La Consulta glissa sulla retroattività delle presunzioni bancarie a carico dei professionisti

Manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale relative alla presunzione legale di equivalenza a compensi professionali per i movimenti bancari non giustificati diversamente.

Nell’ordinanza n. 318 del 23 novembre, la Consulta ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 32, comma 1, n. 2 , secondo periodo, d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600 recante Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi” , come modificato dall’art. 1, comma 402, lett. a , n. 1 e comma 572, l. 30 dicembre 2004, n. 311 recante Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge Finanziaria 2005” , sollevate in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. La normativa in tema di indagini bancarie. In base alla disciplina censurata, sono [] posti come ricavi o compensi a base delle [] rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempreché non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli importi riscossi nell’ambito dei [] rapporti od operazioni di natura finanziaria . Le censure della Commissione Tributaria Provinciale di Pescara. La Commissione Tributaria Provinciale di Pescara solleva la questione di legittimità costituzionale dell’art. 32, comma 1, n. 2 , secondo periodo, d.p.r. n. 600/1973, nella parte in cui estende retroattivamente ai professionisti la presunzione legale di equivalenza a compensi professionali dei movimenti bancari non giustificati diversamente. Per il Giudice a quo , la presunzione secondo cui gli importi riscossi o i prelevamenti finanziari non giustificati e non contabilizzati integrano compensi” professionali è stata introdotta dalla disposizione denunciata e risulta applicabile anche nei periodi d’imposta anteriori a quello in corso alla data della sua entrata in vigore 1° gennaio 2005 . Ne risulterebbe violato l’art. 3 Cost., sotto un duplice profilo - in primo luogo, perché sarebbe irragionevolmente assimilata, con riguardo ai periodi d’imposta anteriori a quello in corso al 1° gennaio 2005, alla figura dell’imprenditore, che segue la regola di tenere separata la contabilità dei movimenti finanziari dell’impresa, la ben diversa figura dell’esercente un’arte o professione, che, invece, è solito utilizzare promiscuamente i suoi conti correnti bancari, per finalità professionali e familiari, senza conservare traccia e memoria delle piccole operazioni - in secondo luogo, perché si porrebbe una equivalenza tra spesa occulta” e ricavo occulto”, la quale, se costituisce – con riguardo ai suddetti periodi d’imposta – un’ipotesi generalmente sostenibile per un imprenditore, è però irragionevole per un esercente un’arte o professione. Sarebbe altresì leso l’art. 24 Cost., perché si renderebbe eccessivamente difficile la difesa del contribuente che eserciti un’arte o professione, costringendolo a ricostruire, per gli indicati periodi d’imposta, operazioni professionali per le quali non veniva richiesta – neanche da principi aziendalistici o civilistici – una contabilità separata . La manifesta inammissibilità dell’ordinanza di rimessione. La Corte Costituzionale fonda la declaratoria di inammissibilità della questione sottoposta al suo sindacato sulla insufficiente motivazione della rilevanza. Il giudice a quo non ha indicato né le ragioni per le quali avrebbe dovuto applicare la disposizione denunciata nel caso di specie, né quelle della premessa interpretativa da cui muove, secondo la quale la presunzione a carico degli esercenti arti o professioni è stata introdotta dalla disposizione denunciata. A tale ultimo proposito, il Giudice delle leggi richiama il diritto vivente in base al quale un’identica presunzione era operante già prima del 1° gennaio 2005 ed era applicabile sia agli imprenditori che agli esercenti arti o professioni. Le criticità delle indagini bancarie dall’imposizione del reddito lordo al contraddittorio endoprocedimentale. La disciplina delle indagini bancarie è discutibile sotto svariati profili. In primo luogo, essa richiede la tassazione sia dei prelevamenti che dei versamenti, senza che vi sia la possibilità di dedurre i costi sostenuti, così configurando una imposizione del reddito lordo, in palese contrasto con i principi di ragionevolezza e di capacità contributiva - quanto alla ragionevolezza ex art. 3 Cost., è sufficiente osservare che, mentre i versamenti corrispondono a ricavi, i prelevamenti sono posti in essere per finanziare i costi, non collegandosi ad ulteriori ricavi - quanto al principio di capacità contributiva ex art. 53 Cost., il reddito è definito come la ricchezza novella riferibile ad un certo contribuente per un periodo di tempo dato, vale a dire la differenza tra il livello del patrimonio a inizio periodo e quello a fine periodo, e si connota per un carattere differenziale, corrispondendo al profitto al netto dei costi e non al ricavo al lordo dei costi . Bisogna registrare che la Corte Costituzionale cfr. sentenza n. 225 del 2005 e la Corte di Cassazione – nonché la stessa Amministrazione finanziaria circolare 32/E del 2006 – hanno interpretato la disciplina riconoscendo come necessaria la deduzione dei costi. Per quanto riguarda la giurisprudenza di legittimità, si veda, ad esempio, l’ordinanza n. 23873 del 2010, nella quale il Collegio nega che la deduzione dei costi possa essere realizzata forfettariamente, giacché, diversamente opinando, si contrapporrebbe alla presunzione legale di cui all’art. 32, d.p.r. n. 600/1973 un’altra presunzione e non un fatto specifico provato dal contribuente, così ponendosi in contrasto con consolidati orientamenti di questa S.C., secondo cui, nel processo tributario, nel caso in cui l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, è onere del contribuente, a carico del quale si determina una inversione dell’onere della prova, dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non siano riferibili ad operazioni imponibili, mentre l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, per legge, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti . In buona sostanza, a parere del Giudice di legittimità alla presunzione di legge relativa va contrapposta una prova, non un’altra presunzione semplice ovvero una mera affermazione di carattere generale . In secondo luogo, bisogna registrare che presso la Consulta cfr. sentenza n. 360/2000 e la Corte di Cassazione cfr., ex pluribus , sentenze nn. 3115/2006, 19216/2007, 2821/2008 appare consolidato l’orientamento volto ad affermare la legittimità delle indagini bancarie a prescindere dalla previa convocazione del contribuente viceversa, la prevalente giurisprudenza di merito ravvisa la necessità dell’instaurazione del contraddittorio tra contribuente e uffici finanziari nella fase istruttoria che precede la notificazione di avvisi di accertamento fondati su dati desunti da conti bancari cfr. Comm. trib. I grado Monza, sez. IV, 20 maggio 1996, n. 1392 Comm. trib. prov. Varese, sez. XI, 13 marzo 1997, n. 21 Comm. trib. prov. Macerata, sez. III, 16 dicembre 2005, n. 134 . Per le imposte sui redditi, in base all’art. 32, comma 1, n. 2, d.p.r. n. 600/1973, gli uffici possono” invitare i contribuenti, indicandone il motivo, a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti, per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti, relativamente ai rapporti e alle operazioni, i cui dati, notizie e documenti siano stati trasmessi su richiesta ex art. 32, comma 1, n. 7, d.p.r. n. 600/1973 , rilevati direttamente ex art. 33, commi 2 e 3, d.p.r. n. 600/1973 ovvero nei controlli relativi alle imposte su fabbricazione o consumo ex art. 18, comma 3, lett. b , d.lgs. 26 ottobre 1995, n. 504 tali dati ed elementi sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti [corsivo dell’Autore] previsti dagli articoli 38, 39, 40 e 41 se il contribuente non dimostra [corsivo dell’Autore] che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine . Di analogo tenore testuale è l’art. 51, comma 2, n. 2, d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633, in materia di Imposta sul Valore Aggiunto. A mio sommesso avviso, non vedo come il contribuente possa fornire la dimostrazione richiesta dal Legislatore per impedire che l’atto impositivo sia fondato su dati bancari se non in sede di contraddittorio endoprocedimentale.

Corte Costituzionale, ordinanza 21 – 23 novembre 2011, n. 318 Presidente Quaranta – Redattore Gallo Ordinanza nei giudizi di legittimità costituzionale del secondo periodo del numero 2 del primo comma dell’art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi , come modificato dal numero 1 della lettera a del comma 402 e dal comma 572 dell’art. 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005 , promossi con due ordinanze, entrambe del 14 dicembre 2010, dalla Commissione tributaria provinciale di Pescara nei giudizi vertenti tra un contribuente e la Direzione provinciale di Pescara dell’Agenzia delle entrate, iscritte al n. 156 ed al n. 157 del registro ordinanze 2011 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 29, prima serie speciale, dell’anno 2011. Ritenuto in fatto che con due ordinanze di analogo contenuto, entrambe del 14 dicembre 2010, la Commissione tributaria provinciale di Pescara – nel corso di due giudizi nei quali un professionista aveva impugnato gli avvisi di accertamento delle imposte sui redditi, dell’IVA e dell’IRAP degli anni, rispettivamente, 2003 e 2004, emessi dall’Agenzia delle entrate in conseguenza della mancata presentazione delle correlative dichiarazioni – ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale del secondo periodo del numero 2 del primo comma dell’art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi , come modificato dal numero 1 della lettera a del comma 402 e dal comma 572 dell’art. 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005 , entrata in vigore il 1° gennaio 2005, nella parte in cui stabilisce che sono [] posti come ricavi o compensi a base delle [] rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempreché non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli importi riscossi nell’ambito dei [] rapporti od operazioni di natura finanziaria che, secondo il rimettente a la disposizione denunciata, nel testo vigente fino al 31 dicembre 2004, pone la presunzione che i prelevamenti e non anche gli importi riscossi , se non giustificati e non contabilizzati e se effettuati da un imprenditore, sono considerati ricavi d’impresa, con conseguente inapplicabilità della presunzione ai prelevamenti effettuati da un esercente un’arte o professione b la stessa disposizione, nel testo in vigore il 1° gennaio 2005 ed applicabile ratione temporis nei giudizi principali, amplia la portata di tale presunzione stabilendo che non solo i prelevamenti , ma anche gli importi riscossi se non giustificati e non contabilizzati costituiscono ricavi o compensi , con la conseguenza che la presunzione opera anche nel caso in cui i prelevamenti siano effettuati dagli esercenti un’arte o professione c quest’ultimo testo dell’articolo 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 è applicabile anche ai periodi d’imposta anteriori a quello in corso alla data della sua entrata in vigore e, quindi, riguarda anche le attività di arti o professioni ed i correlativi compensi professionali che si presumono percepiti in tali periodi che pertanto, ad avviso del giudice a quo, la censurata normativa – per effetto del rilevato ampliamento della portata della presunzione, applicabile agli esercenti arti e professioni anche con riguardo agli anni d’imposta anteriori a quello in corso al 1° gennaio 2005 – víola a l’art. 3 Cost., perché a.1. assimila irragionevolmente, per il passato, due figure l’imprenditore e l’esercente un’arte o professione che seguivano, di norma, diverse regole di gestione dell’attività l’imprenditore, infatti, aveva cura che la contabilità dei movimenti finanziari dell’impresa rimanesse separata da quella relativa agli altri affari l’esercente un’arte o professione, invece, utilizzava in modo promiscuo i conti correnti bancari, impiegandoli per finalità sia professionali che familiari ed effettuando, perciò, una molteplicità di operazioni anche di piccolo importo, delle quali di solito non conservava traccia e memoria a.2. trascura il fatto che l’assunto secondo cui una spesa occulta” è finalizzata ad un ricavo occulto” costituisce una presunzione generalmente sostenibile , per i suddetti anni d’imposta, se riferita non ad un esercente un’arte o professione, ma ad un imprenditore b l’art. 24 Cost., perché la difesa dei contribuenti che esercitano arti o professioni può essere resa troppo difficile dalla necessità di dover ricostruire a posteriori, con riferimento ai periodi d’imposta anteriori a quello in corso al 1° gennaio 2005, operazioni professionali per le quali non veniva richiesta – neanche da princípi aziendalistici o civilistici – una contabilità separata e per le quali, quindi, non è ragionevole pretendere, ora per allora, l’adempimento dell’onere di precostituire una prova contraria puntuale e documentale , al fine di consentire in futuro l’indicazione del soggetto beneficiario e superare così la presunzione legale di percezione di un compenso professionale che il rimettente conclude, in punto di non manifesta infondatezza delle questioni, nel senso che la normativa denunciata si pone in contrasto con gli evocati parametri costituzionali, nella parte in cui non prevede che essa si applichi ai compensi percepiti nell’esercizio di arti e professioni solo a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge n. 311 del 2004 1° gennaio 2005 che per il medesimo giudice, infine, le sollevate questioni sono rilevanti, perché, da un lato, non è possibile fornire della disposizione censurata una interpretazione adeguatrice che possa spingersi [] fino al punto di disapplicare la presunzione di corrispondenza di ciascun movimento finanziario non formalmente giustificato a un compenso da attività professionale e, dall’altro, l’applicazione della presunzione porterebbe ad un risultato sproporzionato, tenuto conto che al di là della indicazione dei beneficiari e delle incertezze sulla natura dei versamenti, gli imponibili accertati appaiono incongrui rispetto alle condizioni di salute del professionista negli anni in questione e alle medie dei redditi dichiarati da professionisti che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto in entrambi i giudizi di legittimità costituzionale, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili o, comunque, manifestamente infondate che l’inammissibilità è eccepita sotto il profilo che le ordinanze di rimessione motiverebbero la rilevanza delle questioni in modo meramente apparente, non chiarendo quale concreto vantaggio il contribuente potrebbe conseguire dalla auspicata pronuncia di illegittimità costituzionale, posto che per la ricostruzione del suo reddito sarebbero comunque applicabili, per effetto della mancata presentazione delle dichiarazioni degli anni 2003 e 2004, le presunzioni previste dall’art. 41 del d.P.R. n. 600 del 1973, piú sfavorevoli per il contribuente perché non richiedono i requisiti di gravità, precisione e concordanza rispetto a quelle previste dalla disposizione denunciata che, nel merito, la difesa statale osserva che a anche prima della legge n. 311 del 2004 – in base alle modifiche introdotte dall’art. 18 della legge 30 dicembre 1991, n. 413 Disposizioni per ampliare le basi imponibili, per razionalizzare, facilitare e potenziare l’attività di accertamento disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese, nonché per riformare il contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia per reati tributari istituzioni dei centri di assistenza fiscale e del conto fiscale , all’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, in tema di imposte sui redditi, ed all’art. 51 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto , in tema di IVA – gli accertamenti bancari erano esperibili nei confronti degli esercenti di arti e professioni come riconosciuto dalla Corte costituzionale con l’ordinanza n. 260 del 2000 b la legge n. 311 del 2004 si è limitata ad estendere ai professionisti non la possibilità di accertamento del reddito mediante movimentazioni bancarie, ma – se mai – unicamente la norma concernente il regime probatorio dei prelevamenti , nel senso che a base delle rettifiche sono posti, in qualità di compensi , i prelevamenti bancari non risultanti dalle scritture contabili e per i quali il contribuente non indichi il soggetto beneficiario c la presunzione prevista dal denunciato art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 era applicabile al reddito di lavoro autonomo anche anteriormente all’entrata in vigore della legge n. 311 del 2004, come piú volte affermato dalla Suprema Corte di cassazione che pertanto, a parere della medesima difesa, le sollevate questioni sono manifestamente infondate perché non sussistono le dedotte violazioni degli evocati parametri che, in particolare, non è violato l’art. 3 Cost., perché l’inapplicabilità della presunzione ai professionisti esercenti un’arte o professione ed ai loro compensi avrebbe comportato una irragionevole discriminazione tra due categorie di contribuenti e perché, comunque, la stessa Agenzia delle entrate, con la circolare del 19 ottobre 2006 n. 32/E, proprio in considerazione della eventuale promiscuità dei conti degli esercenti arti o professioni, ha previsto che le presunzioni a carico di questi siano applicate secondo criteri di proporzionalità e ragionevolezza e, quindi, con valutazioni non particolarmente rigide e formali che, sempre per l’Avvocatura generale dello Stato, non è violato neppure l’art. 24 Cost., perché l’art. 1 della legge n. 311 del 2004 ha natura procedimentale , con la conseguente sua possibile e legittima retroattività , in quanto si limita ad apportare la regolamentazione istruttoria e probatoria di una particolare ipotesi di movimento bancario ed a prevedere in modo vincolato come vada fornita la prova liberatoria avverso le presunzioni bancarie introdotte, anche a carico dei professionisti, fin dal 1991 . Considerato in diritto che la Commissione tributaria provinciale di Pescara, con due distinte ordinanze di contenuto sostanzialmente identico, dubita – in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione – della legittimità del secondo periodo del numero 2 del primo comma dell’art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi , come modificato dal numero 1 della lettera a del comma 402 e dal comma 572 dell’art. 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005 , entrata in vigore il 1° gennaio 2005, nella parte in cui stabilisce che sono [] posti come ricavi o compensi a base delle [] rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempreché non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli importi riscossi nell’ambito dei [] rapporti od operazioni di natura finanziaria che il richiamo, nelle ordinanze di rimessione, del comma 572 dell’art. 1 della legge n. 311 del 2004 in forza del quale la legge entra in vigore il 1° gennaio 2005 ha il solo fine di precisare che il testo dell’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 denunciato dal rimettente è quello entrato in vigore il 1° gennaio 2005 che, ad avviso del giudice a quo, detto art. 32 si pone in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione in quanto non prevede che la presunzione da esso introdotta – secondo cui i prelevamenti finanziari non giustificati e non contabilizzati integrano compensi professionali – si applichi ai compensi percepiti nell’esercizio di arti e professioni solo a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge n. 311 del 2004 , e cioè solo a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2005 che il rimettente muove dalla doppia premessa interpretativa che la presunzione secondo cui gli importi riscossi o i prelevamenti finanziari non giustificati e non contabilizzati integrano compensi professionali è stata introdotta dalla disposizione denunciata e che detta presunzione è applicabile anche nei periodi d’imposta anteriori a quello in corso alla data della sua entrata in vigore che, per il giudice a quo, la censurata disposizione, cosí interpretata, víola a l’art. 3 Cost., perché, da un lato, assimila irragionevolmente, con riguardo ai periodi d’imposta anteriori a quello in corso al 1° gennaio 2005, alla figura dell’imprenditore, che segue la regola di tenere separata la contabilità dei movimenti finanziari dell’impresa, la ben diversa figura dell’esercente un’arte o professione, che, invece, è solito utilizzare promiscuamente i suoi conti correnti bancari, per finalità professionali e familiari, senza conservare traccia e memoria delle piccole operazioni dall’altro, pone una equivalenza tra spesa occulta” e ricavo occulto”, la quale, se costituisce – con riguardo ai suddetti periodi d’imposta – un’ipotesi generalmente sostenibile per un imprenditore, è però irragionevole per un esercente un’arte o professione b l’art. 24 Cost., perché rende eccessivamente difficile la difesa del contribuente che eserciti un’arte o professione, costringendolo a ricostruire, per gli indicati periodi d’imposta, operazioni professionali per le quali non veniva richiesta – neanche da princípi aziendalistici o civilistici – una contabilità separata che i giudizi di legittimità costituzionale hanno il medesimo oggetto e, pertanto, debbono essere congiuntamente trattati e decisi che le questioni sono manifestamente inammissibili per insufficiente motivazione della rilevanza che, sotto un primo profilo, il rimettente non indica le ragioni per le quali deve fare applicazione della disposizione denunciata che, infatti, dopo aver precisato che gli avvisi di accertamento impugnati dal contribuente esercente la professione di avvocato sono stati emessi dall’Agenzia delle entrate in conseguenza della mancata presentazione delle dichiarazioni dei redditi per gli anni d’imposta 2003 e 2004, il giudice a quo non chiarisce perché ritenga di dover fare applicazione delle presunzioni previste dal censurato secondo periodo del numero 2 del primo comma dell’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 invece di quelle che il successivo, non censurato, art. 41, prevede proprio per il caso – a lui prospettato nei giudizi principali – di omessa presentazione della dichiarazione presunzioni, queste, che sono piú sfavorevoli per il contribuente, perché possono essere anche prive di gravità, precisione e concordanza che, sotto un secondo profilo, il rimettente non indica le ragioni poste a fondamento della prima delle sopra indicate premesse interpretative da cui muove, secondo cui la presunzione a carico degli esercenti arti o professioni è stata introdotta dalla disposizione denunciata che, al riguardo, il giudice a quo non precisa perché ritiene di dover disattendere, sul punto, il diritto vivente, secondo cui, invece, una identica presunzione era operante già prima del 1° gennaio 2005 ed era applicabile sia agli imprenditori che agli esercenti arti o professioni che, in particolare, tale diritto vivente ha sempre ritenuto che, nelle previgenti formulazioni dell’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, il legislatore, nel prevedere che le movimentazioni finanziarie non giustificate e non contabilizzate integrano ricavi , ha inteso designare con tale termine non solo i redditi d’impresa, ma anche i compensi professionali e di lavoratore autonomo ex plurimis , le sentenze della Suprema Corte di cassazione n. 19692, n. 14041, n. 10577, n. 10576, n. 10574 e n. 802 del 2011 n. 4560 del 2010 n. 23852 e n. 6618 del 2009 n. 11750 e n. 430 del 2008 n. 13819, n. 12290, n. 11221 e n. 2437 del 2007 n. 19330 del 2006 che, pertanto, il rimettente omette di chiarire perché l’accoglimento delle sollevate questioni impedirebbe di applicare al contribuente, quale esercente la professione di avvocato, una presunzione identica a quella prevista dalla disposizione denunciata e desumibile dalla previgente formulazione dello stesso art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE riuniti i giudizi, dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale del secondo periodo del numero 2 del primo comma dell’art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi , come modificato dal numero 1 della lettera a del comma 402 e dal comma 572 dell’art. 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005 , sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Pescara con le due ordinanze indicate in epigrafe.