Consiglio Nazionale Forense obblighi in materia di anticorruzione

Inammissibile il ricorso avverso le linee guida dell’ANAC che impongono anche al Consiglio Nazionale Forense gli obblighi in materia di anticorruzione ciò in quanto le stesse non sono immediatamente lesive.

Il Consiglio Nazionale Forense, nel ricorso presentato al TAR Lazio, aveva sostenuto che gli obblighi di pubblicazione dei dati personali potevano essere imposti solo ai titolari di incarichi politici nello Stato, nelle Regioni e negli enti locali. In pratica, gli Ordini professionali, non potevano essere considerati destinatari degli obblighi di pubblicazione, anche perché enti pubblici non economici a carattere associativo , non gravanti sulla spesa pubblica ed estranei per questo al relativo elenco ISTAT. Il TAR Lazio, Sezione I, con la sentenza n. 1735 depositata il 14 febbraio scorso, non è entrato nel merito delle diverse questioni poste, tra le quali la richiesta di remissione alla Corte di giustizia UE della norma di cui al l’ultimo decreto correttivo la quale, aveva individuato gli ordini professionali tra i soggetti a cui era applicabile la disciplina solo in quanto tale disciplina fosse compatibile”, per cui l’ANAC, ai fini della possibile estensione, doveva motivare sulle relative ragioni e non invece, come aveva fatto, limitarsi a non individuare incompatibilità. Divulgazione di dati personali. Tenendo, peraltro, conto che la contestata estensione violava, tra l’altro, anche le disposizioni dell’Unione Europea in materia di divulgazione di dati personali, come richiamate e interpretate dalla CGUE, nel rispetto dei principi di proporzionalità e adeguatezza e dei diritti di cui agli artt. 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, secondo espressa preoccupazione in tal senso rappresentata dal Garante della privacy e dalla stessa ANAC in comunicazioni al Ministro per la pubblica amministrazione, nel 2014 e nel 2016. Ma relativamente alle questioni poste, il TAR Lazio, sulla base del parere espresso dalla Commissione speciale del Consiglio di Stato n. 1257 del 29 maggio 2017, proprio sullo schema di Aggiornamento delle Linee guida per l'attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici economici . ha sottolineato come le Linee guida appaiano riconducibili al novero delle Linee guida non vincolanti”, mediante le quali l’ANAC fornisce ai soggetti interessati indicazioni sul corretto modo di adempiere agli obblighi previsti dalla normativa e sull’adempimento dei quali ha poteri di vigilanza, indicazioni che costituiranno parametro di valutazione per l’esercizio di tali poteri e l’adozione dei provvedimenti conseguenti. Ne deriva, all’evidenza, che tali Linee guida non siano immediatamente lesive, prendendo spessore l’eventuale lesività solo all’esito del procedimento instaurato per l’adozione dei provvedimenti conseguenti . Trasparenza. Sul punto, precisa la sentenza, lo stesso Consiglio di Stato ha osservato che – proprio per la natura non vincolante delle stesse –comunque i destinatari ben possono discostarsi dalle linee guida mediante atti che contengano una adeguata e puntuale motivazione, anche a fini di trasparenza, idonea a dar conto delle ragioni della diversa scelta amministrativae che Al di fuori di questa ipotesi, la violazione delle linee guida può essere considerata, in sede giurisdizionale, come elemento sintomatico dell’eccesso di potere, sulla falsariga dell’elaborazione che si è avuta con riguardo alla violazione delle circolari . La formulazione di tali Linee guida, quindi, sposa una finalità istruttiva”, richiamando e non parafrasando i precetti normativi, al fine di evidenziare i punti di essi che necessitano di una scelta interpretativa, secondo le soluzioni adottate. In sostanza, ha osservato il Giudice, l’atto impugnato – recante le Linee guida – è sfornito di contenuto lesivo diretto nei confronti dei potenziali destinatari, risultando queste un mero atto di indirizzo e supporto che può essere oggetto di impugnazione avanti al g.a. solo unitamente all’atto specifico che, in applicazione di tale indirizzo ove recepito, incida in maniera puntuale sulla posizione giuridica del destinatario.

TAR Lazio, sez. I, sentenza 17 gennaio – 14 febbraio 2018, numero 1735 Presidente Volpe – Estensore Correale Fatto Con rituale ricorso a questo Tribunale, il ricorrente in epigrafe chiedeva l’annullamento in parte qua”, previa sospensione, del provvedimento dell’Autorità Nazionale Anticorruzione ANAC o Autorità , concernente Linee guida recanti indicazioni sull'attuazione dell'art. 14, del D.Lgs. 33/2013 Obblighi di pubblicazione concernenti i titolari di incarichi politici, di amministrazione, di direzione o di governo e i titolari di incarichi dirigenziali come modificato dall'art. 13 del D.Lgs. 97/2016”. Ricordando le precedenti vicende processuali che avevano riguardato le due delibere assunte dall’ANAC in questo settore nel corso del 2014 e che si erano concluse con la cessazione della materia del contendere in virtù dell’entrata in vigore del d.lgs. 25.5.2016, numero 97, il ricorrente, in sintesi, lamentava quanto segue. I. Violazione e falsa applicazione degli articoli 14 del d.lgs. 14 marzo 2013, numero 33 7 della l. 7 agosto 2015, numero 124 1, comma 35, della l. 6 novembre 2012, numero 190”. Premettendo che il provvedimento impugnato era ritenuto direttamente lesivo in virtù della sua portata generale nonché del carattere immediatamente precettivo delle Linee guida” in questione, il ricorrente evidenziava che, anche alla luce delle modifiche legislative di cui all’art. 13 del d.lgs. numero 97/2016 - che ha introdotto il comma 1-bis all’art. 14 del d.lgs. numero 33/2013 e ne ha modificato il comma 1 - gli obblighi di pubblicazione dei dati personali in questione potevano essere imposti solo ai titolari di incarichi politici nello Stato, nelle Regioni e negli enti locali, secondo la limitazione di cui al comma 1 da correlarsi logicamente anche al comma 1-bis. Gli Ordini professionali, quindi, non potevano essere considerati destinatari degli obblighi di pubblicazione in esame, anche perché enti pubblici non economici a carattere associativo”, non gravanti sulla spesa pubblica ed estranei per questo al relativo elenco ISTAT. II. Illegittimità derivata per eccesso di delegazione dell’art. 14 del d.lgs. 14 marzo 2013, numero 33 violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della l. 7 agosto 2015, numero 124 e dell’art. 1, comma 35, della l. 6 novembre 2012, numero 190”. Sosteneva il ricorrente che, ad ogni modo e se l’interpretazione dei commi 1 e 1 bis come propugnata dall’ANAC fosse condivisibile, la fonte legislativa alla base del provvedimento impugnato era a sua volta illegittima per eccesso di delegazione”, in quanto l’art. 1, comma 35, lett. c della l. numero 190/2012 legge-delega, cui doveva conformarsi nei principi generali anche il successivo art. 7 della l. numero 124/2015, di natura integrativa e correttiva” dell’”originaria” circoscriveva i destinatari degli obblighi previsti ai soli titolari di incarichi politici” o, comunque, di esercizio di poteri di indirizzo politico”, limitati ai ricordati ambiti pubblici statale centrale, regionale e locale. La stessa legge-delega, infatti, laddove aveva fatto riferimento all’estensione ad altri soggetti, aveva esplicitamente richiamato, all’art. 1, comma 35, lett. d , i titolari di incarichi dirigenziali nelle pubbliche amministrazione di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. numero 165 del 2001”. Per il ricorrente, quindi, una corretta applicazione avrebbe dovuto tenere conto che il comma 1 dell’art. 14 del d.lgs. numero 33/2013 esauriva già l’intero campo di esercizio della funzione delegata di cui all’art. 1, comma 35, lett. c , l. numero 190/2012 e il successivo comma 1-bis come introdotto, poteva essere letto – in una formulazione costituzionalmente orientata – solo se riferito ai soggetti contemplati dal comma 1 che lo precede. Ciò derivava anche dal carattere meramente integrativo della nuova” legge-delega numero 124/2015, che non forniva poteri ulteriori al legislatore delegato per estendere il campo di applicazione della norma preesistente, coerentemente limitato a soggetti titolari di cariche espressione del circuito politico”, diversamente da quelli rappresentati dai ricorrenti. In più, non risultava neanche rispettato il principio della norma espressamente abilitativa”, sancito dall’art. 19 del d.lgs. numero 196/2003 c.d. Codice dei dati personali” , se la pubblicazione dei dati dei ricorrenti doveva derivare da una mera interpretazione estensiva o analogica, come quella fatta propria dall’ANAC. Il ricorrente, quindi, chiedeva di rimettere alla Corte Costituzionale la questione di illegittimità costituzionale nel senso illustrato. III. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge numero 241/1990 e del d.lgs. numero 33 del 2013. Violazione della Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 ottobre 1995. Violazione degli artt. 2, 3, 14 e 117 Cost. e del diritto alla riservatezza e alla sicurezza della vita privata. Violazione dei principi di proporzionalità e di appropriatezza. Violazione dell’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Eccesso di potere in tutte le sue forme, per disparità di trattamento e violazione del principio di uguaglianza e del divieto di non discriminazione.” La norma di cui al l’ultimo decreto correttivo art. 7, comma 2 aveva individuato gli ordini professionali tra i soggetti a cui era applicabile la disciplina di cui al comma 1 solo in quanto tale disciplina fosse compatibile”, per cui l’ANAC, ai fini della possibile estensione, doveva motivare sulle relative ragioni e non invece, come aveva fatto, limitarsi a non individuare incompatibilità. A tale osservazione doveva aggiungersi che la contestata estensione violava anche le disposizioni dell’Unione Europea in materia di divulgazione di dati personali, come richiamate e interpretate dalla CGUE, anche nel rispetto dei principi di proporzionalità e adeguatezza e dei diritti di cui agli artt. 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, secondo espressa preoccupazione in tal senso rappresentata dal Garante della privacy e dalla stessa ANAC in comunicazioni al Ministro per la pubblica amministrazione, nel 2014 e nel 2016. Sulla base di tali osservazioni, quindi il ricorrente, ove non ritenuta possibile una disapplicazione diretta”, chiedeva la rimessione alla CGUE della relativa questione pregiudiziale che illustrava o, in via gradata, la rimessione alla Corte Costituzionale della questione di illegittimità relativa alla violazione degli artt. 2, 3, 14 e 117 Cost. IV. Eccesso di potere in tutte le sue forme. Violazione e falsa applicazione degli artt. 52 e ss., del r.d.l. 27 novembre 1993, numero 1578 e 36 della legge numero 247/2012. Illegittimità dell’estensione della disciplina riservata alla Pubblica Amministrazione al CNF quale pubblica giurisdizione”. La non applicabilità della disciplina in questione al CNF doveva derivare anche dalla circostanza per la quale esso è un giudice speciale precostituzionale” - ai sensi degli artt. 102 e 108 e della VI disp. trans. Cost. - che si pronuncia in materia disciplinare e di iscrizione e cancellazione dagli albi nonché in materia di elezione dei Consigli circondariali, come riconosciuto e delineato in numerose pronunce della Corte Costituzionale, della Corte di Cassazione e della CGUE che erano richiamate , per cui non poteva definirsi una pubblica amministrazione”, ai sensi della ricordata normativa, ai fini dell’applicazione degli obblighi contestati. Si costituiva in giudizio l’ANAC, affidando a una memoria per la camera di consiglio l’illustrazione delle sue difese, orientate a rilevare l’infondatezza del gravame. In primo luogo, però, l’Autorità eccepiva l’inammissibilità del ricorso, risultando le Linee guide impugnate di carattere non vincolante” e quindi prive di qualunque contenuto lesivo diretto nei confronti del ricorrente, discendendo comunque gli obblighi contestati direttamente dalla legge e non avendo dato luogo l’ANAC ad alcuna sanzione. Anche il ricorrente depositava note difensive in prossimità della camera di consiglio. Con l’ordinanza cautelare in epigrafe, questa Sezione faceva ricorso alla fattispecie di cui all’art. 55, comma 10, c.p.a., fissando direttamente l’udienza di trattazione di merito del ricorso. In prossimità di questa, parte ricorrente e l’ANAC depositavano memorie a ulteriore illustrazione delle proprie tesi difensive e la causa era trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 17 gennaio 2018. Diritto Il Collegio, preliminarmente, rileva la fondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso per impugnazione di atto non direttamente lesivo. Valga in merito quanto già evidenziato dal Consiglio di Stato nel parere della Commissione speciale numero 1257 del 29 maggio 2017, reso nell’adunanza del 20 aprile 2017, proprio sullo schema in tema di Aggiornamento delle Linee guida per l'attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici economici”. In tale pronuncia la Commissione ha infatti esordito, precisando che le Linee guida in questione costituiscono un atto non regolamentare”, mediante il quale l’ANAC chiarisce la portata applicativa e le ricadute organizzative degli adempimenti stabiliti dalla normativa di cui alla legge numero 190/2012 e al d.lgs. 33/2013, come novellato dal d.lgs. 97/2016, a carico dei soggetti pubblici e privati sottoposti, al pari delle pubbliche amministrazioni anche se in misura non sempre coincidente , agli obblighi finalizzati a prevenire la corruzione e ad assicurare la trasparenza nell’azione amministrativa, rispetto ai quali l’Autorità ha una potestà di vigilanza. Tale potestà” è desumibile sia da quanto previsto dall’art. 1, comma 2, lett. f , e comma 3, l. numero 190/2012 cit. sia, nello specifico, dal combinato delle norme di cui agli artt. 45, comma 1 e comma 4, 47, comma 3, e 48 del d.lgs. numero 33/2013, come peraltro osservato in questa sede dalle difese dell’Autorità. Nel suddetto parere, il Consiglio di Stato ha specificato, sul punto che qui rileva, come le Linee guida in esame appaiano riconducibili al novero delle Linee guida non vincolanti”, mediante le quali l’ANAC fornisce ai soggetti interessati indicazioni sul corretto modo di adempiere agli obblighi previsti dalla normativa e sull’adempimento dei quali ha poteri di vigilanza, indicazioni che costituiranno parametro di valutazione per l’esercizio di tali poteri e l’adozione dei provvedimenti conseguenti. Ne deriva, all’evidenza, che tali Linee guida non siano immediatamente lesive, prendendo spessore l’eventuale lesività solo all’esito del procedimento instaurato per l’adozione dei provvedimenti conseguenti”. Valga osservare sul punto che lo stesso Consiglio di Stato ha precisato – proprio per la natura non vincolante delle stesse – che comunque i destinatari ben possono discostarsi dalle linee guida mediante atti che contengano una adeguata e puntuale motivazione, anche a fini di trasparenza, idonea a dar conto delle ragioni della diversa scelta amministrativae che Al di fuori di questa ipotesi, la violazione delle linee guida può essere considerata, in sede giurisdizionale, come elemento sintomatico dell’eccesso di potere, sulla falsariga dell’elaborazione che si è avuta con riguardo alla violazione delle circolari.”. La formulazione di tali Linee guida, quindi, sposa una finalità istruttiva”, richiamando e non parafrasando i precetti normativi, al fine di evidenziare i punti di essi che necessitano di una scelta interpretativa, secondo le soluzioni adottate. Già sulla base di tali osservazioni, quindi, se ne conclude che l’atto impugnato – nel presente contenzioso esclusivamente la determinazione in epigrafe recante le Linee guida in questione – è sfornito di contenuto lesivo diretto nei confronti dei potenziali destinatari e dell’odierna parte ricorrente, risultando queste un mero atto di indirizzo e supporto che può essere oggetto di impugnazione avanti al g.a. solo unitamente all’atto specifico che, in applicazione di tale indirizzo ove recepito, incida in maniera puntuale sulla posizione giuridica del destinatario. Tale impostazione, d’altronde, è stata già esplicitamente affermata da questo Tribunale in occasione della rimessione alla Corte Costituzionale della questione di legittimità costituzionale – tra altri - dell’art. 14, comma 1 bis, d.lgs. numero 33/2013 cit. in riferimento ai titolari di incarichi dirigenziali. La Sezione Prima quater, infatti, nella relativa ordinanza numero 9828/2017 del 19.9.2017 , ha preso in esame l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla difesa erariale e da una parte intervenuta in quel giudizio, secondo cui i ricorrenti avrebbero dovuto provvedere alla previa impugnazione della delibera ANAC numero 241/17, di approvazione delle Linee guida attuative dell’art. 14 del d.lgs. 33/2013, pubblicata in pendenza della controversia il 24 marzo 2017 oggetto del presente giudizio . Ebbene, quel giudice ha avuto modo di precisare – con argomenti che il Collegio pienamente condivide perché sopra riportati – che la favorevole valutazione dell’eccezione non potrebbe indi che fondarsi sull’accertamento della natura vincolante delle sopravvenute Linee guida Anac 8 marzo 2017, numero 241 solo in tal caso, infatti, i ricorrenti potrebbero ritenersi sforniti di interesse alla coltivazione dell’impugnazione degli atti gravati con il ricorso, atteso che, anche nel caso di una favorevole delibazione del gravame, con conseguente annullamento degli stessi, i contestati obblighi troverebbero comunque fonte nelle predette Linee guida, non fatte oggetto di impugnazione. Ma un siffatto accertamento è escluso dal parere del Consiglio di Stato, Commissione speciale, numero 1257 del 29 maggio 2017, reso nell’adunanza del 20 aprile 2017, in ordine a uno schema di atto assunto dall’Anac sempre in materia di trasparenza, la delibera di ‘Aggiornamento delle Linee guida per l'attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici economici’. In tale parere è stato osservato punto 3 come le linee guida in parola costituiscano, in esplicazione della potestà di vigilanza affidata all’Anac dall’art. 1, comma 2, lettera f , della l. 6 novembre 2012, numero 190, e s.m.i., un atto di natura non regolamentare, che, nella misura in cui è volto a chiarire la portata applicativa e le ricadute organizzative degli adempimenti stabiliti dalla normativa di cui trattasi legge 190/2012 e d.lgs. 33/2013, come novellati dal d.lgs. 97/2016 , è riconducibile al novero degli atti non vincolanti, ovvero che possono essere disattesi mediante atti che contengano una adeguata e puntuale motivazione, idonea a dar conto delle ragioni della diversa scelta amministrativa. Al di fuori di tale ultima ipotesi, ha chiarito il predetto parere, la violazione delle linee guida può essere considerata, in sede giurisdizionale, come elemento sintomatico dell’eccesso di potere, sulla falsariga dell’elaborazione che si è avuta con riguardo alla violazione delle circolari. Ed è noto che, per la giurisprudenza, le circolari non rivestono un rilevanza determinante nella genesi dei provvedimenti che ne fanno applicazione, per cui i soggetti destinatari di questi ultimi non hanno alcun onere di impugnare la circolare, essendo meramente facoltizzati e quindi non onerati , a contestarne la legittimità C. Stato, IV, 16 ottobre 2000, numero 5506 20 settembre 1994, numero 720 .” Ebbene, da tutto quanto premesso non può che discenderne l’inammissibilità del presente ricorso per carenza di interesse, perché diretto avverso atto non direttamente lesivo delle posizioni soggettive di parte ricorrente, che potranno essere incise solo nel momento di applicazione in concreto” di tali Linee guida, attraverso l’adozione di sanzioni e di altri provvedimenti idonei. Né può valere in senso contrario quanto osservato in merito dalla stessa parte ricorrente nei suoi scritti difensivi. Che l’atto abbia portata generale”, infatti, non è un presupposto per considerare la sua immediata lesività, come avviene per altri atti a diffusione generalizzata, come le circolari prive di carattere vincolante, in quanto tali non impugnabili, come evidenziato dalle pronunce di TAR e Consiglio di Stato sopra riportate. E’ esclusa, poi, una portata immediatamente precettiva, dato che l’influenza diretta di dette Linee guida è valutabile solo attraverso la loro concreta applicazione o attraverso la loro immotivata disapplicazione, le cui conseguenze sono previste dall’art. 47, comma 3, d.lgs. numero 33/2013 cit. Così pure, la circostanza per la quale l’ANAC abbia ritenuto di sospendere in autotutela” l’applicazione del provvedimento nei confronti dei dirigenti non sta a significare una sua immediata precettività ma risponde semmai a criteri di opportunità, discrezionalmente e autonomamente valutati dall’Autorità, anche in considerazione del su ricordato contenzioso pendente avanti alla Sezione Prima quater di questo Tribunale. Quanto finora illustrato in punto di inammissibilità del ricorso preclude anche l’esame e l’approfondimento delle questioni di legittimità costituzionale e di compatibilità con il diritto dell’Unione Europea, come proposte da parte ricorrente. Stante il ritenuto difetto di attualità della lesione e l’assenza di concreto pregiudizio e connesso interesse a ricorrere, infatti, si palesa evidente l’assenza di rilevanza delle questioni prospettate in questo giudizio. Da ultimo, si richiama l’ordinanza della Corte Costituzionale, 20.12.2017, numero 276, proprio in tema di carenza di interesse attuale nel giudizio a quo”, e la sentenza della CGUE, Sez. III, 10.9.2015, numero 687/13 – Dogana, secondo la quale Va ricordato, al riguardo, che, secondo giurisprudenza costante, il procedimento in forza dell'articolo 267 TFUE si fonda su una netta separazione delle funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, di modo che spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell'emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte”. Per tutto quanto dedotto, quindi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Per la novità della fattispecie, le spese di lite possono eccezionalmente essere compensate. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Prima , definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per carenza di interesse. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.