Legittimo il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per la condanna per violenza sessuale

Deve considerarsi legittimo il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno opposto allo straniero condannato per violenza sessuale ex art. 609-bis, comma 3, c.p., anche in assenza della valutazione circa la natura e l’effettività dei vincoli familiari dello straniero nel caso di specie padre di un minore residente in Italia .

Lo ha affermato il Consiglio di Stato con la sentenza n. 8175/19, depositata il 29 novembre. La vicenda. Un cittadino straniero impugnava dinanzi al TAR Liguria il decreto con cui il Questore della Spezia aveva negato il rinnovo di permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato e il decreto del Prefetto di rigetto del ricorso gerarchico. La decisione impugnata era stata motivata dall’amministrazione sulla base della sentenza di condanna emessa dal Tribunale penale della Spezia a carico dell’istante per il reato di violenza sessuale art. 609 bis , comma 3, c.p. , ostativo al soggiorno nel territorio dello Stato ai sensi dell’art. 4, comma 3, d.lgs. n. 286/1998. Il TAR accoglieva il ricorso per carenza della doverosa valutazione della natura ed effettività dei vincoli familiari dello straniero, padre di un minore residente in Italia. Il Ministero dell’Interno ha proposto appello avverso tale pronuncia. Valutazione dei legami familiari. Come sottolinea la Sezione, la questione ruota attorno al bilanciamento di valori costituzionalmente garantiti che occorre tutelare anche mediante una interpretazione costituzionalmente orientata della normativa specifica in materia di immigrazione . Posto che il reato di violenza sessuale ex art. 609 bis , comma 3, c.p.p. è espressamente qualificato dalla legge come ostativo al permesso di soggiorno, la sentenza ricorda che nell’adozione del provvedimento di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno deve essere valutata anche la natura e l’effettività dei vincoli familiari dell’interessato, come effettivamente sottolineato dal TAR. Aggiunge però la Sezione che nella specifica fattispecie considerata la tipologia e la gravità del reato commesso violenza sessuale risultano incompatibili non solo con i valori fondanti della nostra Comunità nazionale, ma anche con l’interesse alla stabilità del nucleo familiare interessato, in quanto in questo caso la valutazione di pericolosità sociale dell’appellato risulta essere stata adeguatamente riferita alla condanna per fatti che risultano gravemente contrastanti con il principio fondamentale sancito dall’art. 2 della Costituzione, che impone alla Repubblica di garantire i diritti inviolabili della persona sia come singolo, sia nelle formazioni sociali –come il nucleo familiare in esame in cui svolge la propria personalità, con particolare riguardo, nella fattispecie considerata, ai precetti costituzionali che impongono la tutela della vita, dell’integrità fisica, della parità e della libertà della donna . In altre parole, la valutazione di pericolosità sociale in concreto è implicitamente ma univocamente riferita alla condanna definitiva per fatti, riconosciuti dallo stesso interessato, incompatibili con i principi costituzionali che impongono alla Repubblica di garantire la libertà, la dignità e l’integrità fisica di ogni persona e, in particolare, di contrastare ogni forma di violenza e discriminazione di genere garantendo la piena libertà di scelta della donna, e neppure può essere ritenuto d’ostacolo il mero obbligo alimentare nei confronti di un figlio non convivente, fermo restando che in fattispecie quali quella considerata occorre attentamente valutare se lo stesso interesse del nucleo familiare non conduce a favorire, anziché ostacolare, il rimpatrio dell’autore del reato . Per questi motivi, la Sezione accoglie l’appello e respinge il ricorso di primo grado.

Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 24 ottobre – 29 novembre 2019, n. 8175 Presidente Frattini – Estensore Sestini Fatto e diritto 1 Il signor omissis -, cittadino omissis -, impugnava innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria il decreto del Questore della Spezia avente ad oggetto il diniego del rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato”, nonché il decreto del Prefetto della Spezia, di rigetto del ricorso gerarchico. 2 Il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno era stato adottato dall’amministrazione a motivo dell’esistenza della sentenza del Tribunale penale della Spezia del omissis -.2015, di condanna per il reato di violenza sessuale ex art. 609-bis comma 3 c.p., ostativo al soggiorno nel territorio dello Stato ex art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 286/1998. 3 Si costituiva in giudizio il convenuto Ministero dell’Interno, contestando quanto ex adverso dedotto e insistendo sulla legittimità dell’operato dell’Amministrazione. 4 Il Tar per la Liguria, con sentenza n. omissis -, accoglieva il ricorso, ritenendo che pur in presenza di una sentenza di condanna per un reato ostativo, i provvedimenti impugnati non contengono la doverosa valutazione – indefettibilmente richiesta dalla legislazione di recepimento della disciplina comunitaria circa la natura e l’effettività dei vincoli familiari dello straniero, padre di un figlio minore residente in Italia”. 5 Avverso tale sentenza propone appello, previa istanza di sospensiva, il Ministero dell’Interno, deducendo la palese erroneità della sentenza gravata. 6 La questione ruota attorno al bilanciamento di valori costituzionalmente garantiti che occorre tutelare anche mediante una interpretazione costituzionalmente orientata della normativa specifica in materia di immigrazione. 7 – In particolare, l’appellato è stato condannato per il reato di violenza sessuale ex art. 609-bis comma 3 c.p., qualificato dalla legge come automaticamente ostativo al soggiorno nel territorio dello Stato, e l’Amministrazione ha conseguentemente negato il rinnovo del titolo di soggiorno. 8 – Peraltro, ai sensi degli articoli 4, comma 3, e 5, comma 5, del d.lgs. n. 286/1998, come modificato dall'art. 2, comma 1, lett. b, n. 1 del d.lgs. 8 gennaio 2007, n. 5 di attuazione della direttiva 2003/86/CE relativa al diritto di ricongiungimento familiare , nell'adottare il provvedimento di rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, si deve tenere anche conto anche della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato” 8 Con sentenza 3-18 luglio 2013, n. 202, la Corte costituzionale ha poi dichiarato l'illegittimità dell’art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 286/1998, nella parte in cui prevede che la valutazione discrezionale in esso stabilita si applichi solo allo straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare o al familiare ricongiunto , e non anche allo straniero che abbia legami familiari nel territorio dello Stato . Il TAR ha quindi accolto il ricorso dell’interessato contro il mancato rinnovo del titolo. 9 – Tuttavia, nella specifica fattispecie considerata la tipologia e la gravità del reato commesso violenza sessuale risultano incompatibili non solo con i valori fondanti della nostra Comunità nazionale, ma anche con l’interesse alla stabilità del nucleo familiare interessato,, in quanto in questo caso la valutazione di pericolosità sociale dell’appellato risulta essere stata adeguatamente riferita alla condanna per fatti che risultano gravemente contrastanti con il principio fondamentale sancito dall’art. 2 della Costituzione, che impone alla Repubblica di garantire i diritti inviolabili della persona sia come singolo, sia nelle formazioni sociali –come il nucleo familiare in esame in cui svolge la propria personalità, con particolare riguardo, nella fattispecie considerata, ai precetti costituzionali che impongono la tutela della vita, dell’integrità fisica, della parità e della libertà della donna. 10 – Tali considerazioni neppure risultano in contrasto con i precedenti giurisprudenziali di questa Sezione, in quanto è proprio l’interesse familiare, ed in particolare l’esigenza di garantire i diritti inviolabili delle altre persone componenti il nucleo familiare ai sensi del citato art. 2 Cost. a rafforzare ed imporre un ancora più tempestivo intervento della Repubblica italiana, al fine di allontanare l’autore di reati incompatibili con le ragioni fondanti della nostra Repubblica sia dalla Comunità nazionale, sia dalle altre persone del nucleo familiare già lese o potenzialmente messe in pericolo dal medesimo soggetto. 11 – Del resto, considera il Collegio, nella fattispecie considerata il cittadino omissis condannato definitivamente alla pena di un anno di reclusione con la condizionale per il reato di violenza sessuale è sì padre di un figlio in tenera età che vive in Italia, ma il bambino non vive con lui bensì con la madre, residuando solo un contributo economico al sua mantenimento. 12 – Conclusivamente, l’appello deve essere respinto in quanto la valutazione di pericolosità sociale in concreto è implicitamente ma univocamente riferita alla condanna definitiva per fatti, riconosciuti dallo stesso interessato, incompatibili con i principi costituzionali che impongono alla Repubblica di garantire la libertà, la dignità e l’integrità fisica di ogni persona e, in particolare, di contrastare ogni forma di violenza e discriminazione di genere garantendo la piena libertà di scelta della donna, e neppure può essere ritenuto d’ostacolo il mero obbligo alimentare nei confronti di un figlio non convivente, fermo restando che in fattispecie quali quella considerata occorre attentamente valutare se lo stesso interesse del nucleo familiare non conduce a favorire, anziché ostacolare, il rimpatrio dell’autore del reato. 13 – Sussistono, infine, motivate ragioni, in relazione alla rilevanza, delicatezza e novità delle questioni, per compensare fra le parti le spese dei due gradi di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza , definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma dell’appellata sentenza respinge il ricorso di primo grado. Compensa fra le parti le spese dei due gradi di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento UE 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l’appellante, quale padre del minore residente in Italia.