Taglio dei parlamentari e referendum costituzionale: la Consulta dichiara inammissibili i ricorsi

La Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibili quattro ricorsi proposti per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato in relazione al taglio dei parlamentari ed all’election day.

Con un comunicato stampa del 12 agosto 2020, la Corte Costituzionale ha anticipato le ragioni per cui sono stati dichiarati inammissibili i quattro conflitti di attribuzioni tra poteri dello Stato in relazione al taglio dei parlamentari e al relativo referendum costituzionale. Nello specifico, i conflitti tra poteri sono stati sollevati dal Comitato promotore del referendum, dalla Regione Basilicata, da un senatore e dall’Associazione +Europa. Le relative ordinanze sono state depositate il giorno successivo ed esplicano le ragioni per cui la Consulta ha ritenuto inammissibili i ricorsi, ovvero - il difetto di legittimazione attiva per quanto riguarda il ricorso presentato dal Comitato promotore del referendum sul testo di legge costituzionale inerente al taglio dei parlamentari ordinanza n. 195/2020 - esclusa la legittimazione soggettiva anche per la Regione Basilicata , in quanto il testo dell’art. 134 Cost. esclude la stessa in relazione agli enti territoriali, considerando che essi non possono definirsi poteri dello Stato ordinanza n. 198/2020 - confusa ed incoerente, invece, l’esposizione della critica alla riforma costituzionale, alla legge elettorale, all’utilizzo dei decreti legge e al relativo procedimento di conversione, oggetto del ricorso presentato dal senatore nei confronti del Senato, del Governo e del Presidente della Repubblica ordinanza n. 197/2020 - difetto di legittimazione anche dell’ Associazione +Europa , che contestava la previsione contenuta nel d.l. n. 26/20 relativa alla riduzione ad un terzo del minimo di sottoscrizioni richiesto per presentare liste e candidature alle elezioni regionali. In quanto partito politico, infatti, essa non ha natura di potere dello Stato ordinanza n. 196/2020 .

Corte Costituzionale, ordinanza 12 – 13 agosto 2020, n. 198 Presidente Cartabia – Redattore Amoroso Ritenuto che, con ricorso depositato in data 24 luglio 2020, la Regione Basilicata ha promosso conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato nei confronti del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri, del Presidente del Consiglio dei ministri, del Ministro dell’interno, del Ministro della giustizia, della Camera dei deputati, del Senato della Repubblica, nonché nei confronti della Regione autonoma Trentino Alto-Adige/Südtirol, in persona del Presidente della Giunta regionale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano in persona dei Presidenti delle rispettive Giunte provinciali che il conflitto è stato promosso in riferimento all’approvazione, in via definitiva e in seconda deliberazione, da parte della Camera dei deputati, nella seduta del 9 ottobre 2019 recte 8 ottobre 2019 , del testo di legge costituzionale recante Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari , al conseguente d.P.R. 28 gennaio 2020 Indizione del referendum popolare confermativo della legge costituzionale, recante Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari , approvata dal Parlamento con cui è stato indetto il referendum confermativo della citata legge costituzionale, poi revocato con d.P.R. 5 marzo 2020 Revoca del decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 2020, concernente indizione del referendum popolare confermativo della legge costituzionale recante Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari e nuovamente indetto con d.P.R. 17 luglio 2020 Indizione del referendum popolare confermativo relativo all’approvazione del testo della legge costituzionale recante modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari , approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 240 del 12 ottobre 2019 e, infine, in riferimento agli atti normativi presupposti e applicativi che la Regione ha domandato a questa Corte di dichiarare che non spettava alle Camere, al popolo, rappresentato dal Corpo elettorale referendario, al potere esecutivo, né alle Provincie Autonome di Trento e Bolzano e alla Regione Trentino Alto Adige/Sudtirol menomare i poteri di rappresentatività parlamentare costituzionalmente riconosciuti alla Regione Basilicata e, pertanto, ha chiesto l’annullamento degli atti impugnati, previa sospensione cautelare dei loro effetti che in particolare, la Regione ha lamentato la violazione degli artt. 3, 6, 48, 51, 57, commi primo e terzo, 131 e 114 della Costituzione e la compressione e invasione dei poteri di rappresentatività parlamentare attribuiti dalla Costituzione alla Regione Basilicata , nonché la violazione degli artt. 72, in particolare commi primo e quarto, 77, secondo comma, 138 e 139 Cost. che, in particolare, per quanto riguarda i senatori, la riduzione del loro numero è stata realizzata attraverso la modifica dell’art. 57 Cost. il cui secondo comma, evidenzia la ricorrente, prevede che il numero dei senatori elettivi è di duecento e non più trecentoquindici , quattro e non più sei dei quali eletti nella circoscrizione Estero che il terzo comma del medesimo art. 57 Cost. interviene sul numero minimo dei seggi garantiti, portandolo da sette a tre, lasciando ferma la previsione secondo cui il Molise ne ha due, la Valle d’Aosta uno e inserendo tra i soggetti beneficiari del numero minimo di tre senatori anche le Province autonome che la Regione assume che la riduzione del numero dei parlamentari prevista dalla legge costituzionale in itinere non solo incide negativamente, di per sé, sul sistema, menomando il potere di rappresentatività della Regione in Parlamento, ma risulta viziata anche per la disparità di trattamento tra le Regioni che, infatti, raffrontando in termini percentuali l’incidenza della riduzione del numero dei parlamentari in rapporto alle singole Regioni e tenendo conto della riduzione del numero minimo garantito dei senatori e dell’inclusione delle Province autonome di Trento e di Bolzano tra i soggetti beneficiari della regola prevista dall’art. 57, terzo comma, Cost., emerge a suo avviso che la percentuale media della riduzione, che è pari al 36,5 per cento riguarda solo alcune Regioni, mentre per altre il sacrificio risulta, a seconda dei casi, più gravoso o più lieve che, portando da sette a tre il numero minimo dei senatori e includendo le Province autonome tra i soggetti garantiti, si ha che le Regioni che beneficiavano del numero minimo finiscono per subire una elevata diminuzione derivante dal numero di seggi persi rispetto ai sette precedentemente garantiti e, dunque, non in linea con la percentuale nazionale del 36,5 per cento che, in particolare, la Regione Basilicata, passando da sette a tre senatori finirebbe per subire una diminuzione della rappresentatività pari al 57,13 per cento che risulterebbe leso, dunque, il principio di eguaglianza di tutti i cittadini in punto di partecipazione alla vita politica di cui all’art. 51 Cost. , e si determinerebbe un quadro complessivo fortemente sbilanciato quanto all’attuazione del precetto costituzionale dell’art. 57, primo comma, Cost., che vuole che il Senato della Repubblica sia eletto su base regionale che tale squilibrio mal si concilia con il riconoscimento costituzionale del valore rappresentativo degli organi parlamentari e contravviene al principio della proporzionalità degressiva enunciato dall’art. 14, paragrafo 2, del Trattato sull’Unione europea TUE , firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992, entrato in vigore il 1° novembre 1993, che, a tutela della rappresentatività effettiva dei Paesi più piccoli, prevede che la rappresentanza dei cittadini è garantita in modo degressivamente proporzionale che la Regione si duole poi, sotto altro e diverso profilo, della scelta di concentrare in un’unica tornata elettorale la consultazione referendaria, le votazioni delle elezioni regionali e quelle amministrative cosiddetto election day che, al riguardo, richiama il d.P.R. 17 luglio 2020 con cui sono state indette le consultazioni referendarie del 20 e del 21 settembre 2020, assumendo che tale soluzione sarebbe incompatibile con un referendum costituzionale art. 138 Cost. che l’illegittimità – puntualizza la Regione – discende, peraltro, dall’art. 1-bis, comma 1, del decreto-legge 20 aprile 2020, n. 26 Disposizioni urgenti in materia di consultazioni elettorali per l’anno 2020 , convertito, con modificazioni, nella legge 19 giugno 2020, n. 59, ai sensi del quale Per le consultazioni elettorali di cui all’articolo 1 del presente decreto resta fermo il principio di concentrazione delle scadenze elettorali di cui all’articolo 7 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, che si applica, altresì, al referendum confermativo del testo di legge costituzionale recante Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 240 del 12 ottobre 2019 che, secondo la ricorrente, l’adozione del decreto legge indicato sarebbe avvenuta in assenza dei presupposti di necessità e urgenza richiesti dall’art. 77, secondo comma, Cost. che, inoltre, la concentrazione delle scadenze elettorali è stata prevista solo dalla legge di conversione n. 59 del 2020, dunque in assenza del nesso di interrelazione funzionale tra decreto-legge e legge di conversione che la giurisprudenza costituzionale ha costantemente ritenuto necessario ai fini della legittimità costituzionale della legge sentenza n. 32 del 2014 che la disposizione si porrebbe poi in contrasto con l’art. 72, primo e quarto comma, Cost. in quanto l’articolo unico di conversione è stato approvato dopo che il Governo ha chiesto ed ottenuto la fiducia sull’articolo unico di conversione in legge in due sedute confuse e convulse con una doppia approvazione senza il rispetto della procedura di approvazione articolo per articolo prevista in particolare dall’art. 72, primo comma, Cost. che infine la Regione si sofferma sulle esigenze cautelari, osservando che [o]ccorre, comunque evitare, che prima della pronuncia della Corte Costituzionale entri in vigore una norma di sospetta costituzionalità per violazione di principi supremi come l’art. 3 Cost., coperti dall’art. 139 Cost., atteso che anche le norme di rango costituzionale soggette al controllo di legittimità costituzionale in caso di violazione di principi supremi dell’ordinamento costituzionale . Considerato che la Regione Basilicata ha proposto ricorso per conflitto di attribuzione, ai sensi degli artt. 134 della Costituzione e 39 della legge 11 marzo 1953, n. 87 Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale , con contestuale istanza di sospensiva, in via cautelare, chiedendo che questa Corte voglia annullare a l’avvenuta approvazione definitiva in data 9 ottobre 2019 recte 8 ottobre 2019 da parte del Parlamento del testo di legge costituzionale recante Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari , pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 240 del 12 ottobre 2019, e la successiva ammissione del referendum con ordinanza dell’Ufficio Centrale per referendum presso la Corte di cassazione del 23 gennaio 2020 b il conseguente decreto del Presidente della Repubblica del 28 gennaio 2020, su deliberazione del Consiglio dei ministri del 27 gennaio 2020, revocato con decreto del Presidente della Repubblica del 5 marzo 2020, su deliberazione del Consiglio dei Ministri in pari data, e nuovamente riemesso con decreto del Presidente della Repubblica del 17 luglio 2020, su deliberazione del Consiglio dei Ministri del 14 luglio 2020, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 180 del 18 luglio 2020, nonché degli atti normativi presupposti e applicativi che l’atto di promovimento – ancorché nella sua intestazione faccia riferimento all’art. 39 della legge n. 87 del 1953, che disciplina i conflitti di attribuzione fra Stato e Regioni – è stato espressamente qualificato dalla stessa ricorrente, in particolare nel petitum, come ricorso per conflitto tra poteri dello Stato, proposto nei confronti del Governo e di altri , e che, in coerenza con tale qualificazione, non è stato notificato alle potenziali controparti che analoga qualificazione risulta dalla delibera della Giunta regionale di autorizzazione a proporre il conflitto, che prefigura finanche, quanto all’incarico professionale al collegio di difesa, l’eventuale fase di merito – propria di questo tipo di conflitto di attribuzione – ove il ricorso fosse dichiarato ammissibile che pertanto va valutata, preliminarmente e senza contraddittorio, l’ammissibilità dell’atto di promovimento del presente giudizio secondo il regime processuale proprio dei conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato che può innanzi tutto rilevarsi che la richiamata delibera della Giunta regionale è testualmente e inequivocabilmente limitata – quanto all’ambito dell’autorizzazione a proporre ricorso e all’oggetto della richiesta di annullamento, come specificazione del petitum dell’iniziativa giudiziaria – solo alla impugnativa della richiamata delibera legislativa dell’8 ottobre 2019 che pertanto il ricorso, nella parte in cui eccede dalla autorizzazione assentita con la indicata delibera della Giunta regionale, è, innanzi tutto, manifestamente inammissibile con riferimento al decreto presidenziale di indizione del referendum confermativo della richiamata delibera legislativa dell’8 ottobre 2019 e alle connesse censure relative alla fissazione della data per la sua celebrazione contestualmente a quella per le elezioni in alcune Regioni e per elezioni amministrative cosiddetto election day, di cui sopra sub b che, per il resto sopra, sub a , questa Corte è chiamata in questa fase a stabilire in camera di consiglio, senza contraddittorio, se concorrano i requisiti di ordine soggettivo e oggettivo prescritti dall’art. 37, primo comma, della legge n. 87 del 1953, e cioè se il conflitto risulti essere insorto tra organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere a cui appartengono e sia diretto a delimitare la sfera di attribuzioni dei poteri interessati, determinata da norme costituzionali ordinanza n. 256 del 2016 che a tal fine occorre verificare – prima facie e con riserva di cognizione piena nell’eventuale successiva fase a seguito della rituale instaurazione del contraddittorio – se sussistano i presupposti soggettivi e oggettivi di ammissibilità del proposto conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato che, sotto il profilo soggettivo, va ribadito che nella giurisprudenza costituzionale la nozione di potere dello Stato” ai fini della legittimazione a sollevare conflitto di attribuzione ex art. 37 della legge n. 87 del 1953 abbraccia tutti gli organi ai quali sia riconosciuta e garantita dalla Costituzione una quota di attribuzioni costituzionali ex plurimis, sentenze n. 87 e n. 88 del 2012 o sia affidata una pubblica funzione costituzionalmente rilevante e garantita ordinanza n. 17 del 1978 ordinanza n. 17 del 2019 che – come già ritenuto da questa Corte ordinanze n. 11 del 2011 e n. 264 del 2010 – deve negarsi in radice che gli enti territoriali possano qualificarsi come potere dello Stato nell’accezione propria dell’art. 134 Cost., essendo essi distinti dallo Stato, pur concorrendo tutti a formare la Repubblica nella declinazione risultante dall’art. 114, primo comma, Cost. che, quindi, con riferimento alla Provincia, si è affermato che quest’ultima non agisce come soggetto appartenente al complesso di autorità costituenti lo Stato, nell’accezione propria dell’art. 134 della Costituzione ordinanza n. 380 del 1993 , sicché essa non è legittimata a promuovere ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, non diversamente dal Comune ordinanza n. 84 del 2009 e dalla Regione ordinanza n. 479 del 2005 che, in particolare con riguardo alla Regione, la giurisprudenza costituzionale ha precisato che, in ogni caso, in base alla vigente disciplina dei conflitti di attribuzione spettanti alla giurisdizione di questa Corte, né la Regione né singoli organi di essa possono essere considerati poteri dello Stato” ai quali sia riconoscibile la legittimazione passiva nei giudizi regolati dagli artt. 37 e 38 della legge n. 87 del 1953 e dall’art. 26 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale ordinanza n. 82 del 1978 e ordinanza n. 10 del 1967 ordinanza n. 479 del 2005 che, d’altra parte, la Regione, quando esercita poteri rientranti nello svolgimento di attribuzioni determinanti la propria sfera di autonomia costituzionale o di funzioni ad essa delegate, non agisce come soggetto appartenente al complesso di autorità costituenti lo Stato, nell’accezione propria dell’art. 134 Cost. ordinanza 24 maggio 1990, senza numero che in ogni caso il presente ricorso per conflitto tra poteri dello Stato non potrebbe convertirsi in ricorso per conflitto di attribuzione tra la Regione e lo Stato, perché sarebbe palese, al di là di ogni altro profilo, l’intervenuto decorso, già al momento della proposizione del ricorso 24 luglio 2020 , del prescritto termine di decadenza di sessanta giorni art. 39, secondo comma, della legge n. 87 del 1953 , stante che la menzionata delibera legislativa è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 240 del 12 ottobre 2019 che, pertanto, il ricorso è inammissibile con riferimento a tutti gli atti di cui la ricorrente chiede l’annullamento che altresì è conseguentemente assorbita la richiesta di sospensiva, in via cautelare, degli atti oggetto del conflitto. Per questi motivi la Corte Costituzionale dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dalla Regione Basilicata.

Corte Costituzionale, ordinanza 12 – 13 agosto 2020, n. 197 Presidente Cartabia – Redattore De Zanon Ritenuto che, con ricorso depositato il 28 luglio 2020, il senatore Gregorio De Falco ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del Senato della Repubblica, nonché, se dichiarato ammissibile , nei confronti del Governo della Repubblica e dei Ministri dell’interno e della giustizia, in quanto responsabili, insieme con il Presidente del Consiglio ex art. 89 c.1 Cost. degli atti del Presidente della Repubblica, che non può essere chiamato a rispondere, nemmeno in giudizio, per gli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni art. 90 c.1 Cost. e/o del Presidente della Repubblica in caso di diniego dei Ministri responsabili di rappresentarlo in giudizio o di sua autonoma determinazione di costituirsi nel giudizio stesso che il ricorrente chiede che la Corte costituzionale dichiari che non spettava al Senato approvare la legge 19 giugno 2020, n. 59, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 20 aprile 2020, n. 26 Disposizioni urgenti in materia di consultazioni elettorali per l’anno 2020 , poiché tale legge avrebbe introdotto previsioni in materia referendaria estranee al testo originario del citato decreto-legge, che avrebbe disciplinato soltanto la materia elettorale che, in particolare, le doglianze del ricorrente si appuntano sull’art. 1-bis, commi 1 e 3, del su citato decreto-legge, in base al quale, al fine di assicurare il necessario distanziamento sociale, le operazioni di votazione per le consultazioni elettorali e referendarie dell’anno 2020 si svolgono [] nella giornata di domenica [] e nella giornata di lunedì che tale previsione applica anche al referendum costituzionale il principio di concentrazione delle scadenze elettorali , previsto dall’art. 7 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria , convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111 che l’approvazione e la conversione del citato d.l. n. 26 del 2020, contenendo disposizioni in materia costituzionale ed elettorale , determinerebbero la violazione dell’art. 72, primo e quarto comma, della Costituzione che l’approvazione al Senato della legge n. 59 del 2020 attraverso il voto di fiducia avrebbe impedito al ricorrente di esaminare e approvare nel merito tutte le parti aggiunte, mediante emendamento modificativo o soppressivo delle disposizioni originarie del d.l. n. 26 del 2020 che il ricorrente chiede che la Corte costituzionale disponga l’annullamento del d.P.R. 17 luglio 2020 Indizione del referendum popolare confermativo relativo all’approvazione del testo della legge costituzionale recante Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari , approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 240 del 12 ottobre 2019 , con il quale è stato indetto il referendum costituzionale e sono stati convocati i relativi comizi per i giorni 20 e 21 settembre 2020 che l’indizione dei comizi referendari confliggerebbe con il diritto del ricorrente di partecipare alle sessioni parlamentari con pienezza di poteri di emendamento di disposizioni incostituzionali che il ricorrente sollecita altresì la Corte costituzionale ad adottare una misura cautelare che sospenda, nelle more della decisione del conflitto, l’indizione del referendum costituzionale, eventualmente sollevando di fronte a sé stessa questione di legittimità costituzionale dell’art. 12 della legge 25 maggio 1970, n. 352 Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo nella parte in cui non prevede il controllo di compatibilità della revisione costituzionale con l’art. 139 Cost., che è limite insuperabile per ogni revisione costituzionale come l’art. 75 comma 2 Cost. lo è per il referendum abrogativo che, nel periodo intercorrente tra il deposito del ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri e la camera di consiglio convocata per valutarne l’ammissibilità, è pervenuto un atto di intervento adesivo dipendente , con il quale il Partito Radicale Nonviolento Transnazionale Transpartito ha chiesto di intervenire nel giudizio davanti alla Corte costituzionale. Considerato che il senatore Gregorio De Falco ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del Senato della Repubblica, e, se dichiarato ammissibile , nei confronti del Governo della Repubblica e dei Ministri dell’interno e della giustizia, in quanto responsabili, insieme con il Presidente del Consiglio degli atti del Presidente della Repubblica, e/o del Presidente della Repubblica stesso, per chiedere che questa Corte dichiari che non spettava al Senato approvare con voto di fiducia la legge 19 giugno 2020, n. 59 che ha convertito, con modificazioni, in legge il decreto-legge 20 aprile 2020, n. 26 Disposizioni urgenti in materia di consultazioni elettorali per l’anno 2020 che, secondo il ricorrente, la legge n. 59 del 2020, essendo stata approvata a seguito di voto di fiducia e contenendo un emendamento in materia asseritamente estranea al contenuto originario del d.l. n. 26 del 2020, avrebbe determinato la lesione delle prerogative costituzionali attribuitegli in quanto parlamentare che il d.l. n. 26 del 2020, come convertito, contenendo previsioni in materia costituzionale ed elettorale, sarebbe stato adottato in violazione dell’art. 72 della Costituzione che il ricorrente chiede che questa Corte annulli anche il d.P.R. 17 luglio 2020 Indizione del referendum popolare confermativo relativo all’approvazione del testo della legge costituzionale recante Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari , approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 240 del 12 ottobre 2019 , sospendendone con misura cautelare l’applicazione ed eventualmente sollevando innanzi a sé questione di legittimità costituzionale dell’art. 12 della legge 25 maggio 1970, n. 352 Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo che, in questa fase del giudizio, la Corte costituzionale è chiamata esclusivamente a deliberare, in camera di consiglio, senza contraddittorio e senza possibilità di interventi di terzi, se sussistano i requisiti, soggettivo e oggettivo, prescritti dall’art. 37, primo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale , ossia a decidere se il conflitto insorga tra organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengono e per la delimitazione della sfera di attribuzioni delineata per i vari poteri da norme costituzionali che questa Corte non può esimersi dal rilevare, preliminarmente, la scarsa chiarezza e coerenza del percorso argomentativo seguito dal ricorso, contraddistinto da salti logici e da passaggi privi di conseguenzialità che il ricorso contiene, infatti, sommarie critiche a all’adozione del d.l. n. 26 del 2020 per la disciplina di ambiti attinenti alla materia costituzionale ed elettorale b all’approvazione, da parte delle Commissioni Affari Costituzionali di Camera e Senato , di un emendamento asseritamente estraneo al testo originario del decreto-legge c all’approvazione con voto di fiducia, da parte del Senato, della legge di conversione del citato decreto-legge d agli effetti che tale decreto-legge avrebbe determinato sul successivo d.P.R. del 17 luglio 2020 e alle conseguenze che l’accorpamento delle consultazioni elettorali e di quella referendaria avrebbe sulla genuinità del procedimento di revisione costituzionale f agli effetti sulla forma di governo parlamentare che la revisione costituzionale determinerebbe, anche alla luce della legge elettorale attualmente vigente che il ricorso espone, dunque, in modo non ordinato, critiche alla legge elettorale, alla riforma costituzionale, all’accorpamento delle consultazioni, all’utilizzo dei decreti-legge e, infine, al procedimento di conversione in legge degli stessi, sovrapponendo non solo argomenti giuridico-costituzionali tra loro ben distinti, ma altresì avanzando valutazioni politiche in questa sede non conferenti che coerenza di contenuti e chiarezza di forma costituiscono requisiti di ogni atto introduttivo di un giudizio, e non possono non valere per il ricorso introduttivo di un giudizio per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato che aspiri a superare il vaglio preliminare di ammissibilità che, invece, il ricorso non individua né l’atto lesivo o gli atti lesivi , né le attribuzioni del ricorrente che sarebbero state lese in senso analogo, ordinanze n. 181 del 2018 e n. 280 del 2017 che, soprattutto, il ricorso non contiene alcuno specifico riferimento alle prerogative del singolo parlamentare, asseritamente violate durante l’iter di conversione in legge del d.l. n. 26 del 2020 che la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che, affinché il ricorso per conflitto tra poteri dello Stato presentato dal singolo parlamentare risulti ammissibile, è necessario che il ricorrente alleghi una sostanziale negazione o un’evidente menomazione” delle proprie funzioni costituzionali ordinanza n. 176 del 2020 e, in senso simile, ordinanza n. 275 del 2019 che, in particolare, deve essere motivata la ridondanza delle asserite violazioni dei principi costituzionali invocati sulla propria sfera di attribuzioni costituzionali, a difesa della quale questa Corte è chiamata a pronunciarsi ordinanze n. 176 e n. 129 del 2020, nonché n. 181 del 2018 che, invece, il ricorrente omette qualsiasi riferimento ai lavori parlamentari svoltisi presso il Senato della Repubblica, da cui risulti l’evidenza delle numerose lesioni lamentate che peraltro, durante tali lavori, l’applicazione del principio della concentrazione delle scadenze elettorali cosiddetto election day anche al referendum costituzionale è stata oggetto di ampia discussione, essendosene proposta l’esclusione in due diverse questioni pregiudiziali respinte, con unica votazione, durante la seduta del Senato n. 231 del 18 giugno 2020 , questioni sulle quali risulta che anche il ricorrente abbia potuto regolarmente votare che, inoltre, il voto favorevole sulla questione di fiducia posta al Senato sull’articolo unico del disegno di legge di conversione del d.l. n. 26 del 2020 ha legittimamente determinato, secondo quanto previsto dall’art. 161, comma 3-bis, del regolamento del Senato, l’approvazione dell’articolo unico del disegno di legge di conversione, con conseguente preclusione dei restanti emendamenti, degli ordini del giorno e delle proposte di stralcio che, anche sotto questo profilo, in seguito all’applicazione delle norme del regolamento parlamentare conseguenti alla posizione della questione di fiducia, non risulta prospettata alcuna specifica lesione delle attribuzioni costituzionali del singolo parlamentare nell’ambito del procedimento di conversione analogamente, ordinanza n. 275 del 2019 che, comunque, sempre con riferimento agli effetti dell’approvazione della questione di fiducia sui tempi di discussione parlamentare, questa Corte ha già avuto modo di evidenziare che in nessun caso sarebbe sindacabile [] la questione di fiducia ai fini dell’approvazione senza emendamenti di un disegno di legge in seconda lettura ordinanza n. 60 del 2020 che, ancora, nessuna argomentazione è contenuta nel ricorso in merito alla ritenuta estraneità dell’art. 1-bis, approvato nel corso dell’iter di conversione, rispetto al testo originario del d.l. n. 26 del 2020, mentre questa Corte ha già chiarito che, in simili evenienze, il ricorso stesso deve offrire elementi tali da portare all’evidenza [] l’asserito difetto di omogeneità dell’emendamento oggetto del conflitto, non essendo sufficiente, a tal fine, un mero raffronto tra la materia regolata dall’emendamento stesso e il titolo del decreto-legge ordinanza n. 274 del 2019 che, in definitiva, pur asserendo la violazione di plurimi principi costituzionali inerenti sia il procedimento legislativo sia quello di revisione costituzionale, il ricorso non chiarisce quali attribuzioni costituzionali del singolo parlamentare siano state in concreto lese nel corso di tali procedimenti, e nemmeno enuncia quali siano, in astratto, tali attribuzioni che, per questo insieme di ragioni, esso deve essere dichiarato inammissibile che la presente pronuncia assorbe l’esame dell’istanza di sospensione cautelare del d.P.R. 17 luglio 2020. Per questi motivi la Corte Costituzionale dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato promosso dal senatore Gregorio De Falco.

Corte Costituzionale, ordinanza 12 – 13 agosto 2020, n. 196 Presidente Cartabia – Redattore De Pretis Ritenuto che l’Associazione +Europa , in persona del tesoriere Valerio Federico e del segretario Benedetto Della Vedova, ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, in relazione all’art. 1-bis, comma 5, del decreto-legge 20 aprile 2020, n. 26 Disposizioni urgenti in materia di consultazioni elettorali per l’anno 2020 , convertito, con modificazioni, nella legge 19 giugno 2020, n. 59, secondo cui [i]n considerazione della situazione epidemiologica derivante dalla diffusione del COVID-19 e tenuto conto dell’esigenza di assicurare il necessario distanziamento sociale per prevenire il contagio da COVID-19 nel corso del procedimento elettorale, nonché di garantire il pieno esercizio dei diritti civili e politici nello svolgimento delle elezioni delle regioni a statuto ordinario dell’anno 2020, il numero minimo di sottoscrizioni richiesto per la presentazione delle liste e delle candidature è ridotto a un terzo che la ricorrente chiede a questa Corte di dichiarare, previa concessione delle più idonee misure cautelari , che il Parlamento – approvando, in sede di conversione, l’impugnato art. 1-bis, comma 5, del d.l. n. 26 del 2020 – ha illegittimamente esercitato, facendone cattivo utilizzo, il potere legislativo, [] per non aver ivi introdotto, in favore dei partiti politici già presenti in seno al Parlamento nazionale, la deroga rispetto all’obbligo della raccolta delle sottoscrizioni necessarie per poter presentare le proprie liste e candidature nell’ambito delle elezioni delle Regioni a statuto ordinario previste per l’anno 2020 che l’Associazione ricorrente dichiara di essere stata costituita il 10 gennaio 2018 di essersi presentata alle ultime elezioni politiche del 4 marzo 2018 ottenendo l’elezione di tre deputati e un senatore e di essere iscritta nel registro dei partiti politici di cui all’art. 4 del decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149 Abolizione del finanziamento pubblico diretto, disposizioni per la trasparenza e la democraticità dei partiti e disciplina della contribuzione volontaria e della contribuzione indiretta in loro favore , convertito, con modificazioni, nella legge 21 febbraio 2014, n. 13 che, quanto all’ammissibilità del conflitto sotto il profilo soggettivo, la ricorrente afferma di agire nella veste di partito politico, in quanto associazione iscritta nel registro di cui al citato art. 4 del d.l. n. 149 del 2013, come convertito, e, pur mostrandosi consapevole del costante orientamento di questa Corte sfavorevole alla legittimazione dei partiti politici a sollevare conflitto di attribuzione, ne auspica il superamento, in ragione della peculiarità del caso di specie e della criticità dell’attuale momento storico, caratterizzato dal diffondersi di una pandemia che ha indotto il legislatore ad adottare misure eccezionali come quella contestata, oltre che per le considerazioni di seguito illustrate che la ricorrente – richiamando la giurisprudenza costituzionale che ha esteso la nozione di potere dello Stato anche a figure soggettive esterne allo Stato apparato, allorché l’ordinamento conferisca ad esse la titolarità e l’esercizio di funzioni pubbliche costituzionalmente rilevanti e garantite è citata la sentenza n. 69 del 1978 – ritiene che la Corte costituzionale debba adottare un approccio sostanzialistico e quindi riconoscere anche ai partiti politici la natura di potere dello Stato, in quanto titolari di funzioni pubbliche costituzionalmente rilevanti che i partiti, quali protagonisti indefettibili della vita politica ed istituzionale del [P]aese , godrebbero, infatti, di una sfera di attribuzioni costituzionalmente riservata e protetta, svolgendo funzioni pubbliche direttamente fondate sul disposto dell’art. 49 della Costituzione e costituenti la principale modalità di partecipazione democratica dei cittadini alla determinazione della politica nazionale che la mancata menzione in Costituzione delle funzioni elettorali svolte dai partiti – come quella di procedere alla raccolta delle firme per la partecipazione alle elezioni regionali – non potrebbe ostacolare la loro legittimazione a promuovere conflitti di attribuzione, trattandosi di funzioni essenziali e imprescindibili per l’esercizio della sovranità popolare, che giustificano, del resto, il godimento a favore degli stessi partiti del finanziamento pubblico che, in tale prospettiva, l’intervento del legislatore di regolamentazione dell’attività pubblica dei partiti avrebbe trasformato in costituzionalmente rilevante quanto prima era affidato all’autonoma determinazione del privato che il conflitto sarebbe ammissibile anche sotto il profilo oggettivo, rivendicando, la ricorrente, prerogative costituzionali che le deriverebbero direttamente dagli artt. 48 e 49 Cost. e lamentandone la lesione per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 1-bis, comma 5, del d.l. n. 26 del 2020, come convertito, che renderebbe impossibile o estremamente difficile, a causa della pandemia in atto, la raccolta delle firme necessarie per presentare le liste alle prossime elezioni per il rinnovo degli organi delle Regioni a statuto ordinario che il Parlamento avrebbe dunque esercitato illegittimamente il proprio potere nella misura in cui, volendo introdurre disposizioni di favore in materia elettorale legate all’attuale situazione emergenziale, ha legiferato in maniera irragionevole, non avendo espressamente imposto, a livello nazionale, l’esonero dall’obbligo di raccolta delle firme per tutti i partiti già presenti in seno al Parlamento nazionale, finendo in tal modo per ingenerare [] anche un’irragionevole disparità di trattamento tra partiti nell’ambito delle differenti Regioni chiamate al voto che il fondamento del conflitto dovrebbe essere ricercato proprio nelle premesse di fatto, relative ai rischi connessi all’emergenza epidemica, da cui ha preso le mosse il legislatore per disporre la riduzione del numero delle sottoscrizioni necessarie, trattandosi di premesse oggettive come risulterebbe da un parere tecnico allegato al ricorso che condizionano la coerenza interna delle norme introdotte in sede di conversione del d.l. n. 26 del 2020 che ciò varrebbe a dimostrare l’esistenza della materia di un conflitto ex art. 37, quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale , per menomazione della sfera di attribuzioni costituzionalmente assegnate alla ricorrente è citata la sentenza di questa Corte n. 110 del 1970 che sarebbe rispettato, altresì, il requisito concernente la residualità del conflitto, risultando impraticabile ogni altra forma di tutela degli interessi fatti valere dalla ricorrente che, in particolare, non si potrebbe percorrere la via del giudizio incidentale, in mancanza di processi pendenti nei quali proporre l’eccezione di illegittimità costituzionale della norma contestata, né sarebbe possibile incardinare un nuovo processo, trattandosi di norma immediatamente precettiv[a] , non bisognosa di provvedimenti attuativi suscettibili di impugnazione davanti a un giudice che non sarebbe praticabile il rimedio dell’impugnazione giudiziale del provvedimento che escludesse la ricorrente dalle competizioni elettorali a causa della mancata raccolta delle firme, giacché questa soluzione comporterebbe l’inevitabile e irreparabile pregiudizio derivante dalla sua mancata partecipazione alle elezioni, determinando la definitiva lesione del bene della vita alla cui tutela essa aspira che, nel merito, la ricorrente lamenta, in primo luogo, la violazione degli artt. 3, 48 e 49 Cost. che, per i partiti politici già presenti in Parlamento, il radicamento nel tessuto sociale, al cui accertamento è finalizzata la raccolta delle firme, dovrebbe essere considerato in re ipsa, come presuppongono le normative regionali che esonerano da tale attività le liste e i gruppi costituiti in Consiglio regionale nella legislatura in corso alla data di indizione delle elezioni che, secondo la ricorrente, questi profili dovevano essere considerati dal legislatore soprattutto nel periodo attuale, in cui le misure di distanziamento sociale rendono estremamente difficile, se non impossibile, procedere alla raccolta delle firme, sia pure in numero ridotto, con grave pregiudizio per i partiti – tra i quali +Europa – non esistenti all’epoca delle ultime elezioni regionali, che non possono perciò avvalersi delle eventuali deroghe previste dalla normativa elettorale delle singole Regioni a statuto ordinario che da quanto detto deriverebbe il contrasto dell’art. 1-bis, comma 5, del d.l. n. 26 del 2020, come convertito, con l’art. 3 Cost., per irragionevolezza e per irrazionale disparità di trattamento tra i partiti che, in quanto esistenti nel corso delle precedenti elezioni , potrebbero beneficiare dell’eventuale deroga prevista a favore di quelli già presenti nel Consiglio regionale e i partiti di più recente costituzione, ai quali simile beneficio verrebbe negato pur a fronte di una situazione di emergenza diffusa e di carattere oggettivo, che colpisce tutti i partiti in eguale misura che la denunciata disparità di trattamento emergerebbe in modo evidente dal confronto tra le situazioni in cui versa +Europa con riguardo alle elezioni nelle Regioni Liguria, Marche e Campania, da un lato, e nelle Regioni Veneto, Toscana e Puglia, dall’altro lato potendo, nelle prime, sfruttare le previsioni delle rispettive normative elettorali di favore per i partiti rappresentati in Parlamento, e beneficiare così dell’esonero dalla raccolta delle firme, non potendo invece, nelle seconde, beneficiare dell’esonero previsto solo per i partiti o i movimenti già presenti in Consiglio regionale che sarebbe in tal modo precluso, o comunque reso molto difficile, l’esercizio del principale ruolo attribuito ai partiti dagli artt. 48 e 49 Cost., ossia quello di rendersi strumento attraverso cui si esprime il pluralismo politico dei cittadini che la ricorrente lamenta, altresì, la violazione dell’art. 3 del Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali CEDU , firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, e degli artt. 13 e 15 CEDU, in quanto lo Stato italiano, attraverso l’organo parlamentare, avrebbe leso il diritto a libere elezioni ex art. 3 del Protocollo addizionale alla CEDU, in mancanza della dichiarazione prevista all’art. 15 CEDU, che consente una deroga agli obblighi previsti dalla medesima Convenzione solo [i]n caso di guerra o [] di pericolo pubblico che minacci la vita della nazione che ciò giustificherebbe, nell’ipotesi di mancato accoglimento del conflitto, il ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo per violazione del diritto a un ricorso effettivo previsto all’art. 13 CEDU che, infine, la ricorrente chiede alla Corte costituzionale di adottare le misure cautelari ritenute più idonee ad evitare che, nelle more della definizione del presente giudizio, gli interessi dell’Associazione +Europa siano definitivamente ed irrimediabilmente pregiudicati dall’impossibilità di procedere alla raccolta delle sottoscrizioni necessarie per poter presentare le proprie liste e candidature nell’ambito delle elezioni delle Regioni a statuto ordinario previste per l’anno 2020 che sussisterebbero le gravi ragioni cui il citato art. 40 della legge n. 87 del 1953 applicabile, secondo la ricorrente, anche ai conflitti tra poteri, in ragione di quanto affermato da questa Corte con l’ordinanza n. 225 del 2017 subordina la tutela cautelare, in quanto se non fosse disposta la sospensione dell’efficacia della disposizione contenuta all’art. 1-bis, comma 5, del d.l. n. 26 del 2020, come convertito, sarebbe preclusa alla ricorrente la possibilità di presentarsi alle prossime elezioni indette in Veneto, Toscana e Puglia, a causa dell’impossibilità di raccogliere, in un periodo di crisi sanitaria come quella attuale, le sottoscrizioni necessarie, con conseguente grave e irreparabile danno alla rappresentanza popolare e, quindi, al corpo elettorale . Considerato che l’Associazione +Europa ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato affinché venga dichiarato che non spettava alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica, quali titolari della funzione legislativa, omettere di introdurre, in favore dei partiti politici già presenti in seno al Parlamento nazionale, la deroga rispetto all’obbligo della raccolta delle sottoscrizioni necessarie per poter presentare le proprie liste e candidature nell’ambito delle elezioni delle Regioni a statuto ordinario previste per l’anno 2020 , e, per l’effetto, sia annullato l’art. 1-bis, comma 5, del decreto-legge 20 aprile 2020, n. 26 Disposizioni urgenti in materia di consultazioni elettorali per l’anno 2020 , convertito, con modificazioni, nella legge 19 giugno 2020, n. 59, nella parte in cui non prevede siffatta deroga che, in questa fase del giudizio, la Corte è chiamata a deliberare, in camera di consiglio e senza contraddittorio, sulla sussistenza dei requisiti soggettivo e oggettivo prescritti dall’art. 37, primo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale , ossia a decidere se il conflitto insorga tra organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengono e per la delimitazione della sfera di attribuzioni delineata per i vari poteri da norme costituzionali che il conflitto è inammissibile sotto il profilo soggettivo che, secondo quanto affermato da questa Corte, i partiti politici vanno considerati come organizzazioni proprie della società civile, alle quali sono attribuite dalle leggi ordinarie talune funzioni pubbliche, e non come poteri dello Stato ai fini dell’art. 134 Cost. [] pertanto, ai partiti politici non è possibile riconoscere la natura di organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà di un potere dello Stato per la delimitazione di una sfera di attribuzioni determinata da norme costituzionali ordinanza n. 79 del 2006 in senso analogo, sentenza n. 1 del 2014 e ordinanza n. 120 del 2009 né, del resto, l’indubbia funzione di rappresentanza di interessi politicamente organizzati così ancora ordinanza n. 79 del 2006 , svolta dai partiti politici, consente di riconoscere la legittimazione di questi ultimi quali poteri dello Stato che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile che la dichiarazione di inammissibilità del ricorso preclude l’esame di ogni altra domanda in esso articolata, compresa quindi l’istanza cautelare ordinanza n. 256 del 2016 . Per questi motivi la Corte Costituzionale dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, promosso dall’Associazione +Europa .

Corte Costituzionale, ordinanza 12 – 13 agosto 2020, n. 195 Presidente Cartabia – Redattore Amato Ritenuto che, con ricorso depositato in cancelleria il 23 luglio 2020, i senatori Andrea Cangini, Nazario Pagano e Tommaso Nannicini, nella qualità di legali rappresentanti del Comitato promotore della consultazione referendaria sul testo di legge costituzionale recante Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari , hanno promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati, del Senato della Repubblica, del Presidente della Repubblica e del Governo, in relazione all’art. l-bis, comma 3, del decreto-legge 20 aprile 2020, n. 26 Disposizioni urgenti in materia di consultazioni elettorali per l’anno 2020 , convertito, con modificazioni, nella legge 19 giugno 2020, n. 59, nonché al decreto del Presidente della Repubblica 17 luglio 2020 Indizione del referendum popolare confermativo del testo della legge costituzionale recante Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 240 del 12 ottobre 2019 che l’art. l-bis, comma 3, del d.l. n. 26 del 2020, introdotto in sede di conversione, prevede, per le consultazioni elettorali di cui all’art. l dello stesso decreto-legge, ossia le elezioni politiche suppletive e le elezioni ammnistrative rinviate a seguito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, che resta fermo il principio di concentrazione delle scadenze elettorali di cui all’articolo 7 del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111, che si applica, altresì, al referendum confermativo del testo di legge costituzionale recante Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 240 del 12 ottobre 2019 [] che con il successivo d.P.R. 17 luglio 2020 è stato disposto l’abbinamento, per le stesse date del 20 e 21 settembre 2020, della votazione per le elezioni suppletive, regionali e amministrative con quella per il referendum relativo al testo di legge costituzionale che, in ordine al requisito soggettivo, la parte ricorrente sottolinea che i Comitati promotori di referendum sono stati riconosciuti quali organi competenti a dichiarare la volontà della frazione del corpo elettorale costituita dai firmatari del referendum e, pertanto, titolari di una pubblica funzione costituzionalmente garantita, quale l’iniziativa referendaria, che provoca l’effetto di rendere costituzionalmente dovuta la convocazione alle urne del corpo elettorale sono citate le ordinanze di questa Corte n. 172 del 2009, n. 198 del 2005, n. 195 del 2003, n. 49 del 1998, n. 131 e n. 9 del 1997, n. 45, n. 44, n. 43 e n. 42 del 1983, n. 30 del 1980, n. 1 e n. 2 del 1979, n. 69 e n. 17 del 1978 che, in forza dell’art. 138 Cost., il Comitato, ancorché soggetto esterno allo Stato-apparato, sarebbe legittimato ad agire per difendere l’esercizio delle proprie attribuzioni nei confronti degli altri poteri dello Stato, al fine di garantire che sia concretamente e legittimamente effettuata la competizione referendaria che il conflitto sarebbe ammissibile anche sotto il profilo oggettivo, ricorrendo i requisiti previsti dall’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87 Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale , secondo cui i conflitti tra poteri dello Stato hanno ad oggetto la delimitazione della sfera di attribuzioni determinata per i vari poteri da norme costituzionali nel caso di specie, il Comitato promotore rivendica le proprie prerogative derivanti dall’art. 138 Cost., che sarebbero negativamente incise dall’art. l-bis, comma 3, del d.l. n. 26 del 2020, come convertito, e dal conseguente d.P.R. del 17 luglio 2020 che, in virtù della diversa natura della votazione sul referendum costituzionale rispetto a quella propria delle elezioni politiche, regionali o amministrative, l’accorpamento del voto comporterebbe il rischio di una contaminazione dell’istituto di democrazia diretta con le consultazioni elettorali finalizzate, invece, all’esercizio della democrazia rappresentativa che, sebbene la giurisprudenza costituzionale abbia precisato che nella sfera delle attribuzioni del Comitato promotore vi sia solo la pretesa allo svolgimento delle operazioni di voto referendario e non anche, in assenza di situazioni eccezionali , quella di interferire sulla scelta governativa della data della consultazione all’interno del periodo prestabilito sono citate le ordinanze n. 38 del 2008, n. 198 del 2005 e n. 131 del 1997 , le doglianze alla base del ricorso sarebbero riferite all’illegittimo abbinamento delle consultazioni che la lesione delle prerogative costituzionali derivante da tale abbinamento integrerebbe una situazione eccezionale, in quanto sarebbe compromessa la genuinità e la compiutezza del voto popolare, espressione di democrazia diretta, con violazione delle attribuzioni costituzionali di cui il Comitato ricorrente si afferma titolare che, d’altra parte, se tale violazione non potesse essere fatta valere in sede di conflitto, essa resterebbe insindacabile, risultando, invero, impraticabile ogni altra forma di tutela degli interessi del ricorrente, attesa sia l’insussistenza di giudizi nel corso dei quali formulare in via incidentale la questione di legittimità costituzionale, sia l’impossibilità di determinarne l’incardinamento se non dopo lo svolgimento del referendum stesso, allorché sarebbe ormai venuto meno ogni interesse alla tutela richiesta che, ancorché avente ad oggetto anche un atto legislativo, il conflitto sarebbe ammissibile è richiamata la sentenza di questa Corte n. 229 del 2018 , poiché non vi sarebbero né atti, né provvedimenti consequenziali, attuativi della disciplina legislativa, impugnabili dinanzi all’autorità giudiziaria, prima dello svolgimento delle consultazioni referendarie che, di conseguenza, sarebbe dimostrato il carattere residuale del conflitto che, nel merito, il ricorrente ritiene che – nell’estendere alla consultazione referendaria confermativa di cui all’art. 138 della Costituzione il principio del cosiddetto election day, introdotto dal legislatore del 2011 per finalità di contenimento della spesa – l’art. l-bis, comma 3, del d.l. n. 26 del 2020 e il d.P.R. 17 luglio 2020 violino le prerogative del corpo elettorale, di cui il Comitato sarebbe rappresentante, determinando una grave compromissione dell’esercizio del voto sul referendum esso, invece, dovrebbe essere libero da condizionamenti partitici e basarsi su una valutazione in cui rilevano aspetti tecnici e giuridici, consentendo la formazione di schieramenti trasversali alle coalizioni politiche che lo stesso art. 138 Cost. prevede che l’approvazione delle leggi di revisione costituzionale e delle altre leggi costituzionali sia votata da una maggioranza parlamentare ampia, assoluta o qualificata, tale da superare le divergenze partitiche e gli schieramenti politici, al fine di adottare un testo costituzionale condiviso anche dalle minoranze parlamentari che la sovrapposizione della campagna per le elezioni amministrative e regionali, per sua natura altamente politicizzata, a quella per il referendum costituzionale comporterebbe il pericolo di una valutazione politica anche rispetto a quest’ultimo, specie quando si tratti di una riforma costituzionale compresa nel programma politico di una maggioranza di governo che, nel caso di specie, con l’abbinamento delle consultazioni, gli elettori correrebbero il rischio di essere influenzati dalle indicazioni politiche dei candidati in ordine al referendum costituzionale e sarebbe così compromessa la libertà di valutazione tecnica e giuridica, che è propria di quest’ultimo istituto che, d’altra parte, la consultazione sul referendum ex art. 138 Cost. richiede una partecipazione del popolo nella sua unità, senza distinzioni territoriali, in un unico collegio di voto viceversa, la circostanza che in alcune Regioni e Comuni siano contestualmente effettuate elezioni politiche e amministrative influirebbe sulla partecipazione degli elettori e sul relativo orientamento infatti, il numero dei partecipanti al voto referendario sarebbe inevitabilmente maggiore nelle Regioni chiamate a eleggere il nuovo Presidente e nei Comuni ove si svolgeranno anche le consultazioni locali, con un’insostenibile asimmetria territoriale nell’espressione del voto sulla modifica costituzionale che anche le specifiche modalità di svolgimento delle rispettive campagne elettorali sarebbero suscettibili di riflettersi sulla formazione della volontà del corpo elettorale e sulle prerogative fatte valere dal Comitato al riguardo, la parte ricorrente evidenzia che, nella fase della campagna elettorale, il diritto alla completa e obiettiva informazione del cittadino sarebbe tutelato in via prioritaria e in riferimento a valori costituzionali primari, connessi al corretto svolgimento del confronto politico su cui si fonda il sistema democratico è richiamata la sentenza di questa Corte n. 155 del 2002 che, infatti, nel regolare l’accesso ai mezzi di informazione per la comunicazione politica, la legge 22 febbraio 2002, n. 28 Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica stabilisce una disciplina parzialmente differente della campagna elettorale e di quella referendaria che per effetto della sovrapposizione della campagna politica a quella referendaria, l’informazione sul referendum costituzionale sarebbe penalizzata rispetto a quella partitica e sarebbe impedito ai cittadini di comprendere pienamente le questioni sottese alla modifica costituzionale oggetto di referendum ciò pregiudicherebbe la libera formazione della volontà dell’elettore e non garantirebbe l’esercizio di un diritto di voto genuino, libero e segreto che del resto, la stessa disciplina legislativa in materia di election day non prevederebbe alcun accorpamento delle consultazioni politiche e amministrative con quelle referendarie, riferendosi esclusivamente all’abbinamento nella medesima data dei referendum abrogativi che, infatti, solo in via eccezionale, con la legge 28 aprile 2009, n. 40 Disciplina transitoria per lo svolgimento dei referendum previsti dall’articolo 75 della Costituzione da tenersi nell’anno 2009 è stata prevista la possibilità del contestuale svolgimento dei referendum abrogativi e del secondo turno di votazione per le elezioni dei Presidenti delle Province e dei Sindaci, senza peraltro disporne l’accorpamento che, d’altronde, l’art. 31 della legge 25 maggio 1970, n. 352 Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo esclude il voto referendario in periodi di elezioni politiche, mostrando così la volontà di mantenere distinte le consultazioni per le elezioni politiche rappresentative da quelle per l’esercizio della democrazia diretta che, in ogni caso, non sarebbe mai stato previsto l’abbinamento di consultazioni politiche a una consultazione referendaria di tipo confermativo ex art. 138 Cost., in considerazione della peculiare natura di questo istituto di democrazia diretta che l’abbinamento della consultazione referendaria alle elezioni regionali e amministrative si porrebbe, altresì, in contrasto con l’art. 15, comma 2, della legge n. 352 del 1970, non derogato dalla legislazione successiva, il quale, con specifico riguardo al referendum contemplato dall’art. 138 Cost., prevede che la votazione si svolga in un solo giorno infatti, in occasione dei tre precedenti referendum costituzionali, la consultazione è stata indetta per un’unica giornata e lo stesso decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 2020 Indizione del referendum popolare confermativo della legge costituzionale, recante Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari , approvata dal Parlamento aveva originariamente convocato i comizi elettorali sul referendum in questione per la sola giornata del 29 marzo 2020 che pertanto, anche sotto questo profilo, l’abbinamento della consultazione referendaria con le elezioni regionali e amministrative si porrebbe in contrasto con la disciplina vigente, determinando l’illegittima contaminazione di istituti di matrice ontologicamente differente che la parte ricorrente avanza istanza di tutela cautelare, richiamando la giurisprudenza costituzionale che ha riconosciuto l’applicabilità, in via analogica, dell’art. 40 della legge n. 87 del 1953, dettato in materia di conflitti intersoggettivi, anche ai conflitti tra poteri dello Stato è citata l’ordinanza di questa Corte n. 225 del 2017 che, nel caso di specie, sussisterebbero le gravi ragioni cui il citato art. 40 subordina la possibilità di disporre la sospensione dell’atto impugnato in mancanza dell’invocato intervento cautelare, sarebbe vanificata la stessa iniziativa assunta in sede di conflitto una volta effettuate le consultazioni, si sarebbe già determinata la denunciata commistione del voto referendario con quello partitico, con grave danno alla rappresentanza popolare e al corpo elettorale nell’espressione del voto che, inoltre, l’esigenza della tutela cautelare anticipatoria sarebbe suffragata anche dalla considerazione che, negli Stati ove la diffusione epidemiologica da COVID-19 risulta particolarmente significativa, sarebbe impossibile garantire che il diritto di voto dei cittadini italiani all’estero si svolga in condizioni di eguaglianza e di libertà l’effettiva partecipazione alla consultazione referendaria potrebbe, infatti, risultare compromessa dalla scelta, indotta dalle precauzioni per evitare ogni forma di contagio, di non prendere parte alla votazione che, laddove la camera di consiglio ex art. 37 della legge n. 87 del 1953 dovesse essere fissata in data successiva a quella di svolgimento delle consultazioni elettorali in questione, il ricorrente chiede la concessione di misure cautelari monocratiche ex art. 56 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo , applicabili al giudizio per conflitto ai sensi dell’art. 22 della legge n. 87 del 1953, che richiama le norme regolatrici del processo amministrativo è citata ancora l’ordinanza di questa Corte n. 225 del 2017 che il Comitato promotore conclude chiedendo, pertanto, che la Corte costituzionale, previa concessione delle più idonee misure cautelari, eventualmente anche monocratiche, dichiari che non spettava al Parlamento, mediante l’art. l-bis, comma 3, del d.l. n. 26 del 2020, come convertito, consentire l’applicazione del principio dell’election day anche allo svolgimento del referendum sul testo di legge costituzionale approvata in data 8 ottobre 2019, recante Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari e che non spettava al Governo e al Presidente della Repubblica, mediante il d.P.R. 17 luglio 2020, abbinare la data del referendum costituzionale con quella di elezioni regionali e amministrative, con il conseguente annullamento di ogni atto anche presupposto o consequenziale che, nel periodo intercorrente tra il deposito del ricorso e la camera di consiglio, in data 7 agosto 2020 è stato depositato atto di intervento del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale Transpartito che l’intervento è spiegato al fine di aderire al ricorso per conflitto di attribuzioni tra poteri, proposto contro l’inserimento dell’art. l-bis, comma 3°, nel testo del decreto-legge 20 aprile 2020, n. 26 recante Disposizioni urgenti in materia di consultazioni elettorali per l’anno 2020”, operate dal Parlamento con la legge di conversione 19 giugno 2020, n. 59 e contro la emanazione, da parte del Governo e del Presidente della Repubblica, del d.P.R.17 luglio 2020 . Considerato che, con ricorso depositato il 23 luglio 2020, i senatori Andrea Cangini, Nazario Pagano e Tommaso Nannicini, nella qualità di legali rappresentanti del Comitato promotore della consultazione referendaria sul testo di legge costituzionale recante Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari , hanno promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati, del Senato della Repubblica, del Presidente della Repubblica e del Governo, in relazione all’art. l-bis, comma 3, del decreto-legge 20 aprile 2020, n. 26 Disposizioni urgenti in materia di consultazioni elettorali per l’anno 2020 , convertito, con modificazioni, nella legge 19 giugno 2020, n. 59, nonché al decreto del Presidente della Repubblica 17 luglio 2020 Indizione del referendum popolare confermativo del testo della legge costituzionale recante Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 240 del 12 ottobre 2019 che l’art. l-bis, comma 3, del d.l. n. 26 del 2020, come convertito, prevede che alle elezioni politiche suppletive, alle elezioni regionali e amministrative rinviate a seguito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 e al referendum confermativo sul Testo di legge costituzionale approvato in seconda votazione a maggioranza assoluta, ma inferiore ai due terzi dei membri di ciascuna Camera, recante Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari” si applichi il principio di concentrazione delle consultazioni elettorali, di cui all’art. 7 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria , convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111 cosiddetto election day” che il d.P.R. 17 luglio 2020 dispone, per le medesime date del 20 e 21 settembre 2020, l’abbinamento della votazione sul referendum relativo al suddetto testo di legge costituzionale con le elezioni suppletive e amministrative che, secondo la parte ricorrente, l’applicazione del principio della concentrazione delle consultazioni elettorali anche al referendum confermativo del testo di legge costituzionale violerebbe le prerogative del corpo elettorale di cui il Comitato ricorrente sarebbe rappresentante, determinando, di riflesso , anche una lesione delle attribuzioni costituzionalmente assegnate e garantite allo stesso Comitato dagli artt. 1 e 138 della Costituzione che, la parte ricorrente ha avanzato altresì istanza di tutela cautelare, anche attraverso provvedimenti provvisori monocratici, al fine di ottenere la sospensione dell’efficacia degli atti dai quali è sorto il conflitto che, nell’attuale fase del giudizio, questa Corte è chiamata a delibare, in camera di consiglio, senza contraddittorio e senza la possibilità di interventi di terzi, in ordine alla sussistenza dei requisiti soggettivo e oggettivo prescritti dall’art. 37, primo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale , ossia a decidere se il conflitto insorga tra organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengono e per la delimitazione della sfera di attribuzioni determinata per i vari poteri da norme costituzionali, restando impregiudicata ogni ulteriore questione, anche in punto di ammissibilità che, sotto il profilo soggettivo, il conflitto risulta proponibile sia nei confronti delle Camere, sia nei confronti del Presidente della Repubblica e del Governo, essendo censurati un decreto-legge e la relativa legge di conversione e venendo altresì in contestazione il decreto presidenziale d’indizione della consultazione referendaria, adottato su deliberazione del Consiglio dei ministri che, d’altra parte, sotto il profilo della legittimazione attiva, la giurisprudenza costituzionale è costante nel riconoscere la legittimazione del Comitato promotore del referendum a proporre conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, in quanto titolare, nell’ambito della procedura referendaria, di una funzione costituzionalmente rilevante e garantita, in rappresentanza dei soggetti legittimati ad avanzare la richiesta di referendum ex plurimis, ordinanze n. 169 del 2011, n. 172 del 2009, n. 38 del 2008, n. 198 del 2005, n. 195 del 2003, n. 137 del 2000, n. 49 del 1998, n. 172, n. 171, n. 131 e n. 9 del 1997, n. 226 e n. 118 del 1995, n. 69 e n. 17 del 1978 che, a questo riguardo, la giurisprudenza costituzionale ha riconosciuto che rientra nella sfera delle attribuzioni del comitato la pretesa allo svolgimento delle operazioni di voto referendario, una volta compiuta la procedura di verifica della legittimità e della costituzionalità delle relative domande ma non anche − in assenza di situazioni eccezionali − la pretesa di interferire sulla scelta governativa, tra le molteplici, legittime opzioni, della data all’interno del periodo prestabilito così le ordinanze n. 169 del 2011, n. 38 del 2008, n. 198 del 2005 e n. 131 del 1997 che il Consiglio dei ministri, infatti, è titolare di un ampio potere di valutazione sia in ordine al momento di indizione del referendum, sia per quanto attiene alla fissazione della data della consultazione referendaria, purché le operazioni di voto si svolgano nell’intervallo temporale determinato dalla legge e individuato dall’art. 34, primo comma, della legge 25 maggio 1970, n. 352 Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo che nel caso di specie questo intervallo è stato modificato dapprima dall’art. 81 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19 , convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27, in seguito dall’art. 1-bis del d.l. n. 26 del 2020, come convertito, alla luce delle esigenze poste dal diffondersi dell’epidemia da COVID-19 esigenze a cui risulta altresì funzionale l’estensione del principio dell’election day, originariamente introdotto per ragioni di contenimento della spesa che, nel caso di specie, già in sede di mera delibazione degli argomenti del ricorrente emerge che essi, a fronte della situazione eccezionale legata all’epidemia che ha portato all’accorpamento, non adducono circostanze, che dovrebbero risultare esse stesse eccezionali, in ragione delle quali l’accorpamento inciderebbe sul diritto all’effettuazione del voto referendario e sul suo esercizio ordinanza n. 169 del 2011 che tale non appare la possibilità che esso sia influenzato da posizioni politiche diverse, giacché sempre le forze politiche hanno dato indicazioni agli elettori anche sui referendum costituzionali del resto, come questa Corte ha già evidenziato, la logica referendaria è intrecciata a quella della democrazia rappresentativa, non separata da essa sentenza n. 118 del 2015 né può dirsi che la contestualità tra differenti campagne elettorali comporti, di per sé, una penalizzazione degli spazi d’informazione dedicati alla campagna referendaria che, d’altra parte, l’eventuale maggiore affluenza alle urne nelle Regioni e nei Comuni ove si tengono elezioni non pregiudica, in quanto tale, lo svolgimento del voto referendario, per il quale non è previsto, tra l’altro, un quorum strutturale che, in ogni caso, la Costituzione non attribuisce al Comitato promotore, che nel giudizio in esame agisce in rappresentanza di una minoranza parlamentare, una funzione di generale tutela del miglior esercizio del diritto di voto da parte dell’intero corpo elettorale, che sarebbe lesa – asserisce il ricorrente – di riflesso dalla violazione di tale diritto che, quindi, la parte ricorrente ha agito al di fuori delle proprie attribuzioni costituzionali in relazione alle modalità di svolgimento del procedimento referendario che, in conclusione, assorbita ogni altra questione, anche cautelare, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso. Per questi motivi la Corte Costituzionale dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato promosso dal Comitato promotore della consultazione referendaria sul testo di legge costituzionale recante Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari .