Solo in caso di violazione dei diritti umani il richiedente può contestare la competenza dello Stato in cui è entrato illegalmente

Se uno Stato ha preso in carico un richiedente asilo quale Stato membro del primo ingresso nell’UE, il richiedente può contestare tale criterio solo provando carenze sistemiche della procedura d’asilo e condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo in tale Stato membro che costituiscono motivi seri e comprovati di rischio reale di trattamenti inumani o degradanti.

Lo afferma la Corte di Giustizia Europea nella causa C-394/12 del 10 dicembre 2013. La vicenda . La Corte di Giustizia torna a pronunciarsi sulla problematica della determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo. La fattispecie al centro della controversia in esame vede una cittadina somala che dopo aver fatto ingresso in Siria e in seguito in Turchia, entrava illegalmente in Grecia a mezzo di un’imbarcazione. La signora, tuttavia, non presentava alcuna domanda d’asilo dinanzi al davanti ellenico. Con l’aiuto di trafficanti, dopo avere attraversato illegalmente le frontiere di Macedonia, Serbia ed Ungheria, arrivava, insieme ad altre persone, in Austria. In Austria, nelle vicinanze della frontiera ungherese, la signora veniva fermata da funzionari della polizia austriaca, i quali accertavano l’itinerario del viaggio intrapreso. Il 29 agosto 2011, la signora presentava in Austria una domanda di protezione internazionale dinanzi all’autorità amministrativa competente. L’autorità austriaca presentava, quindi, all’Ungheria una richiesta di presa in carico ai sensi dell’art. 10, paragrafo 1, del regolamento numero 343/2003, che tale Stato accoglieva. L’Ungheria motivava tale decisione adducendo che, stando alle informazioni fornite dalla signora, sussistevano elementi di prova sufficienti che dimostravano che l’interessata era entrata illegalmente in Ungheria dalla Serbia, recandosi poi direttamente in Austria. L’autorità austriaca, dunque, respingeva in quanto irricevibile la domanda d’asilo della signora in Austria e disponeva il suo trasferimento verso l’Ungheria. In seguito a numerosi ricorsi la signora adiva la Corte costituzionale austriaca, reiterando, in sostanza, l’argomento secondo il quale lo Stato membro competente per l’esame della domanda era la Grecia e non l’Ungheria. Secondo la Corte Costituzionale era controvertibile la tesi su cui l’autorità austriaca aveva fondato la sua decisione di confermare il trasferimento della signora verso l’Ungheria, secondo la quale una competenza insorta ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento numero 343/2003 viene meno a seguito di un soggiorno anche di breve durata, in un paese terzo nella specie la Macedonia e la Serbia . Quindi annullava la sentenza dell’autorità amministrativa con la motivazione che tale giudice aveva violato il diritto della signora ad un procedimento dinanzi al suo giudice precostituito per legge principio cosiddetto del giudice naturale . L’autorità austriaca competente decideva, dunque, di sospendere il procedimento e di adire la Corte di Giustizia. Il quadro normativo comunitario . Al fine di meglio comprendere la fattispecie al centro della controversia in esame si rivela opportuno rammentare la cornice normativa che disciplina la materia. Il regolamento Dublino II enuncia i criteri che permettono di determinare lo Stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo presentata nell’UE. In linea di principio, è competente un solo Stato membro, ma se un richiedente asilo presenta domanda in uno Stato membro diverso da quello competente in base al regolamento, è prevista una procedura per il suo trasferimento verso lo Stato competente. In proposito, l’art. 3 del regolamento CE numero 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003 - che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo - dispone che gli Stati membri esaminano la domanda di asilo di un cittadino di un paese terzo presentata alla frontiera o nel rispettivo territorio. Una domanda d’asilo è esaminata da un solo Stato membro, che è quello individuato come Stato competente in base ai criteri enunciati al capo III. In deroga a quanto detto, ciascuno Stato membro può esaminare una domanda d’asilo presentata da un cittadino di un paese terzo, anche se tale esame non gli compete in base ai criteri stabiliti nel presente regolamento. In tale ipotesi, detto Stato membro diventa lo Stato membro competente ai sensi del presente regolamento e assume gli obblighi connessi a tale competenza.L’art. 5, par. 1, dello stesso regolamento recita i criteri per la determinazione dello Stato membro competente si applicano nell’ordine nel quale sono definiti dallo stesso capo. Il richiedente asilo ha il diritto di chiedere il controllo della determinazione dello Stato competente? Nella fattispecie, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 19, par. 2, del regolamento numero 343/2003 debba essere interpretato nel senso che obbliga gli Stati membri a prevedere che un richiedente asilo abbia il diritto di chiedere, nell’ambito di un ricorso avverso una decisione di trasferimento ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, di tale regolamento, il controllo della determinazione dello Stato membro competente. Secondo la Corte tale disposizione prevede la possibilità, per il richiedente asilo, di proporre un ricorso o una domanda di revisione avverso la decisione di non esaminare una domanda e di trasferire il richiedente verso lo Stato membro competente. Inoltre, la direttiva 2005/85 che descrive in particolare, al suo capo V, le procedure di impugnazione nell’ambito dell’esame delle domande d’asilo, indica, al suo considerando 29, che essa non contempla le procedure disciplinate dal regolamento numero 343/2003. L’obiettivo è garantire l’effettivo accesso alle procedure volte al riconoscimento dello status di rifugiato. Al riguardo, occorre ricordare, da un lato, che il sistema europeo comune d’asilo è stato concepito in un contesto che permette di supporre che l’insieme degli Stati partecipanti, siano essi Stati membri o paesi terzi, rispetti i diritti fondamentali, compresi i diritti che trovano fondamento nella Convenzione di Ginevra e nel Protocollo del 1967, nonché nella CEDU, e che gli Stati membri possano fidarsi reciprocamente. È proprio in ragione di tale principio di reciproca fiducia che il legislatore dell’Unione ha adottato il regolamento numero 343/2003, per razionalizzare il trattamento delle domande d’asilo e di evitare la saturazione del sistema, evitando il c.d. forum shopping . Ne consegue che la domanda del richiedente asilo verrà esaminata, in ampia misura, in base alle stesse norme, indipendentemente da quale sia lo Stato membro competente per l’esame di tale domanda in forza del regolamento numero 343/2003. Il richiedente asilo può contestare solo in presenza di sospetto di rischio reale di subire trattamenti inumani . Nel caso di specie, la decisione controversa è quella dello Stato membro in cui la domanda d’asilo della ricorrente nel procedimento principale è stata proposta, di non esaminare detta domanda e di trasferire tale persona verso un altro Stato membro. Questo secondo Stato membro ha accettato la presa in carico della ricorrente nel procedimento principale in applicazione del criterio di cui all’art. 10, par. 1, del regolamento numero 343/2003, vale a dire, quale Stato membro del primo ingresso della ricorrente nel procedimento principale nel territorio dell’Unione. In una situazione siffatta, in cui lo Stato membro accetta la presa in carico, il richiedente asilo può contestare la scelta di tale criterio soltanto deducendo l’esistenza di carenze sistemiche della procedura d’asilo e delle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo in tale Stato membro che costituiscono motivi seri e comprovati di credere che tale richiedente corra un rischio reale di subire trattamenti inumani o degradanti, ai sensi dell’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Nella fattispecie il richiedente non può contestare i criteri di determinazione della competenza per l’esame della domanda d’asilo . Dal fascicolo sottoposto alla Corte non emerge nessuna prova indiziaria che porta a ritenere sussistente il suddetto rischio. Di conseguenza, la Corte di Giustizia dichiara che l’art. 19, par. 2, del regolamento numero 343/2003 dev’essere interpretato nel senso che, quando uno Stato membro ha accettato la presa in carico di un richiedente asilo in applicazione del criterio di cui all’art. 10, par. 1, di detto regolamento - vale a dire, quale Stato membro del primo ingresso del richiedente asilo nel territorio dell’Unione - tale richiedente può contestare la scelta di tale criterio esclusivamente comprovando l’esistenza di mancanze della procedura d’asilo e delle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo in tale Stato membro. Gli Stati membri, quindi, non possono ignorare che le carenze sistemiche della procedura di asilo e delle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo nello Stato membro identificato inizialmente come competente comportino il rischio reale di subire trattamenti inumani o degradanti. In tale caso, lo Stato membro non può trasferire il richiedente asilo verso lo Stato identificato inizialmente come competente e deve proseguire l’esame dei criteri di detto capo per verificare se un altro Stato membro possa essere identificato come competente.

Corte di Giustizia, Grande Sezione, sentenza 10 dicembre 2013, causa C-394/12 * Rinvio pregiudiziale– Sistema europeo comune d’asilo– Regolamento CE numero 343/2003– Determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo– Controllo del rispetto dei criteri di determinazione della competenza per l’esame della domanda d’asilo– Portata del sindacato giurisdizionale Sentenza 1La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 10, 16, 18 e 19 del regolamento CE numero 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo GU L50, pag.1 . 2Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra la sig.raAbdullahi, cittadina somala, e il Bundesasylamt Ufficio federale in materia d’asilo , rispetto alla determinazione dello Stato membro competente per l’esame della domanda d’asilo presentata dalla stessa dinanzi a tale Ufficio. Contesto normativo La convenzione di Ginevra 3La convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 [ Recueil des traités des Nations unies , vol. 189, pag.150, numero 2545 1954 in prosieguo la Convenzione di Ginevra ], è entrata in vigore il 22 aprile 1954 ed è stata completata dal Protocollo relativo allo status dei rifugiati del 31 gennaio 1967 in prosieguo il Protocollo del 1967 , entrato in vigore il 4 ottobre 1967. 4Tutti gli Stati membri sono parti contraenti della Convenzione di Ginevra e del Protocollo del 1967, così come la Repubblica d’Islanda, il Principato del Liechtenstein, il Regno di Norvegia e la Confederazione svizzera. L’Unione europea non è parte contraente della Convenzione di Ginevra e neppure del Protocollo del 1967, ma gli articoli 78TFUE e 18 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea in prosieguo la Carta prevedono che il diritto d’asilo sia garantito, in particolare, nel rispetto di detta Convenzione e di detto Protocollo. Il diritto dell’Unione 5Al fine di realizzare l’obiettivo, fissato dal Consiglio europeo di Strasburgo dell’8 e del 9 dicembre 1989, di un’armonizzazione delle loro politiche d’asilo, gli Stati membri hanno firmato a Dublino, il 15 giugno 1990, la Convenzione sulla determinazione dello Stato competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri delle Comunità europee GU 1997, C254, pag.1 in prosieguo la Convenzione di Dublino . Detta convenzione è entrata in vigore il 1°settembre 1997 per i dodici Stati firmatari iniziali, il 1°ottobre 1997 per la Repubblica d’Austria e il Regno di Svezia e il 1°gennaio 1998 per la Repubblica di Finlandia. 6Le conclusioni del Consiglio europeo di Tampere del 15 e del 16 ottobre 1999 prevedevano, in particolare, l’istituzione di un regime europeo comune in materia d’asilo. 7Il Trattato di Amsterdam del 2 ottobre 1997 ha introdotto l’articolo 63 nel Trattato CE, che dava competenza alla Comunità europea per adottare le misure raccomandate dal Consiglio europeo di Tampere. L’adozione di tale disposizione ha permesso, in particolare, di sostituire, nei rapporti tra gli Stati membri, fatta eccezione per il Regno di Danimarca, la Convenzione di Dublino con il regolamento numero 343/2003, il quale è entrato in vigore il 17 marzo 2003. 8Su tale fondamento giuridico sono state adottate altresì diverse direttive, tra le quali –la direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta GUL304, pag.12 tale direttiva è stata sostituita dalla direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta GU L337, pag.9 , e –la direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1°dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato GU L326, pag.13 tale direttiva è stata sostituita dalla direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale GU L180, pag.60 . Il regolamento numero 343/2003 9I considerando 3 e 4 del regolamento numero 343/2003 sono così formulati 3 Secondo le conclusioni del Consiglio europeo di Tampere, il regime europeo comune in materia di asilo dovrebbe prevedere a breve termine un meccanismo per determinare con chiarezza e praticità lo Stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo. 4 Tale meccanismo dovrebbe essere fondato su criteri oggettivi ed equi sia per gli Stati membri sia per le persone interessate. Dovrebbe, soprattutto, consentire di determinare con rapidità lo Stato membro competente al fine di garantire l’effettivo accesso alle procedure volte al riconoscimento dello status di rifugiato e non dovrebbe pregiudicare l’obiettivo di un rapido espletamento delle domande d’asilo . 10Conformemente al suo articolo 1, il regolamento numero 343/2003 stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo. 11L’articolo 3, paragrafo 1, di tale regolamento prevede quando segue Gli Stati membri esaminano la domanda di asilo di un cittadino di un paese terzo presentata alla frontiera o nel rispettivo territorio. Una domanda d’asilo è esaminata da un solo Stato membro, che è quello individuato come Stato competente in base ai criteri enunciati al capo III . 12Per permettere la determinazione dello Stato membro competente ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento numero 343/2003, gli articoli da 6 a 14 di tale regolamento, inclusi nel capo III del medesimo, intitolato Gerarchia dei criteri , enunciano una serie di criteri obiettivi, elencati in ordine gerarchico, relativi ai minori non accompagnati, al nucleo familiare, al rilascio di un permesso di soggiorno o di un visto, all’ingresso illegale o al soggiorno illegale in uno Stato membro, all’ingresso legale in uno Stato membro e alle domande presentate in una zona internazionale di transito di un aeroporto. 13L’articolo 10 di tale regolamento è del seguente tenore 1.Quando è accertato, sulla base degli elementi di prova e delle prove indiziarie di cui ai due elenchi menzionati all’articolo 18, paragrafo 3, inclusi i dati di cui al capo III del regolamento CE numero 2725/2000 [del Consiglio, dell’11 dicembre 2000, che istituisce l’ Eurodac” per il confronto delle impronte digitali per l’efficace applicazione della convenzione di Dublino GU L316, pag.1 ], che il richiedente asilo ha varcato illegalmente, per via terrestre, marittima o aerea, in provenienza da un paese terzo, la frontiera di uno Stato membro, lo Stato membro in questione è competente per l’esame della domanda d’asilo. Questa responsabilità cessa 12 mesi dopo la data di attraversamento clandestino della frontiera. 2.Quando uno Stato membro non può o non può più essere ritenuto responsabile ai sensi del paragrafo 1 e quando è accertato, sulla base degli elementi di prova e delle prove indiziarie di cui ai due elenchi menzionati all’articolo 18, paragrafo 3, che il richiedente asilo– entrato illegalmente nei territori degli Stati membri o del quale non si possano accertare le circostanze dell’ingresso– all’atto della presentazione della domanda ha soggiornato in precedenza per un periodo continuato di almeno cinque mesi in uno Stato membro, detto Stato membro è competente per l’esame della domanda d’asilo. Se il richiedente asilo ha soggiornato per periodi di almeno cinque mesi in vari Stati membri, lo Stato membro in cui ciò si è verificato per l’ultima volta è competente per l’esame della domanda d’asilo . 14L’articolo 13 del medesimo regolamento dispone che se nessuno Stato membro può essere designato sulla base dei criteri enumerati nel presente regolamento, è competente per l’esame della domanda d’asilo il primo Stato membro nel quale la domanda è stata presentata. 15Ai sensi dell’articolo 16 del regolamento numero 343/2003 1.Lo Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo in forza del presente regolamento è tenuto a a prendere in carico, alle condizioni specificate negli articoli da 17 a 19, il richiedente asilo che ha presentato domanda d’asilo in un altro Stato membro b portare a termine l’esame della domanda d’asilo 2.Se uno Stato membro rilascia al richiedente asilo un titolo di soggiorno, gli obblighi previsti al paragrafo 1 ricadono su detto Stato membro. 3.Gli obblighi di cui al paragrafo 1 vengono meno se il cittadino di un paese terzo si è allontanato dal territorio degli Stati membri per almeno tre mesi, sempre che detto cittadino di un paese terzo non sia titolare di un titolo di soggiorno in corso di validità rilasciato dallo Stato membro competente. . 16Conformemente all’articolo 17 di tale regolamento, lo Stato membro che ha ricevuto una domanda d’asilo e ritiene che un altro Stato membro sia competente per l’esame della stessa può interpellare tale Stato membro affinché prenda in carico il richiedente asilo quanto prima e, al più tardi, entro tre mesi dopo la presentazione della domanda d’asilo. 17L’articolo 18 di detto regolamento è formulato nel modo seguente 1.Lo Stato membro richiesto procede alle verifiche necessarie e deliber[a] sulla richiesta di presa in carico di un richiedente entro due mesi a decorrere dalla data in cui ha ricevuto la richiesta. 2.Nella procedura di determinazione dello Stato membro competente per l’esame della domanda d’asilo stabilita nel presente regolamento, sono utilizzati elementi di prova e prove indiziarie. 3.Conformemente alla procedura di cui all’articolo 27, paragrafo 2, sono compilati due elenchi, da riesaminare periodicamente, ove figurano gli elementi di prova e le prove indiziarie conformemente ai seguenti criteri a Prove i Si tratta di prove formali che determinano la competenza ai sensi del presente regolamento, finché non siano confutate da prove contrarie. ii Gli Stati membri forniscono al comitato di cui all’articolo 27 modelli dei diversi tipi di documenti amministrativi, conformemente alla tipologia stabilita nell’elenco di prove formali. b Prove indiziarie i Si tratta di elementi indicativi che, pur essendo oppugnabili, possono essere sufficienti, in alcuni casi, a seconda del valore probatorio ad essi attribuito. ii Il loro valore probatorio, in relazione alla competenza per l’esecuzione della procedura di asilo, è esaminato caso per caso. 4.Il requisito della prova non dovrebbe andare oltre quanto necessario ai fini della corretta applicazione del presente regolamento. 5.In mancanza di prove formali, lo Stato membro richiesto si dichiara competente se le prove indiziarie sono coerenti, verificabili e sufficientemente particolareggiate per stabilire la competenza. 7.La mancata risposta entro la scadenza del termine di due mesi citato al paragrafo 1 e di quello di un mese citato al paragrafo 6 equivale all’accettazione della richiesta e comporta l’obbligo di prendere in carico la persona, comprese le disposizioni appropriate all’arrivo della stessa . 18L’articolo 19, paragrafi da 1 a 4, del regolamento numero 343/2003 è formulato nel modo seguente 1.Quando lo Stato membro richiesto accetta di prendere in carico il richiedente asilo, lo Stato membro nel quale la domanda d’asilo è stata presentata notifica al richiedente asilo la decisione di non esaminare la domanda e l’obbligo del trasferimento del richiedente verso lo Stato membro competente. 2.La decisione menzionata al paragrafo 1 è motivata. Essa è corredata dei termini relativi all’esecuzione del trasferimento e contiene, se necessario, le informazioni relative al luogo e alla data in cui il richiedente deve presentarsi, nel caso in cui si rechi nello Stato membro competente con i propri mezzi. La decisione può formare oggetto di ricorso o revisione. Il ricorso o la revisione della decisione non ha effetto sospensivo ai fini dell’esecuzione del trasferimento a meno che il giudice o l’organo giurisdizionale competente non decida in tal senso caso per caso se la legislazione nazionale lo consente. 3.Il trasferimento del richiedente asilo dallo Stato membro nel quale la domanda d’asilo è stata presentata verso lo Stato membro competente avviene conformemente al diritto nazionale del primo Stato membro, previa concertazione tra gli Stati membri interessati, non appena ciò sia materialmente possibile e comunque entro sei mesi a decorrere dall’accettazione della richiesta di presa in carico o della decisione su un ricorso o una revisione in caso di effetto sospensivo. 4.Se il trasferimento non avviene entro il termine di sei mesi, la competenza ricade sullo Stato membro nel quale la domanda d’asilo è stata presentata. Questo termine può essere prorogato fino a un massimo di un anno se non è stato possibile effettuare il trasferimento a causa della detenzione del richiedente asilo, o fino a un massimo di diciotto mesi qualora il richiedente asilo si sia reso irreperibile . 19Il regolamento numero 343/2003 è stato abrogato e sostituito dal regolamento UE numero 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide rifusione GU L180, pag.31 . Il regolamento CE numero 1560/2003 20L’articolo 3 del regolamento CE numero 1560/2003 della Commissione, del 2 settembre 2003, recante modalità di applicazione del regolamento CE numero 343/2003 GU L222, pag.3 , intitolato Esame di una richiesta di presa in carico , è redatto come segue 1.I motivi di fatto e di diritto esposti nella richiesta sono esaminati con riguardo alle disposizioni del regolamento CE numero 343/2003 e all’elenco delle prove e prove indiziarie di cui all’allegato II del presente regolamento. 2.Quali che siano i criteri e le disposizioni del regolamento CE numero 343/2003 esposti nella richiesta, lo Stato membro richiesto verifica, nei termini prescritti dall’articolo 18, paragrafi 1 e 6, in modo esauriente e obiettivo e considerate tutte le informazioni di cui dispone direttamente o indirettamente, se è accertata la sua competenza. Ove emerga da queste verifiche che lo Stato membro richiesto è competente in virtù di almeno un criterio del regolamento CE numero 343/2003, quello Stato membro è tenuto a dichiararsi competente . 21L’articolo 4 del regolamento numero 1560/2003, intitolato Esame di una richiesta di ripresa in carico , così dispone Qualora una richiesta di ripresa in carico sia fondata sui dati trasmessi dall’unità centrale di Eurodac e controllati dallo Stato membro richiedente in conformità dell’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento CE numero 2725/2000, lo Stato membro richiesto si dichiara competente salvo se emerge dalle verifiche cui procede che la sua competenza è cessata in virtù delle disposizioni dell’articolo 4, paragrafo 5, secondo comma o dell’articolo 16, paragrafi 2, 3 o 4 [del regolamento CE numero 343/2003]. La cessazione della competenza in virtù di tali disposizioni può essere invocata solo sulla base di elementi di prova materiali o di dichiarazioni circostanziate e verificabili del richiedente asilo . 22L’articolo 5 di tale regolamento, intitolato Risposta negativa , prevede quanto segue 1.Lo Stato membro richiesto che previa verifica ritenga che gli elementi presentati non permettano di stabilire la sua competenza, invia allo Stato membro richiedente una risposta negativa pienamente motivata che spieghi nel dettaglio le ragioni del suo rifiuto. 2.Ove lo Stato membro richiedente ritenga che il rifiuto oppostogli sia basato su un errore di valutazione ovvero disponga di prove complementari da far valere, esso può sollecitare un riesame della richiesta. Questa facoltà va esercitata nelle tre settimane successive al ricevimento della risposta negativa. Lo Stato membro richiesto procura di rispondere entro due settimane. Tale procedura aggiuntiva non riapre comunque i termini di cui all’articolo 18, paragrafi 1 e 6 e all’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento CE numero 343/2003 . 23L’articolo 14 di detto regolamento, intitolato Conciliazione , è formulato nei seguenti termini 1.In caso di disaccordo persistente sulla necessità di un trasferimento o di un ricongiungimento a norma dell’articolo 15 del regolamento CE numero 343/2003, ovvero sullo Stato membro in cui è opportuno che gli interessati si ricongiungano, gli Stati membri possono avvalersi della procedura di conciliazione di cui al paragrafo 2 del presente articolo. 2.La procedura di conciliazione è iniziata a domanda di uno degli Stati membri in disaccordo con richiesta indirizzata al presidente del comitato istituito dall’articolo 27 del regolamento CE numero 343/2003. Accettando di ricorrere al procedimento di conciliazione, gli Stati membri interessati si impegnano a tenere in massima considerazione la soluzione che sarà proposta. Il presidente del comitato designa tre membri del comitato, in rappresentanza di tre Stati membri estranei alla controversia. Questi ricevono per iscritto o oralmente le argomentazioni delle parti e, previa deliberazione, propongono una soluzione entro il termine di un mese, mettendola eventualmente ai voti. Il presidente del comitato o il suo supplente presiede le deliberazioni. Il presidente può esprimere la sua opinione ma non partecipa al voto. Che sia adottata o respinta dalle parti, la soluzione proposta è definitiva e non può formare oggetto di riesame . 24Tale articolo 14 è stato abrogato dal regolamento numero 604/2013, ma il suo contenuto è ripreso all’articolo 37 di quest’ultimo. La direttiva 2005/85 25Il considerando 29 della direttiva 2005/85 così dispone La presente direttiva non contempla le procedure disciplinate dal [regolamento numero 343/2003] . Il diritto austriaco 26La legge federale in materia d’asilo legge del 2005 in materia d’asilo [Bundesgesetz über die Gewährung von Asyl Asylgesetz 2005 , BGB1. I, 100/2005], al suo articolo 18, paragrafo 1, prevede quanto segue Il Bundesasylamt e l’Asylgerichtshof Tribunale in materia d’asilo devono garantire d’ufficio, in tutte le fasi del procedimento, che siano fornite indicazioni utili ai fini della decisione o che siano integrate le indicazioni incomplete relative alle circostanze invocate a sostegno della domanda, che siano indicati i relativi documenti probatori e integrate le prove presentate e, in generale, che sia fornita ogni informazione ritenuta essenziale per suffragare la domanda, richiedendo eventualmente d’ufficio le prove necessarie . Procedimento principale e questioni pregiudiziali 27La sig.raAbdullahi è una cittadina somala di 22 anni. Ella faceva ingresso in Siria, per via aerea, nel mese di aprile 2011, e transitava in seguito in Turchia nel mese di luglio dello stesso anno, prima di entrare illegalmente in Grecia a mezzo di un’imbarcazione. La sig.raAbdullahi non presentava alcuna domanda d’asilo dinanzi al governo ellenico. Con l’aiuto di trafficanti, dopo essere transitata nell’ex Repubblica jugoslava di Macedonia, in Serbia ed Ungheria, arrivava, insieme ad altre persone, in Austria. Le frontiere di tutti i paesi suddetti sono state attraversate illegalmente. In Austria, nelle vicinanze della frontiera ungherese, la sig.raAbdullahi veniva fermata da funzionari della polizia austriaca, i quali accertavano l’itinerario del viaggio intrapreso dalla sig.raAbdullahi, anche interrogando altre persone coinvolte nel medesimo. 28Il 29 agosto 2011, la sig.raAbdullahi presentava in Austria una domanda di protezione internazionale dinanzi al Bundesasylamt, autorità amministrativa competente. Il 7 settembre 2011, il Bundesasylamt presentava all’Ungheria una richiesta di presa in carico ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento numero 343/2003, che tale Stato, con lettera del 29 settembre 2011, accoglieva. L’Ungheria motivava tale decisione adducendo che, stando alle informazioni fornite dalla sig.raAbdullahi, come le erano state trasmesse dalla Repubblica austriaca, e alle informazioni generali disponibili sugli itinerari di viaggio degli immigrati clandestini, sussistevano elementi di prova sufficienti che dimostravano che l’interessata era entrata illegalmente in Ungheria dalla Serbia, recandosi poi direttamente in Austria. 29Con decisione del 30 settembre 2011, il Bundesasylamt respingeva in quanto irricevibile la domanda d’asilo della sig.raAbdullahi in Austria e disponeva il suo trasferimento verso l’Ungheria. 30Avverso tale provvedimento la sig.raAbdullahi presentava ricorso che veniva accolto con sentenza del 5 dicembre 2011 dall’Asylgerichtshof per vizi procedurali. Nel ricorso sarebbero state infatti sollevate critiche circa la situazione in materia d’asilo in Ungheria in rapporto all’articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 in prosieguo la CEDU , il quale vieta la tortura nonché i trattamenti inumani e degradanti, e il Bundesasylamt avrebbe valutato la situazione prevalente in Ungheria sulla base di fonti non più attuali. 31In seguito a tale decisione dell’Asylgerichtshof, il procedimento amministrativo presso il Bundesasylamt continuava e, con decisione del 26 gennaio 2012, quest’ultimo respingeva nuovamente la domanda d’asilo in quanto irricevibile e al contempo disponeva il trasferimento della sig.raAbdullahi verso l’Ungheria. A sostegno della sua decisione, il Bundesaylamt, avendo provveduto a un aggiornamento dei dati di cui poteva disporre relativamente all’Ungheria, considerava in particolare che un trasferimento della sig.raAbdullahi verso tale Stato non avrebbe comportato una violazione dei diritti a lei conferiti dall’articolo 3 della CEDU. 32Anche tale decisione veniva impugnata, con ricorso proposto dinanzi all’Asylgerichtshof in data 13 febbraio 2012, nel quale la sig.raAbdullahi sosteneva per la prima volta che lo Stato membro competente ad esaminare la sua domanda d’asilo non era l’Ungheria, bensì la Repubblica ellenica. Tuttavia, ella asseriva che quest’ultimo Stato membro non rispettava, per taluni aspetti, i diritti dell’uomo, e che pertanto spettava alle autorità austriache portare a buon fine l’esame della sua domanda d’asilo. 33Tali autorità né avviavano la procedura di consultazione con la Repubblica ellenica né presentavano una richiesta di presa in carico al medesimo Stato membro. 34Con sentenza del 14 febbraio 2012, l’Asylgerichtshof dichiarava infondato il ricorso della sig.raAbdullahi, dichiarando che, ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento numero 343/2003, l’Ungheria era lo Stato membro competente per l’esame della domanda d’asilo. 35La sig.raAbdullahi adiva il Verfassungsgerichtshof Corte costituzionale , reiterando, in sostanza, l’argomento secondo il quale lo Stato membro competente per l’esame della domanda era la Repubblica ellenica e non l’Ungheria. Con sentenza del 27 giugno 2012 U 350/12‑12 , il Verfassungsgerichtshof annullava la summenzionata sentenza del 14 febbraio 2012 dell’Asylgerichtshof. Tale decisione veniva motivata richiamando un’altra sentenza emessa lo stesso giorno nell’ambito di una causa caratterizzata da fatti simili sentenza U 330/12‑12 . In quest’ultima sentenza, il Verfassungsgerichtshof definiva controvertibile la tesi su cui l’Asylgerichtshof aveva fondato la sua decisione di confermare il trasferimento della sig.raAbdullahi verso l’Ungheria, secondo la quale una competenza insorta ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento numero 343/2003 quella della Repubblica ellenica viene meno a seguito di un soggiorno anche di breve durata, in un paese terzo nella specie l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia e la Serbia . Secondo il Verfassungsgerichtshof, se è vero che l’Asylgerichtshof ha fondato la sua decisione alla luce della dottrina tedesca e austriaca relative al regolamento numero 343/2003 per dichiarare che l’Ungheria era lo Stato membro competente, è pur vero che taluni autori austriaci sostengono tesi contrarie. Il fatto che la sig.raAbdullahi abbia proseguito il suo viaggio verso un paese terzo avrebbe fatto venir meno l’obbligo di presa in carico gravante sulla Repubblica ellenica ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 3, del regolamento numero 343/2003 solo se l’interessata avesse lasciato il territorio degli Stati membri per un periodo di almeno 3 mesi. Inoltre, il riferimento alla sentenza della Corte del 21 dicembre 2011, N.S. ea. -411/10 e -493/10, Racc.pag.I‑13905 , non sarebbe pertinente, poiché la fattispecie oggetto di tale sentenza non sarebbe analoga a quella di cui trattasi nel procedimento principale. 36Ritenendo che la questione avrebbe dovuto essere oggetto di un rinvio pregiudiziale alla Corte, il Verfassungsgerichtshof annullava la sentenza dell’Asylgerichtshof con la motivazione che tale giudice aveva violato il diritto della sig.raAbdullahi ad un procedimento dinanzi al suo giudice precostituito per legge principio cosiddetto del giudice naturale . 37Tale sentenza emessa dal Verfassungsgerichtshof il 27 giugno 2012 veniva notificata all’Asylgerichtshof il 10 luglio 2012. Il procedimento pende da allora dinanzi all’Asylgerichtshof. 38Poiché il Verfassungsgerichtshof ha messo in dubbio l’importanza attribuita da uno Stato membro all’accettazione della sua competenza, il giudice del rinvio s’interroga, in primo luogo, a tal proposito. Esso osserva che il controllo della competenza dello Stato membro richiederebbe un obbligo di esame molto esteso, incompatibile con la necessaria rapidità della determinazione dello Stato membro competente. Inoltre, anche se il regolamento numero 343/2003 prevede il diritto, per il richiedente asilo, di contestare il suo trasferimento, tale regolamento non fonderebbe un diritto a che una procedura d’asilo si svolga in un determinato Stato membro, a scelta del richiedente. In base al sistema istituito da detto regolamento, solo gli Stati membri vanterebbero, nei loro reciproci rapporti, diritti soggettivi– che possono essere oggetto di ricorso– per quanto riguarda il rispetto dei criteri di competenza. L’Asylgerichtshof sottolinea altresì il fatto che una decisione di un giudice nazionale, che individua un altro Stato come competente, potrebbe rivelarsi come non più attuabile nella pratica nei confronti di tale Stato membro a causa dei termini fissati dal medesimo regolamento. 39In secondo luogo, l’Asylgerichtshof s’interroga quanto all’eventuale competenza della Repubblica ellenica qualora non si dovesse tenere conto dell’accettazione dell’Ungheria. Richiamandosi ai punti 44 e 45 della sentenza del 3 maggio 2012, Kastrati -620/10, non ancora pubblicata nella Raccolta , il giudice del rinvio ne deduce che l’articolo 16, paragrafo 3, del regolamento numero 343/2003, secondo il quale gli obblighi dello Stato membro competente vengono meno se il richiedente asilo si è allontanato dal territorio degli Stati membri per almeno tre mesi, non è applicabile qualora non sia stata ancora presentata una domanda d’asilo. Esso rileva inoltre che tale disposizione si colloca fra le disposizioni procedurali di tale regolamento e non fa parte del capo III del medesimo, il quale disciplina i criteri di competenza materiale. Il giudice del rinvio osserva altresì che, allo stesso modo, il regolamento numero 1560/2003 menziona l’articolo 16, paragrafo 3, del regolamento numero 343/2003 soltanto al suo articolo 4, relativo alla richiesta di ripresa in carico e non al suo articolo 3, riguardante la richiesta di presa in carico. Tale giudice sottolinea infine che il fatto di dover accertare l’itinerario di viaggio del richiedente asilo nonché i suoi dati di ingresso e uscita dal territorio dell’Unione potrebbe richiedere tempo e sollevare delicate questioni probatorie, il che potrebbe prolungare la durata del procedimento e il conseguente periodo di incertezza per il richiedente asilo. 40In terzo e ultimo luogo, qualora si pervenga alla conclusione che, nella fattispecie del procedimento principale, la Repubblica ellenica era lo Stato competente, il giudice del rinvio rileva che, se un trasferimento verso la Repubblica ellenica non è possibile a causa delle carenze sistemiche del regime di asilo in tale Stato, ciò lascia ai richiedenti asilo la possibilità di scegliere uno Stato membro di destinazione, il quale sarebbe materialmente competente ad attuare il procedimento d’asilo, il che sarebbe contrario agli obiettivi del regolamento numero 343/2003. Esso si chiede se, alla luce di tali considerazioni, la Repubblica ellenica potrebbe essere esclusa immediatamente, ovvero già nella fase della determinazione dello Stato membro competente. Un’altra possibilità sarebbe prendere in considerazione l’Ungheria in sede di esame dei criteri ulteriori , espressione ripresa al punto 96 della citata sentenza N.S. ea., e che solleva talune questioni. 41Alla luce di queste considerazioni, l’Asylgerichtshof ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali 1 Se l’articolo 19 del regolamento numero 343/2003, letto in combinato disposto con l’articolo 18 di quest’ultimo, debba essere interpretato nel senso che, per effetto dell’accettazione formulata da uno Stato membro a norma delle disposizioni suddette, tale Stato membro è quello cui spetta, ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, frase introduttiva, del citato regolamento, la competenza ad esaminare la domanda d’asilo oppure se, sotto il profilo del diritto dell’Unione, allorché l’organo nazionale di riesame arriva a concludere– in un procedimento riguardante un ricorso o una revisione ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 2, del citato regolamento numero 343/2003, e indipendentemente dalla suddetta accettazione– che la competenza spetta ad un altro Stato membro ai sensi del capo III del medesimo regolamento anche qualora quest’ultimo Stato non sia stato investito di una richiesta di presa in carico oppure non formuli alcuna accettazione , detto organo di riesame sia tenuto a constatare in maniera vincolante la competenza di quest’altro Stato membro ai fini del procedimento dinanzi ad esso pendente finalizzato ad una decisione sul ricorso o sulla revisione in questione. Se, al riguardo, sussistano diritti soggettivi di ciascun richiedente asilo a che la propria domanda d’asilo venga esaminata da un determinato Stato membro competente in forza dei suddetti criteri di competenza. 2 Se l’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento numero 343/2003 debba essere interpretato nel senso che lo Stato membro nel quale avviene un primo ingresso illegale primo Stato membro” è tenuto a riconoscere la propria competenza ad esaminare la domanda di asilo presentata da un cittadino di uno Stato terzo, qualora si verifichi la seguente situazione un cittadino di un paese terzo proveniente da uno Stato terzo entra illegalmente nel primo Stato membro di cui trattasi. Costui non presenta in tale Stato una domanda di asilo. Si trasferisce poi in uno Stato terzo. Dopo meno di tre mesi lascia uno Stato terzo ed entra illegalmente in un altro Stato membro dell’Unione europea secondo Stato membro” . Da questo secondo Stato membro si reca immediatamente e direttamente in un terzo Stato membro, dove presenta la sua prima domanda di asilo. A questa data sono passati meno di dodici mesi dall’ingresso illegale nel primo Stato membro. 3 Se, a prescindere dalla soluzione della questione sub 2 , qualora il primo Stato membro” menzionato in quest’ultima sia uno Stato membro il cui sistema di asilo presenta comprovate carenze sistemiche, analoghe a quelle descritte nella sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 21 gennaio 2011, M.S.S. c. Belgio e Grecia ricorso numero 30.696/09 , si imponga una diversa valutazione relativamente allo Stato membro competente in via prioritaria ai sensi del regolamento numero 343/2003, nonostante la sentenza della Corte [N.S. ea., cit.]. Se si possa in particolare presupporre, ad esempio, che un soggiorno in un siffatto Stato membro sia a priori inidoneo a integrare una fattispecie attributiva di competenza ai sensi dell’articolo 10 del regolamento numero 343/2003 . Sulle questioni pregiudiziali Sulla prima questione 42Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento numero 343/2003 debba essere interpretato nel senso che obbliga gli Stati membri a prevedere che un richiedente asilo abbia il diritto di chiedere, nell’ambito di un ricorso avverso una decisione di trasferimento ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, di tale regolamento, il controllo della determinazione dello Stato membro competente, invocando un’errata applicazione dei criteri di cui al capo III di detto regolamento. Osservazioni presentate alla Corte 43La sig.raAbdullahi nonché la Commissione europea sostengono che l’organismo di ricorso deve controllare il rispetto dei criteri di determinazione della competenza. Esse si riferiscono al considerando 4 del regolamento numero 343/2003, ai sensi del quale il meccanismo per determinare lo Stato membro competente dev’essere fondato su criteri oggettivi ed equi sia per gli Stati membri sia per le persone interessate . 44Secondo la sig.raAbdullahi, la fissazione, da parte del regolamento numero 343/2003, di criteri oggettivi di determinazione dello Stato membro competente crea diritti soggettivi a favore dei richiedenti asilo, i quali possono chiedere si proceda al controllo della legittimità dell’applicazione di tali criteri, comprese le condizioni che di fatto fanno venire meno la competenza. Tale interpretazione risponderebbe alle esigenze dell’articolo 47 della Carta. Inoltre, il regolamento numero 343/2003 non disporrebbe che siffatta verifica della legittimità debba essere circoscritta, ad esempio, limitandola al controllo dell’arbitrarietà. 45Riferendosi a sua volta all’articolo 47 della Carta, la Commissione sostiene che il principio dell’effettività del ricorso, di cui all’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento numero 343/2003, implica che il richiedente asilo possa sollecitare un controllo della legittimità del suo trasferimento verso lo Stato membro richiesto, il che comprende la questione se la gerarchia dei criteri o i termini previsti dal regolamento numero 343/2003 siano stati rispettati. Il richiedente asilo potrebbe del pari esporre i motivi che lo inducono a ritenere che sarebbe esposto ad un trattamento inumano e degradante ai sensi dell’articolo 4 della Carta nello Stato in cui sarebbe trasferito. Se l’organismo di ricorso pervenisse alla conclusione che la decisione impugnata non è legittima, dovrebbe modificarla o annullarla e designare esso stesso lo Stato membro che ritiene competente per l’esame della domanda d’asilo. Lo Stato membro nel quale la domanda d’asilo è stata presentata dovrebbe quindi avviare nuovamente il procedimento di cui agli articoli da 17 a 19 del regolamento numero 343/2003. 46I governi ellenico, ungherese, del Regno Unito e svizzero ritengono al contrario che, ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento numero 343/2003, il ricorso possa riguardare soltanto la decisione di non esaminare la domanda e l’obbligo di trasferimento. Potrebbe basarsi soltanto sulla violazione di diritti concreti, quali la violazione di diritti fondamentali nello Stato membro di trasferimento o la tutela del nucleo familiare. I governi ellenico, ungherese e del Regno Unito sottolineano i ritardi conseguenti a ricerche relative allo Stato membro competente o a consultazioni con un altro Stato membro, mentre il regolamento numero 343/2003 insiste sulla rapidità dell’esame delle domande d’asilo. Ricerche siffatte non sarebbero giustificate, dal momento che, con l’accettazione di uno Stato membro, l’obiettivo del regolamento numero 343/2003 sarebbe raggiunto, ovvero determinare uno Stato membro competente per l’esame della domanda d’asilo. Risposta della Corte 47La questione riguarda l’interpretazione del regolamento numero 343/2003 e i diritti che i richiedenti asilo traggono da tale regolamento, che costituisce uno degli atti componenti il sistema europeo comune d’asilo adottato dall’Unione europea. 48A tal proposito, occorre ricordare che, a norma dell’articolo 288, secondo comma, TFUE, il regolamento ha portata generale, è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Di conseguenza, in ragione della sua stessa natura e della sua funzione nell’ambito delle fonti del diritto dell’Unione, esso è atto ad attribuire ai singoli diritti che i giudici nazionali devono tutelare sentenze del 10 ottobre 1973, Variola, 34/73, Racc.pag.981, punto 8 del 17 settembre 2002, Muñoz e Superior Fruiticola, -253/00, Racc.pag.I‑7289, punto 27, nonché del 14 luglio 2011, Bureau national interprofessionnel du Cognac, -4/10 e -27/10, Racc.pag.I‑6131, punto 40 . 49Si deve accertare in quale misura le disposizioni di cui al capo III del regolamento numero 343/2003 conferiscano effettivamente ai richiedenti asilo diritti che i giudici nazionali devono tutelare. 50Si deve innanzitutto rilevare che un solo ricorso è previsto dal regolamento numero 343/2003, ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 2, del medesimo. Tale disposizione prevede la possibilità, per il richiedente asilo, di proporre un ricorso o una domanda di revisione avverso la decisione di non esaminare una domanda e di trasferire il richiedente verso lo Stato membro competente. Inoltre, la direttiva 2005/85 che descrive in particolare, al suo capo V, le procedure di impugnazione nell’ambito dell’esame delle domande d’asilo, indica, al suo considerando 29, che essa non contempla le procedure disciplinate dal regolamento numero 343/2003. 51Per quanto riguarda la portata del ricorso di cui all’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento numero 343/2003, si deve interpretare tale regolamento non soltanto alla luce del tenore letterale delle disposizioni che lo compongono, ma altresì alla luce della sua economia generale, dei suoi obiettivi e del suo contesto, in particolare dell’evoluzione che ha conosciuto rispetto al sistema in cui s’iscrive. 52Al riguardo, occorre ricordare, da un lato, che il sistema europeo comune d’asilo è stato concepito in un contesto che permette di supporre che l’insieme degli Stati partecipanti, siano essi Stati membri o paesi terzi, rispetti i diritti fondamentali, compresi i diritti che trovano fondamento nella Convenzione di Ginevra e nel Protocollo del 1967, nonché nella CEDU, e che gli Stati membri possano fidarsi reciprocamente a tale riguardo sentenza N.S. ea., cit., punto 78 . 53È proprio in ragione di tale principio di reciproca fiducia che il legislatore dell’Unione ha adottato il regolamento numero 343/2003, al fine di razionalizzare il trattamento delle domande d’asilo e di evitare la saturazione del sistema con l’obbligo, per le autorità nazionali, di trattare domande multiple introdotte da uno stesso richiedente, di accrescere la certezza del diritto quanto alla determinazione dello Stato competente ad esaminare la domanda d’asilo e, così facendo, di evitare il forum shopping tutto ciò con l’obiettivo principale di accelerare il trattamento delle domande nell’interesse tanto dei richiedenti asilo quanto degli Stati partecipanti sentenza N.S. ea., cit., punto 79 . 54Dall’altro lato, le norme applicabili alle domande d’asilo sono state, in larga misura, armonizzate a livello dell’Unione, in particolare, da ultimo, ad opera delle direttive 2011/95 e 2013/32. 55Ne consegue che la domanda del richiedente asilo verrà esaminata, in ampia misura, in base alle stesse norme, indipendentemente da quale sia lo Stato membro competente per l’esame di tale domanda in forza del regolamento numero 343/2003. 56Inoltre talune disposizioni dei regolamenti nnumero 343/2003 e 1560/2003 rivelano l’intenzione del legislatore dell’Unione di stabilire, per quanto riguarda la determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo, regole di carattere organizzativo che disciplinino i rapporti tra gli Stati membri, alla stregua della Convenzione di Dublino v., per analogia, sentenze del 13 giugno 2013, Unanimes ea., da -671/11 a C 676/11, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 28, nonché Syndicat OP 84, -3/12, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 29 . 57In tal modo, l’articolo 3, paragrafo 2 cosiddetta clausola di sovranità e l’articolo 15, paragrafo 1 clausola umanitaria , del regolamento numero 343/2003 intendono salvaguardare le prerogative degli Stati membri nell’esercizio del diritto di concedere l’asilo, indipendentemente dallo Stato membro competente per l’esame di una domanda in applicazione dei criteri stabiliti da tale regolamento. Per quanto riguarda le disposizioni facoltative, esse riconoscono un ampio potere discrezionale agli Stati membri v., in tal senso, sentenze N.S. ea., cit., punto 65, nonché del 6 novembre 2012, K, -245/11, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 27 . 58Analogamente l’articolo 23 del regolamento numero 343/2003 consente agli Stati membri di concludere tra loro accordi amministrativi bilaterali relativi alle modalità pratiche di esecuzione di tale regolamento che possono, in particolare, avere per oggetto una semplificazione delle procedure e un accorciamento dei termini applicabili alla trasmissione e all’esame delle richieste di presa in carico o di ripresa in carico dei richiedenti asilo. Inoltre, l’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento numero 1560/2003– attualmente articolo 37 del regolamento numero 604/2013– prevede che, in diverse ipotesi di disaccordo quanto all’applicazione del regolamento numero 343/2003, gli Stati membri possono avvalersi di una procedura di conciliazione cui partecipano membri di un comitato, in rappresentanza di tre Stati membri estranei alla controversia, ma nel cui ambito non è nemmeno previsto che il richiedente asilo sia sentito. 59Infine, uno degli obiettivi principali del regolamento numero 343/2003, come risulta dai considerando 3 e 4 del medesimo, è l’istituzione di un meccanismo per determinare con chiarezza, praticità e rapidità lo Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo al fine di garantire l’effettivo accesso alle procedure volte al riconoscimento dello status di rifugiato e non pregiudicare l’obiettivo di un rapido espletamento delle domande d’asilo. 60Nel caso di specie, la decisione controversa è quella dello Stato membro in cui la domanda d’asilo della ricorrente nel procedimento principale è stata proposta, di non esaminare detta domanda e di trasferire tale persona verso un altro Stato membro. Questo secondo Stato membro ha accettato la presa in carico della ricorrente nel procedimento principale in applicazione del criterio di cui all’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento numero 343/2003, vale a dire, quale Stato membro del primo ingresso della ricorrente nel procedimento principale nel territorio dell’Unione. In una situazione siffatta, in cui lo Stato membro accetta la presa in carico, e visti gli elementi richiamati ai punti 52 e 53 della presente sentenza, il richiedente asilo può contestare la scelta di tale criterio soltanto deducendo l’esistenza di carenze sistemiche della procedura d’asilo e delle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo in tale Stato membro che costituiscono motivi seri e comprovati di credere che tale richiedente corra un rischio reale di subire trattamenti inumani o degradanti, ai sensi dell’articolo 4 della Carta v., in tal senso, sentenze N.S. ea., cit., punti 94 e 106, nonché del 14 novembre 2013, Puid, -4/11, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 30 . 61Orbene, come risulta dal fascicolo sottoposto alla Corte, nessuna prova indiziaria porta a ritenere che ciò avvenga nell’ambito del procedimento principale. 62Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, si deve rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento numero 343/2003 dev’essere interpretato nel senso che, nelle circostanze in cui uno Stato membro abbia accettato la presa in carico di un richiedente asilo in applicazione del criterio di cui all’articolo 10, paragrafo 1, di detto regolamento, vale a dire, quale Stato membro del primo ingresso del richiedente asilo nel territorio dell’Unione, tale richiedente può contestare la scelta di tale criterio soltanto deducendo l’esistenza di carenze sistemiche della procedura d’asilo e delle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo in tale Stato membro che costituiscono motivi seri e comprovati di credere che detto richiedente corra un rischio reale di subire trattamenti inumani o degradanti, ai sensi dell’articolo 4 della Carta. Sulla seconda e sulla terza questione 63Poiché le due altre questioni pregiudiziali sono state sollevate nell’eventualità in cui fosse stato dichiarato che il richiedente asilo può richiedere il controllo della determinazione dello Stato membro competente per l’esame della sua domanda d’asilo, non occorre fornire alcuna risposta al riguardo. Sulle spese 64Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte Grande Sezione dichiara L’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento CE numero 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo, dev’essere interpretato nel senso che, nelle circostanze in cui uno Stato membro abbia accettato la presa in carico di un richiedente asilo in applicazione del criterio di cui all’articolo 10, paragrafo 1, di detto regolamento, vale a dire, quale Stato membro del primo ingresso del richiedente asilo nel territorio dell’Unione europea, tale richiedente può contestare la scelta di tale criterio soltanto deducendo l’esistenza di carenze sistemiche della procedura d’asilo e delle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo in tale Stato membro che costituiscono motivi seri e comprovati di credere che detto richiedente corra un rischio reale di subire trattamenti inumani o degradanti, ai sensi dell’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. * Fonte http //curia.europa.eu/