Rimessa all’Adunanza plenaria la questione dei fisioterapisti desiderosi di laurearsi

Dopo sei mesi esatti, il Consiglio di Stato ritorna ad occuparsi dei fisioterapisti. Era stata, infatti, depositata proprio l’11 dicembre, la sentenza della sez. III, n. 5840 con la quale era stato accolto l’appello del Sindacato Italiano medici di medicina fisica e riabilitativa a proposito della regolamentazione dalla Regione Sardegna.

Ciò in quanto lasciare all’interprete la distinzione tra le apparecchiature e le tecniche di impiego in uso rispettivamente ai fisiatri ed ai fisioterapisti, sulla base di un concetto del tutto vago di ‘rischio’ avrebbe significato svuotare di contenuto le disposizioni, anche perché il necessario controllo sulla loro corretta applicazione difetterebbe di criteri oggettivi ai quali parametrare una verifica di ottemperanza. Con ordinanza numero 3554/18 depositata l’11 giugno, la Sesta Sezione nel ritornare ad occuparsi di fisioterapisti e, nello specifico, della possibile riconversione creditizia del titolo di massofisioterapista conseguito all’esito di un corso triennale, la valutazione dei crediti formativi ai fini dell’iscrizione al terzo anno del corso di laurea in Fisioterapia, da deciso di rimettere la questione alla Adunanza plenaria, in relazione al contrasto giurisprudenziale presente sulla questione. L’Università interessata, infatti, aveva respinto la domanda di iscrizione al terzo anno di corso in considerazione del fatto che per l’anno accademico in questione, ovvero il 2016/2017, aveva previsto soltanto ingressi al primo anno di corso, subordinati come per legge al superamento di un concorso per esami”. Ed aveva anche precisato di non aver programmato posti per l’iscrizione alla laurea triennale a seguito del riconoscimento delle attività formative svolte nei corsi di diploma universitario o titoli equipollenti, ovvero di riconversione creditizia, accesso per il quale comunque richiede una selezione. Orientamenti. Dopo aver richiamato il quadro di riferimento normativo e la sua successione nel tempo, il Collegio ha ricordato che, secondo un primo orientamento, in base alla normativa esaminata, il diploma di massofisioterapista rilasciato ai sensi della l. 19 maggio 1971 numero 403 consentirebbe senz’altro l’accesso ad una facoltà universitaria, nella specie alla facoltà di fisioterapia. E tale orientamento è stato espresso da C.d.S. sez. VI 5 marzo 2015 numero 1105 e dalla più recente C.G.A. sez. giurisdizionale 10 maggio 2017 numero 212 e si fonda sul percorso logico sotteso alla sentenza di I grado del medesimo procedimento. In sostanza, il suddetto orientamento ritiene che il diploma di cui alla l. numero 403/1971 sia equipollente al diploma di cui al d.lgs. 502/1999, ovvero diploma universitario, che per il conseguimento richiede di aver già conseguito un diploma di scuola secondaria superiore di durata quinquennale. Su questa base di equipollenza, si è ritenuto che il diplomato di cui alla l. 403/1971 possa per ciò solo iscriversi alla facoltà universitaria di proprio interesse e poiché tale facoltà è la facoltà di fisioterapia, l’orientamento in questione esenta il candidato dal test di ingresso. Si ritiene infatti che la finalità del test stesso sarebbe quella di accertare la predisposizione del candidato per le discipline oggetto dei corsi alla cui iscrizione ambisce” e che tale verifica sarebbe superflua, considerato che il conseguimento del titolo di studio di massofisioterapista in virtù soprattutto della prevista equipollenza con il diploma universitario triennale assicura, già in sé, questa predisposizione. In sostanza, tale tesi che porterebbe al risultato di consentire un’iscrizione universitaria ad un anno successivo al primo sulla base di un diploma di scuola secondaria superiore, appunto il diploma di cui alla l. 403/1971, di durata soltanto triennale viene confutata dalla ordinanza 3554 dell’11 giugno, in relazione al fatto che le conclusioni rappresentano una deviazione non minima dai principi in materia, dato che per l’iscrizione universitaria al primo anno, ovvero per un’iscrizione di livello inferiore a quello oggetto della questione posta, è richiesto un diploma di scuola secondaria superiore di durata quinquennale, e quindi di livello superiore a quello di cui si tratta, tanto in generale, quanto per l’iscrizione alla facoltà di Fisioterapia presso le università. Come risulta ad esempio dal bando di concorso per l’iscrizione al primo anno nell’anno accademico 2017/2018, nell’Università marchigiana. In sostanza, il Collegio dubita che una corretta interpretazione delle disposizioni consenta di arrivare al risultato sperato dagli originari ricorrenti. Ciò in quanto, pur non in assoluto vietato dall’ordinamento, dovrebbe essere sancito da una norma espressa. La prima questione, osserva la Sezione, verte in materia di equiparazione, in cui non si possono ammettere interpretazioni estensive, in base al rilievo logico, prima che giuridico, per cui ciò che si equipara è per definizione diverso. Nel caso di specie, tutte le disposizioni di riferimento prevedono l’equiparazione ai fini dell'esercizio professionale e dell'accesso alla formazione post-base , ovvero per lavorare - in proprio ovvero come dipendente, anche nell’ambito del Servizio sanitario nazionale, considerato in modo espresso dal d.m. 27 luglio 2000 - e per accedere a tutti quei corsi che consentono al professionista già abilitato di migliorare la propria professionalità. L’accesso ad una facoltà universitaria, viceversa, serve ad acquisire i fondamenti di una materia, ovvero la relativa formazione di base, come dimostra il semplice rilievo che come requisito per accedervi sia richiesto un qualsiasi diploma di scuola secondaria superiore quinquennale, ovvero una formazione di tipo generico. Non sarebbe quindi possibile consentire l’iscrizione universitaria considerandola parte della formazione post-base” prevista dalle disposizioni in questione. Gli interessati, quindi, dovrebbero al pari di ogni altro aspirante iscriversi al primo anno di corso superando il relativo test, salva la possibilità, da verificare caso per caso, che in base al diploma posseduto vengano loro riconosciuti in qualche misura crediti formativi. Non si potrebbe infatti applicare alla fattispecie, il principio stabilito da C.d.S. a.p. 28 gennaio 2015 numero 1, che esenta, a certe condizioni, dal test di ingresso gli studenti di Medicina che si trasferiscano da una facoltà straniera all’omologa facoltà italiana. Il caso deciso è infatti molto diverso, poiché si trattava di stabilire non una equipollenza, ma i requisiti per proseguire presso altra sede il medesimo corso di studi già intrapreso presso una sede all’estero. Si potrebbe anche ritenere, osserva ancora la Sezione, che un diploma come quello rilasciato ai sensi l. numero 403/1971, nel momento in cui abilita ad un esercizio professionale”, ovvero ad una attività compiuta in modo diretto sui pazienti bisognosi di cure, dovrebbe a maggior ragione consentire di iscriversi ad un corso di studi come la laurea in Fisioterapia, che a tale attività semplicemente prepara, presupponendo quindi che non la si conosca e la si debba ancora imparare. A tale proposito, e con riferimento alle sentenze 219/2018 e 1520/2018, la sentenza ricorda che, per effetto del d.P.R. 24 luglio 1977 numero 616, è stata trasferita alla Regioni la formazione professionale, e sono quindi difformi sul territorio nazionale, consentendo in Regioni diverse di conseguire il diploma sulla base di corsi di durata triennale ovvero anche biennale, cui corrisponde un monte ore di insegnamento teorico-pratico di proporzione variabile. In tale contesto, è intervenuto l’art. 7 d.lgs. 7 dicembre 1993 numero 517, modificativo dell’art. 6, comma 3, del già citato d.lgs. numero 502/1992, il quale disciplina la formazione del personale della riabilitazione, il Ministro della Sanità avrebbe dovuto individuare le figure professionali della riabilitazione da formare, ed i relativi profili, e di conseguenza sopprimere, entro due anni dal 1 gennaio 1994, i corsi di studio relativi alle figure professionali di tal tipo previste dal precedente ordinamento, che non fossero stati già riordinati ai sensi dell’art. 9 della l. 19 novembre 1990 numero 341. Sennonché, sempre secondo la sentenza 2019/2018, un atto di individuazione della figura del massofisioterapista, come una di quelle da riordinare, è mancato, né sono intervenuti atti di riordino o di soppressione del relativo corso regionale. La conseguenza di tale quadro normativo sarebbe quindi che il massofisioterapista ai sensi della l. 403/1971 sopravvive come operatore di interesse sanitario” ai sensi dell’art. 1 della l. 1 febbraio 2006 numero 43, e che l’equipollenza del relativo titolo al diploma universitario dovrebbe valere in termini molto ristretti, ovvero solo per il periodo transitorio di due anni dal 1 gennaio 1994 in cui si sarebbe dovuto compiere il riordino, e solo per i diplomi conseguiti all’esito di un corso già regolamentato a livello nazionale, ovvero solo in presenza di moduli formativi la cui uniformità ed equivalenza fossero già state riconosciute nel regime pregresso.

Consiglio di Stato, sez. VI, ordinanza 10 maggio – 11 giugno 2018, numero 3554 Presidente Caracciolo – Estensore Spisani Fatto e diritto 1. I ricorrenti appellati sono titolari di diplomi di massofisioterapista rilasciati loro ai sensi della l. 19 maggio 1971 numero 403 e conseguiti nella specie in un caso nel 2009 presso l’istituto Fermi” di Perugia, e negli altri due nel 2007 presso l’istituto Fleming” di Ancona, al termine di un corso di studi triennale al quale si può accedere immediatamente dopo l’assolvimento dell’obbligo scolastico docomma 5 in I grado ricorrenti appellanti . 2. Con istanza prot. numero 27108 del 3 agosto 2016, gli stessi hanno chiesto all’Università resistente appellante la riconversione creditizia” del titolo predetto, la valutazione dei crediti formativi e la conseguente iscrizione al terzo anno del corso di laurea in Fisioterapia esistente presso l’università stessa docomma 6 in I grado ricorrenti appellati . 3. Con il provvedimento meglio indicato in epigrafe, l’Università ha respinto la domanda. In proposito, ha reso noto di aver previsto, per l’anno accademico 2016/2017, soltanto ingressi al primo anno di corso, subordinati come per legge al superamento di un concorso per esami”. Ha poi precisato di non aver programmato posti per l’iscrizione alla laurea triennale a seguito del riconoscimento delle attività formative svolte nei corsi di diploma universitario o titoli equipollenti, ovvero di riconversione creditizia, accesso per il quale comunque richiede una selezione. In conclusione ha affermato di non poter accettare, per l’anno in questione, una iscrizione automatica al terzo anno di corso docomma 4 in I grado ricorrenti appellati, provvedimento in questione . 4. Con la sentenza meglio indicata in premesse, il TAR ha accolto il ricorso presentato dagli interessati contro tale diniego, affermando in sintesi che l’Università, salva una valutazione del loro percorso formativo, deve ammetterli all’iscrizione, in particolare senza test di ingresso, posto che il titolo da loro conseguito non va ritenuto inutile o inefficace ai fini in questione. 5. Contro tale sentenza, l’Università ha proposto impugnazione, con appello che contiene due motivi - con il primo di essi, deduce violazione della l. 2 agosto 1999 numero 264, nel senso che per l’accesso al corso di laurea indicato, anche per gli anni successivi al primo, sarebbe necessario comunque il superamento del test di ingresso, subordinato al possesso di un diploma di scuola secondaria di secondo grado di durata quinquennale - con il secondo motivo, deduce violazione della l. l. 26 febbraio 1999 numero 42, nel senso che il diploma posseduto dai ricorrenti appellati non consentirebbe, in particolare, l’accesso in parola. 6. I ricorrenti appellati hanno resistito, con memoria 6 marzo 2018, alla quale allegano come docomma 6 anche i propri titoli di studio quinquennali di scuola secondaria superiore, e hanno chiesto che l’appello sia respinto 7. L’Università, con memoria 12 marzo 2018, ha ribadito la propria posizione. 8. Alla camera di consiglio del giorno 15 marzo 2018, su accordo delle parti, il Presidente ha disposto il rinvio della causa alla pubblica udienza del successivo 10 maggio 2018 per la trattazione del merito, in abbinamento con ricorsi vertenti sull’identica questione di diritto. 9. Con memoria 9 aprile 2018, l’Università ha evidenziato la pendenza in primo grado di ulteriori controversie sulla questione. 10. All’udienza del giorno 10 maggio 2018 di cui sopra, la Sezione ha infine trattenuto il ricorso in decisione. 11. L’appello propone, nel suo complesso, questioni di diritto, per la cui risoluzione è necessaria, ad avviso del Collegio, la rimessione all’Adunanza plenaria, ai sensi dell’art. 99 c.p.a. 12. Si tratta del valore da riconoscere ai fini di un’iscrizione universitaria al diploma di fisioterapista del tipo posseduto dal ricorrente appellante, ovvero al diploma rilasciato, come si è detto, ai sensi della l. 19 maggio 1971 numero 403, nel senso di stabilire se tale diploma consenta l’iscrizione alla facoltà di Fisioterapia ad anni successivi al primo, questione oggetto del secondo motivo di appello, e in caso affermativo di stabilire se ciò sia possibile senza test di ingresso, questione oggetto del primo motivo di appello. 13. Solo per completezza, si evidenzia che altri ricorsi in appello vertenti sulle identiche questioni, chiamati alla pubblica udienza di oggi, hanno avuto esiti processuali differenti, non compatibili con la rimessione all’Adunanza plenaria. In particolare, il ricorso numero 1479/2017 R.G. è stato definito con sentenza di improcedibilità. Viceversa, nel ricorso numero 2974/2017 R.G. è stata disposta istruttoria, in conformità a quanto prescritto dalla stessa Adunanza plenaria con l’ordinanza 21 novembre 2017 numero 10 di restituzione degli atti alla Sezione, conseguente ad una prima rimessione per ragioni identiche a quelle per cui si controverte in questa sede. 14. Per chiarezza, si riporta il quadro normativo pertinente, al quale si è già accennato. In proposito, dispone anzitutto il D.M. 27 luglio 2000, rubricato Equipollenza di diplomi e di attestati al diploma universitario di fisioterapista, ai fini dell'esercizio professionale e dell'accesso alla formazione post-base”. Il decreto in questione all’art. 1 prevede I diplomi e gli attestati conseguiti in base alla normativa precedente a quella attuativa dell'art. 6 comma 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992 numero 502, e successive modificazioni, che sono indicati nella sezione B della tabella sotto riportata, sono equipollenti, ai sensi dell'art. 4, comma 1 della legge 26 febbraio 1999 numero 42, al diploma universitario di fisioterapista di cui al decreto 14 settembre 1994 numero 741 del Ministro della sanità indicato nella sezione A della stessa tabella, ai fini dell'esercizio professionale e dell'accesso alla formazione post-base.” Nella sezione B della tabella citata, è compreso fra gli altri il diploma di Massofisioterapista - Corso triennale di formazione specifica legge 19 maggio 1971, numero .403 ”, ovvero quello posseduto dai ricorrenti appellati. A sua volta, l’art. 4 della l. 42/1999, rubricato Diplomi conseguiti in base alla normativa anteriore a quella di attuazione dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, numero 502 , e successive modificazioni”, dispone al comma 1 che per le professioni di cui all'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, numero 502”, ovvero per le professioni sanitarie ausiliarie, fra le quali pacificamente vi è quella di massofisioterapista, i diplomi e gli attestati conseguiti in base alla precedente normativa, che abbiano permesso l'iscrizione ai relativi albi professionali o l'attività professionale in regime di lavoro dipendente o autonomo o che siano previsti dalla normativa concorsuale del personale del Servizio sanitario nazionale o degli altri comparti del settore pubblico, sono equipollenti ai diplomi universitari di cui al citato articolo 6, comma 3, del decreto legislativo numero 502 del 1992 , e successive modificazioni ed integrazioni, ai fini dell'esercizio professionale e dell'accesso alla formazione post-base.” E’ poi il caso di ricordare che l’art. 6 del d. lgs. 502/1992 è la norma che, quale requisito per l’esercizio di tutte le professioni sanitarie ausiliarie, ha previsto la laurea, e non più un semplice diploma di scuola secondaria superiore, come si ricava dal penultimo periodo del comma 3, per cui A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, per l'accesso alle scuole ed ai corsi disciplinati dal precedente ordinamento è in ogni caso richiesto il possesso di un diploma di scuola secondaria superiore di secondo grado di durata quinquennale”, diploma che è richiesto in via ordinaria per accedere a qualsiasi corso di livello universitario. 15. A completare il quadro, va l’art. 1 della l. 264/1999, per cui corsi di laurea nelle professioni in questione sono ad accesso programmato a livello nazionale, prevedono cioè un numero predeterminato e limitato di posti, da assegnare secondo i risultati ottenuti dai candidati nei noti test di ingresso, 16. Tutto ciò posto, secondo un primo orientamento, in base alla normativa appena riportata il diploma di massofisioterapista rilasciato ai sensi della l. 19 maggio 1971 numero 403 consentirebbe senz’altro l’accesso ad una facoltà universitaria, nella specie alla facoltà di fisioterapia. Tale orientamento è espresso da C.d.S. sez. VI 5 marzo 2015 numero 1105 e dalla più recente C.G.A. sez. giurisdizionale 10 maggio 2017 numero 212 e si fonda sul percorso logico sotteso alla sentenza di I grado in questo processo. L’orientamento in parola ritiene anzitutto che il diploma di cui alla l.403/1971, per effetto delle norme citate, ovvero del D.M. 27 luglio 2000 e dell’art. 4 l. 42/1999, sia equipollente al diploma di cui al d. lgs. 502/1999. Ciò posto, per implicito ma inequivocabilmente, rileva che il diploma di cui al d. lgs. 502/1999 è un diploma universitario, che per il conseguimento richiede di aver già conseguito un diploma di scuola secondaria superiore di durata quinquennale. Su questa base di equipollenza, ritiene quindi che il diplomato di cui alla l. 403/1971 possa per ciò solo iscriversi alla facoltà universitaria di proprio interesse. Poiché infine tale facoltà è la facoltà di fisioterapia, l’orientamento in questione esenta il candidato dal test di ingresso. Ritiene infatti che la finalità del test stesso sarebbe quella di accertare la predisposizione del candidato per le discipline oggetto dei corsi alla cui iscrizione ambisce” e che tale verifica sarebbe superflua, considerato che il conseguimento del titolo di studio di massofisioterapista in virtù soprattutto della prevista equipollenza con il diploma universitario triennale assicura, già in sé, questa predisposizione” così C.d.S. 1105/2015, da cui la citazione, e C.G.A. 212/2017. Su questa base, l’appello dovrebbe essere accolto, e al ricorrente appellante dovrebbe essere consentita l’iscrizione universitaria cui aspira. 17. Questo Collegio ritiene invece configurabile un orientamento diverso. Osserva infatti che all’evidenza la tesi sopra esposta porta al risultato di consentire un’iscrizione universitaria ad un anno successivo al primo sulla base di un diploma di scuola secondaria superiore, appunto il diploma di cui alla l. 403/1971, di durata soltanto triennale. Ciò rappresenta una deviazione non minima dai principi in materia, dato che per l’iscrizione universitaria al primo anno, ovvero per un’iscrizione di livello inferiore a quello per cui è processo, è richiesto un diploma di scuola secondaria superiore di durata quinquennale, e quindi di livello superiore a quello di cui si tratta, tanto in generale, quanto per l’iscrizione alla facoltà di Fisioterapia presso l’Università delle Marche, come risulta ad esempio dal bando di concorso per l’iscrizione al primo anno nell’anno accademico 2017/2018, da considerare fatto notorio. Tale conseguenza assume, nel caso di specie, rilievo ancora maggiore considerando che i ricorrenti appellati, in base a tale diploma, hanno richiesto l’iscrizione al terzo ed ultimo anno di corso della facoltà in questione. In linea di fatto, il loro diploma, ove la domanda venisse accolta, verrebbe ad assumere un valore molto prossimo a quello della laurea già conseguita. 18. Il Collegio dubita che una corretta interpretazione delle disposizioni citate consenta di arrivare a tale risultato che, pur non in assoluto vietato dall’ordinamento, dovrebbe essere sancito da una norma espressa. Si verte anzitutto in materia di equiparazione, in cui non si possono ammettere interpretazioni estensive, in base al rilievo logico, prima che giuridico, per cui ciò che si equipara è per definizione diverso. Nel caso di specie, tutte le disposizioni sopra riportate prevedono l’equiparazione ai fini dell'esercizio professionale e dell'accesso alla formazione post-base”, ovvero per lavorare -in proprio ovvero come dipendente, anche nell’ambito del Servizio sanitario nazionale, considerato in modo espresso dal D.M. 27 luglio 2000- e per accedere a tutti quei corsi che consentono al professionista già abilitato di migliorare la propria professionalità. L’accesso ad una facoltà universitaria, viceversa, serve ad acquisire i fondamenti di una materia, ovvero la relativa formazione di base, come dimostra il semplice rilievo che come requisito per accedervi sia richiesto un qualsiasi diploma di scuola secondaria superiore quinquennale, ovvero una formazione di tipo generico. Non sarebbe quindi possibile consentire l’iscrizione universitaria considerandola parte della formazione post-base” prevista dalle disposizioni citate. 19. Gli interessati, quindi, dovrebbero al pari di ogni altro aspirante iscriversi al primo anno di corso superando il relativo test, salva la possibilità, da verificare caso per caso, che in base al diploma posseduto vengano loro riconosciuti in qualche misura crediti formativi. Non si potrebbe infatti applicare, lo si dice per completezza, alla fattispecie il principio stabilito da C.d.S. a.p. 28 gennaio 2015 numero 1, che esenta, a certe condizioni, dal test di ingresso gli studenti di Medicina che si trasferiscano da una facoltà straniera all’omologa facoltà italiana. Il caso deciso è infatti molto diverso, poiché si trattava di stabilire non una equipollenza, ma i requisiti per proseguire presso altra sede il medesimo corso di studi già intrapreso presso una sede all’estero. 20. Il Collegio peraltro obiettivamente osserva che gli argomenti di cui sopra sono controvertibili, in base al principio pratico e logico per cui nel più è compreso il meno, con un ragionamento implicito nella conclusione cui arrivano le citate sentenze C.d.S. 1105/2015 e C.G.A. 212/2017 Si potrebbe anche ritenere, infatti, che un diploma come quello rilasciato ai sensi l. 403/1971, nel momento in cui abilita ad un esercizio professionale”, ovvero ad una attività compiuta in modo diretto sui pazienti bisognosi di cure, dovrebbe a maggior ragione consentire di iscriversi ad un corso di studi come la laurea in Fisioterapia, che a tale attività semplicemente prepara, presupponendo quindi che non la si conosca e la si debba ancora imparare. 21. Il quadro della giurisprudenza va infine completato con l’orientamento espresso da C.d.S. sez. III 16 gennaio 2018 numero 219 e 9 marzo 2018 numero 1520, sentenze le quali, pur non riguardando direttamente la problematica per cui è causa, si sono pronunciate sull’effettivo valore da riconoscere come tale al diploma di massofisioterapista di cui alla l. 403/1971, ovvero al titolo di cui i ricorrenti appellati sono in possesso. 22. Le sentenze citate, in particolare la 219/2018, da cui si cita, osservano che la l. 403/1971 istitutiva del diploma in questione non dettava norme sul percorso formativo corrispondente. Le stesse sono intervenute solo dopo che la competenza, per effetto del D.P.R. 24 luglio 1977 numero 616, è stata trasferita alla Regioni, e sono quindi difformi sul territorio nazionale, consentendo in Regioni diverse di conseguire il diploma sulla base di corsi di durata triennale ovvero anche biennale, cui corrisponde un monte ore di insegnamento teorico-pratico di proporzione variabile. 23. In tale contesto, è intervenuto l’art. 7 del d. lgs. 7 dicembre 1993 numero 517, modificativo dell’art. 6, co. 3, del già citato d. lgs. numero 502/1992, il quale disciplina la formazione del personale della riabilitazione, il Ministro della Sanità avrebbe dovuto individuare le figure professionali della riabilitazione da formare, ed i relativi profili, e di conseguenza sopprimere, entro due anni dal 1 gennaio 1994, i corsi di studio relativi alle figure professionali di tal tipo previste dal precedente ordinamento, che non fossero stati già riordinati ai sensi dell’art. 9 della l. 19 novembre 1990 numero 341. 24. Sennonché, sempre secondo la sentenza 2019/2018, un atto di individuazione della figura del massofisioterapista, come una di quelle da riordinare, è mancato, né sono intervenuti atti di riordino o di soppressione del relativo corso regionale. La conseguenza di tale quadro normativo sarebbe quindi che il massofisioterapista ai sensi della l. 403/1971 sopravvive come operatore di interesse sanitario” ai sensi dell’art. 1 della l. 1 febbraio 2006 numero 43, e che l’equipollenza del relativo titolo al diploma universitario dovrebbe valere in termini molto ristretti, ovvero solo per il periodo transitorio di due anni dal 1 gennaio 1994 in cui si sarebbe dovuto compiere il riordino, e solo per i diplomi conseguiti all’esito di un corso già regolamentato a livello nazionale, ovvero solo in presenza di moduli formativi la cui uniformità ed equivalenza fossero già state riconosciute nel regime pregresso. 25. Si segnala che a tale orientamento si sarebbe uniformato anche il Ministero della Salute, con una nota 5 aprile 2018. 26. Nei termini di cui alle illustrate sentenze della III Sezione, sarebbe allora avvalorato l’orientamento sostenuto da questa Sezione, in senso sfavorevole ai ricorrenti appellati. Ciò in generale, perché un diploma la cui validità ai fini dell’esercizio professionale fosse limitata nel tempo e condizionata non potrebbe considerarsi secondo logica valido senza limiti ai fini di un’iscrizione universitaria. Ciò però anche nel caso particolare, perché ai diplomi dei ricorrenti appellati, addirittura conseguiti in data molto posteriore al periodo transitorio di cui s’è detto, non potrebbe riconoscersi equipollenza alcuna, neanche sotto il profilo dell’esercizio professionale. 27. Alla luce di siffatto contrasto giurisprudenziale la questione, rilevante per quel che si è detto ai fini della decisione dell’appello, in esame, va deferita all’Adunanza plenaria ai sensi dell’art. 99 c.p.a., che deciderà ai sensi del comma 4 dello stesso art. 99. 28. Spese al definitivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Sesta , non definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe indicato ricorso numero 1118/2018 R.G. , lo rimette all’esame dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, ai sensi dell’art. 99 c.p.a. Spese al definitivo.