, infatti, affermato che, nel regime anteriore a quello introdotto dalla L. n. 263 del 2005, art. 2, comma 1, lett. a , qui in rilievo, il provvedimento di compensazione parziale o totale delle spese per giusti motivi deve trovare un adeguato supporto motivazionale, ma che non è, a tal fine, necessaria l'adozione di motivazioni specificamente riferite a detto provvedimento, semprecché le ragioni giustificatrici dello stesso siano chiaramente e inequivocamente desumibili dal complesso della motivazione adottata a sostegno della statuizione di merito o di rito . Nella specie, come si evince dal complessivo tenore della sentenza, la compensazione risulta disposta in relazione alla complessità della vicenda processuale, di cui si da conto nella narrativa della decisione impugnata. Col terzo motivo, la ricorrente, deducendo la violazione del D.P.R. n. 636 del 1972, art. 20, comma 4, e art. 38, comma 3, come modificato dal D.P.R. n. 739 del 1981 d.lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, art. 36, comma 2, n. 4 artt. 68, 69 e 70, art. 112 c.p.c., art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e art. 156 c.p.c., comma 2, lamenta l'omessa statuizione sulla domanda, da lei proposta in sede di rinvio, di condanna dell'Agenzia alla restituzione di quanto versato, a seguito di riscossione parziale, avvenuta nelle more del giudizio. Il motivo è inammissibile la ricorrente deduce che la domanda di restituzione è relativa a quanto versato a seguito dell'iscrizione a titolo provvisorio , in altri termini, assume che il pagamento è avvenuto a seguito di una cartella esattoriale, che risulta legittimamente emessa per la riscossione frazionata del tributo, in pendenza del processo tributario, e non risulta impugnata dalla contribuente. Va, inoltre, rilevato che il carattere impugnatorio proprio del processo tributario, in relazione agli atti previsti dal d.lgs. n. 546 del 1992, art. 19, ivi compreso il diniego tacito di rimborso , segna la distinzione tra lo stesso ed il processo civile, impedendo di ricondurre l'oggetto del primo all'accertamento di un'obbligazione. Ne consegue che non è applicabile al giudizio tributario, per mancanza dei relativi presupposti, l'art. 389 c.p.c., che disciplina l'ipotesi di domande di restituzione e riduzione in pristino conseguenti alla cassazione della sentenza, e che, prevedendo il d.lgs. n. 546 del 1992, art. 68, comma 2, il rimborso d'ufficio entro 90 giorni dalla notificazione della sentenza che ha accolto il ricorso del contribuente, quest'ultimo, non ricevendo il prescritto rimborso, non può adire direttamente il giudice tributario, ma deve prima sollecitare il rimborso in sede amministrativa e solo successivamente può impugnare il diniego, anche tacito Cass. n. 20616 del 2008 . Il ricorso va, in conclusione, respinto. Non vi è luogo a statuire sulle spese, in assenza di svolgimento di attività difensiva da parte dell'intimata. P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso.