L'invaso agricolo trasformato in piscina paga dazio

Chi realizza una piscina naturale sfruttando un'area di raccolta delle acque piovane realizza una trasformazione dello stato dei luoghi che risulta rilevante sotto il profilo urbanistico. Quindi senza una segnalazione certificata di inizio di attività questa attività risulta illegittima e comporta una sanzione pecuniaria che risulta anche correlata all'aumento del valore dell'immobile.

Lo ha chiarito il Consiglio di stato, sez. VI, con la sentenza n. 2064/18, depositata il 3 aprile. La vicenda. Il comune di Montecarotto ha sanzionato un residente, ai sensi dell'art. 37 del d.P.R. n. 380/2001, per aver eseguito opere edilizie senza titolo. In particolare l'interessato avrebbe realizzato una piscina naturale posizionando un telo impermeabile in un invaso agricolo, senza opere murarie, realizzando un piccolo impianto di pertinenza della piscina a lato dell'invaso. Contro questa misura sanzionatoria, che ha determinato anche la richiesta pecuniaria da parte dell'Agenzia del territorio per aumento del valore venale dell'immobile, l'interessato ha proposto ricorso al TAR, ma senza successo. E il Consiglio di Stato, in sede d'appello, ha confermato questa determinazione. Aumento del valore dell’immobile. La posa di un telo impermeabile sul fondo di un invaso agricolo con posizionamento di una pompa dell'acqua a parere dei Giudici di Palazzo Spada costituisce un intervento di trasformazione dello stato dei luoghi che in ogni caso richiede una preventiva licenza edilizia. Il fatto che l'invaso possa essere definito piscina naturale o invaso per la raccolta delle acque piovane, a parere del Collegio, non muta la caratteristica delle opere. Anche se si tratta di un intervento modesto le opere nel loro complesso hanno determinato un aumento del valore dell'immobile dal momento che attraverso le stesse l'interessato ha a disposizione un efficace impianto per la gestione delle acque piovane ed il fondo circostante può essere considerato conseguentemente senz'altro in termini di terreno irriguo, avente un valore maggiore della stessa tipologia di terreno che non gode di tale beneficio, considerate le possibilità di praticare culture più redditizie, grazie alla maggiore disponibilità di acqua .

Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 22 marzo – 3 aprile 2018 , n. 2064 Presidente Maruotti – Estensore Leitner Fatto Con ordinanza n. 5/III del 5 luglio 2012, il Comune di Montecarotto ordinava all’odierno appellante, Joachim Peter Westermann, di provvedere al pagamento della sanzione pecuniaria ex art. 37, comma 4, D.P.R. 380/2001 di Euro 1.078,65, per l’esecuzione di opere consistenti a in una piscina naturale, con un ingombro planimetrico massimo di ml. 15 x 20 circa ed una profondità dichiarata di circa 3 ml., realizzata senza opere murarie, ma con scavo e posa di telo in polietilene impermeabilizzante b un piccolo accessorio realizzato in muratura delle dimensioni di circa ml. 2,00 x 2,00 ed un’altezza di 2,00 ml., in cui sono presenti gli impianti di pertinenza della piscina medesima. Contro tale ordinanza, l’odierno appellante ha proposto ricorso dinanzi al T.A.R. per le Marche, formulando un unico articolato motivo di violazione di legge e di eccesso di potere sotto svariati profili, con il quale è stato dedotto che - l’Amministrazione avrebbe travisato la natura dell’opera, poiché non si tratta di una piscina”, ma di un invaso naturale presente in loco da tempo immemorabile , che è stato rivestito con un telo impermeabile per raccogliere l’acqua piovana da impiegare nell’irrigazione - l’Amministrazione avrebbe inoltre travisato l’effettiva natura del manufatto edilizio accessorio all’invaso, trattandosi di una piccola costruzione avente dimensioni ml. 2 x 2 x 2 ad esclusiva protezione della pompa e privo quindi di autonomo valore - difetto di motivazione circa il calcolo dell’aumento del valore venale quantificato dall’Agenzia del Territorio in € 16.500 . A giudizio del ricorrente si sarebbe quindi dovuta, al più, applicare la sanzione minima di € 516,00-. Il T.A.R. ha respinto il ricorso, con la seguente motivazione 3.2 Come emerge dalla documentazione depositata dall’Amministrazione resistente, la stessa non ha travisato in alcun modo l’effettiva natura ed entità degli abusi contestati al ricorrente, poiché ha calcolato l’incremento del valore del bene non avendo riguardo alla creazione ex novo dell’invaso, ma valutando le sole opere che hanno determinato la sua trasformazione attraverso l’impermeabilizzazione di fondo e pareti e l’installazione di un impianto di sollevamento dell’acqua per uso irriguo. Se tali opere non fossero state realizzate, l’invaso avrebbe verosimilmente trattenuto meno acqua o nulla , fornendo quindi una minore utilità a sostegno della pratica agricola. Anche la realizzazione del vano protettivo della pompa ha verosimilmente determinato un incremento di valore del complesso poiché, in sua assenza, l’impianto sarebbe rimasto esposto alle intemperie, richiedendo quindi interventi manutentivi più frequenti e onerosi. 3.3 Riguardo al preteso difetto di motivazione, va osservato che la stessa è invece contenuta nella relazione allegata alla nota integrativa dell’Agenzia del Territorio datata 22.5.2012, che fa riferimento alla possibilità di praticare colture più redditizie grazie ad una maggiore disponibilità di acqua seminativo arborato irriguo rispetto al seminativo arborato . Sul punto il ricorso non contiene contestazioni di merito, che vengono dedotte soltanto attraverso la memoria depositata in data 17.2.2014, la quale non può tuttavia essere presa in considerazione poiché non ritualmente proposta attraverso formali motivi aggiunti”. Avverso tale decisione ha interposto gravame il sig. Westermann, articolando due motivi di appello. Si è costituita in giudizio l’Agenzia delle Entrate, per resistere all’appello. Il Comune di Montecarotto non si è costituito in giudizio. Nell’udienza del 22 marzo 208, la causa è passata in decisione. Diritto 1. Con il primo motivo di gravame, l’appellante contesta il vizio di motivazione della sentenza di primo grado in ordine alla sua originaria censura relativa all’aumento del valore dell’immobile, di Euro 16.500,00 vedasi capo XV, pag. 15 del ricorso in primo grado . Infatti, il TAR non avrebbe considerato che nel ricorso introduttivo era stata contestata la quantificazione dell’aumento di valore proposta dall’Agenzia del Territorio ora Agenzia delle Entrate . Il T.A.R. si sarebbe limitato ad affermare che il valore indicato di Euro 16.500,00 troverebbe la sua giustificazione nella nota dell’Agenzia del Territorio del 22 maggio 2012, senza rilevare nulla in ordine all’eccessiva quantificazione effettuata. 2. Il motivo di gravame non risulta fondato. Al punto 3.3 della sentenza impugnata, il TAR rileva che la motivazione relativa alla determinazione del quantum della sanzione è rinvenibile nella relazione allegata alla nota integrativa dell’Agenzia del Territorio datata 22 maggio 2012, che fa riferimento alla possibilità di praticare colture più redditizie grazie ad una maggiore disponibilità di acqua seminativo arborato irriguo rispetto al seminativo arborato ed osserva che, sul punto, il ricorso non contiene contestazioni di merito, che vengono dedotte soltanto attraverso la memoria depositata in data 17 febbraio 2014, la quale non potrebbe tuttavia essere presa in considerazione, poiché non ritualmente proposta attraverso formali motivi aggiunti. Osserva il Collegio che, effettivamente, al capo XV del ricorso in primo grado, il ricorrente si è limitato ad affermare che la quantificazione dell’aumento del valore proposta dall’Agenzia del Territorio non sarebbe condivisibile, visto che si tratta di un telo posto su un invaso naturale del terreno e di un accessorio per il ricovero di una pompa per l’acqua, per cui la sanzione minima di Euro 516,00- apparirebbe più che sufficiente. Il T.A.R. ha quindi adeguatamente motivato le proprie statuizioni, evidenziando l’insussistenza di ragioni tali da indurre a ritenere inadeguata la determinazione dell’aumento del valore dell’immobile ad opera dell’Agenzia del Territorio, poiché la descrizione delle opere – la posa di un telo su un invaso naturale del terreno e di un accessorio per il ricovero di una pompa per l’acqua – non costituisce una specifica contestazione delle valutazioni dell’Agenzia del Territorio, idonea ad evidenziarne l’erroneità, ma una semplice ipotesi ricostruttiva alternativa, non suffragata da alcun elemento concreto che imporrebbe di considerarla preferibile alle conclusioni dell’Amministrazione. 3. Con il secondo motivo di gravame, l’appellante ha censurato la ratio decidendi della sentenza impugnata, secondo cui l’impermeabilizzazione dell’invaso naturale e la creazione di un vano protettivo per l’impianto di sollevamento dell’acqua hanno comportato l’incremento del valore dell’immobile. In realtà, ad avviso dell’appellante, quanto dedotto dal T.A.R. non corrisponderebbe alle effettive condizioni delle opere in esame. In primo luogo, il terreno in questione corrisponderebbe ad un invaso naturale esistente da tempo immemorabile, nel quale l’acqua piovana già naturalmente si accumulava all’interno. Non corrisponderebbe, poi, al vero che, senza il telo impermeabile, l’acqua non si sarebbe accumulata, il telo, invero, permetterebbe soltanto una maggiore permanenza dell’acqua. Peraltro, l’appellante non avrebbe modificato la porzione di terreno su cui insiste la piscina”, né tanto meno avrebbe realizzato opere murarie o di contenimento o di stabilizzazione intorno all’invaso naturale. Sarebbe irrealistico ritenere che fosse stata realizzata una piscina”, dal momento che l’invaso avrebbe solamente la funzione di recipiente dell’acqua piovana. Sul punto, il TAR non avrebbe considerato in maniera corretta la preventiva esistenza dell’invaso, oltre al fatto che quest’ultimo conteneva acqua anche prima che fosse apposto il telo impermeabile. Inoltre, non sarebbe stato preso in considerazione il fatto che l’appellante non avrebbe modificato in alcun modo quindi neppure con opere il terreno, di conseguenza non si potrebbe parlare di una piscina”, come intesa dall’art. 37, co. 4 del D.P.R. 380/2001, non avendo l’apposizione del telo precario ed impermeabile modificato l’aspetto, la funzione ed il valore dell’immobile, ovvero le condizioni del terreno. Nemmeno per quanto riguarda il piccolo manufatto presente in prossimità dell’invaso naturale, poi, potrebbe ritenersi che questo abbia portato ad un incremento del valore dell’immobile. Oltretutto, l’impianto - a protezione del quale il manufatto è stato eretto - non sarebbe mai stato utilizzato. La stessa asserzione del giudice di prime cure secondo cui l’impianto avrebbe richiesto maggiori interventi di manutenzione senza il vano protettivo non potrebbe essere condivisa, dal momento che non esisterebbe alcuna connessione tra la maggiore manutenzione dell’impianto ed il valore del bene. La consistenza del manufatto come la sua mancata utilizzazione e la presunta inferiore manutenzione sarebbero in ogni caso talmente modeste ed irrilevanti da far ritenere impossibile qualsiasi aumento del valore. Per tutto quanto esposto, sarebbe evidente che le opere di cui si tratta non potrebbero essere considerate illegittime, per cui la sanzione dovrebbe essere annullata e, in ogni caso, il valore dell’immobile non potrebbe ritenersi aumentato, per cui si dovrebbe applicare la sanzione minima prevista per legge e, comunque, l’importo della sanzione dovrebbe essere ridotto. 4. L’articolato motivo di gravame non risulta fondato. In primo luogo, va respinta la tesi dell’appellante, secondo la quale l’Amministrazione ed il T.A.R. avrebbero disconosciuto le vere caratteristiche delle opere, non potendosi parlare, nella specie, di una piscina”. Nella relazione integrativa del 22 maggio 2012 dell’Agenzia del Territorio, si legge, infatti, che le opere in oggetto consistono nella sistemazione di una piscina naturale senza opere murarie, ma con la posa di un telo in polietilene impermeabilizzante su un invaso preesistente” ed anche nella sentenza impugnata si dà atto che l’Amministrazione non ha travisato in alcun modo l’effettiva natura ed entità degli abusi contestati, poiché ha calcolato l’incremento del valore del bene non avendo riguardo alla creazione ex novo , ma valutando le sole opere che hanno determinato la sua trasformazione attraverso l’impermeabilizzazione di fondo e pareti. Il fatto che l’invaso così creato venga definito piscina naturale” e non invaso per la raccolta delle acque piovane” risulta irrilevante, in quanto la diversa denominazione non muta la consistenza e le caratteristiche delle opere, che sono state correttamente apprezzate sia dall’Amministrazione che dal T.A.R Nella specie, poi, non può nemmeno essere messo in dubbio che l’impermeabilizzazione del fondo e delle pareti dell’invaso aumenti in maniera considerevole le capacità dell’invaso di trattenere l’acqua, per cui è ininfluente che l’invaso fosse preesistente. L’opera, così come apprezzata dall’Amministrazione e dal T.A.R., ha comportato, anche in assenza di opere murarie, la trasformazione dell’aspetto e della funzione dell’invaso naturale, come tale necessitante di un titolo abilitativo ex art. 37, D.P.R. n. 380/2001. Lo stesso discorso vale, poi, per il vano protettivo della pompa idraulica, in assenza del quale, effettivamente l’impianto sarebbe rimasto esposto alle intemperie, richiedendo quindi interventi manutentivi più frequenti ed onerosi. Anche in questo caso ci si trova di fronte ad un intervento di trasformazione dello stato dei luoghi, rilevante sotto il profilo della normativa edilizia, e che l’opera avrebbe quindi necessitato di una previa segnalazione certificata di inizio attività SCIA . Accertata l’illegittimità delle opere oggetto di causa, il Collegio ritiene, poi, altresì, che le opere, nel loro complesso, per quanto modeste, abbiano comunque comportato in ogni caso un aumento del valore dell’immobile, dal momento che attraverso le stesse l’interessato ha a disposizione un efficace impianto per la gestione delle acque piovane ed il fondo circostante può essere considerato conseguentemente senz’altro in termini di terreno irriguo, avente un valore maggiore della stessa tipologia di terreno che non gode di tale beneficio, considerate la possibilità di praticare colture più redditizie, grazie alla maggiore disponibilità di acqua. Per quanto riguarda il quantum della sanzione, il Collegio ritiene che l’importo sia stato determinato correttamente, avendo l’Agenzia del Territorio valutato in maniera coerente la miglioria conseguita alle opere nel loro complesso, consistente nell’opportunità di avere a disposizione un impianto di gestione delle acque piovane per vari utilizzi a beneficio del fondo circostante, per cui ha ben potuto prendere in considerazione la differenza di valore tra un seminativo arborato e un seminativo arborato irriguo. 5. Conclusivamente, l’appello va respinto e la sentenza impugnata va confermata. 6. In considerazione della particolarità del caso in esame, sussistono giusti motivi per compensare integralmente le spese del presente grado di giudizio tra le parti. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Sesta , definitivamente pronunciando sull'appello n. 9430 del 2014, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata. Compensa integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.