Il diritto di accesso al computo della pensione e alla segnalazione presentata dall’ex lavoratore all’Ispettorato del lavoro

L’avvocato in quiescenza, già dipendente dell’Inail, ha diritto ad ottenere l’ostensione di documenti inerenti alla liquidazione del trattamento di fine servizio applicato ai dipendenti che, al pari di lui, sono andati in pensione. Ciò in quanto detti atti, evidentemente, non contengono né dati sensibili né dati giudiziari. Così come va riconosciuta in capo al datore di lavoro l’esistenza di un diritto qualificato, giuridicamente protetto a conoscere il contenuto dell’esposto e/o segnalazione, che ha costituito il presupposto dell’attività ispettiva avviata, presso lo studio di un notaio e del suo commercialista, dall’Ispettorato del lavoro, al fine della migliore tutela giuridica della propria situazione nell’ambito del giudizio instaurato dinanzi al Tribunale Civile.

Il Tribunale amministrativo regionale, con due distinte sentenze pubblicate il medesimo 16 aprile 2020 nn. 3985 e 3988 , ha accolto due ricorsi aventi come oggetto il diritto di accesso previsto dell’art. 22 e ss. l. n. 241/90. Due casi analoghi. Nel primo caso, sentenza 3985/20 l’avvocato già dipendente dell’INAIL ha richiesto il prospetto di liquidazione del trattamento di fine servizio relativo alla prima e seconda rata, tenuto conto della esclusione, dal computo, delle voci accessorie onorari legali e compensi professionali. Con ciò specificando che la conoscenza degli stessi è propedeutica alla comprensione e verifica dei presupposti fondativi e applicativi della decurtazione del TFS, anche nell’ottica dell’esercizio di una eventuale azione giudiziale. Non si è trattato, quindi, di una istanza preordinata ad un controllo generalizzato dell’operato dell’amministrazione per verificare l’efficienza della sua attività, accertare eventuali negligenze o colpevoli ritardi, ovvero, omissioni da parte dei suoi funzionari. A tale proposito, il Collegio ha rilevato che, nel bilanciamento degli interessi coinvolti, deve essere ritenuto prevalente il diritto del ricorrente ad accedere alla documentazione richiesta, mentre deve ritenersi recessivo l’interesse alla riservatezza dei terzi, non essendo coinvolti né dati sensibili né dati giudiziari. Peraltro, ha precisato la sentenza, l’istanza di accesso, ha ad oggetto Comunicazioni di liquidazione del trattamento di fine servizio e relativi prospetti inviati a tutti gli avvocati, medici e dirigenti andati in quiescenza a partire dal 1 aprile 2010 ad oggi e Richieste di restituzione di quanto indebitamente corrisposto , dunque documenti predisposti dall’Istituto e dallo stesso inviati ai professionisti in pensione. Il diniego, pertanto, è stato ritenuto illegittimo nella parte in cui ha negato l’ostensione dei documenti richiesti. La seconda sentenza n. 3988/20 riguarda il diritto di accesso rivolto all’Ispettorato del lavoro, della copia dell’esposto presentato ai suddetti uffici da parte di una dipendente che, peraltro, aveva da tempo cessato ogni rapporto di servizio. Contesto normativo. Relativamente alle questioni poste, la Sezione ha ricordato che l’art. 22 l. n. 241/1990 ammette alla visione e copia dei documenti amministrativi tutti i soggetti privati, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso . Nell'interpretare questa disposizione, la giurisprudenza del Consiglio di Stato afferma in modo costante che è onere della parte che chiede l'accesso dimostrare che gli atti abbiano una specifica utilità per la tutela di propri interessi, non necessariamente coincidenti con il diritto di difesa ex artt. 24 e 113 Cost., ma che devono comunque essere apprezzabile sul piano giuridico ed essere dotati della necessaria concretezza. Diversamente opinando, il diritto di accesso diventerebbe una generica formula di unilaterale prospettazione di prevalenza delle esigenze di conoscenza su ogni altro interesse contrapposto, pur espressamente contemplato dalle disposizioni normative di rango primario e regolamentare come limite legale al medesimo diritto. Peraltro, in tema di accesso, deve ammettersi in generale che le necessità difensive, riconducibili alla effettività della tutela di cui all'art. 24 Cost., debbano ritenersi prevalenti rispetto a quelle della riservatezza. E’ evidente, ha sottolineato il Giudice amministrativo, che l'applicazione di siffatto principio incontra ben determinati limiti allorché vengano in considerazione dati sensibili origine razziale ed etnica, convinzioni religiose, opinioni politiche, adesione a partiti, sindacati, etc. o sensibilissimi, ossia i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale degli individui. Ed in questi casi l'accesso è consentito a particolari condizioni, nello specifico disciplinate dall'art. 60 d.lgs. n. 196/2003. Tale disposizione, riguardante in particolare il rapporto tra diritto di accesso e diritto alla riservatezza dei dati c.d. sensibilissimi, esprime dunque il principio del pari rango , chiarendo in modo inequivoco che, in siffatte ipotesi, il diritto di accesso può essere esercitato soltanto se, in seguito ad una delicata operazione di bilanciamento di interessi, la situazione giuridica rilevante sottesa al diritto di accesso viene considerata di rango almeno pari al diritto alla riservatezza riferito alla sfera della salute e della vita sessuale dell'interessato. Una simile comparazione tra diverse se non opposte esigenze accesso e riservatezza a dati sensibilissimi va dunque effettuata non in astratto bensì in concreto, sulla base dei principi di proporzionalità, pertinenza e non eccedenza. Soccorre in questa direzione la norma di cui all'art. 24, comma 7, l. n. 241 del 1990 - complementare rispetto al citato art. 60 del Codice della privacy - secondo cui l'accesso è in tutti questi casi consentito qualora ciò risulti strettamente necessario e indispensabile per la difesa dei propri interessi giuridici l'accesso viene interpretato, in questa direzione, quale extrema ratio . Necessarietà ed indispensabilità del dato. Dunque, in sintesi, occorre che parte ricorrente - ed ancor prima nella veste di richiedente - fornisca la rigorosa prova delle stretta necessarietà ed indispensabilità del dato nei sensi e nei limiti di cui sopra laddove l’ostensione del documento possa compromettere il diritto alla riservatezza nei soli casi in cui esso contenga dati sensibili, sensibilissimi o giudiziari. Negli altri casi, la comparazione in concreto del diritto all’accesso e del diritto alla riservatezza incontra limiti meno rigorosi. Invero, puntualizza la sentenza, per dato personale si intende qualunque informazione relativa a una persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personal. I dati sensibili sono quei dati personali idonei a rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l'adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale. Infine, i dati giudiziari sono quei dati personali idonei a rivelare provvedimenti di cui all'articolo 3, comma 1, lettere da a a o e da r a u , d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti, o la qualità di imputato o di indagato ai sensi degli articoli 60 e 61 del codice di procedura penale. In sostanza, in ambedue i casi presi in esame la Sezione ha ritenuto di poter escludere la fondatezza delle cause escludenti l’accesso per ragioni di riservatezza, anche in relazione al fatto che non c’è più alcun rapporto di lavoro in essere, tra la notaia e la dipendente licenziata. Mentre per quanto riguarda l’avvocato già dipendente dell’INAIL, il Tar, nell’intimare la consegna dei dati richiesti ha soltanto ricordato che per la tutela dei controinteressati dovrà essere garantito l’oscuramento dei nominativi dei soggetti e, ove eventualmente presenti, i dati sensibili riguardanti la salute, o altresì dati giudiziari e/o disciplinari.

TAR Lazio, sez. III, sentenza 7 16 aprile 2020, n. 3985 Presidente Savoia Estensore Ferrazzoli Fatto e diritto 1. Questi i fatti di cui è causa. L’avv. Giuseppe Lisi è stato dipendente dell’Inail con la qualifica di professionista del ramo legale dal 25 maggio 1982 al 31 ottobre 2016, ed è cessato dal servizio a decorrere dal primo novembre 2016. L’Istituto ha trasmesso all’odierno esponente, con nota del 23 ottobre 2017, il prospetto di liquidazione del trattamento di fine servizio relativo alla prima rata, e, con successiva nota del 21 gennaio 2019, il prospetto di liquidazione relativo alla seconda rata, rappresentando altresì che il nuovo prospetto di liquidazione è determinato alla luce delle esclusioni, salvo conguaglio, delle voci accessorie %& lt %& lt onorari compensi= e= legali= professionali= & gt & gt . Con nota del 15 ottobre 2019, l’Avv. Lisi ha contestato la legittimità del predetto prospetto di TFS ed ha chiesto di poter prendere visione ed estrarre copia di tutta la documentazione necessaria al fine di tutelare le mie ragioni, nelle opportune sedi giudiziarie, relativamente all’erronea ed ingiustificata determinazione del mio trattamento di quiescenza , indicando in particolare una serie di documenti tra i quali 3 Comunicazioni di liquidazione del trattamento di fine servizio e relativi prospetti inviati a tutti gli avvocati, medici e dirigenti andati in quiescenza a partire dal 1 aprile 2010 ad oggi 4 Richieste di restituzione di quanto indebitamente corrisposto quale trattamento di quiescenza a tutti gli avvocati, medici e dirigenti andati in pensione dal 1 aprile 2010 ad oggi cui non sia stato calcolato il trattamento di fine servizio sulla sola voce stipendio tabellare . In data 14 novembre 2019, con nota prot. n. 6006.14/11/2019.0018547, l’Istituto ha riscontrato in maniera parzialmente negativa la predetta richiesta di accesso, asserendo che le richieste di cui ai punti 3 e 4 non risultano pertinenti perché non afferenti esclusivamente alla posizione della S.V. e coinvolgono dati personali di altri soggetti che non possono essere trasmessi per motivi di riservatezza . Avverso detta nota, limitatamente alla parte in cui oppone diniego ai punti 3 e 4 , è insorto l’odierno ricorrente, chiedendo l’annullamento in parte qua della stessa l’accertamento del proprio diritto ad accedere, anche ai sensi dell’art. 22 e ss. l. n. 241/90, ai predetti documenti mediante visione ed estrazione di copia la condanna dell’INAIL alla ostensione degli stessi. Ha formulato il seguente motivo di diritto Violazione e/o falsa applicazione artt. 22 e ss. L. n. 241/1990. Art. 3 e ss. D.p.r. n. 184/2006, artt. 59 e 60 d.lgs. N. 196/2003, anche in relazione agli artt. 15 e 16 del regolamento Inail in materia di accesso agli atti. Eccesso di potere difetto di istruttoria e di motivazione illogicità e irragionevolezza contraddittorietà ingiustizia manifesta. Violazione dei principi di proporzionalità, pubblicità e trasparenza, anche in relazione agli artt. 2 e 3 l. n. 241/1990. Violazione artt. 3, 24 e 97 Cost. . A sostegno della propria richiesta, ha dedotto, in estrema sintesi che sarebbe titolare di un interesse diretto concreto e attuale ad accedere alla documentazione richiesta, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata che avrebbe bene individuato detto interesse, correlandolo alla esigenza, propedeutica anche ad una tutela giudiziale della propria posizione, di acquisire una effettiva contezza delle ragioni poste dall’INAIL alla base della decurtazione del trattamento di fine servizio disposta con nota del 21 gennaio 2019 che avrebbe bene indicato i documenti, quantomeno nel loro contenuto, e identificato o, comunque, reso facilmente identificabili i soggetti a cui erano riferibili detti documenti che il diritto di accesso agli atti amministrativi dovrebbe ritenersi prevalente sulle esigenze di riservatezza, che andrebbero considerate recessive quando l'accesso viene esercitato prospettando l'esigenza della difesa di un interesse giuridicamente rilevante che, nella fattispecie in esame, verrebbero in rilievo dati di terzi, attinenti al mero trattamento di fine servizio loro applicato quali ex dipendenti INAIL in quiescenza, che certamente non possono essere ritenuti sensibili e tantomeno sensibilissimi, con tutto quel che ne dovrebbe già solo per tale ragione conseguire in ordine alla sicura prevalenza del proprio diritto all’accesso, siccome pure espressamente ricollegato all’esigenza della difesa di un interesse giuridicamente rilevante. Si è costituito l’Inail contestando tutto quanto ex adverso dedotto ed in particolare argomentando che la richiesta di accesso sarebbe stata formulata in modo eccessivamente esteso e non pertinente, in quanto farebbe riferimento ad una documentazione afferente ad intere categorie di personale avvocati, medici e dirigenti medici dell’Istituto, concernenti principalmente elementi di natura privatistica. Inoltre, l’istanza de qua richiederebbe una elaborazione di dati ed informazioni concernenti l’attività svolta dall’Amministrazione, e, dunque, sarebbe inammissibile. Con atto di intervento ad adiuvandum depositato in data 10 marzo 2020, l’Associazione avvocati INAIL aderente alla FLEPAR ha premesso di essere una associazione apolitica e senza scopo di lucro, che persegue la tutela degli interessi giuridici, morali ed economici, nonché della funzione, professionalità, dignità e autonomia degli appartenenti al ramo legale dell’I.N.A.I.L. ed in generale degli avvocati, dei professionisti e dei dirigenti degli Enti Previdenziali . Ha rilevato di avere un interesse quantomeno di mero fatto all’accoglimento del ricorso proposto dall’associato Lisi e, per l’effetto, all’accertamento del suo diritto ad accedere, anche ai sensi dell’art. 22 e ss. l. n. 241/90, alla documentazione richiesta con istanza del 15 ottobre 2019. Ha insistito per la declaratoria della legittimità della richiesta di ostensione come formulata dall’odierno ricorrente. In data 3 aprile 2020 è stata depositata istanza congiunta per la trattazione del ricorso alla udienza camerale del 7 aprile 2020, ai sensi di quanto previsto dall’art. 84, co. 2, d.l. n. 18/2020. All’udienza del 7 aprile 2020 la causa è stata introitata per la decisione. 2. Il ricorso è fondato e deve essere accolto nei limiti e con le modalità che si vengono ad illustrare. Preliminarmente, deve essere evidenziato che l’art. 22 l. n. 241/1990 ammette alla visione e copia dei documenti amministrativi tutti i soggetti privati, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso . Nell'interpretare questa disposizione, la giurisprudenza del Consiglio di Stato afferma in modo costante che è onere della parte che chiede l'accesso dimostrare che gli atti abbiano una specifica utilità per la tutela di propri interessi, non necessariamente coincidenti con il diritto di difesa ex artt. 24 e 113 Cost., ma che devono comunque essere apprezzabile sul piano giuridico ed essere dotati della necessaria concretezza in questo senso, ex multis C. di St. n. 2680/2017 nn. 4372, 4373 e 4376/2016 n. 1568/2013 . Diversamente opinando, il diritto di accesso diventerebbe una generica formula di unilaterale prospettazione di prevalenza delle esigenze di conoscenza su ogni altro interesse contrapposto, pur espressamente contemplato dalle disposizioni normative di rango primario e regolamentare come limite legale al medesimo diritto. Ancora, secondo giurisprudenza consolidata in tema di accesso, deve ammettersi in generale che le necessità difensive, riconducibili alla effettività della tutela di cui all'art. 24 Cost., debbano ritenersi prevalenti rispetto a quelle della riservatezza. Deve essere altresì rilevato che l'applicazione di siffatto principio incontra ben determinati limiti allorché vengano in considerazione dati sensibili origine razziale ed etnica, convinzioni religiose, opinioni politiche, adesione a partiti, sindacati, etc. o sensibilissimi, ossia i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale degli individui in questi casi l'accesso è consentito a particolari condizioni, nello specifico disciplinate dall'art. 60 del decreto legislativo n. 196 del 2003 in questi termini T.A.R. Roma n. 5140/2017 T.A.R. Milano n. 2065/2011 . A norma del citato art. 60, comma 1, Quando il trattamento concerne dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale, il trattamento è consentito se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi è di rango almeno pari ai diritti dell'interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile . Tale disposizione, riguardante in particolare il rapporto tra diritto di accesso e diritto alla riservatezza dei dati c.d. sensibilissimi, esprime dunque il principio del pari rango , chiarendo in modo inequivoco che, in siffatte ipotesi, il diritto di accesso può essere esercitato soltanto se, in seguito ad una delicata operazione di bilanciamento di interessi, la situazione giuridica rilevante sottesa al diritto di accesso viene considerata di rango almeno pari al diritto alla riservatezza riferito alla sfera della salute e della vita sessuale dell'interessato. Una simile comparazione tra diverse se non opposte esigenze accesso e riservatezza a dati sensibilissimi va dunque effettuata non in astratto bensì in concreto, sulla base dei principi di proporzionalità, pertinenza e non eccedenza. Soccorre in questa direzione la norma di cui all'art. 24, comma 7, della legge n. 241 del 1990 - complementare rispetto al citato art. 60 del Codice della privacy - secondo cui l'accesso è in tutti questi casi consentito qualora ciò risulti strettamente necessario e indispensabile per la difesa dei propri interessi giuridici l'accesso viene interpretato, in questa direzione, quale extrema ratio. La stessa giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di precisare che anche nel caso in cui l'accesso potrebbe interferire con l'esigenza di tutela della riservatezza di terzi, esso deve essere comunque garantito laddove la conoscenza del documento sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici, ma ove il documento contenga dati sensibili o giudiziari, l'accesso è consentito solo nei limiti in cui sia strettamente indispensabile T.A.R. Roma n. 5140/2017 T.A.R. Torino n. 932/2014 . Dunque, in sintesi, occorre che parte ricorrente - ed ancor prima nella veste di richiedente - fornisca la rigorosa prova delle stretta necessarietà ed indispensabilità del dato nei sensi e nei limiti di cui sopra laddove l’ostensione del documento possa compromettere il diritto alla riservatezza nei soli casi in cui esso contenga dati sensibili, sensibilissimi o giudiziari. Negli altri casi, la comparazione in concreto del diritto all’accesso e del diritto alla riservatezza incontra limiti meno rigorosi. 3. Tutto ciò precisato, nella sopra menzionata istanza di accesso vengono coinvolti dati personali che però non sono riconducibili alla categoria né dei dati sensibili né dei dati giudiziari. Invero, per dato personale si intende qualunque informazione relativa a una persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personal. I dati sensibili sono quei dati personali idonei a rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l'adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale. Infine, i dati giudiziari sono quei dati personali idonei a rivelare provvedimenti di cui all'articolo 3, comma 1, lettere da a a o e da r a u , del d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti, o la qualità di imputato o di indagato ai sensi degli articoli 60 e 61 del codice di procedura penale. Orbene, il ricorrente ha chiesto l’ostensione di documenti inerenti alla liquidazione del trattamento di fine servizio applicato ai dipendenti INAIL in quiescenza, dunque di documenti che, evidentemente, non contengono né dati sensibili né dati giudiziari. Ha puntualmente indicato le ragioni che lo hanno determinato a richiedere l’ostensione di tali atti, specificando che la conoscenza degli stessi è propedeutica alla comprensione e verifica dei presupposti fondativi e applicativi della decurtazione del TFS, anche nell’ottica dell’esercizio di una eventuale azione giudiziale. Non si tratta, quindi, di una istanza preordinata ad un controllo generalizzato dell’operato dell’amministrazione per verificare l’efficienza della sua attività, accertare eventuali negligenze o colpevoli ritardi, ovvero, omissioni da parte dei suoi funzionari. Pertanto nel bilanciamento degli interessi coinvolti, deve essere ritenuto prevalente il diritto dell’odierno ricorrente ad accedere a detta documentazione, mentre deve ritenersi recessivo l’interesse alla riservatezza dei terzi, non essendo coinvolti, come visto, né dati sensibili né dati giudiziari. Né può ritenersi che gli atti richiesti rientrino tra quelli sottratti all’accesso dall’art. 15 del Regolamento sull’accesso dell’Inail, che, invece, esclude solamente le informazioni relative alla vita privata o riservatezza di persone fisiche, di persone giuridiche, di gruppi, di imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolari, sanitari, politici, sindacali, religiosi, professionali, finanziari, industriali e commerciali di cui essi siano in concreto titolari . Da ultimo, deve essere disattesa anche l’ulteriore eccezione sollevata dall’Istituto che asserisce che la richiesta formulata dal ricorrente richiederebbe una elaborazione di dati ed informazioni concernenti l’attività svolta dall’Amministrazione. In realtà, l’istanza in esame, come visto, ha ad oggetto Comunicazioni di liquidazione del trattamento di fine servizio e relativi prospetti inviati a tutti gli avvocati, medici e dirigenti andati in quiescenza a partire dal 1 aprile 2010 ad oggi e Richieste di restituzione di quanto indebitamente corrisposto , dunque documenti predisposti dall’Istituto e dallo stesso inviati ai professionisti in pensione. La nota gravata deve quindi ritenersi illegittima nella parte in cui ha negato l’ostensione dei documenti di cui ai punti 3 e 4 dell’istanza di accesso. Per l’effetto, deve essere annullata in parte qua, e deve essere dichiarato l’obbligo dell’INAIL di consentire l’accesso all’odierno ricorrente. L’Istituto dovrà, quindi, procedere all’ostensione della documentazione richiesta nel termine di giorni trenta decorrente dalla comunicazione o, se a questa anteriore, dalla notificazione della presente decisione. La tutela dei controinteressati dovrà essere garantita oscurando i nominativi dei soggetti controinteressati e, ove eventualmente presenti, i dati sensibili riguardanti la salute, o altresì dati giudiziari e/o disciplinari. 4. In definitiva, ribadite le svolte considerazioni, il ricorso deve essere accolto con conseguente annullamento della nota impugnata in parte qua, e l'amministrazione intimata dovrà consentire l'accesso richiesto secondo le modalità indicate. 5. Sussistono giustificate ragioni per disporre la compensazione delle spese legali. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Terza Quater , definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto annulla in parte qua la nota INAIL prot. n. 60006.14/11/2019.0018547 dichiara l'obbligo dell'intimata amministrazione di consentire alla parte ricorrente di prendere visione ed estrarre copia, previo rimborso del costo di riproduzione e dei diritti di ricerca e visura, e previo oscuramento dei nominativi e degli eventuali dati sensibili dei controinteressati, della documentazione richiesta con l'istanza di accesso di cui trattasi nel termine di giorni trenta decorrente dalla comunicazione o, se a questa anteriore, dalla notificazione della presente decisione. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

TAR Lazio, sez. III, sentenza 11 febbraio - 16 aprile 2020, n. 3988 Presidente/Estensore Savoia Fatto La ricorrente, notaio in Roma, in data - omissis -ha assunto alle proprie dipendenze, con contratto a tempo indeterminato, la Sig.ra - omissis -, rapporto di lavoro risoltosi in data - omissis -, a seguito dell’esaurimento del periodo di comporto. Ritenendo di essere creditrice nei confronti della lavoratrice di alcune somme, la ricorrente ha avviato dinanzi al Tribunale civile di Roma - Sezione Lavoro il procedimento - omissis -al fine di ottenere la condanna di quest’ultima alla restituzione della somma di . - omissis -per le maggiori somme stipendiali e contributive versate a suo favore nel corso del rapporto di lavoro. Successivamente all’avvio del predetto giudizio, la - omissis -ha adito a sua volta il medesimo Tribunale Civile di Roma - Sez. Lavoro - omissis - , impugnando il licenziamento e avanzando richieste risarcitorie. Contestualmente all’avvio del predetto giudizio, con un esposto non conosciuto dalla ricorrente, la - omissis -si è rivolta all’Ispettorato del Lavoro, sede di Roma, a seguito del quale alcuni funzionari dell’Ispettorato si sono recati in data - omissis -presso lo studio notarile della ricorrente, al fine di acquisire documentazione e di accertare la regolarità del rapporto di lavoro, e in data - omissis -, presso lo studio del consulente del lavoro della ricorrente, acquisendo ulteriore documentazione. In quell’occasione, l’odierna ricorrente ha prodotto un’articolata memoria con la quale ha precisato le proprie controdeduzioni. La ricorrente, poi, con istanza del - omissis -, prot. - omissis - , premessa l’attività ispettiva avviata dall’Ispettorato a seguito dell’esposto della - omissis -, nonché la pendenza del giudizio dinanzi al Tribunale Civile di Roma, ha chiesto l’accesso, ai sensi degli artt. 22 e ss della legge n. 241/1990, all’esposto presentato dalla - omissis -, nonché alla documentazione allegata allo stesso cfr docomma . Con nota del - omissis -, comunicata via pec in data - omissis - cfr docomma , l’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Roma, mentre ha consentito l’accesso alla documentazione relativa al primo verbale di accesso ispettivo e ai verbali interlocutori, ha respinto la richiesta per quanto più nel dettaglio riguarda l’ulteriore documentazione richiesta ed in particolare eventuali esposti e/o segnalazioni , in quanto gli stessi sono sottratti al diritto di accesso ai sensi dell’art. 2, comma 1, e dell’art. 3, Decreto Ministeriale 757/1994 . La nota di diniego parziale viene impugnata deducendosi Violazione e falsa applicazione degli articoli 22 e ss della legge n. 241/1990. Violazione degli articoli 2 e 3 del D.M. 757 del 4 novembre 1994. Eccesso di potere per difetto di motivazione, carenza istruttoria, manifesta illogicità. Il diniego di accesso all’esposto e/o segnalazione ed ai documenti allegati al medesimo opposto dall’Ispettorato Territoriale del Lavoro, sede di Roma, sarebbe illegittimo, non potendo ritenersi giustificato dal richiamo, peraltro generico, al D.M. 757/1994. Difatti, oltre a richiamare quale causa ostativa l’articolo 2, comma 1 e l’art. 3 del D.M. 757/1994, che contengono il Regolamento concernente le categorie di documenti formati o stabilmente detenuti dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, senza evidenziare a quale categoria dalla lett. a alla lett. h di atti sottratti al diritto di accesso sia riconducibile la richiesta, la casistica ivi contemplata non avrebbe alcuna attinenza con il caso che qui interessa, disciplinando, poi, il successivo articolo 3 la durata del diritto di accesso con riguardo alla categoria di documenti sottratti all’accesso ai sensi del precedente articolo 2. In ogni caso la motivazione sarebbe erronea perché nessuna delle ipotesi indicate al comma 1 dell’art. 2 del predetto DM risulta idonea a giustificare il diniego di accesso non quella ex lett. b contenente le richieste di intervento dell’Ispettorato del lavoro, cui la correlata lett. b dell’articolo 3 del medesimo D.M. disciplina la durata del divieto finché perduri il rapporto di lavoro nella ipotesi che la richiesta di intervento provenga da un lavoratore o abbia comunque ad oggetto un rapporto di lavoro cfr, Cons. Stato, Sez. VI, n 1385 del 6 maggio 2016 , posto che nella specie l’esposto e/o segnalazione che ha dato avvio all’accertamento ispettivo proviene da una lavoratrice, il cui rapporto di lavoro è cessato a far data dal -OMISSIS- non l’ipotesi indicata dalla lett.c , che riguarda documenti contenenti notizie acquisite nel corso delle attività ispettive, quando dalla loro divulgazione possano derivare azioni discriminatorie o indebite pressioni o pregiudizi a carico di lavoratori o di terzi. , perché, oltre alla ricordata circostanza che nella specie non sussiste alcun rapporto di lavoro, rispetto al quale potrebbero ipotizzarsi eventuali azioni discriminatorie o pressioni sul lavoratore, è oggettivo che l’ipotesi disciplinata dalla lett. c dell’articolo riguarda le notizie acquisite nel corso delle attività ispettive, mentre nel caso che ci occupa l’istanza di accesso ha a oggetto unicamente l’esposto e i documenti al medesimo allegati prodotto dalla -OMISSIS- non infine, alla casistica ex lett. g del più volte richiamato art. 2 del D.M. 757/1994 e cioè ai documenti riguardanti il lavoratore e contenenti notizie sulla sua situazione familiare, sanitaria, professionale, finanziaria, sindacale o di altra natura, sempreché dalla loro conoscenza possa derivare effettivo pregiudizio al diritto alla riservatezza. , non trattandosi, all’evidenza, di documenti che impingono su tale diritto. Si è costituita l’amministrazione depositando atti e memoria di mera forma, cui la ricorrente ha replicato insistendo nella domanda ostensiva. All’odierna udienza, dopo discussione, la causa è stata trattenuta in decisione. Diritto Il ricorso è fondato e deve essere accolto nei limiti e con le modalità che si vengono a illustrare. Preliminarmente, deve essere evidenziato che l’art. 22 l. n. 241/1990 ammette alla visione e copia dei documenti amministrativi tutti i soggetti privati, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso . Nell'interpretare questa disposizione, la giurisprudenza del Consiglio di Stato afferma in modo costante che è onere della parte che chiede l'accesso dimostrare che gli atti abbiano una specifica utilità per la tutela di propri interessi, non necessariamente coincidenti con il diritto di difesa ex artt. 24 e 113 Cost., ma che devono comunque essere apprezzabile sul piano giuridico ed essere dotati della necessaria concretezza in questo senso, ex multis C. di St. n. 2680/2017 nn. 4372, 4373 e 4376/2016 n. 1568/2013 . Diversamente opinando, il diritto di accesso diventerebbe una generica formula di unilaterale prospettazione di prevalenza delle esigenze di conoscenza su ogni altro interesse contrapposto, pur espressamente contemplato dalle disposizioni normative di rango primario e regolamentare come limite legale al medesimo diritto. Ancora, secondo giurisprudenza consolidata in tema di accesso, deve ammettersi in generale che le necessità difensive, riconducibili alla effettività della tutela di cui all'art. 24 Cost., debbano ritenersi prevalenti rispetto a quelle della riservatezza. Deve essere altresì rilevato che l'applicazione di siffatto principio incontra ben determinati limiti allorché vengano in considerazione dati sensibili origine razziale ed etnica, convinzioni religiose, opinioni politiche, adesione a partiti, sindacati, etc. o sensibilissimi, ossia i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale degli individui in questi casi l'accesso è consentito a particolari condizioni, nello specifico disciplinate dall'art. 60 del decreto legislativo n. 196 del 2003 in questi termini T.A.R. Roma n. 5140/2017 T.A.R. Milano n. 2065/2011 . A norma del citato art. 60, comma 1, Quando il trattamento concerne dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale, il trattamento è consentito se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi è di rango almeno pari ai diritti dell'interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile . Tale disposizione, riguardante in particolare il rapporto tra diritto di accesso e diritto alla riservatezza dei dati c.d. sensibilissimi, esprime dunque il principio del pari rango , chiarendo in modo inequivoco che, in siffatte ipotesi, il diritto di accesso può essere esercitato soltanto se, in seguito ad una delicata operazione di bilanciamento di interessi, la situazione giuridica rilevante sottesa al diritto di accesso viene considerata di rango almeno pari al diritto alla riservatezza riferito alla sfera della salute e della vita sessuale dell'interessato. Una simile comparazione tra diverse se non opposte esigenze accesso e riservatezza a dati sensibilissimi va dunque effettuata non in astratto bensì in concreto, sulla base dei principi di proporzionalità, pertinenza e non eccedenza. Soccorre in questa direzione la norma di cui all'art. 24, comma 7, della legge n. 241 del 1990 - complementare rispetto al citato art. 60 del Codice della privacy - secondo cui l'accesso è in tutti questi casi consentito qualora ciò risulti strettamente necessario e indispensabile per la difesa dei propri interessi giuridici l'accesso viene interpretato, in questa direzione, quale extrema ratio. La stessa giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di precisare che anche nel caso in cui l'accesso potrebbe interferire con l'esigenza di tutela della riservatezza di terzi, esso deve essere comunque garantito laddove la conoscenza del documento sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici, ma ove il documento contenga dati sensibili o giudiziari, l'accesso è consentito solo nei limiti in cui sia strettamente indispensabile T.A.R. Roma n. 5140/2017 T.A.R. Torino n. 932/2014 . Dunque, in sintesi, occorre che parte ricorrente - ed ancor prima nella veste di richiedente - fornisca la rigorosa prova delle stretta necessarietà ed indispensabilità del dato nei sensi e nei limiti di cui sopra laddove l’ostensione del documento possa compromettere il diritto alla riservatezza nei soli casi in cui esso contenga dati sensibili, sensibilissimi o giudiziari. Negli altri casi, la comparazione in concreto del diritto all’accesso e del diritto alla riservatezza incontra limiti meno rigorosi. Tutto ciò precisato, nella sopra menzionata istanza di accesso non vengono coinvolti dati personali riconducibili alla categoria dei dati sensibili o dei dati giudiziari. Invero, per dato personale si intende qualunque informazione relativa a una persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personal. I dati sensibili sono quei dati personali idonei a rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l'adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale. Infine, i dati giudiziari sono quei dati personali idonei a rivelare provvedimenti di cui all'articolo 3, comma 1, lettere da a a o e da r a u , del d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti, o la qualità di imputato o di indagato ai sensi degli articoli 60 e 61 del codice di procedura penale. Per tale ragione deve escludersi la fondatezza della causa escludente l’accesso per ragioni di riservatezza, ex lettera g , mentre le altre ipotesi vanno escluse avendo come presupposto situazioni che possano in qualche modo interferire con il rapporto di lavoro in essere, costituendo, così, possibile fonte di azioni discriminatorie o di indebite pressioni nei confronti del lavoratore, mentre Il rapporto di lavoro tra il - omissis -è da tempo cessato a seguito di licenziamento, circostanza, peraltro, ben nota all’Ispettorato. Inoltre entrambe le parti hanno avviato due distinte controversie entrambe pendenti dinanzi al Tribunale Civile di Roma Sez. Lavoro., attualizzandosi per tal modo anche il disposto dell’articolo 24, comma 7, della legge 241/1990, che rende prioritaria la garanzia dell’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici Infine, la giurisprudenza amministrativa riconosce che l’esposto, una volta pervenuto nella sfera di conoscenza dell’amministrazione, costituisce un documento che assume rilievo procedimentale come presupposto di un’attività ispettivo o di un intervento in autotutela, con la conseguenza che il denunciante perde il controllo e la disponibilità sulla propria segnalazione la divulgazione dell’esposto, pertanto, non è preclusa da esigenze di tutela della riservatezza, trattandosi di una dichiarazione che va a incidere nella sfera giuridica di terzi. TAR Toscana, Sez. I, 3.7.2017 n. 898 TAR L’Aquila, Sez. I, 7.12.2018, n. 476 . Nel caso di specie, è pacifico che l’esposto ha dato avvio all’attività ispettiva e che il medesimo è stato presentato dalla - omissis -, sicché non si pone neanche un problema di tutela del diritto all’anonimato. Va riconosciuta dunque in capo alla ricorrente l’esistenza di un diritto qualificato, giuridicamente protetto a conoscere il contenuto dell’esposto e/o segnalazione con la documentazione allegata , che ha costituito il presupposto dell’attività ispettiva avviata dall’Ispettorato, anche al fine della migliore tutela giuridica della propria situazione nell’ambito del giudizio instaurato dinanzi al Tribunale Civile di Roma Sez. Lavoro proprio nei confronti della controinteressata -OMISSIS-. La nota gravata deve quindi ritenersi illegittima nella parte in cui ha negato l’ostensione dei documenti richiesti nell’istanza di accesso, e per l’effetto, deve essere annullata in parte qua, e deve essere dichiarato l’obbligo dell’Ispettorato del Lavoro di consentire l’accesso all’odierna ricorrente. L’Istituto dovrà, quindi, procedere all’ostensione della documentazione richiesta nel termine di giorni trenta decorrente dalla comunicazione o, se a questa anteriore, dalla notificazione della presente decisione. La tutela della controinteressata dovrà essere garantita oscurando, ove eventualmente presenti, i dati sensibili riguardanti la salute, o altresì dati giudiziari e/o disciplinari. In definitiva, ribadite le svolte considerazioni, il ricorso deve essere accolto con conseguente annullamento della nota impugnata in parte qua, e l'amministrazione intimata dovrà consentire l'accesso richiesto secondo le modalità indicate. Sussistono giustificate ragioni per disporre la compensazione delle spese legali. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Terza Quater , definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e per l’effetto annulla il diniego impugnato, ordinando la disposta ostensione documentale. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. A Dati sensibili diversi dalla salute Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento UE 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare Oppure B Condanne penali e reati Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento UE 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare Oppure C Altri dati idonei a pregiudicare i diritti o la dignità della parte interessata Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e degli articoli 5 e 6 del Regolamento UE 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 , a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità.