Condotta elusiva sempre sanzionata

Se l’operazione economica non ha valide giustificazioni, opera la presunzione di abuso del diritto, diretta al solo vantaggio economico e perciò sanzionabile.

La S.C. ha ritenuto, nell’ambito di una triangolazione societaria, che quando un’operazione economica sia priva di valide giustificazioni scatta l’abuso del diritto unicamente finalizzato a conseguire un vantaggio fiscale. La decisione in esame, sentenza del 30 novembre 2011, n. 25537, estende in modo rilevante i confini dell’abuso del diritto, riconoscendo al Fisco la possibilità di presumerlo per il fatto che l’operazione sia diretta al solo vantaggio economico. La nozione di abuso del diritto. L’art. 37 bis , comma 1, del Dpr n. 600 del 1973 prevede che sono inopponibili all’Amministrazione finanziaria gli atti, i fatti e i negozi, anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti. Il successivo comma 2 prevede che l’amministrazione disconosce i vantaggi tributari conseguiti i predetti atti, fatti e negozi e applicano le imposte fissate in base alle disposizioni eluse, al netto delle imposte dovute. Deve ritenersi abusivo il ricorso a forme giuridiche allorché il risparmio fiscale sia l’obiettivo principale della forma di transazione scelta, anche se allo stesso siano ricollegabili finalità secondarie di contenuto economico La figura dell’abuso del diritto, quindi, rappresenta un mezzo di contrasto all’elusione fiscale che ha un carattere di strumento di accertamento semplificato per il fisco e l’onere della prova della pratica abusiva spetta all’amministrazione finanziaria, che dovrà individuare gli aspetti e le ragioni per cui un’operazione è priva di contenuto economico. È legittimo, pertanto, l’accertamento relativo ad un operazione di locazione finanziaria posta in essere tra soggetti di uno stesso gruppo societario laddove sia rilevata un manifesta carenza di redditività della stessa ed un valore aggiunto ai fini dell’IVA irrisorio. cfr. Cass. 17 ottobre 2010, n. 25374 . Il caso. L’ufficio finanziario notificava ad una Holding Spa un accertamento di maggiori imposte per l’anno 2001, in relazione ad una complessa operazione di cessione di alcune società di detta Holding che lo stesso ufficio riteneva elusive, tale da dar vita ad una triangolazione societaria. Sia in primo che secondo grado la società ricorrente risultava soccombente e per tale motivo proponeva ricorso per cassazione articolato su una serie di motivi. In particolare, la sentenza della CTR afferma che il discrimine tra una attività lecita ed elusiva consiste nel fatto che quest’ultima è compiuta essenzialmente ovvero unicamente per il conseguimento di un vantaggio economico sul piano fiscale e ciò esclude, univocamente, la presenza di una valida ragione economica di fondo, la quale, ove esistente, si pone come elemento in primo luogo anteriore, ma comunque diverso ed aggiuntivo rispetto al mero vantaggio pecuniario perseguito con l’aggiramento della normativa fiscale . In particolare, l’acquisto di quote da parte delle società controllate e del successivo riacquisto da parte della controllante Holding Spa , secondo l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate, non aveva altro scopo che ottenere un risparmio di imposta. Infatti la S.C., avallando l’operato dei giudici di appello, ha ritenuto che la cessione operata dalla controllante era priva di valide giustificazioni e che la Holding si configurava come veicolo unicamente preordinato a conseguire vantaggi fiscali. Pertanto era onere della società ricorrente dedurre elementi di prova trascurati o fraintesi da cui si poteva evincere l’errore di ricostruzione fatto dal giudice di appello. Infatti allorché si è dinanzi ad un atto che può contenere un abuso del diritto l’onere di provare l’esistenza di valide ragioni economiche per l’operazione ricade sul contribuente. Fissati nuovi confini per l’abuso del diritto la presunzione scatta quando l’operazione non ha valide ragioni economiche. La sentenza de quo fissa rispetto al passato un più preciso confine tra l’abuso del diritto e non, fornendo una tesi alquanto restrittiva sulla condotta elusiva, e ponendo società e professionisti in preallarme dal momento che la mancanza di una valida ragione economica fa scattare l’abuso del diritto. La S.C. ha ritenuto, infine, che dalla lettura delle disposizioni contenute nell’art. 37 bis del Dpr. n. 600 del 1973 discende che la dichiarazione dei redditi del soggetto che pone in essere operazioni antielusive non può ritenersi infedele, per cui la conseguenza prevista dall’art. 37 bis sarebbe il disconoscimento del vantaggio fiscale e non l’applicazione di sanzioni. Discende da ciò che una sanzione amministrativa in materia tributaria non può esser applicata per la violazione non di una precisa disposizione di legge ma di un principio generale, quale quello antielusivo. Le sanzioni, quindi, si applicano per il solo fatto che la dichiarazione del contribuente è difforme rispetto all’accertamento, e tale tesi è rafforza dal testo dell’art. 68 del d lgs n. 546/1992 che sancisce il principio della provvisoria esecuzione delle sentenze delle Commissioni tributarie, graduando il pagamento dei tributi e sanzioni in corso di causa.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 10 – 30 novembre 2011, n. 25537 Presidente Pivetti – Estensore Parmeggiani Svolgimento del processo Con avviso notificato il 21-12-2006 l'Agenzia delle Entrate ufficio di Carpi notificava a S.M.C. Holding s.p.a. atto di accertamento di maggiori imposte ed interessi riferite ad IRPEG, IRAP. IVA dell'anno 2001, principalmente in relazione ad una complessa operazione all'esito della quale le società operative del gruppo S.M.C., di cui la società citata era controllante erano acquisite da Kelyan s.p.a. capofila di un gruppo societario con sede ad omissis . L'Ufficio riteneva che, essendo la cessione avvenuta in due fasi, nella prima delle quali la S.M.C. Holding s.p.a. trasferiva a Kelyan s.p.a. il 60% delle partecipazioni delle controllate, laddove nella seconda trasferiva il residuo 40% non alla predetta, bensì ad altra società, S.M.C., computers, di cui acquisiva contestualmente il pieno controllo, la quale a sua volta cedeva dette quote residue di partecipazioni alla predetta Kelyan s.p.a., la seconda cessione ad una società diversa dalla definitiva acquirente non fosse giustificata da alcuna valida motivazione economica e fosse diretta soltanto ad acquisire vantaggi fiscali, che venivano negati con recupero a tassazione dei relativi importi considerando la operazione stessa come elusiva ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis . La società impugnava l'avviso sostenendone la infondatezza, innanzi alla CTP di Modena, la quale respingeva il ricorso relativamente alle cessioni ritenute elusive, e lo accoglieva in ordine a rilievi minori in tema di IVA e di spese deducibili. Avverso la sentenza la società contribuente proponeva appello principale, e l'Ufficio incidentale, in relazione ai punti in cui le parti erano state rispettivamente soccombenti. La Commissione Tributaria Regionale della Emilia-Romagna, con sentenza n. 78/01/08 in data 12-5-2008 depositata il 27-10-2008 rigettava l'appello principale ed accoglieva l'incidentale, confermando pienamente l'atto di accertamento. Avverso la sentenza la società propone ricorso per cassazione, con diciannove motivi. La Agenzia delle Entrate resiste con controricorso. Motivi della decisione Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, commi 1 e 2, nonchè dei principi comunitari e costituzionali in tema di abuso del diritto. Espone che la disposizione di cui al comma 1, della legge citata sulla inopponibilità al Fisco di atti ritenuti elusivi di disposizioni tributarie richiede per la sua verificazione tre requisiti, ovvero 1 l'aggiramento di obblighi o divieti 2 il conseguimento di vantaggi indebiti 3 la mancanza di valide ragioni economiche. Sostiene, su tale premessa, che la sentenza aveva ritenuto sussistente la ipotesi contestata unicamente sulla base dei primi due requisiti, omettendo di prendere in considerazione il terzo. Con il secondo morivo deduce difetto di motivazione in ordine al punto controverso e decisivo della esistenza di accordi precedenti al 2001 tra il gruppo SMC la cui capofila era la ricorrente ed il gruppo Kelyan denominato Bernabè dal nome del titolare sostanziale secondo cui era previsto fin dall'inizio il passaggio di tutte le partecipazioni per intero della controllate del primo alla controllante del secondo Kilyan s.p.a . Sostiene che l'asserzione positiva della sentenza si fonda su documenti non prodotti in giudizio, e comunque non chiarisce se gli accordi citati fossero pertinenti alla cessione totalitaria o parziale delle quote, laddove l'unica prova esistente era costituita dalla affermazione della attuale ricorrente che gli accordi erano pertinenti alla cessione delle sole quote di maggioranza. Con il terzo motivo deduce lo stesso vizio sotto diverso profilo, sostenendo che dalla deliberazione in data 21-2-2001 della società ricorrente non si evinceva un accordo per la cessione totalitaria, contrariamente dall'assunto della CTR, e che tale conclusione era rafforzata da verbali del consiglio di amministrazione della acquirente Kelyan citati in appello e trascritti nelle parti rilevanti nell'attuale ricorso. Con il quarto similare motivo in ordine allo stesso punto sostiene che la affermazione della CTR secondo cui la difesa erariale ha indicato puntuali passaggi documentali a sostegno della preordinazione totalitaria era insufficiente ed apodittica. Con il quinto motivo deduce vizio di motivazione per contraddittorietà intrinseca alla medesima, in quanto, dopo avere affermato che le operazioni intermedie di trasferimento del 40% delle quote tramite la SMC computers s.p.a. società veicolo erano astrattamente legittime la CTR definiva le stesse come fittizie, ed osserva che una operazione non può essere contemporaneamente reale e fittizia. Con il sesto motivo sulla stessa questione osserva che la motivazione era illogica ed incongrua perchè dava peso al fatto che i partecipanti alle operazioni di cessione erano soggetti collegati sul piano giuridico e personale, fatto che ritiene in sè irrilevante ed obiettivamente errato, perchè il gruppo Bernabè era estraneo al gruppo SMC, ed inoltre nemmeno l'Ufficio aveva posto in dubbio che gli atti di cessioni fossero veri e reali. Con il settimo motivo deduce vizio di motivazione sostenendo che la asserzione della CTR secondo cui la rettifica di prezzo di L. 1.000.000.000 del corrispettivo di cessione da SMC Holding a SMC Computers da L. 3.700.000.000 a L. 2.700.000.000 era ingiustificata ed unicamente diretta ad abbattere la plusvalenza della cedente, era errata in quanto in primo luogo l'operazione era in sè in ogni caso fiscalmente neutra, ed in fatto la diminuzione di prezzo era stata concordata per raccordare il prezzo delle partecipazioni cedute a SMC computers con quello della cessione delle quote di maggioranza a Kelyan, anch'esso diminuito per revisione di prezzo intervenuta tra le società capofila dei due gruppi, e ciò in previsione C-i della integrazione tra gli stessi. Con l'ottavo motivo deduce violazione dell'art. 37 bis DPR n. 600 del 1973 e dei principi in tema di abuso del diritto sostenendo che una riduzione di prezzo non può intrinsecamente essere elusiva, essendo la giustificazione economica in re ipsa e la diminuzione di plusvalenza in capo al compratore conseguenza logica della diminuzione reddituale conseguente a detta riduzione. Con il nono motivo, sul medesimo punto, sostiene violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 54 comma 2, vigente ratione temporis in quanto non può essere tassabile una plusvalenza non realizzata a seguito di pattuizioni sopravvenute. Con il decimo motivo deduce omessa motivazione sul punto della ritenuta elusività della operazione di svalutazione del valore della partecipazione detenuta dalla ricorrente nella società SMC computers s.p.a, a seguito della iscrizione nel conto economico di detta società di un accantonamento per eventuali perdite su crediti che aveva ridotto il valore del patrimonio della società stessa, motivazione che assume consistere nella mera descrizione del fatto, senza spiegazione del sostenuto carattere elusivo della operazione in oggetto. Con l'undicesimo motivo deduce sul medesimo punto ulteriore carenza di motivazione in quanto la CTR non aveva giustificato la assenza di valide ragioni economiche nella acquisizione da parte della Holding dell'intero capitale sociale di SMC computers, assunto che ritiene contraddetto dalle emergenze probatorie che attestavano l'interesse della società a liquidare i soci della SMC computers dissenzienti rispetto alla integrazione dei gruppi. Con il dodicesimo motivo deduce violazione di legge art. 37 bis citato in quanto la CTR aveva assunto la ipotesi di cui ai due motivi precedenti senza verificarne ed illustrarne i presupposti legali. Con il tredicesimo motivo deduce insufficienza di motivazione in ordine alla ritenuta elusività della svalutazione della partecipazione in Imagina software s.r.l. ad opera di SMC Holding, in ordine alla quale la CTR si era limitata alla descrizione del fatto, senza spiegare il motivo della ritenuta elusività e senza considerare che la svalutazione era necessitata dalla perdita della partecipazione. Con il quattordicesimo motivo svolge per detta ipotesi la stessa censura di violazione di legge di cui al dodicesimo. Con il quindicesimo motivo deduce omessa motivazione da parte della CTR in ordine all'accoglimento dell'appello incidentale dell'Ufficio concernente contestazioni minori relative a spese esposte dalla società come deducibili. Con il sedicesimo deduce in via subordinata sul punto che precede la insufficienza di motivazione. Con il diciassettesimo deduce motivazione insufficiente in ordine alla negazione del pro rata IVA da parte della CTR sul rilievo che questa aveva affermato che le operazioni esenti considerate rientravano nella attività di impresa e non potevano essere considerate occasionali, senza spiegare il fondamento fattuale di tale asserzione. Con il diciottesimo motivo deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 2, comma 1, del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 32, comma 2. Assume che alla ipotesi di ritenuta elusione fiscale di cui all'art. 37 bis citato non può conseguire la applicazione di sanzioni, in quanto queste sono unicamente ricollegabili a violazioni di leggi tributarie, laddove la elusione delle stesse non costituisce violazione, ma semplice aggiramento delle stesse con strumenti astrattamente leciti, per cui unica conseguenza della elusione è la inopponibilità dell'atto alla Amministrazione finanziaria, con conseguente recupero della imposta e non la applicazione di una sanzione, come osservato dalla giurisprudenza comunitaria. Con il diciannovesimo motivo deduce violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, e art. 112 c.p.c., in quanto la CTR aveva omesso di prendere in considerazione la istanza subordinata formulata in appello, di disapplicazione delle sanzioni D.Lgs. n. 472 del 1997, ex artt. 5 e 6, in difetto di dolo o colpa dell'agente ed in presenza di incertezza sull'ambito applicativo della disciplina sulla elusione. Il primo motivo non è fondato. Se è vero infatti che per ritenere verificata una ipotesi di abuso del diritto ai sensi dell'art. 37 bis c.p.c., è necessario che gli atti diretti ad ottenere vantaggi fiscali con l'aggiramento di obblighi o divieti previsti dall'ordinamento tributario siano privi di valide ragioni economiche, questo ultimo requisito, a differenza dei primi due, può ritenersi implicitamente verificato, ove si assuma, come nella sentenza impugnata, che l'unico motivo dell'aggiramento della norma tributaria sia il conseguimento di un vantaggio fiscale. Infatti la sentenza afferma che il discrimine tra una attività lecita ed elusiva consiste nel fatto che la seconda è compiuta essenzialmente ovvero unicamente, n.d.e. per il conseguimento di un vantaggio economico sui piano fiscale e ciò esclude, univocamente, la presenza di una valida ragione economica di fondo, la quale, ove esistente, si pone come elemento in primo luogo anteriore, ma comunque diverso ed aggiuntivo rispetto al mero vantaggio pecuniario perseguito con l'aggiramento della normativa fiscale. Ciò è così vero che la stessa sentenza richiama, correttamente, il principio giurisprudenziale secondo cui una volta che si sia in presenza di atto che appaia di abuso del diritto l'onere di provare la esistenza di valide ragioni economiche per compierlo ricade sul contribuente Cass. n. 8772 del 2008 La sentenza quindi non contiene affermazioni di per sè indici di disapplicazione od errata applicazione della norma citata. Il secondo, terzo e quarto motivo hanno ad oggetto vizi di motivazione concernenti la prova della preordinazione della integrale fusione tra il gruppo SMC ed il gruppo Kelyan, e l'uso quale società veicolo di SMC computers s.p.a. e pertanto essendo strettamente connessi, possono essere esaminati congiuntamente. Questi non sono fondati. Occorre premettere, in proposito, che ove la motivazione censurata non sia, come della specie, mancante o contraddittoria, ma unicamente sintetica, e la critica di difetto di motivazione riguardi la omessa od erronea valutazione delle risultanze probatorie, è onere della parte non solo trascriverle e documentarle, ma esporre la incidenza causale del supposto errore valutativo e la sua decisività. v. ex multis Cass. n. 4849 del 2009 tenendo presente che l'errore valutativo deve essere oggettivamente riscontrabile, e non dipendere da una interpretazione di parte, atteso che in tale ipotesi si avrebbe una istanza di nuova valutazione del fatto, inammissibile in questa sede di legittimità v. Cass. n. 2272 del 2007 . Nel caso in questione, la CTR ha ritenuto che fin da data anteriore al 2001 era documentato l'intendimento dei gruppi SMC e Kelyan di addivenire al trasferimento delle quote delle società controllate dalla SMC Holding a Kelyan s.p.a. ed indica a comprova verbali di assemblea, nota integrativa della Holding, ed in particolare il verbale assembleare in data 21-1-2001 della società ricorrente. Da tale preordinazione deduce che il passaggio finale del 40% delle partecipazioni della controllate SMC non direttamente a Kelyan bensì tramite SMC computers s.p.a è privo di valide giustificazioni e quindi che tale società si configura come veicolo unicamente preordinato a conseguire vantaggi fiscali. La ricorrente sostiene che l'assunto è fondato su atti non prodotti in giudizio, che la CTR non specifica se la preordinazione fosse per un trasferimento totalitario o di maggioranza e che il verbale citato in data 21 -12 2001 non afferma un intendimento di trasferire le partecipazioni per intero. La motivazione espressa dalla CTR, per quanto sintetica, è chiara e non contraddittoria. Era quindi onere della ricorrente dedurre elementi di prova trascurati o fraintesi da cui si potesse evincere l'errore di ricostruzione del fatto operato dal giudice di appello. Tale scopo non è stato raggiunto le emergenze probatorie citate dalla CTR son tratte dalle indagini di ufficio documentate in atti, e ben potevano essere considerate il verbale in data 21.12.2001, per quanto prodotto solo per uno stralcio, conferma l'intendimento di SMC Holding di trasferire le partecipazioni a Kelyan. Quanto all'assunto secondo cui l'apparato accusatorio cadrebbe ove non fosse provato il previo intendimento di trasferire la totalità delle partecipazioni, ma solo la quota di maggioranza, questo manca in ogni caso del carattere di decisività in relazione all'impianto motivazionale della sentenza. E' infatti necessario e sufficiente che rimanga provata la preordinazione in ordine al passaggio a Kelyan del 40% delle quote, per ritenere di conseguenza artificiosa la cessione ad una società terza la quale a sua volta aveva il compito esclusivo di rivendere le quote all'acquirente designato in precedenza. La fondatezza in fatto di questa tesi, conforme all'assunto della CTR, si ricava non solo dagli elementi di prova sopra citati, ma emerge per tabulas nel presente ricorso, ove si sostiene che la diminuzione di prezzo operata a favore di SMC computers rispetto al pattuito dipendeva da analoga riduzione effettuata dalla Holding a favore di Kelyan settimo motivo e che la motivazione dell'acquisto dell'intero capitale di SMC computers da parte della Holding era il disaccordo di alcuni soci di questa rispetto al passaggio delle quote a Kelyan, con espresso riferimento anche al precedente passaggio del 60% delle partecipazioni cui la SMC computers era rimasta estranea undicesimo motivo . In sostanza rimane incontestato, anche per la ricorrente, che SMC computers era una società veicolo che non aveva alcun potere è autonomo di disposizione della partecipazioni acquisite e che era un mero strumento per il trasferimento della quote al predesignato gruppo Kelyan. E' inoltre chiaro che il controllo totalitario della società veicolo era un elemento essenziale per il compimento della operazione, e quindi per la realizzazione del disegno elusivo, con reiezione del sesto motivo per la parte concernente tale questione. E' bene a questo punto sottolineare che nessuno dei motivi di ricorso relativi a difetto di motivazione, che nella loro pluralità tendono a parcellizzare il tessuto motivazionale della sentenza, che invece è unitario, la ricorrente espone un qualsivoglia valido motivo, obiettivamente documentato in causa, da cui possa evincersi che la vendita delle partecipazioni a Kelyan tramite SMC computers fosse funzionale ad alcun altro fine diverso dall'ottenimento dei benefici fiscali. Tale constatazione ha un valore perspicuo anche in riferimento agli obblighi motivazionali, in quanto è chiaro che, in applicazione del principio citato in sentenza, e sopra riportato, in presenza di atti fiscalmente vantaggiosi privi di apparente causa è onere del contribuente fornire la prova della esistenza di validi motivi per compierli, e pertanto il contribuente non può semplicemente invocare la mancanza di esposizione del percorso logico seguito dal giudice per ritenerne la inesistenza, ma unicamente la mancata considerazione di fatti oggettivi e documentati tramite i quali il contribuente abbia dato valida prova del proprio assunto di esistenza delle legittime motivazioni. Il quinto motivo, ed in parte il sesto, per la parte argomentativa ulteriore alla rilevanza della unicità del gruppo, sono incentrati sul significato del carattere di fittizietà attribuito dalla CTR alle operazioni compiute dalla società veicolo . Sostiene che, poichè la stessa CTR affermava che dette operazione erano astrattamente legittime vi era insanabile contraddizione tra il termine fittizio ed il termine legittimo . L'argomento è specioso. Si evince dalla sentenza, in modo assolutamente univoco, che la CTR ha ritenuto gli atti in questione concretamente reali, ed apparentemente legittimi in quanto non in espressa violazione di alcuna norma tributaria li ha definiti fittizi intendendo dare a tale aggettivo non il significato di mera apparenza o simulazione, ma di atto privo della causa che lo renda anche sostanzialmente legittimo, ovvero di atto non spiegabile se non nell'ottica di una artificiosa e quindi fittizia in senso traslato predisposizione al fine di aggirare la normativa fiscale ed ottenere un beneficio in tale ambito. I motivi citati devono quindi essere rigettati. Il settimo, l'ottavo ed il nono motivo possono essere trattati congiuntamente in quanto tutti relativi alla rettifica di prezzo della vendita delle quote di partecipazioni a SMC computers, dalla quale è derivata, ad avviso della CTR, la minusvalenza di L. 1.000.000.000, dichiarata inopponibile alla Amministrazione Finanziaria. Non sussiste il vizio di motivazione, in quanto la sentenza, se pur in modo sintetico, descrive la intera operazione, che non si limita, come assume la ricorrente, alla sola vendita dalla Holding a S.M.C., computers, bensì comprende anche il passaggio successivo delle quote da quest'ultima a Kelyan. Nell'ottica della elusione, rettamente la CTR ha considerato la rettifica di prezzo a favore di Kelyan s.p.a. destinatario finale come semplicemente contabilizzata, per scopi elusivi, nel bilancio della società veicolo SMC computers soggetto interposto . Lo scopo è stato pure indicato dalla CTR, che ha pienamente condiviso l'assunto dell'Ufficio, secondo il quale, con la diminuzione di prezzo, la Holding ha realizzato una minusvalenza contabilizzata in bilancio, che è rimasta a suo esclusivo vantaggio, e che non è stata pareggiata da alcuna plusvalenza, se non nel bilancio della società veicolo, aggiustato con le altre operazioni di cui pure si tratta in causa. Non sussistono neppure le violazioni di legge contestate, in quanto la tassazione di una plusvalenza non conseguita e la apparente regolarità fiscale della vendita da Holding a SMC computers non comportano in sè contravvenzioni alla specifiche norme tributarie, ma il dato è irrilevante, perchè si inseriscono in una operazione ingiustificata ed elusiva vendita indiretta all'acquirente designato tramite una società veicolo che, come ritenuto dalla CTR, giustifica la inopponibilità dell'atto con il quale si consegue il vantaggio fiscale alla Amministrazione Finanziaria, ai sensi del citato art. 37 bis. I motivi decimo, undicesimo, dodicesimo si riferiscono alla svalutazione operata dalla Holding della partecipazione della stessa al capitale di SMC computers, e possono essere trattati congiuntamente. Gli stessi sono infondati. La asserzione della CTR circa la elusività della operazione si collega, sotto il profilo motivazionale, alla precedenti, che hanno come base fondante l'utilizzo ingiustificato della società veicolo nella cessione a Kelyan. Poichè la motivazione non è nè inesistente nè contraddittoria, spettava alla ricorrente, che sostiene la insufficienza della stessa sotto l'aspetto logico ed argomentativo, illustrare la erroneità della asserzione del giudice di appello evidenziando argomenti svolti in sede di gravame da cui emergessero fatti obiettivi non considerati o fraintesi dalla CTR. Detti argomenti, illustrati nei motivi, non sono idonei al fine prospettato quello di esporre valide ragioni economiche per la operazione in quanto sfuggono al tema trattato. Il punto, considerato in sentenza, non concerne la convenienza o meno in capo alla Holding di acquisire la partecipazione totalitaria della SMC computers, ma più semplicemente la esposizione, nel bilancio della controllata, di una voce negativa particolarmente rilevante, ovvero perdite su crediti che è il presupposto della svalutazione della partecipazione da parte della controllante, atto fiscalmente rilevante ritenuto elusivo e quindi non opponibile al fisco. In ordine a tale punto, non si rinvengono nei motivi elementi che potessero essere considerati dalla CTR come valida giustificazione per disporre nel bilancio della controllata detto accantonamento, prima non esistente. Per gli stessi motivi, non sussiste alcuna violazione di legge in ordine ai presupposti applicativi della norma antielusiva. Il tredicesimo ed il quattordicesimo motivo hanno ad oggetto la svalutazione della partecipazione in Imagina software s.r.l. . La motivazione della CTR sul punto non è nè mancante o carente o contraddittoria, in quanto è collegata all'assunto di fondo più volte richiamato, è cioè che non si intende nè la ricorrente lo spiega perchè la Holding anzichè vendere la società direttamente a Kelyan, acquirente designato, abbia utilizzato anche in questo caso la società veicolo con un percorso tale per cui la società ricorrente, secondo la stessa ricostruzione dei fatti di cui ai mezzi di impugnazione considerati, dapprima acquista una quota di capitale di Imagina s.r.l per la somma di L. 60.000.000. quindi constata che il valore della stessa è negativo per perdite che rinuncia a coprire, di seguito trasferisce le quote di sua spettanza a SMC computers ed a questo punto la società è valutata un miliardo di lire ed a detto prezzo è ceduta a Kelyan. L'assunto secondo cui la società valeva effettivamente un miliardo di lire con menzione del prezzo di vendita di quote della medesima da parte di altri detentori delle stesse, oltre postulare una inammissibile rivalutazione della attendibilità delle emergenze probatorie in sede di legittimità, nulla spiega in ordine alla esistenza di valide motivazioni per azzerare per perdite il valore di una partecipazione che contemporaneamente si assume di rilievo cospicuo, cedendola poi ad un terzo con una triangolazione , fulcro della ipotesi elusiva. Ne consegue che la svalutazione della partecipazione pari al prezzo pagato per l'acquisto della quota, sull'assunto di azzeramento di valore poi negato, si configura come vantaggio fiscale ingiustificato frutto del piano elusivo come tale ritenuto dalla CTR, senza alcuna violazione della normativa in materia. E' invece fondato il quindicesimo motivo ed il sedicesimo rimane assorbito in quanto la motivazione della CTR in punto ad accoglimento dell'appello incidentale dell'Ufficio in ordine alla spese considerate deducibili dalla ricorrente e nel motivo elencate è del tutto mancante, rimettendosi il giudice di appello per relationem interamente alle ragioni dell'appello incidentale dell'Ufficio, non menzionate nè spiegate, con impossibilità di ricostruire nemmeno induttivamente il percorso logico seguito per la decisione. Deve invece essere respinto il diciassettesimo motivo, concernente il pro rata IVA, in quanto la motivazione non è mancante nè contraddittoria, avendo ritenuto la CTR che le operazioni esenti, espressamente menzionate, rilevanti al fine prospettato non fossero occasionali ma rientrassero nella attività di impresa. A tale proposito, la ricorrente non ha esposto dati oggettivi idonei a provare positivamente il contrasto della decisione con elementi acquisiti al giudizio, limitandosi a riproporre argomentazioni suscettibili di diversa lettura che comportano una rivalutazione inammissibile in questa sede della emergenze probatorie. Il diciottesimo motivo deve essere ritenuto infondato. E' nota la esistenza in dottrina di una tesi secondo la quale l'art. 37 bis collocato peraltro nel D.P.R. n. 600 del 1973, nel titolo dedicato ad accertamenti e controlli ha natura meramente procedimentale e che pertanto, assumendo che il precetto normativo riguardi solo la Amministrazione, la quale disconosce gli atti elusivi dichiarati alla stessa non opponibili dell'art. 1, comma 1, del citato art. 37 bis, porta alla conclusione che il contribuente non abbia alcun obbligo giuridico di non esporre nella dichiarazione dei redditi dati tratti da operazioni suscettibili di essere considerate elusive, in quanto ciò non comporta alcuna violazione specifica di norme tributarie, consistendo la elusione in un aggiramento e non in una infrazione espressa del precetto di legge. Da tale lettura normativa discende che la dichiarazione dei redditi del soggetto che pone in essere operazioni elusive non può considerarsi infedele, per cui l'unica conseguenza prevista dall'art. 37 bis sarebbe il disconoscimento del vantaggio fiscale cui consegue la tassazione determinata in base alle disposizioni eluse art. 37 bis, comma 2 cit. e non la applicazione di sanzioni, per le quali, vigendo il principio di stretta legalità tratto dalla normativa in materia penale D.P.R. n. 472 del 1997 è necessaria una norma che espressamente la preveda. Tale ultima considerazione, certamente condivisibile, porta ad escludere che una sanzione amministrativa in materia tributaria possa essere applicata a fronte della violazione non di una precisa diposizione di legge ma di un principio generale, quale quello antielusivo ritenuto immanente al sistema anche anteriormente alla introduzione di una normativa specifica, come ritenuto da questa Corte Cass. Sez. Un. n. 30055 del 2008 e dalla giurisprudenza comunitaria. A proposito della quale può rammentarsi che la sentenza Halifax citata dalla ricorrente dichiara espressamente che la constatazione della esistenza di un comportamento abusivo non deve condurre ad una sanzione per la quale sarebbe necessario un fondamento normativo chiaro e univoco . Ad avviso della Corte, tale fondamento normativo chiaro ed univoco è attualmente esistente. L'art. 37 bis più volte citato prevede che la Amministrazione, in applicazione del disconoscimento del vantaggio fiscale ritenuto frutto di operazioni elusive, emetta avviso di accertamento, per cui prevede una speciale procedura ed un preciso obbligo motivazionale in relazione al criterio di calcolo delle maggiori imposte. Quanto alle conseguenze di tale atto, il D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 1, comma 2, recita se nella dichiarazione è indicato, ai fini delle singole imposte, un reddito imponibile inferiore a quello accertato, o, comunque, un'imposta inferiore a quella dovuta o un credito superiore a quello spettante, si applica la sanzione amministrativa dal cento al duecento per cento della maggior imposta o della differenza del credito. La stessa sanzione si applica se nella dichiarazione sono esposte indebite detrazioni d'imposta ovvero indebite deduzioni dall'imponibile, anche se esse sono state attribuite in sede di ritenuta alla fonte . Da tale disposizione si evince che la legge non considera per la applicazione delle sanzioni quale criterio scriminante la violazione della legge o la sua elusione o aggiramento, essendo necessario e sufficiente che le voci di reddito evidenziate nella dichiarazione siano inferiori a quelle accertate o siano indebite aggettivo espressamente menzionato nell'art. 37 bis, comma 1 cit. In sostanza le sanzioni si applicano per il solo fatto che la dichiarazione del contribuente sia difforme rispetto all'accertamento. Tale conclusione è rafforzata dal testo del comma 6 della stessa disposizione, che prevede che le maggiori imposte accertate siano iscritte a ruolo secondo i criteri di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, concernente il pagamento dei tributi e delle sanzioni pecuniarie in corso di giudizio rendendo così evidente che il legislatore ritiene la applicazione di sanzioni come effetto naturale dell'esito dell'accertamento in materia di atti elusivi. Presupposto di detta applicazione è il dato non contestato della diretta applicabilità alla fattispecie dell'art. 37 bis in relazione all'oggetto dell'accertamento fusioni societarie, cessioni di quote, minusvalenze e plusvalenze . Il motivo deve quindi essere rigettato con diversa motivazione ai sensi dell'art. 384 c.p.c., essendosi la CTR limitata ad osservazioni di senso comune non giuridicamente rilevanti. Il diciannovesimo motivo è pure infondato. Dalla motivazione della sentenza si ricava in modo implicito ma univoco la reiezione anche di tale istanza, per cu0i non era necessaria alcuna particolare motivazione. Per la prima ipotesi di non irrogazione delle sanzioni tutto l'impianto motivazionale della sentenza è univoco nel ritenere esistente l'elemento del dolo in capo agli autori della operazione elusiva. Per la seconda, la stessa motivazione, unitariamente considerata esclude ogni incertezza in ordine all'ambito applicativo della norma considerata. La sentenza deve quindi essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa a diversa sezione della CTR della Emilia-Romagna, la quale deciderà anche in ordine alle spese di cui alla presente fase di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il quindicesimo motivo di ricorso, assorbito il sedicesimo, e rigetta i rimanenti. Cassa in relazione al motivo accolto la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, a diversa sezione della Commissione Tributaria Regionale della Emilia-Romagna.