I periodi di detenzione non valgono per l’acquisizione di un titolo di soggiorno permanente

I periodi di detenzione non possono essere presi in considerazione ai fini dell’acquisizione di un titolo di soggiorno permanente né per la concessione della protezione rafforzata contro l’allontanamento. Analogamente, i periodi di detenzione interrompono, in linea di principio, la continuità dei periodi necessari per ottenere tali vantaggi.

Lo ha stabilito la Corte di Giustizia dell’Unione Europea nelle sentenze nelle cause C-378/12 e C-400/12 del 16 gennaio 2014. Le due pronunce consentono di circoscrivere i tempi di permanenza rilevanti ai fini dell’ottenimento di un titolo di soggiorno permanente. Il quadro normativo comunitario. Prima di esaminare le sentenze, occorre ricordare che, ai sensi dei considerando 17 e 18 della direttiva 2004/38, è riconosciuto un diritto di soggiorno permanente per i cittadini dell’Unione che hanno scelto di trasferirsi a tempo indeterminato nello Stato membro ospitante. Ciò rafforzerebbe il senso di appartenenza alla cittadinanza dell’Unione e costituisce un essenziale elemento di promozione della coesione sociale, che è uno degli obiettivi fondamentali dell’Unione. È necessario, quindi, istituire un diritto di soggiorno permanente per tutti i cittadini dell’Unione ed i loro familiari che abbiano soggiornato nello Stato membro ospitante per un periodo ininterrotto di cinque anni conformemente alle condizioni previste dalla presente direttiva e senza diventare oggetto di una misura di allontanamento. Per costituire un autentico mezzo di integrazione nella società dello Stato membro ospitante in cui il cittadino dell’Unione soggiorna, il diritto di soggiorno permanente non dovrebbe, una volta ottenuto, essere sottoposto ad alcuna condizione. Il diritto di soggiorno. La direttiva 2004/38/CE del 29 aprile 2004 relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri consente, quindi, ai cittadini dell’Unione, senza ulteriori condizioni o formalità a parte il requisito del possesso di un documento di viaggio, di recarsi e soggiornare nel territorio di uno Stato membro diverso da quello di cui hanno la cittadinanza per un periodo massimo di tre mesi. Tuttavia, se esercitano un’attività professionale o dispongono di risorse sufficienti per provvedere alle proprie necessità nonché di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi ad esempio se sono studenti o pensionati , essi possono rimanere in tale Stato membro diverso per un periodo superiore. In tal caso, anche i loro familiari, siano essi cittadini dell’Unione o meno, possono restare con loro in tale Stato, a condizione che la loro presenza non costituisca un onere per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante e che dispongano di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi. La prima vicenda. La fattispecie al centro della prima sentenza vede un cittadino nigeriano che - in seguito al matrimonio con una cittadina irlandese che aveva esercitato il suo diritto di libera circolazione e di soggiorno nel Regno Unito - ha ottenuto un permesso di soggiorno della validità di cinque anni in tale Stato membro. Durante il soggiorno nel Regno Unito in quanto familiare di un cittadino dell’Unione, è stato però più volte condannato dai giudici britannici per diversi reati e ha trascorso in carcere un periodo complessivo di tre anni e tre mesi. In seguito al rigetto della sua domanda di carta di soggiorno permanente, il cittadino nigeriano ha adito il Tribunale competente il quale chiede alla Corte di giustizia se i periodi di detenzione e i periodi di durata inferiore a cinque anni precedenti e successivi alla detenzione di un richiedente possano essere presi in considerazione ai fini dell’acquisizione di un titolo di soggiorno permanente. I periodi di detenzione non possono essere considerati. La Corte di Giustizia - premettendo che un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione che ha esercitato il suo diritto di libera circolazione e di soggiorno, può computare, ai fini dell’acquisizione di un diritto di soggiorno permanente, soltanto i periodi trascorsi assieme a tale cittadino – afferma che i periodi durante i quali egli non ha soggiornato assieme a tale cittadino a causa della sua detenzione nello Stato membro ospitante non possono essere presi in considerazione a tal fine. Peraltro, nella decisione si aggiunge che il legislatore dell’Unione ha fatto dipendere l’ottenimento del diritto di soggiorno permanente dall’integrazione dell’interessato nello Stato membro ospitante. Tale integrazione è fondata sia su elementi spaziali e temporali sia su elementi qualitativi relativi al grado di integrazione nello Stato membro ospitante. Il fatto che il giudice nazionale abbia inflitto una pena detentiva senza sospensione dimostra il mancato rispetto, da parte dell’interessato, dei valori espressi dalla società dello Stato membro ospitante nel diritto penale di quest’ultimo. Di conseguenza, prendere in considerazione i periodi di detenzione ai fini dell’acquisizione del diritto di soggiorno permanente sarebbe manifestamente in contrasto con l’obiettivo perseguito dalla direttiva con la creazione di tale diritto di soggiorno. Infine, si precisa che la continuità del soggiorno di cinque anni è interrotta dai periodi di detenzione nello Stato membro ospitante. Quindi, i periodi precedenti e successivi ai periodi di detenzione non possono essere sommati per raggiungere il periodo minimo di cinque anni necessario per ottenere un titolo di soggiorno permanente. La seconda vicenda. L’altra rilevante decisione della Corte di Giustizia riguarda una cittadina portoghese che soggiorna dal 1998 nel Regno Unito, dove ha acquisito il diritto di soggiorno permanente nel 2003. Nel 2009 è stata condannata dai giudici britannici a 21 mesi di carcere per maltrattamenti nei confronti di uno dei figli. Inoltre, nel periodo in cui si trovava in carcere, le autorità britanniche hanno disposto la sua espulsione dal territorio del Regno Unito per ragioni di ordine pubblico e di pubblica sicurezza. In seguito all’impugnazione della decisione di espulsione, il Tribunale inglese competente chiede alla Corte se, nonostante la detenzione, la cittadina portoghese possa beneficiare di tale protezione rafforzata contro l’allontanamento. Come si calcola il periodo di soggiorno? La Corte di Giustizia sostiene che, contrariamente al periodo richiesto per l’acquisizione del diritto di soggiorno permanente, che inizia con il soggiorno legale della persona interessata nello Stato membro ospitante, il periodo di soggiorno di dieci anni richiesto per la concessione della protezione rafforzata contro l’allontanamento dev’essere calcolato a ritroso, a partire dalla data della decisione di allontanamento di tale persona. Inoltre, afferma che tale periodo di soggiorno dev’essere, in linea di principio, continuativo. Si ribadisce, quindi, che i periodi di detenzione non possono essere presi in considerazione ai fini del calcolo del periodo di soggiorno di dieci anni. I periodi di detenzione interrompono la continuità del soggiorno. Infine, la Corte constata che i periodi di detenzione interrompono, di massima, la continuità del soggiorno necessaria per la concessione della protezione rafforzata. La Corte ricorda tuttavia che, al fine di stabilire entro quali limiti la discontinuità del soggiorno impedisca all’interessato di beneficiare della protezione rafforzata, occorre procedere ad una valutazione complessiva della sua situazione. In occasione di tale valutazione complessiva, richiesta per stabilire se i legami d’integrazione tra l’interessato e lo Stato membro ospitante siano stati interrotti, le autorità nazionali possono tenere conto degli aspetti pertinenti della sua detenzione. Allo stesso modo, nell’ambito di tale valutazione complessiva, le autorità nazionali possono prendere in considerazione la circostanza che la persona interessata abbia soggiornato nello Stato membro ospitante durante i dieci anni precedenti la sua detenzione. 5 anni nello Stato membro ospitante per acquisire il diritto di soggiorno permanente. I cittadini dell’Unione che hanno soggiornato legalmente in via continuativa per un periodo di cinque anni nel territorio dello Stato membro ospitante acquisiscono il diritto di soggiorno permanente in tale territorio. Tale diritto non è soggetto alle condizioni necessarie per rimanere nello Stato membro ospitante per un periodo superiore a tre mesi. I familiari di tali cittadini che non hanno la cittadinanza di uno Stato membro e che hanno soggiornato legalmente con loro in via continuativa per un periodo di cinque anni nello Stato membro ospitante acquisiscono anch’essi il diritto di soggiorno permanente. In tale contesto, lo Stato membro ospitante non può adottare una decisione di allontanamento dal territorio nei confronti di un cittadino dell’Unione o dei suoi familiari, qualunque sia la loro cittadinanza, che abbiano acquisito un diritto di soggiorno permanente nel suo territorio, salvo che sussistano gravi motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza. Analogamente, non è possibile adottare una decisione di allontanamento nei confronti di un cittadino dell’Unione che abbia soggiornato nello Stato membro ospitante nei dieci anni precedenti, salvo che tale decisione sia giustificata da ragioni imperative di pubblica sicurezza definite da tale Stato membro.

Corte di Giustizia UE, sez. II, sentenza 16 gennaio 2014, causa C-400/12 * Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2004/38/CE – Articolo 28, paragrafo 3, lettera a – Protezione contro l’allontanamento – Modalità di calcolo del periodo decennale – Presa in considerazione dei periodi di detenzione Sentenza 1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 28, paragrafo 3, lettera a , della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento CEE numero 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE GU L158, pag.77, e rettifica GUL229, pag.35 . 2 Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra il Secretary of State for the Home Department Ministro dell’Interno in prosieguo il Secretary of State e la sig.raG., avente ad oggetto una decisione di allontanamento di quest’ultima dal territorio del Regno Unito. Contesto normativo Diritto dell’Unione 3 Ai sensi dei considerando 23 e 24 della direttiva 2004/38 23 L’allontanamento dei cittadini dell’Unione [europea] e dei loro familiari per motivi d’ordine pubblico o di pubblica sicurezza costituisce una misura che può nuocere gravemente alle persone che, essendosi avvalse dei diritti e delle libertà loro conferite dal trattato, si siano effettivamente integrate nello Stato membro ospitante. Occorre pertanto limitare la portata di tali misure conformemente al principio di proporzionalità, in considerazione del grado d’integrazione della persona interessata, della durata del soggiorno nello Stato membro ospitante, dell’età, delle condizioni di salute, della situazione familiare ed economica e dei legami col paese di origine. 24 Pertanto, quanto più forte è l’integrazione dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari nello Stato membro ospitante, tanto più elevata dovrebbe essere la protezione contro l’allontanamento. Soltanto in circostanze eccezionali, qualora vi siano motivi imperativi di pubblica sicurezza, dovrebbe essere presa una misura di allontanamento nei confronti di cittadini dell’Unione che hanno soggiornato per molti anni nel territorio dello Stato membro ospitante, in particolare qualora vi siano nati e vi abbiano soggiornato per tutta la vita. Inoltre, dette circostanze eccezionali dovrebbero valere anche per le misure di allontanamento prese nei confronti di minorenni, al fine di tutelare i loro legami con la famiglia, conformemente alla Convenzione sui diritti del fanciullo delle Nazioni Unite, del 20 novembre 1989 . 4 L’articolo 2 di detta direttiva 2004/38, sotto il titolo Definizioni , enuncia quanto segue Ai fini della presente direttiva si intende per 1 cittadino dell’Unione” qualsiasi persona avente la cittadinanza di uno Stato membro 2 familiare” a il coniuge 3 Stato membro ospitante” lo Stato membro nel quale il cittadino dell’Unione si reca al fine di esercitare il diritto di libera circolazione o di soggiorno . 5 L’articolo 3 di tale direttiva, rubricato Aventi diritto , dispone quanto segue 1. La presente direttiva si applica a qualsiasi cittadino dell’Unione che si rechi o soggiorni in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, nonché ai suoi familiari ai sensi dell’articolo 2, punto 2, che accompagnino o raggiungano il cittadino medesimo. . 6 Il capo III di tale direttiva, intitolato Diritto di soggiorno , include gli articoli da6 a 15 della stessa. L’articolo 6 riguarda il [d]iritto di soggiorno sino a tre mesi . L’articolo 7 prevede, a talune condizioni, un [d]iritto di soggiorno per un periodo superiore a tre mesi . 7 Collocato nel capo IV della stessa direttiva, rubricato Diritto di soggiorno permanente , l’articolo 16 di tale direttiva, intitolato Norma generale per i cittadini dell’Unione e i loro familiari , così recita 1. Il cittadino dell’Unione che abbia soggiornato legalmente ed in via continuativa per cinque anni nello Stato membro ospitante ha diritto al soggiorno permanente in detto Stato. Tale diritto non è subordinato alle condizioni di cui al capo III. 2. Le disposizioni del paragrafo 1 si applicano anche ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che abbiano soggiornato legalmente in via continuativa per cinque anni assieme al cittadino dell’Unione nello Stato membro ospitante. 3. La continuità della residenza non è pregiudicata da assenze temporanee che non superino complessivamente sei mesi all’anno né da assenze di durata superiore per l’assolvimento degli obblighi militari né da un’assenza di dodici mesi consecutivi al massimo dovuta a motivi rilevanti, quali gravidanza e maternità, malattia grave, studi o formazione professionale o il distacco per motivi di lavoro in un altro Stato membro o in un paese terzo. 4. Una volta acquisito, il diritto di soggiorno permanente si perde soltanto a seguito di assenze dallo Stato membro ospitante di durata superiore a due anni consecutivi . 8 Il capo VI di tale direttiva, intitolato Limitazioni del diritto d’ingresso e di soggiorno per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica , comprende l’articolo 27, intitolato Principi generali , il quale così recita 1. Fatte salve le disposizioni del presente capo, gli Stati membri possono limitare la libertà di circolazione di un cittadino dell’Unione o di un suo familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica. Tali motivi non possono essere invocati per fini economici. 2. I provvedimenti adottati per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza rispettano il principio di proporzionalità e sono adottati esclusivamente in relazione al comportamento personale della persona nei riguardi della quale essi sono applicati. La sola esistenza di condanne penali non giustifica automaticamente l’adozione di tali provvedimenti. Il comportamento personale deve rappresentare una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale della società. Giustificazioni estranee al caso individuale o attinenti a ragioni di prevenzione generale non sono prese in considerazione. 3. Al fine di verificare se l’interessato costituisce un pericolo per l’ordine pubblico o la pubblica sicurezza, in occasione del rilascio dell’attestato d’iscrizione o, in mancanza di un sistema di iscrizione, entro tre mesi dalla data di arrivo dell’interessato nel suo territorio o dal momento in cui ha dichiarato la sua presenza nel territorio in conformità dell’articolo 5, paragrafo 5, ovvero al momento del rilascio della carta di soggiorno, lo Stato membro ospitante può, qualora lo giudichi indispensabile, chiedere allo Stato membro di origine, ed eventualmente agli altri Stati membri, informazioni sui precedenti penali del cittadino dell’Unione o di un suo familiare. Tale consultazione non può avere carattere sistematico. Lo Stato membro consultato fa pervenire la propria risposta entro un termine di due mesi. 4. Lo Stato membro che ha rilasciato il passaporto o la carta di identità riammette senza formalità nel suo territorio il titolare di tale documento che è stato allontanato per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di salute pubblica da un altro Stato membro, quand’anche il documento in questione sia scaduto o sia contestata la cittadinanza del titolare . 9 L’articolo 28 della stessa direttiva, intitolato Protezione contro l’allontanamento e riportato anch’esso nel capo VI di quest’ultima, così dispone 1. Prima di adottare un provvedimento di allontanamento dal territorio per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, lo Stato membro ospitante tiene conto di elementi quali la durata del soggiorno dell’interessato nel suo territorio, la sua età, il suo stato di salute, la sua situazione familiare e economica, la sua integrazione sociale e culturale nello Stato membro ospitante e importanza dei suoi legami con il paese d’origine. 2. Lo Stato membro ospitante non può adottare provvedimenti di allontanamento dal territorio nei confronti del cittadino dell’Unione o del suo familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, che abbia acquisito il diritto di soggiorno permanente nel suo territorio se non per gravi motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza. 3. Il cittadino dell’Unione non può essere oggetto di una decisione di allontanamento, salvo se la decisione è adottata per motivi imperativi di pubblica sicurezza definiti dallo Stato membro, qualora a abbia soggiornato nello Stato membro ospitante i precedenti dieci anni o b sia minorenne, salvo qualora l’allontanamento sia necessario nell’interesse del bambino, secondo quanto contemplato dalla convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989 . Diritto del Regno Unito 10 Il regolamento del 2006 in materia di immigrazione Spazio economico europeo [Immigration European Economic Area Regulations 2006] recepisce nell’ordinamento interno del Regno Unito le disposizioni della direttiva 2004/38. 11 L’articolo 21 di tale regolamento, intitolato Provvedimenti adottati per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza o sanità pubblica , garantisce la trasposizione degli articoli 27 e 28 di tale direttiva. Procedimento principale e questioni pregiudiziali 12 La sig.raG. è una cittadina portoghese. Il 12 aprile 1998, essa è entrata nel Regno Unito insieme a suo marito, anch’egli cittadino portoghese. La sig.raG. ha lavorato tra il maggio 1998 ed il marzo 1999. Durante tale ultimo mese, ha cessato di lavorare per partorire il suo primo figlio, nato nel giugno dello stesso anno. Nel 2001 e nel 2004, la sig.raG. e suo marito hanno avuto altri due figli. Durante il suo periodo di inattività e fino alla separazione della coppia, sopraggiunta nel dicembre 2006, la sig.raG. è stata sostenuta finanziariamente dal proprio marito. Malgrado tale separazione, la sig.raG. e suo marito sono rimasti sposati. 13 Nell’aprile 2008, i figli della sig.raG. sono stati affidati ad altre famiglie a seguito di un rapporto dell’autorità sanitaria secondo cui alcune lesioni subite da uno di loro non erano originate da incidente. Il 21 novembre 2008, il giudice per le cause di famiglia ha accertato la responsabilità della sig.raG. per le lesioni inflitte a uno dei suoi figli. Dichiarata colpevole del reato di sevizie in un caso e del reato di percosse e lesioni in tre casi su una persona di età inferiore ai 16 anni, la sig.raG. è stata condannata, il 27 agosto 2009, a 21 mesi di detenzione. 14 In seguito alla condanna della sig.raG., la potestà genitoriale è stata affidata al marito dell’interessata. Mentre si trovava in stato di detenzione, alla sig.raG. era stato accordato un diritto di visita, in pubblico e sotto sorveglianza, dei suoi figli. Tuttavia, nell’aprile 2010, le autorità locali hanno interrotto tali visite e, nell’agosto dello stesso anno, hanno chiesto la sospensione di tale diritto. Il 5 luglio 2011, il giudice per le cause di famiglia ha deciso di confermare la sorveglianza, di limitare le visite, sotto forma di contatti indiretti, e di vietare taluni atti, rilevando che la sig.raG. doveva ancora dimostrare di essere capace di condurre una vita stabile e senza consumo di droga. 15 L’11 maggio 2010, in costanza di detenzione, la sig.raG. ha presentato al Secretary of State una domanda di carta di soggiorno permanente nel Regno Unito. L’8 luglio 2010, il Secretary of State ha respinto tale domanda ed ha ordinato l’espulsione della sig.raG. per motivi di ordine pubblico e di pubblica sicurezza, conformemente all’articolo 21 del regolamento del 2006 sull’immigrazione Spazio economico europeo . 16 L’11 luglio 2010, la sig.raG., che aveva scontato la sua condanna, è tuttavia rimasta in stato di detenzione, essendo intervenuta la decisione del Secretary of State che ordinava la sua espulsione. In tale decisione, il Secretary of State ha considerato, in primo luogo, che la protezione rafforzata contro l’allontanamento prevista all’articolo 28, paragrafo 3, lettera a , della direttiva 2004/38 si fonda sull’integrazione del cittadino nello Stato membro ospitante e che una siffatta integrazione non può realizzarsi durante la permanenza di tale cittadino in carcere. In secondo luogo, esso ha ritenuto che la sig.raG. non potesse beneficiare neanche della protezione intermedia nei confronti dell’allontanamento atteso che, da un lato, ella non aveva dimostrato di aver acquistato un diritto di soggiorno permanente e che, dall’altro, sussistevano comunque gravi motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza che giustificavano l’espulsione dell’interessata. In terzo luogo, il Secretary of State ha constatato che, a maggior ragione, la sig.raG. non poteva beneficiare neanche della protezione di base contro l’allontanamento. 17 La sig.raG. ha proposto un ricorso dinanzi al First-tier Tribunal Immigration and Asylum Chamber . Quest’ultimo, il 10 gennaio 2011, ha accolto tale ricorso, ritenendo che la sig.raG. avesse soggiornato nel Regno Unito per un periodo, precedente la decisione di espulsione, superiore ai dieci anni, e che il Secretary of State non avesse dimostrato l’esistenza di motivi imperativi di pubblica sicurezza. Il First-tier Tribunal Immigration and Asylum Chamber ha tuttavia considerato che la sig.raG., in assenza di prova del fatto che suo marito avesse svolto lavoro dipendente o avesse in altro modo esercitato i diritti accordati dal Trattato FUE, non aveva dimostrato l’acquisto di un diritto di soggiorno permanente ai sensi della direttiva 2004/38. 18 Il Secretary of State ha interposto appello contro la decisione del First-tier Tribunal Immigration and Asylum Chamber dinanzi al giudice del rinvio. Con una decisione notificata il 13 agosto 2011, quest’ultimo giudice ha annullato la decisione del First-tier Tribunal Immigration and Asylum Chamber in ragione del fatto che essa contraddiceva la giurisprudenza interna. 19 Nell’ambito del procedimento avviato dinanzi al giudice del rinvio, il Secretary of State ha ammesso che la sig.raG. aveva acquistato un diritto di soggiorno permanente, ai sensi della direttiva 2004/38, nel maggio 2003 e che tale diritto non si era successivamente estinto. Tuttavia, le posizioni delle parti continuano a divergere per quanto riguarda tanto le modalità di calcolo del periodo decennale di cui all’articolo 28, paragrafo 3, lettera a , della direttiva 2004/38, quanto la valutazione, nel caso di specie, delle ragioni o dei gravi motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, ai sensi dell’articolo 28, paragrafi 1 e 2, di tale direttiva. 20 Mentre pendevano i procedimenti dinanzi al First-tier Tribunal Immigration and Asylum Chamber ed al giudice del rinvio, i procedimenti avviati in materia di diritto di famiglia sono giunti al termine a seguito del trasloco a Manchester Regno Unito del marito della sig.raG. nel settembre 2011. La detenzione della sig.raG. si è protratta fino al 20 marzo 2012. 21 L’Upper Tribunal Immigration and Asylum Chamber , London, ha pertanto deciso di sospendere la pronuncia e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali 1 Se il periodo trascorso in stato di detenzione a seguito di condanna penale per la commissione di un reato da parte di un cittadino dell’Unione interrompa il periodo di soggiorno nello Stato membro ospitante, necessario perché costui possa beneficiare del livello massimo di protezione contro l’allontanamento ai sensi dell’articolo 28, paragrafo 3, lettera a , della direttiva 2004/38/CE ovvero se gli impedisca in altro modo di beneficiare di tale livello di protezione. 2 Se il riferimento ai precedenti dieci anni” contenuto nell’articolo 28, paragrafo 3, lettera a , [della direttiva 2004/38] significhi che il soggiorno deve essere stato continuativo affinché un cittadino dell’Unione possa beneficiare del livello massimo di protezione contro l’allontanamento. 3 Se ai fini [del suddetto] articolo 28, paragrafo 3, lettera a , il periodo richiesto di dieci anni durante il quale un cittadino dell’Unione deve aver soggiornato nello Stato membro ospitante, debba essere calcolato a conteggiando a ritroso a partire dalla decisione di allontanamento oppure b conteggiando in avanti a partire dall’inizio del soggiorno di tale cittadino nello Stato membro ospitante. 4 Qualora la risposta al quesito 3, lettera a sia nel senso che il periodo di dieci anni deve essere calcolato conteggiando a ritroso, se sia rilevante il fatto che la persona abbia maturato dieci anni di soggiorno già prima della sua detenzione . Sulle questioni pregiudiziali Sulle questioni seconda e terza 22 Con la seconda e la terza questione, che occorre esaminare per prime, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, da un lato, se il periodo di soggiorno decennale previsto dall’articolo 28, paragrafo 3, lettera a , della direttiva 2004/38 debba essere calcolato a ritroso, a partire dalla decisione di allontanamento della persona interessata ovvero se esso debba invece essere calcolato a partire dall’inizio del soggiorno di tale persona e, dall’altro, se tale periodo debba essere continuativo. 23 A tal proposito va rammentato, in primo luogo, che la Corte ha già avuto occasione di dichiarare che se è certamente vero che i considerando 23 e 24 della direttiva 2004/38 prevedono una particolare protezione per le persone che si sono effettivamente integrate nello Stato membro ospitante, segnatamente quando vi sono nate e vi hanno soggiornato tutta la loro vita, tuttavia, alla luce del tenore letterale dell’articolo 28, paragrafo 3, della direttiva 2004/38, il criterio determinante consiste nel sapere se il cittadino dell’Unione abbia soggiornato in tale Stato membro durante i dieci anni precedenti la decisione di allontanamento sentenza del 23 novembre 2010, Tsakouridis, -145/09, Racc.pag.I‑11979, punto 31 . 24 Ne consegue che, contrariamente al periodo richiesto per l’acquisto del diritto di soggiorno permanente, che inizia con il soggiorno legale nello Stato membro ospitante della persona interessata, il periodo di soggiorno decennale richiesto per la concessione della protezione rafforzata prevista dall’articolo 28, paragrafo 3, lettera a , della direttiva 2004/38 deve essere calcolato a ritroso, a partire dalla data della decisione di allontanamento di tale persona. 25 In secondo luogo, la Corte ha altresì considerato che l’articolo 28, paragrafo 3, lettera a , della direttiva 2004/38 deve essere interpretato nel senso che, al fine di stabilire se un cittadino dell’Unione abbia soggiornato nello Stato membro ospitante durante i dieci anni che precedono la decisione di allontanamento, criterio determinante per la concessione della protezione rafforzata prevista da tale disposizione, occorre prendere in considerazione tutti gli aspetti rilevanti in ciascun caso di specie, in particolare la durata di ciascuna delle assenze dell’interessato dallo Stato membro ospitante, la durata cumulata e la frequenza di tali assenze, nonché le ragioni che hanno indotto l’interessato a lasciare tale Stato membro e che possono determinare se tali assenze comportino lo spostamento verso un altro Stato del centro dei suoi interessi personali, familiari o professionali sentenza Tsakouridis, cit., punto 38 . 26 Tali considerazioni erano dirette a rispondere alla questione dei limiti in cui le assenze dal territorio dello Stato membro ospitante durante il periodo menzionato all’articolo 28, paragrafo 3, lettera a , della direttiva 2004/38 impediscono alla persona interessata di beneficiare della protezione rafforzata prevista da tale disposizione e partivano dalla previa constatazione del fatto che la stessa disposizione non faceva alcun riferimento alle circostanze che potevano comportare l’interruzione del periodo di soggiorno decennale ai fini dell’acquisto del diritto alla suddetta protezione v., in tal senso, sentenza Tsakouridis, cit., punti 22 e 29 . 27 Orbene, tenuto conto del fatto che il criterio determinante per la concessione della protezione rafforzata prevista all’articolo 28, paragrafo 3, lettera a , della direttiva 2004/38 consiste nel fatto, per la persona di cui trattasi, di aver soggiornato nello Stato membro ospitante durante i dieci anni che precedono la decisione di allontanamento e che le assenze dal territorio di tale Stato possono incidere su siffatta concessione, occorre considerare che il periodo di soggiorno menzionato in tale disposizione, in linea di principio, deve essere continuativo. 28 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni seconda e terza che l’articolo 28, paragrafo 3, lettera a , della direttiva 2004/38 deve essere interpretato nel senso che il periodo di soggiorno decennale previsto da tale disposizione deve essere, in linea di principio, continuativo e calcolato a ritroso, a partire dalla data della decisione di allontanamento della persona di cui trattasi. Sulle questioni prima e quarta 29 Con le sue questioni prima e quarta, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’articolo 28, paragrafo 3, lettera a , della direttiva 2004/38 debba essere interpretato nel senso che un periodo di detenzione della persona di cui trattasi è tale da interrompere la continuità del soggiorno, ai sensi di tale disposizione, e da incidere sulla concessione della protezione rafforzata da essa prevista, compreso il caso in cui tale persona abbia soggiornato nello Stato membro ospitante durante i dieci anni precedenti la sua detenzione. 30 A tal proposito, si deve rilevare che la Corte ha già considerato che il sistema di protezione contro le misure di allontanamento istituito dalla direttiva 2004/38 è fondato sul grado d’integrazione della persona interessata nello Stato membro ospitante, di modo che quanto più forte è l’integrazione dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari nello Stato membro ospitante, tanto più elevata dovrebbe essere la loro protezione contro l’allontanamento, tenuto conto del fatto che tale allontanamento può nuocere gravemente alle persone che, essendosi avvalse dei diritti e delle libertà loro conferite dal Trattato FUE, si siano effettivamente integrate nello Stato membro ospitante v., in tal senso, sentenza Tsakouridis, cit., punti 24 e 25 . 31 La Corte ha già avuto occasione di dichiarare, nel contesto dell’interpretazione da essa svolta dell’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2004/38, che il fatto che il giudice nazionale abbia inflitto una pena detentiva senza sospensione è idoneo a dimostrare il mancato rispetto, da parte della persona di cui trattasi, dei valori espressi dalla società dello Stato membro ospitante nel diritto penale di quest’ultimo, di modo che la considerazione dei periodi di detenzione ai fini dell’acquisizione, da parte dei familiari di un cittadino dell’Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, del diritto di soggiorno permanente ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2004/38, sarebbe manifestamente in contrasto con l’obiettivo perseguito da tale direttiva con la creazione di detto diritto di soggiorno sentenza del 16 gennaio 2014, Onuekwere, -378/12, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 26 . 32 Nei limiti in cui il grado di integrazione delle persone interessate fonda essenzialmente tanto il diritto di soggiorno permanente quanto il sistema di protezione contro le misure di allontanamento previsti dalla direttiva 2004/38, i motivi che giustificano che i periodi di detenzione non siano presi in considerazione ai fini dell’acquisto del diritto di soggiorno permanente o interrompano la continuità del soggiorno ai fini di tale acquisto devono essere applicati anche nell’ambito dell’interpretazione dell’articolo 28, paragrafo 3, lettera a , di tale direttiva. 33 Ne consegue che i periodi di detenzione non possono essere presi in considerazione ai fini della concessione della protezione rafforzata prevista dall’articolo 28, paragrafo 3, lettera a , della direttiva 2004/38 e che tali periodi interrompono, in linea di principio, la continuità del soggiorno, ai sensi di tale disposizione. 34 Per quanto riguarda tale continuità del soggiorno, si è rammentato al punto 28 della presente sentenza che il periodo di soggiorno decennale richiesto per la concessione della protezione rafforzata prevista dall’articolo 28, paragrafo 3, lettera a , della direttiva 2004/38 deve essere, in linea di principio, continuativo. 35 Orbene, quanto al problema di sapere entro quali limiti la discontinuità del soggiorno durante i dieci anni precedenti la decisione di allontanamento dell’interessato impedisca a quest’ultimo di beneficiare della protezione rafforzata, occorre procedere ad una valutazione complessiva della situazione dell’interessato ogni volta nel preciso momento in cui si pone il problema dell’allontanamento v., in tal senso, sentenza Tsakouridis, cit., punto 32 . 36 A tal proposito, atteso che i periodi di detenzione interrompono, in linea di principio, la continuità del soggiorno, ai sensi dell’articolo 28, paragrafo 3, lettera a , della direttiva 2004/38, essi possono essere presi in considerazione dalle autorità nazionali incaricate dell’applicazione dell’articolo 28, paragrafo 3, della direttiva 2004/38, insieme agli altri elementi che rappresentano la totalità degli aspetti rilevanti in ciascun caso di specie, nella valutazione complessiva prevista per determinare se i legami di integrazione precedentemente creati con lo Stato membro ospitante siano stati interrotti, di modo che la protezione rafforzata oggetto della suddetta disposizione sarà o meno accordata v., in tal senso, sentenza Tsakouridis, cit., punto 34 . 37 Infine, per quanto riguarda l’incidenza della circostanza che la persona di cui trattasi ha soggiornato nello Stato membro ospitante durante i dieci anni precedenti la sua detenzione, si deve ricordare che anche se, come rammentato ai punti 24 e 25 della presente sentenza, il periodo di soggiorno decennale richiesto per la concessione della protezione rafforzata prevista all’articolo 28, paragrafo 3, lettera a , della direttiva 2004/38 deve essere calcolato a ritroso, a partire dalla data della decisione di allontanamento di tale persona, atteso che il calcolo effettuato ai sensi di tale disposizione differisce da quello al quale si procede ai fini della concessione del diritto di soggiorno permanente, una siffatta circostanza può essere presa in considerazione nella valutazione globale menzionata al precedente punto della presente sentenza. 38 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni prima e quarta che l’articolo 28, paragrafo 3, lettera a , della direttiva 2004/38 deve essere interpretato nel senso che un periodo di detenzione della persona di cui trattasi è in linea di principio idoneo ad interrompere la continuità del soggiorno, ai sensi di tale disposizione, e ad incidere sulla concessione della protezione rafforzata da essa prevista, compreso il caso in cui tale persona abbia soggiornato nello Stato membro ospitante duranti i dieci anni precedenti la sua detenzione. Tuttavia, tale circostanza può essere presa in considerazione nella valutazione globale richiesta per determinare se i legami di integrazione precedentemente creatisi con lo Stato membro ospitante siano stati o meno infranti. Sulle spese 39 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte Seconda Sezione dichiara 1 L’articolo 28, paragrafo 3, lettera a , della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento CEE numero 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE, deve essere interpretato nel senso che il periodo di soggiorno decennale previsto da tale disposizione deve essere, in linea di principio, continuativo e calcolato a ritroso, a partire dalla data della decisione di allontanamento della persona di cui trattasi. 2 L’articolo 28, paragrafo 3, lettera a , della direttiva 2004/38 deve essere interpretato nel senso che un periodo di detenzione della persona di cui trattasi è in linea di principio idoneo ad interrompere la continuità del soggiorno, ai sensi di tale disposizione, e ad incidere sulla concessione della protezione rafforzata da essa prevista, compreso il caso in cui tale persona abbia soggiornato nello Stato membro ospitante duranti i dieci anni precedenti la sua detenzione. Tuttavia, tale circostanza può essere presa in considerazione nella valutazione globale richiesta per determinare se i legami di integrazione precedentemente creatisi con lo Stato membro ospitante siano stati o meno infranti. * Fonte http //curia.europa.eu/

Corte di Giustizia UE, sez. II, sentenza 16 gennaio 2014, causa C-378/12 * Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2004/38/CE – Articolo 16, paragrafi 2 e 3 – Diritto di soggiorno permanente dei cittadini di paesi terzi familiari di un cittadino dell’Unione – Considerazione dei periodi di detenzione di tali cittadini Sentenza 1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 16, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento CEE n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE GU L 158, pag. 77, e rettifiche in GU 2004, L 229, pag. 35, e GU 2005, L 197, pag. 34 . 2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il sig. Onuekwere e il Secretary of State for the Home Department Ministro dell’Interno in prosieguo il Secretary of State in merito a una decisione che nega al sig. Onuekwere il beneficio di una carta di soggiorno permanente come familiare di un cittadino dell’Unione. Contesto normativo Il diritto dell’Unione 3 Ai sensi dei considerando 17 e 18 della direttiva 2004/38 17 Un diritto di soggiorno permanente per i cittadini dell’Unione che hanno scelto di trasferirsi a tempo indeterminato nello Stato membro ospitante rafforzerebbe il senso di appartenenza alla cittadinanza dell’Unione e costituisce un essenziale elemento di promozione della coesione sociale, che è uno degli obiettivi fondamentali dell’Unione. Occorre quindi istituire un diritto di soggiorno permanente per tutti i cittadini dell’Unione ed i loro familiari che abbiano soggiornato nello Stato membro ospitante per un periodo ininterrotto di cinque anni conformemente alle condizioni previste dalla presente direttiva e senza diventare oggetto di una misura di allontanamento. 18 Per costituire un autentico mezzo di integrazione nella società dello Stato membro ospitante in cui il cittadino dell’Unione soggiorna, il diritto di soggiorno permanente non dovrebbe, una volta ottenuto, essere sottoposto ad alcuna condizione . 4 L’articolo 2 della direttiva 2004/38, rubricato Definizioni , così recita Ai fini della presente direttiva, si intende per 1 cittadino dell’Unione” qualsiasi persona avente la cittadinanza di uno Stato membro 2 familiare” a il coniuge 3 Stato membro ospitante” lo Stato membro nel quale il cittadino dell’Unione si reca al fine di esercitare il diritto di libera circolazione o di soggiorno . 5 L’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva, intitolato Aventi diritto , così dispone 1. La presente direttiva si applica a qualsiasi cittadino dell’Unione che si rechi o soggiorni in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, nonché ai suoi familiari ai sensi dell’articolo 2, punto 2, che accompagnino o raggiungano il cittadino medesimo . 6 L’articolo 7 della richiamata direttiva, intitolato Diritto di soggiorno per un periodo superiore a tre mesi , è formulato nei termini seguenti 1. Ciascun cittadino dell’Unione ha il diritto di soggiornare per un periodo superiore a tre mesi nel territorio di un altro Stato membro, a condizione a di essere lavoratore subordinato o autonomo nello Stato membro ospitante o b di disporre, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il periodo di soggiorno, e di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante o c – di essere iscritto presso un istituto pubblico o privato, riconosciuto o finanziato dallo Stato membro ospitante in base alla sua legislazione o prassi amministrativa, per seguirvi a titolo principale un corso di studi inclusa una formazione professionale, – di disporre di un’assicurazione malattia che copre tutti i rischi nello Stato membro ospitante e di assicurare all’autorità nazionale competente, con una dichiarazione o con altro mezzo di sua scelta equivalente, di disporre, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il suo periodo di soggiorno o d di essere un familiare che accompagna o raggiunge un cittadino dell’Unione rispondente alle condizioni di cui alle lettere a , b o c . 2. Il diritto di soggiorno di cui al paragrafo 1 è esteso ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro quando accompagnino o raggiungano nello Stato membro ospitante il cittadino dell’Unione, purché questi risponda alle condizioni di cui al paragrafo 1, lettere a , b o c . 4. In deroga al paragrafo 1, lettera d e al paragrafo 2, soltanto il coniuge, il partner che abbia contratto un’unione registrata prevista all’articolo 2, punto 2, lettera b e i figli a carico godono del diritto di soggiorno in qualità di familiari di un cittadino dell’Unione che soddisfa le condizioni di cui al paragrafo 1, lettera c . L’articolo 3, paragrafo 2, si applica ai suoi ascendenti diretti e a quelli del coniuge o partner registrato . 7 Collocato nel capo IV della direttiva 2004/38, rubricato Diritto di soggiorno permanente , l’articolo 16 della direttiva medesima, a sua volta intitolato Norma generale per i cittadini dell’Unione e i loro familiari , così recita 1. Il cittadino dell’Unione che abbia soggiornato legalmente ed in via continuativa per cinque anni nello Stato membro ospitante ha diritto al soggiorno permanente in detto Stato. Tale diritto non è subordinato alle condizioni di cui al capo III. 2. Le disposizioni del paragrafo 1 si applicano anche ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che abbiano soggiornato legalmente in via continuativa per cinque anni assieme al cittadino dell’Unione nello Stato membro ospitante. 3. La continuità della residenza non è pregiudicata da assenze temporanee che non superino complessivamente sei mesi all’anno né da assenze di durata superiore per l’assolvimento degli obblighi militari né da un’assenza di dodici mesi consecutivi al massimo dovuta a motivi rilevanti, quali gravidanza e maternità, malattia grave, studi o formazione professionale o il distacco per motivi di lavoro in un altro Stato membro o in un paese terzo. 4. Una volta acquisito, il diritto di soggiorno permanente si perde soltanto a seguito di assenze dallo Stato membro ospitante di durata superiore a due anni consecutivi . Il diritto del Regno Unito 8 Il regolamento del 2006 in materia di immigrazione Spazio economico europeo [Immigration European Economic Area Regulations 2006] dà attuazione, nel diritto del Regno Unito, alle disposizioni della direttiva 2004/38. 9 Sotto la rubrica Diritto di soggiorno permanente , l’articolo 15 del richiamato regolamento opera la trasposizione dell’articolo 16 della direttiva 2004/38. Procedimento principale e questioni pregiudiziali 10 Il sig. Onuekwere è cittadino nigeriano. Il 2 dicembre 1999 ha contratto matrimonio con una cittadina irlandese che esercitava il suo diritto di libera circolazione e di soggiorno nel Regno Unito, con la quale ha avuto due figli. Il 5 settembre 2000 ha ottenuto, in quanto familiare di un cittadino dell’Unione, un permesso di soggiorno nel Regno Unito della validità di cinque anni. 11 Il 26 giugno 2000 il sig. Onuekwere è stato condannato a nove mesi di reclusione con sospensione della pena per due anni, condanna che non ha dato luogo all’effettiva incarcerazione dell’interessato. 12 Il 16 settembre 2004 il sig. Onuekwere è stato nuovamente condannato per un reato commesso nel 2003. Sebbene la pena detentiva pronunciata fosse di due anni e sei mesi, egli è stato rilasciato il 16 novembre 2005. Tuttavia, con decisione del 18 novembre 2005, il Secretary of State ha disposto l’espulsione del sig. Onuekwere dal Regno Unito. Tale decisione è stata annullata in quanto il sig. Onuekwere era coniugato con una cittadina dell’Unione che esercitava i diritti conferiti dal Trattato CE. 13 Nel gennaio del 2008 il sig. Onuekwere è stato nuovamente incarcerato per un altro reato. L’8 maggio 2008 è stato condannato a due anni e tre mesi di reclusione. Il 6 febbraio 2009 il sig. Onuekwere è stato rilasciato, ma il Secretary of State ha nuovamente disposto la sua espulsione dal Regno Unito. Il 29 giugno 2010 l’Upper Tribunal Immigration and Asylum Chamber , London, ha tuttavia annullato la decisione del Secretary of State che pronunciava tale espulsione. Pur avendo accertato che il diritto di soggiorno permanente ai sensi dell’articolo 16 della direttiva 2004/38 era stato acquisito soltanto dalla moglie del sig. Onuekwere, tale giudice ha considerato che gli elementi peculiari della situazione del sig. Onuekwere fossero prevalenti rispetto all’interesse pubblico alla sua espulsione per motivi di ordine pubblico. 14 Successivamente il sig. Onuekwere ha presentato domanda di carta di soggiorno permanente, respinta dal Secretary of State con decisione del 24 settembre 2010. Pur avendo considerato che il sig. M. Onuekwere godeva di un diritto di soggiorno, il First-tier Tribunal Immigration and Asylum Chamber ha comunque confermato l’insussistenza di un diritto di soggiorno permanente dell’interessato, che ha proposto ricorso dinanzi al giudice del rinvio. 15 Tale giudice osserva che, escludendo i periodi di detenzione del sig. Onuekwere, di una durata complessiva di tre anni e tre mesi, dal calcolo della durata del soggiorno di quest’ultimo nel Regno Unito, tale soggiorno, seppure interrotto da tali periodi, risulta di una durata superiore a cinque anni. Per contro, se detti periodi dovessero essere presi in considerazione, il soggiorno del sig. Onuekwere nel Regno Unito sarebbe di nove anni e tre mesi alla data della decisione oggetto della controversia principale e di più di dieci anni alla data della proposizione della domanda di pronuncia pregiudiziale. 16 In tale contesto l’Upper Tribunal Immigration and Asylum Chamber , London, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali 1 A quali condizioni, laddove esistano, un periodo di detenzione integri un soggiorno legale ai fini dell’acquisizione del diritto di soggiorno permanente ai sensi dell’articolo 16 della direttiva 2004/38. 2 Se, qualora un periodo di detenzione non integri un soggiorno legale, una persona che ha scontato un periodo di detenzione possa sommare i periodi di soggiorno precedenti e successivi alla detenzione ai fini del calcolo dei cinque anni necessari per acquisire il diritto di soggiorno permanente ai sensi della direttiva 2004/38 . Sulle questioni pregiudiziali Sulla prima questione 17 Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2004/38 debba essere interpretato nel senso che i periodi di detenzione nello Stato membro ospitante di un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione che ha acquisito il diritto di soggiorno permanente in tale Stato membro per detti periodi, possano essere presi in considerazione ai fini dell’acquisizione, da parte di tale cittadino, del diritto di soggiorno permanente ai sensi di tale disposizione. 18 In via preliminare, si deve ricordare che, conformemente all’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2004/38, l’acquisizione del diritto di soggiorno permanente dei familiari di un cittadino dell’Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro dipende in ogni caso dal fatto che, da un lato, il cittadino stesso risponda alle condizioni stabilite all’articolo 16, paragrafo 1, di detta direttiva e che, dall’altro, i familiari di cui trattasi abbiano soggiornato assieme al suddetto cittadino durante il periodo in questione v. sentenza dell’8 maggio 2013, Alarape e Tijani, -529/11, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 34 , in via continuativa. 19 A tale proposito, l’obbligo dei familiari di un cittadino dell’Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro di soggiornare assieme a detto cittadino nello Stato membro ospitante durante il periodo in questione implica per essi l’esistenza necessaria e concomitante di un diritto di soggiorno ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2004/38, in qualità di familiari che accompagnano o raggiungono il cittadino medesimo, in maniera tale che soltanto i periodi di soggiorno di tali familiari che rispondono alla condizione prevista dall’articolo 7, paragrafo 2, della stessa possono essere presi in considerazione v. sentenza Alarape e Tijani, cit., punti 36 e 37 . 20 Secondo il sig. Onuekwere, poiché al momento dell’acquisizione del diritto di soggiorno permanente da parte di sua moglie, quest’ultima aveva soddisfatto le condizioni elencate all’articolo 7, paragrafo 1, lettere a , b o c , della direttiva 2004/38, per un periodo continuativo di cinque anni, egli aveva a sua volta adempiuto la condizione prevista dall’articolo 7, paragrafo 2, di tale direttiva durante tale medesimo periodo di soggiorno nello Stato membro ospitante, cosicché detto periodo dovrebbe essere preso in considerazione ai fini dell’acquisizione, da parte sua, del diritto di soggiorno permanente ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 2, della richiamata direttiva, e ciò nonostante il fatto che per una parte di tale periodo egli fosse detenuto. 21 Come rilevato da tutti gli Stati membri che hanno presentato osservazioni e dalla Commissione europea, tale argomento non può essere accolto. 22 Invero, dai termini stessi nonché dalla finalità dell’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2004/38 emerge che i periodi di detenzione non possono essere presi in considerazione ai fini dell’acquisizione del diritto di soggiorno permanente ai sensi di tale disposizione. 23 Da un lato, come rammentato al punto 18 della presente sentenza, l’acquisizione, a norma di tale articolo 16, paragrafo 2, del diritto di soggiorno permanente dei familiari di un cittadino dell’Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro dipende in ogni caso non soltanto dal fatto che il cittadino stesso risponda alle condizioni stabilite all’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, ma anche dal fatto che tali familiari abbiano soggiornato legalmente durante il periodo in questione in via continuativa assieme a detto cittadino, laddove il termine assieme rafforza la condizione secondo la quale detti familiari devono accompagnare o raggiungere il cittadino medesimo. 24 Dall’altro lato, si deve ricordare che, come evidenziato dal considerando 17 della direttiva 2004/38, il diritto di soggiorno permanente costituisce un essenziale elemento di promozione della coesione sociale ed è stato previsto da tale direttiva per rafforzare il sentimento di appartenenza alla cittadinanza dell’Unione, sicché il legislatore dell’Unione ha subordinato l’ottenimento del diritto di soggiorno permanente ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2004/38 all’integrazione del cittadino dell’Unione nello Stato membro ospitante v. sentenza del 7 ottobre 2010, Lassal, -162/09, Racc. pag. I‑9217, punti 32 e 37 . 25 Tale integrazione, sottesa all’acquisizione del diritto di soggiorno permanente previsto dall’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, è coniugata non solo a elementi spaziali e temporali, ma anche ad elementi qualitativi, relativi al grado di integrazione nello Stato membro ospitante v. sentenza del 21 luglio 2011, Dias, -325/09, Racc. pag. I‑6387, punto 64 , al punto che la compromissione del legame d’integrazione tra la persona di cui trattasi e lo Stato membro ospitante giustifica la perdita del diritto di soggiorno permanente anche al di là dell’ipotesi contemplata dall’articolo 16, paragrafo 4, della direttiva 2004/38 v., in tal senso, sentenza Dias, cit., punti 59, 63 e 65 . 26 Orbene, il fatto che il giudice nazionale abbia inflitto una pena detentiva senza sospensione è idoneo a dimostrare il mancato rispetto, da parte della persona di cui trattasi, dei valori espressi dalla società dello Stato membro ospitante nel diritto penale di quest’ultimo, di modo che la considerazione dei periodi di detenzione ai fini dell’acquisizione, da parte dei familiari di un cittadino dell’Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, del diritto di soggiorno permanente ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2004/38, sarebbe manifestamente in contrasto con l’obiettivo perseguito da tale direttiva attraverso la creazione di detto diritto di soggiorno. 27 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, si deve rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2004/38 dev’essere interpretato nel senso che i periodi di detenzione nello Stato membro ospitante di un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione che ha acquisito il diritto di soggiorno permanente in tale Stato membro durante detti periodi, non possono essere presi in considerazione ai fini dell’acquisizione, da parte di tale cittadino, del diritto di soggiorno permanente ai sensi di tale disposizione. Sulla seconda questione 28 Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 16, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2004/38 debba essere interpretato nel senso che la continuità del soggiorno è interrotta da periodi di detenzione nello Stato membro ospitante di un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione che ha acquisito il diritto di soggiorno permanente in tale Stato membro per tali periodi. 29 In proposito si deve constatare che, come ricordato al punto 18 della presente sentenza, ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2004/38, l’acquisizione del diritto di soggiorno permanente da parte dei familiari di un cittadino dell’Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro dipende, tra altre condizioni, dal fatto che tali familiari abbiano soggiornato legalmente assieme a tale cittadino per un periodo continuativo di cinque anni. 30 Detta condizione di continuità del soggiorno legale risponde all’obbligo d’integrazione sotteso all’acquisizione del diritto di soggiorno permanente, ricordato ai punti 24 e 25 della presente sentenza, e al contesto generale della direttiva 2004/38, che ha previsto un sistema graduale per quanto riguarda il diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante, il quale, riprendendo sostanzialmente le fasi e le condizioni previste nei diversi strumenti del diritto dell’Unione e nella giurisprudenza anteriori a tale direttiva, sfocia nel diritto di soggiorno permanente v. sentenza del 21 dicembre 2011, Ziolkowski e Szeja, -424/10 e -425/10, Racc. pag. I‑14051, punto 38, nonché Alarape e Tijani, cit., punto 46 . 31 Come rilevato al punto 26 della presente sentenza, il fatto che il giudice nazionale abbia inflitto una pena detentiva senza sospensione è idoneo a dimostrare il mancato rispetto, da parte della persona di cui trattasi, dei valori espressi dalla società dello Stato membro ospitante nel diritto penale di quest’ultimo, di modo che la considerazione dei periodi di detenzione ai fini dell’acquisizione, da parte dei familiari di un cittadino dell’Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, del diritto di soggiorno permanente ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2004/38 sarebbe manifestamente in contrasto con l’obiettivo perseguito da tale direttiva attraverso la creazione di tale diritto di soggiorno. 32 Ne consegue che occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 16, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2004/38 dev’essere interpretato nel senso che la continuità del soggiorno è interrotta da periodi di detenzione nello Stato membro ospitante di un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione che ha acquisito il diritto di soggiorno permanente in detto Stato membro durante tali periodi. Sulle spese 33 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte Seconda Sezione dichiara 1 L’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento CEE n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE, dev’essere interpretato nel senso che i periodi di detenzione nello Stato membro ospitante di un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione che ha acquisito il diritto di soggiorno permanente in tale Stato membro durante detti periodi, non possono essere presi in considerazione ai fini dell’acquisizione, da parte di tale cittadino, del diritto di soggiorno permanente ai sensi di tale disposizione. 2 L’articolo 16, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2004/38 dev’essere interpretato nel senso che la continuità del soggiorno è interrotta da periodi di detenzione nello Stato membro ospitante di un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione che ha acquisito il diritto di soggiorno permanente in detto Stato membro durante tali periodi. * Fonte http //curia.europa.eu/