Assunzione di dipendenti pregiudicati? La sussistenza del tentativo di infiltrazione mafiosa non è automatica

Non vi può essere un automatismo fra la presenza di dipendenti pregiudicati e il tentativo di infiltrazione mafiosa ai fini dell’adozione di un informativa antimafia.

Del resto, se così non fosse, se ne ricaverebbe che un soggetto pregiudicato non possa mai essere assunto da alcuna impresa, non solo se attiva nel mercato delle commesse pubbliche e, più in generale, dell’economia pubblica , ma anche se operante nell’economia privata . Così si è espresso il Consiglio di Stato nella sentenza n. 3138/18 del 25 maggio. La vicenda. Con ricorso al TAR Puglia veniva impugnata l’informativa interdittiva antimafia emessa nei confronti di azienda che aveva assunto un dipendente pregiudicato. Secondo il Tribunale Regionale, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente l’impugnata interdittiva era sorretta da adeguata motivazione atta ad esternare gli elementi fattuali che consentono di affermare, su un piano necessariamente prognostico, la sussistenza del pericolo di ingerenza della criminalità organizzata nell’attività imprenditoriale della società istante e di un quadro indiziario complessivo dal quale può ragionevolmente desumersi l’esistenza di un condizionamento da parte della criminalità organizzata . Al contrario la società ricorrente evidenziava che dopo l’assunzione non erano intervenuti alcuni mutamenti nella compagine societaria e nelle modalità di gestione. La questione è rimessa ai Giudici di Palazzo Spada. Assunzioni e infiltrazioni mafiose. Il Consiglio di Stato nel risolvere la controversia ha chiarito che per l’adozione di un informativa antimafia non è il dato in sé che un’impresa possa avere alle proprie dipendenze soggetti pregiudicati oppure sospettati di essere contigui ad ambienti mafiosi, quanto piuttosto che la presenza degli stessi possa essere ritenuta indicativa dell’influenza dalla criminalità organizzata sulle politiche assunzionali dell’impresa e, mediante ciò, l’incidenza sulla gestione societaria. In particolare la circostanza che un’impresa abbia dipendenti controindicati, in assenza di altri elementi, può assumere prova dei legami con la criminalità organizzata solo a condizione che gli operatori economici - soprattutto nei settori a rischio” di cui all’art. 1, comma 52, l. 6 novembre 2012, n. 190 in cui la pervasività del fenomeno mafioso è statisticamente più evidente - siano dotati dal legislatore di adeguati meccanismi preventivi per venire a conoscenza della possibile sussistenza di ragioni di controindicazione a fini antimafia, pur genericamente formulate, vieppiù nell’ipotesi in cui l’imprenditore sia già iscritto alla c.d. white list di cui al d.P.C.M. 18 aprile 2013 equipollente all’informativa antimafia liberatoria e le plurime e contestuali nuove assunzioni conseguano all’adempimento di un obbligo giuridico, come nel caso della cd clausola sociale . Davanti al citato obbligo giuridico, continuano i Giudici di Palazzo Spada, non è seriamente esigibile dall’imprenditore un controllo personale, e un giudizio, altrettanto personale, sull’esistenza e influenza delle parentele dell’assumendo, sulle sue frequentazioni, o sulle indagini non ancora giunte ad un rinvio a giudizio . Ed inoltre non può essere richiesto all’imprenditore di sottrarsi agli obblighi assunzionali per ragioni soggettive e non oggettive in assenza di previsioni di legge che vietino l’instaurazione o la prosecuzione del rapporto, o comunque di informazioni qualificate, in quanto provenienti dalla Prefettura o dagli organi di Polizia, che rendano verosimile la sussistenza del rischio che l’assumendo possa essere un cavallo di Troia” delle associazioni mafiose o anche semplicemente un soggetto controindicato” ai fini antimafia, avuto riguardo al tipo di attività e al luogo di svolgimento della stessa .

Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 5 aprile 25 maggio 2018, numero 3138 Presidente Frattini – Estensore Veltri Fatto 1. Con ricorso al Tar Puglia, omissis impugnava l’informativa interdittiva prot. numero omissis emessa nei suoi confronti dal Prefetto omissis -. La società ricorreva, altresì, per l’annullamento di plurimi atti comunque connessi alla predetta informativa, fra cui il decreto prefettizio del omissis -recante diniego di iscrizione della omissis -. nella c.d. white list il provvedimento del omissis -con il quale il Comune di omissis aveva comunicato il recesso del rapporto contrattuale con la omissis -. a decorrere dal 19/1/2017 la determinazione dirigenziale del omissis disponente lo scorrimento della graduatoria ed il subentro del omissis -Stabile omissis dal 13/3/2017 il decreto del 23/2/2017 con il quale la Prefettura omissis aveva disposto il commissariamento degli appalti che la omissis -. aveva in corso ad eccezione di quello di omissis - il provvedimento del 11/4/2017 con il quale la Sezione Regionale della Puglia dell’Albo Gestori Ambientali aveva rinnovato l’iscrizione della ricorrente nelle Categorie 1, 4 e 5, limitando l’esercizio dell’attività di raccolta e trasporto dei rifiuti ai soli appalti oggetto di commissariamento il provvedimento del 20/4/2017 con il quale la Sezione Regionale della Puglia dell’Albo Gestori Ambientali aveva confermato l’iscrizione della ricorrente nella Categoria 10, limitando l’esercizio dell’attività di raccolta e trasporto dei rifiuti ai soli appalti oggetto di commissariamento. 2. Il Tar adito respingeva il ricorso e i motivi aggiunti, condannando la ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore delle Amministrazioni statali e del Comune di omissis e compen omissis -dole nei confronti di omissis -. 2.1. In particolare, il giudice di prime cure, con riferimento all’interdittiva prefettizia, rilevava che diversamente da quanto sostenuto da parte ricorrente nelle varie doglianze articolate nell’atto introduttivo, l’impugnata interdittiva antimafia è sorretta da adeguata motivazione atta ad esternare gli elementi fattuali che consentono di affermare, su un piano necessariamente prognostico, la sussistenza del pericolo di ingerenza della criminalità organizzata nell’attività imprenditoriale della società istante e di un quadro indiziario complessivo dal quale può ragionevolmente desumersi l’esistenza di un condizionamento da parte della criminalità organizzata. Al riguardo, il Prefetto omissis ha dato diffusamente conto degli elementi fattuali dai quali ha desunto la sussistenza di detto pericolo e che si sostanziano fondamentalmente negli accertamenti svolti dalla Direzione Investigativa Antimafia, in particolare con riguardo all’appalto aggiudicato alla omissis -. dal Comune di omissis per il servizio di raccolta rifiuti e con riguardo alla omissis -cata presenza nella compagine aziendale della ricorrente di molteplici dipendenti nominativamente indicati nel rapporto informativo e negli allegati depositati pregiudicati, dediti ad attività criminale e/o contigui a sodalizi criminali. [ ] Dall’informativa della DIA trasmessa al Prefetto omissis il 9 settembre 2016 emerge chiaramente che nel Comune di omissis -erano stati commessi nel 2014 attentati incendiari ed estorsivi poi ricondotti all’attività della criminalità organizzata nei confronti della ditta omissis -affidataria all’epoca del servizio di smaltimento rifiuti che, conseguentemente, si determinò a recedere dal servizio. Tale servizio venne poi affidato alla omissis -. che inizialmente aveva partecipato alla gara e non era risultata aggiudicataria, nonostante le pressioni e intercessioni di tale omissis - che agiva spendendo il nome della omissis - presso il Sindaco omissis -. Quest’ultimo, nel corso di una conversazione con un assessore di omissis -, captata a seguito di intercettazione ambientale e dunque certamente genuina, aveva infatti raccontato delle pressioni ricevute dalla omissis -. già al momento dell’espletamento della gara poi affidata alla OMISSIS -, per il tramite di omissis -, presentatosi quale responsabile” della società, successivamente arrestato nell’ omissis della più ampia indagine denominata omissis -”. L’episodio delle pressioni al Sindaco era stato, peraltro, da questi riferito al Prefetto di Reggio Calabria anche per gli accertati legami dell’ OMISSIS con esponenti di cosche mafiose locali. Trattasi di circostanze di fatto che evidenziano una netta permeabilità della OMISSIS -. alle infiltrazioni di esponenti della criminalità organizzata o di soggetti a questa vicini, in un contesto ambientale in cui la raccolta e la gestione dei rifiuti costituisce un’occasione di business per le cosche mafiose, come pure accertato attraverso la complessa attività investigativa della quale viene dato atto nell’interdittiva impugnata e negli atti istruttori posti a base del provvedimento”. Ad avviso del Tar Puglia non poteva inoltre attribuirsi alcun pregio alla censura della ricorrente in ordine all’epoca in cui erano avvenuti gli atti intimidatori poiché dal 2014 al 2016, non è intervenuto alcun mutamento nella compagine societaria e nelle modalità di gestione della società ricorrente non essendo stata data alcuna prova del contrario ”. Né poteva rilevare che l’affidamento alla omissis -. era avvenuto ad opera dei Commissari nominati a seguito dello scioglimento del Comune di omissis -posto che lo stesso era stato disposto sulla base di quello che formalmente risultava dagli atti ossia che la omissis -. era la concorrente alla quale spettava l’aggiudicazione a seguito della rinuncia della omissis - e, dunque, senza che i Commissari avessero conoscenza di quanto invece poi accertato dalla DIA” con riferimento poi all’avvenuta risoluzione del rapporto di consulenza con omissis -il Tar giudicava del tutto irrilevante [ ] la tardiva resipiscenza della società allorquando, solo dopo che era stato reso noto a tutti chi fosse realmente l’ omissis -, ha preso da questi le distanze e risolto il rapporto”. Ad avviso della sentenza gravata, inoltre, doveva ritenersi priva di pregio anche la doglianza della ricorrente secondo cui nulla le poteva essere rimproverato in merito all’assunzione di dipendenti pregiudicati o comunque contigui all’attività della criminalità organizzata sull’assunto che le assunzioni sarebbero state la conseguenza della necessitata applicazione delle c.d. clausole sociali. Tanto sul presupposto che l’obbligo di riassunzione trova deroga in tutti i casi in cui prioritarie esigenze aziendali impongano di non procedere all’assunzione di taluno dei dipendenti in precedenza occupati. E tra tali prioritarie esigenze vi è certamente quella di evitare e prevenire tutte quelle situazioni di fatto che potrebbero essere sintomatiche del pericolo di infiltrazione mafiosa e, quindi, l’adozione di eventuali provvedimenti inibitori dei rapporti con la pubblica amministrazione. Peraltro, anche la presenza nella compagine societaria di un solo dipendente pregiudicato o contiguo a consorterie mafiose può costituire sufficiente ragione per la legittima adozione dell’interdittiva antimafia”. Sicché, risultava sufficientemente dimostrata la circostanza per cui omissis -. ha comunque inteso mantenere rapporti con tali dipendenti pur non essendo a ciò tenuta in forza delle clausole sociali alle quali si è fatto innanzi cenno”. 2.2. Per quanto concerne le censure formulate dalla ricorrente in ordine alla comunicazione di recesso conseguente all’informativa prefettizia, da parte del Comune di OMISSIS -, il Tar statuiva, fra l’altro, che la stazione appaltante Comune di omissis - poteva legittimamente decidere di risolvere il contratto attraverso il provvedimento di recesso del 30/12/2016 con un semplice richiamo alla interdittiva antimafia del 23/12/2016, senza necessità di richiamare alcuno specifico interesse pubblico evidentemente da ritenersi sussistente in re ipsa alla non prosecuzione del rapporto con una impresa oggetto di tentativo di infiltrazione criminale. Inoltre, non sono suscettibili di positivo apprezzamento le censure che riguardano la circostanza di non avere atteso i pronunciamenti cautelari del T.A.R., ovvero l’aver violato la procedura di cui all’articolo 92, comma 3 dlgs numero 159/2011, ovvero non aver atteso l’esito della verifica del presunto inadempimento di omissis -, poiché le suddette circostanze non inficiano in alcun modo la legittimità del provvedimento comunale di recesso del 30/12/2016 come detto di carattere puramente vincolato e consequenziale alla interdittiva antimafia del 23.12.2016 . [ ] Non può trovare positivo apprezzamento neanche la censura cfr. pag. 11 del primo ricorso per motivi aggiunti relativa al vizio di incompetenza del RUP alla stregua degli artt. 109 dlgs numero 50/2016 e 134 dlgs numero 163/2006 i quali prevedono una competenza della stazione appaltante ad adottare l’atto di recesso dal contratto , poiché, venendo in rilievo un’attività amministrativa assolutamente vincolata adozione di un provvedimento di recesso consequenziale alla interdittiva antimafia , è palese ai sensi dell’articolo 21 octies, comma 2 legge numero 241/1990 che il contenuto dispositivo del provvedimento rectius recesso del 30/12/2016 non sarebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Con riferimento alla censura relativa all’asserita violazione dell’articolo 6 bis legge numero 241/1990 da parte del RUP ing. omissis -che non si sarebbe astenuto sia dal dichiarare il recesso in danno alla omissis -, sia dal disporre il subentro di omissis -, essendo lo stesso coimputato con i vertici di omissis consorziata di omissis - in un procedimento penale pendente innanzi al Tribunale omissis -, va evidenziato che non sussiste alcun conflitto di interessi rilevante ai fini della disposizione in commento” anche perché il provvedimento di recesso si configura quale atto vincolato e consequenziale rispetto alla interdittiva antimafia e sottratto ad ogni profilo di discrezionalità, essendo provvedimento discendente direttamente dalla intervenuta interdittiva antimafia, nonché da specifiche e cogenti disposizioni normative di carattere imperativo i.e. artt. 88, 92 e 94 dlgs numero 159/2011 . 2.3. In merito al decreto di commissariamento, il Tar rilevava che esso risultava strettamente consequenziale alla interdittiva antimafia”, che quindi rientrava nella discrezionalità della stazione appaltante l’aver esteso il provvedimento di commissariamento alla esecuzione di tutti i contratti pubblici di appalto in corso di esecuzione ovvero di completamento tuttora in essere” e che tale giudizio non poteva mutare per la sola circostanza che la governance della stessa ricorrente non ha subito procedimenti penali, né ha mai intrattenuto rapporti e/o contatti con la criminalità organizzata non rileva ai fini della valutazione sottostante l’adozione del provvedimento di commissariamento”. 2.4. Infine, con riguardo ai gravati provvedimenti della Sezione Pugliese dell’Albo Gestori Ambientale dell’11/4/2017 e del 20/4/2017, il giudice di prime cure statuiva che i provvedimenti impugnati appaiono avere contenuto vincolato”, ciò che peraltro comportava anche la reiezione della censura in ordine all’asserita violazione dell’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento. 3. Avverso la sentenza ha proposto appello omissis -., affidando il gravame ai seguenti motivi. 3.1. L’appellante osserva, anzitutto, come la Prefettura abbia posto al centro dell’interdittiva l’appalto di omissis -ed i rapporti tra la omissis e l’ing. omissis -, che, secondo la ricostruzione dell’UTG, sarebbe una figura anomala in quanto avrebbe agito in nome e per conto della omissis pur non essendo un dipendente della Azienda presso la quale non rivestiva neppure cariche sociali. In proposito, omissis -. rappresenta che la società si era aggiudicata la gara d’ omissis -, che comprendeva anche il Comune di omissis -, a settembre 2013 e quindi prima di avviare il rapporto di consulenza con l’ing. omissis - il prezzo dell’appalto del Comune di omissis -era in linea con quello degli altri enti del medesimo omissis - non esiste alcun elemento, neppure indiziario, che dimostri come l’ing. omissis abbia mai fatto pressioni sul Sindaco di omissis -e anzi, negli atti di causa, esiste la prova del contrario, visto che le insinuanti affermazioni del Sindaco, unici elementi posti a sostegno della tesi delle pressioni”, sono state ritenute completamente inattendibili dal giudice penale che ha accertato come il primo cittadino” volesse effettuare in realtà un vero e proprio depistaggio contrariamente a quanto statuito dal Tar, omissis non ha nulla a che fare con l’attentato incendiario occorso alla ditta omissis -con la quale non hai mai concorso in gara ed alla quale non è neppure subentrata successivamente al ridetto evento l’informativa prefettizia non riferisce dell’ing. omissis come gestore degli appalti per conto della omissis -. e quindi, sul punto, il Tar è incorso in un vizio di ultrapetizione per aver integrato la motivazione del provvedimento ogni scelta riguardante le assunzioni, le spese ed i rapporti contrattuali con i committenti pubblici è stata sempre assunta, in via esclusiva e diretta, dai vertici aziendali e non dall’ing. omissis -, il quale si è dunque limitato allo svolgimento dei compiti assegnatigli la società ha interrotto il rapporto di consulenza con il suindicato professionista non appena ha appreso, da articoli di stampa, di una possibile sua controindicazione scaturente da precedenti fatti risalenti al periodo in cui era un pubblico dipendente il giudice di prime cure, nel contestare alla ricorrente una tardiva resipiscenza”, probabilmente allude al fatto che omissis già conoscesse le ragioni di controindicazione dell’ing. omissis -, ma l’assoluta inconsistenza di tale tesi è dimostrata dal fatto che essa non è stata mai evidenziata dall’UTG né dal giudice penale. 3.2. con riferimento all’assunzione di persone controindicate, l’appellante rappresenta, anzitutto, che con riferimento agli 8 operai dei cantieri calabresi omissis -di omissis -, omissis -di omissis -, omissis -di omissis -, omissis -di omissis -, omissis -di omissis -, omissis di omissis -, omissis -di omissis -, omissis -di omissis omissis le ragioni di controindicazione sono del tutto inconsistenti in quanto i 6 operai di omissis -erano tutti incensurati ad eccezione del omissis -, che aveva un paio di condanne per porto d’armi risalenti a 25-30 anni fa”, ed erano stati assunti su indicazione nominativa da parte del comune in esecuzione di specifica clausola sociale gli operai omissis -e omissis -, assunti a tempo determinato rispettivamente a omissis e omissis omissis -per soli 1-2 mesi nel 2015, erano anche loro completamente incensurati nessuno di questi operai risulta essere un esponente e/o un affiliato e/o contiguo alla criminalità organizzata Dagli unici accertamenti effettuabili in sede di assunzione da parte dell’appellante acquisizione dei certificati penali , alcuna delle ragioni di controindicazione sarebbe potuta emergere tranne le asintomatiche e remote condanne del omissis del 1986/1991 che non costituisce certamente motivo per negare l’assunzione e/o per licenziare, né la circostanza che una persona sia stata testimone oculare di un evento delittuoso né che sia stata vittima di minacce e neppure le sue eventuali parentele ammesso che tali fatti siano conosciuti e conoscibili dal datore di lavoro con l’ordinaria diligenza a questi richiedibile che, al momento delle assunzioni, i parenti dei controindicati non erano stati neppure condannati in primo grado operando quindi la presunzione di non colpevolezza. Con riguardo agli altri operai indicati dall’utg, l’appellante osserva che i 3 operai omissis -e omissis -di omissis nonché omissis -di omissis erano tutti incensurati e i primi due erano stati assunti per passaggio diretto, mentre il omissis -lo era stato in virtù della sua pregressa esperienza in altra impresa del settore possibili circostanze di controindicazione, come ad esempio la frequentazione occasionale del omissis -con un pregiudicato, non erano conoscibili da parte della società gli operai omissis -, omissis -, omissis -, omissis -, omissis -, omissis -, omissis -, omissis -, omissis -e omissis -erano stati assunti per passaggio di diretto e non avevano carichi pendenti le 6 unità omissis -, omissis -, omissis -, omissis -, omissis -e omissis -avevano effettivamente intrattenuto un rapporto di tirocinio con omissis già conclusosi molto prima dell’interdittiva ma tanto era avvenuto nell’ omissis di un’iniziativa, avviata con i servizi sociali cittadini e finanziata con fondi pubblici, volta proprio al reinserimento occupazionale delle categorie svantaggiate fra le quali vi erano gli ex detenuti gli altri 6 operai assunti volontariamente dall’appellante omissis -, omissis -, omissis -, omissis -, omissis -e omissis non avevano precedenti penali per reati spia e comunque legati alla criminalità organizzata. inoltre, l’appellante osserva che è del tutto irragionevole ritenere che la mera presenza di operai che pos omissis -o presentare ragioni di controindicazione esporrebbe l’impresa al rischio di condizionamento, anche perché viene fatta un’indebita, gratuita e totalmente inaccettabile assimilazione tra delinquenti e parenti di pregiudicati”, gli operai assegnati alla raccolta della spazzatura provengono, per la quasi totalità, dalle fasce sociali più basse ed esposte al degrado”, in un’azienda di grandi dimensioni che impiega alcune centinaia di persone in diverse regioni , gli operai non hanno rapporti con i vertici aziendali e non possono quindi assolutamente influenzare le scelte di chi è distante centinaia di chilometri”, l’ipotizzato condizionamento opererebbe – ed avrebbe operato – esclusivamente per omissis e non anche per le altre ditte che, prima e dopo l’appellante, hanno tenuto – e tutt’ora tengono – alle loro dipendenze quelle stesse maestranze”. 3.3. per quanto concerne i provvedimenti conseguenti all’interdittiva, la società censura anzitutto le conclusioni cui è pervenuto il giudice di prime cure in ordine al decreto di commissariamento, in quanto tale provvedimento sarebbe viziato da macroscopici vizi non rilevati dal tar. in proposito, omissis -. sostiene che il decreto, oltre ad essere illegittimo per invalidità derivata, sia censurabile in quanto è pacifico che la governance della società non ha mai subito procedimenti penali e non ha mai neanche avuto contatti con la criminalità organizzata, di talché l’unica misura che si sarebbe potuta applicare sarebbe quella del sostegno e monitoraggio dell’impresa attraverso la nomina di esperti che si limitano a fornire prescrizioni operative riferite agli ambiti organizzativi, al sistema di controllo interno ed agli organi amministrativi e di controllo articolo 32, co. 8, l. numero 114/14 in ogni modo, il commissariamento avrebbe dovuto riguardare solo le commesse nelle quali erano state ipotizzate delle criticità calabria e puglia e non anche quelle del lazio omissis -, omissis -e omissis - nelle quali non era stata verificata la sussistenza di elementi sintomatici, bastando – per queste ultime – al più la nomina di esperti per il sostegno e monitoraggio dell'impresa il decreto avrebbe dovuto includere l’appalto di omissis con ciò violando il principio del tempus regit actum, oltre ad aver permesso a quel comune di disattendere le indicazioni ricevute dall’utg consentendo l’adozione di un provvedimento di recesso contrastante con i principi ispiratori della normativa antimafia e con gli interessi tutelati dal commissariamento. 3.4. l’appellante si duole, altresì, dell’errore in cui sarebbe incorso il tar nel ritenere che la cancellazione dall’albo gestori ambientali, con rinnovo dell’iscrizione della omissis limitatamente al solo completamento degli appalti oggetto di commissariamento, costituirebbe atto dovuto a contenuto vincolato, con ciò che ne consegue anche in termini di irrilevanza dei vizi procedimentali. ad avviso della società, infatti, in forza delle regole per l’iscrizione all’albo articolo 10 del d.m. numero 120/14 , la preclusione sarebbe potuta discendere soltanto da una misura di prevenzione definitiva, ma tale non poteva essere ritenuta l’interdittiva sia per la sua stessa natura giuridica sia perché già sub judice al momento della presentazione della domanda di iscrizione. inoltre, il rinnovo limitato alla sola prosecuzione degli appalti commissariati contrasterebbe con lo spirito e la ratio del codice antimafia, il cui articolo 83 chiarisce, secondo la ricostruzione di omissis -., che l’ omissis di applicazione della citata normativa è esclusivamente quello dei contratti pubblici mentre le imprese interdette possono continuare ad operare con i clienti privati. 3.4. in merito al recesso comunicato dal comune di omissis -, l’appellante, oltre a denunciarne l’illegittimità derivata per l’invalidità dell'informativa prefettizia, sostiene che la scelta di conservare o meno il rapporto contrattuale con omissis sarebbe spettata esclusivamente al prefetto omissis che non aveva ancora speso il relativo potere del cui imminente esercizio aveva peraltro informato preventivamente tutti i comuni invitandoli a non interrompere i rapporti in corso. sul punto, dunque, il giudice di prime cure avrebbe errato nel ritenere che in materia di interdittiva, l’interesse pubblico tutelato dall’ordinamento sarebbe quello del committente che potrebbe, pertanto, autonomamente determinarsi a recedere dal contratto. in realtà, ad avviso di omissis -., l’interesse tutelato dall’ordinamento è quello pubblico generale e non quello particolare delle stazioni appaltanti tanto è vero che l’articolo 32, co. 10, della l. numero 114/14 riconosce come le misure debbano garantire e preservare i diritti fondamentali, nonché la salvaguardia dei livelli occupazionali e l'integrità dei bilanci pubblici di qui la sicura prevalenza della potestà prefettizia che deve autonomamente determinarsi circa le misure da adottare in ordine alla conservazione o meno dei contratti in corso e fino a quel momento alcun atto può essere adottato dai comuni. inoltre, l’ente, prima di recedere, avrebbe dovuto attendere il pronunciamento cautelare del tar. peraltro, l’esercizio del potere di recesso sarebbe viziato perché violerebbe la procedura delineata dall’articolo 92, co. 3, d.lgs. numero 159/11 per eccesso di potere poiché l’ente voleva già sciogliersi dal vincolo per asseriti inadempimenti contrattuali da parte di omissis -. per conflitto di interesse, in quanto adottato dall’ing. omissis -, che risultava interessato allo scioglimento del vincolo contrattuale per le ragioni evidenziate nel ricorso di primo grado per omissione di qualsivoglia effettivo controllo sulla sussistenza e permanenza dei requisiti di partecipazione in capo al omissis omissis -. 4. nel giudizio si sono costituiti il comune di omissis e, seppure soltanto formalmente, omissis -. 4.1. il comune ha preliminarmente eccepito la inammissibilità e/o, comunque, l’improcedibilità” dell’appello per difetto di notifica nei confronti della controinteressata” impresa omissis omissis -, subentrata nella gestione del servizio ad omissis -, nonché per violazione del combinato disposto degli articoli 40, commi 1 e 2 e 101 del c.p.a., in quanto l’appellante non avrebbe indicato gli specifici motivi di censura nei riguardi della sentenza gravata. l’amministrazione ha quindi replicato ai motivi di censura attinenti al recesso contrattuale, difendendo le statuizioni di prime cure ed insistendo per la reiezione del gravame. 5. la causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 5 aprile 2018. Diritto 1. Devono essere preliminarmente esaminate le eccezioni processuali formulate dal comune di omissis -. 1.1. quanto all’asserito difetto di notificazione nei confronti dell’impresa omissis omissis -, è sufficiente rilevare che trattasi di soggetto estraneo al processo di primo grado, nei cui confronti non sussisteva, pertanto, alcun onere di notificazione dell’appello a pena di inammissibilità/improcedibilità”. inoltre, come rilevato dall’appellante nella memoria difensiva, il recesso non conteneva l’indicazione dell’impresa che sarebbe subentrata a omissis -. e, cionondimeno, la società aveva notificato il ricorso di primo grado all’impresa che, all’epoca, appariva come la possibile affidataria del servizio, omissis -, in quanto seconda classificata. 1.2. parimenti priva di pregio è l’eccezione di genericità dell’appello. ritiene, infatti, il collegio che negli atti di causa, complessivamente considerati, siano rintracciabili gli specifici profili di censura della sentenza e le ragioni a supporto del gravame. 2. nel merito, l’appello è fondato. 2.1. giova premettere che, come recentemente ribadito da questa sezione, la valutazione prefettizia [ ] deve fondarsi su elementi gravi, precisi e concordanti che, alla stregua della logica del più probabile che non , consentano di ritenere razionalmente credibile il pericolo di infiltrazione mafiosa in base ad un complessivo, oggettivo, e sempre sindacabile in sede giurisdizionale, apprezzamento dei fatti nel loro valore sintomatico” e che l’equilibrata ponderazione dei contrapposti valori costituzionali in gioco, la libertà di impresa, da un lato, e la tutela dei fondamentali beni che presidiano il principio di legalità sostanziale sopra richiamati, richiedono alla prefettura un’attenta valutazione di tali elementi, che devono offrire un quadro chiaro, completo e convincente del pericolo di infiltrazione mafiosa, e a sua volta impongono al giudice amministrativo un altrettanto approfondito esame di tali elementi, singolarmente e nella loro intima connessione, per assicurare una tutela giurisdizionale piena ed effettiva contro ogni eventuale eccesso di potere da parte del prefetto nell’esercizio di tale ampio, ma non indeterminato, potere discrezionale” cons. stato, sez. iii, 9 febbraio 2017, numero 565 . un approfondito esame degli elementi posti a base dell’informativa, letti alla luce degli atti dell’indagine penale e della sua evoluzione, fa emergere la fallacia delle conclusioni cui sono giunti il prefetto e il giudice di prime cure. 3. l’interdittiva muove dall’assunto che l’ing. omissis -, agendo in nome e per conto della omissis -. e avvalendosi dei suoi rapporti con omissis -della ‘ omissis omissis -, avrebbe esercitato pressioni sul primo cittadino” al fine di far ottenere alla società l’affidamento dei servizi di raccolta e smaltimento rifiuti presso il medesimo comune. tanto sarebbe provato da alcune asserzioni del sindaco di omissis -, proferite in conversazioni carpite da intercettazioni ambientali, e quindi ritenute genuine. la gravità del contesto di riferimento sarebbe segnalata, altresì, dagli attentati incendiari ed estorsivi perpetrati nel 2014 nei confronti della ditta omissis -, che all’epoca era affidataria del servizio di smaltimento rifiuti e che, conseguentemente, si determinò a recedere dal servizio. tali eventi, nella ricostruzione contenuta nell'interdittiva e fatta propria dal tar, sarebbero particolarmente significativi sia perché il recesso della omissis -avrebbe consentito a omissis -. di succedere nel contratto sia in quanto gli atti incendiari sembrerebbero riconducibili proprio alla ‘ omissis omissis -, ossia a quella con cui l’ing. omissis intratterrebbe i propri rapporti. 3.1. in proposito, rileva, anzitutto, il collegio che il tribunale penale di reggio calabria ha ritenuto inattendibili le asserzioni del sindaco di omissis -che ormai avveduto della presenza di attività investigativa, ben sapendo che egli con il suo comportamento omissivo e compiacente nei confronti dei locali ‘ndranghetisti aveva commesso gravi reati, cerca nella presente intercettazione di pilotare il discorso al fine di fornire una plausibile discolpa per il suo comportamento”. di talché, la circostanza per cui il sindaco avrebbe ricevuto pressioni da parte dell’ing. omissis al fine di far aggiudicare il servizio alla omissis è smentita dagli atti, che, anzi, disvelano una realtà profondamente diversa. del resto, l’aggiudicazione del servizio alla società appellante era avvenuta nel 2013, ossia prim’ancora che venisse stipulato il contratto di consulenza fra la società stessa e l’ing. omissis -. 3.2. inoltre, non sembra possa essere rintracciato alcun credibile collegamento fra attentati incendiari a danno della omissis -e aggiudicazione del contratto in favore della omissis -. infatti, come puntualmente rappresentato nel ricorso in appello, la omissis -nel 2012 partecipò, da unica concorrente, alla gara provvisoria indetta dal comune di omissis -per la gestione del servizio di raccolta rifiuti con cassonetti stradali. tale gara provvisoria era stata bandita in attesa che i servizi di igiene urbana di alcuni comuni della piana di gioia tauro venissero accorpati e quindi assegnati a seguito di una gara unitaria d’ omissis gestita dalla suap di reggio calabria . all’esito della gara unitaria d’ omissis -, nel settembre 2013, il servizio venne appunto aggiudicato alla omissis -, unica concorrente, prim’ancora che la stessa stipulasse il contratto di consulenza con l’ing. omissis -. nel frattempo, alla omissis -fu dapprima prorogato il servizio e poi affidato un nuovo appalto provvisorio per altri 4 mesi, finché la omissis -medesima subì l’incendio di un automezzo nel marzo 2014, con conseguente esercizio del recesso ad un mese dalla naturale scadenza del contratto. alla omissis -succedette, non già la omissis -., bensì la ditta omissis -, che fu destinataria di un affidamento diretto operato dal sindaco di omissis -, poi arrestato proprio con riferimento a tale vicenda. nel mentre, il comune di omissis -revocò gli atti della gara di cui era risultata aggiudicataria omissis -. e fu, quindi, espletata una nuova procedura per l’affidamento provvisorio del servizio. la gara, cui omissis -. non partecipò, fu aggiudicata alla ditta omissis -, alla quale è poi succeduta, nella gestione del servizio, la società appellante. tanto avvenne in conseguenza della sentenza del tar reggio calabria numero omissis -, che dispose l’annullamento dell’atto di revoca adottato dall’ente comunale. non è, quindi, vero che omissis -. è subentrata alla omissis -e non è neppure vero che la rinuncia di quest’ultima ha agevolato l’appellante. si legge, infatti, nella sentenza del processo omissis del 22/10/16 quell’atto criminale [incendio dell’automezzo della omissis -] è risultato finalizzato ad estromettere la citata ditta omissis -[che pagava il pizzo ad una sola cosca] dal lucroso appalto in corso, per farla sostituire con la società omissis -, che, evidentemente, assecondava gli appetiti di entrambe le cosche operanti a omissis -e che ha consentito di appianare i forti contrasti che prima sussistevano tra le due organizzazioni ” 3.3. giova, inoltre, osservare che non si può reputare anomala una figura come l’ing. omissis per il fatto che questi non risultasse strutturalmente inserito nella compagine societaria e che, nondimeno, agisse dinanzi agli enti locali per conto della omissis -. infatti, l’ing. omissis e la omissis -. erano legati da un contratto di consulenza avente ad oggetto la supervisione unitaria delle problematiche tecnico/amministrative” delle commesse nonché i rapporti con il personale dipendente” ed il controllo di gestione” dell’appalto. in proposito, non può certamente dirsi stravagante che un’impresa di grosse dimensioni affidi compiti di supervisione e, per certi aspetti, di gestione a una figura locale che presenti una certa esperienza nel settore. peraltro, è significativo che, una volta adombratisi dubbi sulla correttezza dell’ing. omissis -, la società appellante abbia immediatamente receduto dal contratto. Né si può sostenere, in assenza di un rigoroso quadro probatorio, che la omissis -. già conoscesse le asserite ragioni di controindicazione del professionista e che, quindi, lo scioglimento del vincolo contrattuale debba essere interpretato quale atto di tardiva resipiscenza. 4. Quanto all’assunzione dei dipendenti controindicati, ritiene, anzitutto, il Collegio che debbano essere forniti alcuni chiarimenti sulla rilevanza di tale circostanza come sintomatica del tentativo di infiltrazione mafiosa da parte della criminalità organizzata. A rilevare non è il dato in sé che un’impresa possa avere alle proprie dipendenze soggetti pregiudicati oppure sospettati di essere contigui ad ambienti mafiosi, quanto piuttosto che la presenza degli stessi possa essere ritenuta indicativa, alla luce di una quadro indiziario complessivo, del potere della criminalità organizzata di incidere sulle politiche assunzionali dell’impresa e, mediante ciò, di inquinarne la gestione a propri fini. Se si adotta questa prospettiva risulta chiaro perché questa Sezione, in alcuni propri precedenti, abbia annoverato fra gli elementi indiziari del tentativo di infiltrazione mafiosa l’assunzione esclusiva o prevalente, da parte di imprese medio-piccole, di personale avente precedenti penali gravi o comunque contiguo ad associazioni criminali” sentenza numero 1743 del 3 maggio 2016, richiamata anche dalla sentenza numero 3299 del 20 luglio 2016 . Non può dunque sussistere alcun automatismo fra presenza di dipendenti controindicati e tentativo di infiltrazione mafiosa. Del resto, se così non fosse, se ne ricaverebbe che un soggetto pregiudicato non possa mai essere assunto da alcuna impresa, non solo se attiva nel mercato delle commesse pubbliche e, più in generale, dell’economia pubblica , ma anche se operante nell’economia privata, stanti i più recenti approdi di questo Consiglio in ordine all’ OMISSIS di applicazione dell’informativa antimafia Cons. Stato, Sez. III, 9 febbraio 2017, numero 565 . Ma così evidentemente non è. Se ne ricaverebbe, altresì, che il dipendente controindicato possa essere, qualora già assunto, immediatamente e legittimamente licenziato, ma ciò non sembra in linea con i più recenti approdi ermeneutici del giudice del lavoro, che invece sembrano inclinare per una maggior cautela prima di risolvere il rapporto Corte di Cassazione, Sez. L., 10 gennaio 2018, numero 331 . Giova, inoltre, osservare che il giudizio sulla permeabilità dell’impresa non può prescindere dalla disamina degli strumenti che l’ordinamento mette ordinariamente e concretamente a disposizione degli operatori economici per evitare di assumere soggetti controindicati essenzialmente, certificato del casellario e dei carichi penali pendenti . Si vuole cioè dire che la circostanza che un'impresa abbia assunto persone controindicate, nell’assenza di ulteriori elementi, può assumere in sé valore sintomatico della contiguità con gli ambienti della criminalità organizzata a condizione che gli operatori economici soprattutto nei settori a rischio” di cui all’articolo 1, comma 52, della legge 6 novembre 2012, numero 190 in cui la pervasività del fenomeno mafioso è statisticamente più evidente siano dotati dal legislatore di adeguati meccanismi preventivi per venire a conoscenza della possibile sussistenza di ragioni di controindicazione a fini antimafia, pur genericamente formulate, vieppiù nell’ipotesi in cui l’imprenditore sia già iscritto alla cd white list di cui al D.P.C.M. 18 aprile 2013 equipollente all’informativa antimafia liberatoria e le plurime e contestuali nuove assunzioni conseguano all’adempimento di un obbligo giuridico, come nel caso della cd clausola sociale. E’ noto che la clausola sociale volta a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato presso il gestore uscente, è imposta, nella formulazione dei bandi di gara, dall’articolo 50 del vigente codice dei contratti pubblici per gli affidamenti dei contratti di concessione e di appalto di lavori e servizi diversi da quelli aventi natura intellettuale, con particolare riguardo a quelli relativi a contratti ad alta intensità di manodopera”. Essa deve essere incondizionatamente accettata dal subentrante, pena l’esclusione dalla gara, salva la possibilità di quest’ultimo di armonizzare l’indiscriminato dovere di assorbimento del personale dell’impresa uscente con il fabbisogno richiesto dall’esecuzione del nuovo contratto e con la pianificazione e l’organizzazione del lavoro propria del subentrante cfr. da ultimo, Consiglio di Stato Sez. III, numero 5 maggio 2017, numero 2078 . Dinanzi a questo obbligo giuridico, temperato all’attuale stato della giurisprudenza – dai soli aspetti organizzativi e oggettivi peculiari del subentrante, non è seriamente esigibile dall’imprenditore un controllo personale, e un giudizio, altrettanto personale, sull’esistenza e influenza delle parentele dell’assumendo, sulle sue frequentazioni, o sulle indagini non ancora giunte ad un rinvio a giudizio evento a seguito del quale la notizia è evincibile dal certificato dei carichi penali pendenti , e soprattutto, non è esigibile che esso imprenditore si sottragga agli obblighi assunzionali per ragioni soggettive e non oggettive in assenza di previsioni di legge che vietino l’instaurazione o la prosecuzione del rapporto, o comunque di informazioni qualificate, in quanto provenienti dalla Prefettura o dagli organi di Polizia, che rendano verosimile la sussistenza del rischio che l’assumendo possa essere un cavallo di Troia” delle associazioni mafiose o anche semplicemente un soggetto controindicato” ai fini antimafia, avuto riguardo al tipo di attività e al luogo di svolgimento della stessa. Nel caso di specie, in assenza di meccanismi informativi predisposti dall’ordinamento, deve ritenersi secondo la logica del più probabile che non, e salvo quanto appresso si dirà in ordine alle singole posizioni lavorative, che è ben più probabile che l’assunzione di soggetti controindicati tra quelli già in servizio presso l’uscente, sia avvenuto in un quadro di inconsapevolezza delle ragioni di controindicazioni diverse da quelle evincibili dalla certificazione penale . Né, del resto l’amministrazione ha fornito una prova contraria, ossia che le assunzioni siano avvenute per compiacenza o sottomissione agli ambienti malavitosi. 4.1. Chiarito quanto sopra, giova comunque precisare, come sottolineato nel ricorso in appello e non confutato dall’amministrazione, che ben 18 dei 33 dipendenti controindicati erano stati assunti in esecuzione di apposite clausole sociali. Sulla base delle indagini che la società aveva potuto condurre acquisizione dei certificati penali , trattavasi di persone incensurate, ad eccezione del omissis -, che aveva riportato condanne penali per porto d’armi in epoca piuttosto risalente. Altri 6 operai erano stati assunti con contratto di tirocinio nell’ omissis di uno specifico programma dei servizi sociali comunali di reinserimento di ex detenuti, ciò che evidentemente non poteva e non può essere ritenuto sintomatico di alcun tentativo di infiltrazione mafiosa. Quanto ai restanti 9 dipendenti, liberamente assunti dalla omissis - gli operai calabresi omissis -, omissis e omissis -erano stati assunti per brevissimi periodi 1 o 2 mesi nel 2015 per garantire le sostituzioni di altri operai assenti per ferie/malattie ed erano tutti completamente incensurati i 6 operai di omissis non avevano condanne definitive, risultando coinvolti in vicende penali per reati di spaccio e, quanto a uno, per tentato omicidio, per un episodio intervenuto 2 anni dopo rispetto all’assunzione. Peraltro, è appena il caso di notare che, in relazione a diversi dipendenti, le ragioni di controindicazione rappresentate dall’UTG appaiono del tutto inconferenti. E’ questo il caso dei soggetti controindicati perché testimoni oculari degli attentati incendiari a danno della omissis -e vittime di minacce omissis -, omissis -, omissis - oppure di quelli aventi parentele con soggetti pregiudicati o comunque inseriti in ambienti malavitosi es., omissis -, omissis -, omissis -, omissis omissis -, omissis omissis - , in assenza di elementi, anche indiziari, ulteriori e non coincidenti con il mero rapporto di parentela o affinità, circa la contiguità con associazioni mafiose. Va inoltre considerato che la Prefettura avrebbe dovuto confrontare le proprie rilevazioni in merito alle assunzioni, con altre circostanze, al fine di verificare se l’impianto posto alla base dell’informativa potesse, comunque, rimanere solido. Sul punto, è ad esempio significativo che non siano emerse notizie di coinvolgimento alcuno da parte dei vertici aziendali con esponenti della criminalità organizzata. Alla luce degli elementi sin qui riportati non risulta comprovato, secondo il richiamato criterio del più probabile che non, né che le assunzioni siano avvenute per effetto di tentativi di infiltrazione mafiosa da parte della criminalità organizzata né che per mezzo di quei dipendenti si sia verificato un siffatto tentativo. 5. L’accoglimento di tali motivi, siccome comportante l’invalidità derivata degli altri atti impugnati in primo grado, rende inutile, nell’ottica della massima soddis OMISSIS -ne dell’interesse dell'appellante, l’esame delle ulteriori censure, che restano quindi assorbite. 6. In conclusione, l’appello dev’essere accolto e, per l’effetto, devono essere annullati tutti gli atti impugnati in primo grado. 7. Avuto riguardo alla complessità delle questioni, in fatto e in diritto, appare equo compensare le spese di entrambi i g omissis di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza , definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla tutti gli atti impugnati in primo grado. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 numero 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare persone fisiche e giuridiche menzionate nel contesto della sentenza.