Medici fisiatri contro fisioterapisti: la Giunta regionale della Sardegna deve modificare la disciplina su requisiti strutturali e apparecchiature

Ciò in quanto lasciare all’interprete la distinzione tra tali apparecchiature e le tecniche di impiego sulla base di un concetto del tutto vago di ‘rischio’ significa svuotare di contenuto le disposizioni, anche perché il necessario controllo sulla loro corretta applicazione difetterebbe di criteri oggettivi ai quali parametrare una verifica di ottemperanza.

La vicenda. Il Consiglio di Stato sez. III, sentenza n. 5840/17, depositata l’11 dicembre ha accolto l’appello del Sindacato Italiano medici di medicina fisica e riabilitativa a proposito della regolamentazione dalla Regione Sardegna per le procedure di autorizzazione all’esercizio di attività sanitarie negli studi professionali medici, negli ambulatori medici e negli studi professionali di fisioterapia, nonché le procedure di accreditamento per gli studi professionali di fisioterapia. In sostanza, il Collegio non ha condiviso le conclusioni alle quali era pervenuto il giudice di primo grado, il quale aveva ritenuto legittimo lo svolgimento nell’ambito dello studio professionale di fisioterapia” di attività non solo manuali, implicanti anche l'utilizzo delle tecnologie necessarie e correlate, purché queste non comportino il superamento di un livello moderato di rischio per la sicurezza del paziente . Mentre restano, invece, pienamente riservate agli studi/ambulatori dei medici tutte le attività che in questo settore vengono erogate con l'utilizzo di apparecchiature elettromedicali con parti applicate che potrebbero comportare un più elevato rischio per il paziente . La figura del Fisioterapista e del Fisiatra. La Terza Sezione ha preso atto del parere tecnico depositato dai medici fisiatri, il quale precisava che le terapie mediante attrezzature elettromedicali, siano esse svolte dal Fisioterapista o dal Fisiatra, sono le medesime laser, termoterapia, correnti ed altro e comportano gli stessi ed identici rischi per il paziente, nel senso che non vi è la possibilità, da un punto di vista scientifico, di distinguere modalità differenti di intervento con la terapia con mezzi fisici. Una volta che il Fisioterapista è autorizzato al loro uso potrà intervenire con terapie del tutto identiche a quelle che solo il Fisiatra in un Centro ambulatoriale di Riabilitazione potrebbe praticare. E sulla base di quest’ultimo, tracciato anche il quadro normativo, il Collegio ha affermato che appare oggettivamente distonica, nella normativa regolamentare regionale, la previsione che, in relazione allo studio del fisioterapista, impone, quanto ai requisiti minimi organizzativi, la sola presenza del fisioterapista, con esclusione dell’obbligo della presenza, presso la struttura, della figura del medico, e ciò anche laddove nelle due strutture vengano ad essere erogate le medesime prestazioni diagnostiche e terapeutiche di particolare complessità o che comportano un rischio per la sicurezza del paziente, quali quelle effettuate mediante le apparecchiature elettromedicali senza peraltro motivare il perché allo studio professionale del fisioterapista comunque soggetto ad autorizzazione sia possibile riconoscere una disciplina più favorevole che consenta allo stesso di prescindere dal possesso di una serie di requisiti imposti invece al medico fisiatra. Quale, in particolare, la ragione per la quale, nonostante la sovrapponibilità e coincidenza di prestazioni, solo nel caso dello studio professionale del fisioterapista sarebbe possibile prescindere dalla presenza medica all’interno della struttura, la cui assenza, in caso di effetti avversi, dovuti all’uso di apparecchiature elettromedicali, comunque non consentirebbe al fisioterapista - non avendone egli titolo e formazione - di intervenire con farmaci e manovre salvavita sul paziente. La Sezione, comunque, tenendo conto della necessità di escludere un vuoto normativo, ha mantenuto gli effetti dei provvedimenti impugnati dando tempo alla Regione Sardegna 10 mesi per la revisione della normativa in questione.

Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 21 novembre – 11 dicembre 2017, n. 5840 Presidente Maruotti – Estensore Pescatore Fatto 1. I provvedimenti deliberativi impugnati con il ricorso introduttivo del primo grado di giudizio contengono la regolamentazione delle procedure di autorizzazione all’esercizio di attività sanitarie negli studi professionali medici, negli ambulatori medici e negli studi professionali di fisioterapia, nonché le procedure di accreditamento per gli studi professionali di fisioterapia. 2. In particolare, con l’allegato tecnico di cui alla delibera di G.R. n. 13/17 del 4 marzo 2008, sono stati regolamentati gli ambiti di applicazione, i criteri per la classificazione e l’autorizzazione degli studi professionali e degli ambulatori medici, nonché i criteri per l’autorizzazione e l’accreditamento degli studi professionali di fisioterapia. Con la successiva deliberazione n. 21/42, la Giunta Regionale ha proceduto all’approvazione definitiva di tale atto regolamentare. 3. A base dell’impugnazione qui all’esame, proposta dal Sindacato italiano medici di medicina fisica e riabilitazione, vi è la doglianza secondo cui le delibere impugnate abbiano introdotto una regolamentazione dei cd. ‘studi professionali di fisioterapia’ maggiormente ‘favorevole’, sotto il profilo della imposizione dei requisiti minimi di organizzazione, nonché strutturali e tecnologici, rispetto a quella imposta alle strutture e agli studi professionali del personale medico erogante le medesime prestazioni di medicina fisica e riabilitativa. 4. Più precisamente, secondo l’articolata prospettazione di censure avanzata in primo grado dalla parte ricorrente, per effetto delle delibere de quibus I agli ‘studi professionali di fisioterapia’ sarebbe consentita l’erogazione delle stesse tipologie di prestazioni di tutte le altre strutture autorizzate a fornire prestazioni di medicina fisica e riabilitativa, senza però il rispetto di tutti i requisiti minimi a queste ultime imposti. In particolare, sarebbe consentito l'utilizzo a fini terapeutici di apparecchiature elettromedicali, senza che tale impiego avvenga - come previsto per le strutture di medicina fisica e riabilitativa - sotto la costante vigilanza, durante tutto l’orario di lavoro, di un medico specialista in fisiatria essendo prevista la presenza del solo fisioterapista . L’incongruenza dell’impianto normativo consisterebbe nel fatto di aver concretizzato una disparità di trattamento a fronte di prestazioni erogate al paziente, dal fisioterapista e dal fisiatra, del tutto identiche. Al cospetto di tale equivalenza di attività, l’Amministrazione regionale avrebbe dovuto espressamente prevedere anche per gli ‘studi di fisioterapia’, oltre al possesso dei requisiti minimi strutturali e tecnologici dettati per gli ambulatori medici, anche e soprattutto il rispetto dei requisiti organizzativi, imponendo a tal fine la presenza, all’interno dello studio professionale di fisioterapia, di un medico quale direttore responsabile, specialista in fisiatria, nonché la presenza costante durante l’orario di lavoro di un medico specialista in fisiatria II la menzionata regola, che impone che l’erogazione di prestazioni riabilitative avvenga sotto il costante controllo medico, risponde ad irrinunciabili esigenze di carattere sanitario e di tutela della incolumità del paziente ed è prevista, sul piano normativo, dal d.P.R. 14 gennaio 1997 e dalla d.g.r. del 4 giugno 1998, n. 26/21, i quali, nel disciplinare l'attività ambulatoriale dei medici, impongono, appunto, la presenza di un medico specialista in fisiatria o in disciplina affine o equipollente III nel disporre le regole qui contestate, l’organo esecutivo regionale ha apertamente violato anche la ‘delega’ prevista dall’art. 6 della L.R. n. 10/2006, nonché i principi e criteri direttivi di cui all’art. 8, comma 4, del d.lgs. n. 502/1992, ai quali, al contrario, si sarebbe dovuto attenere nella fissazione dei requisiti minimi necessari per l’erogazione delle prestazioni sanitarie. In particolare, risulta illegittima, sotto questo profilo, la scelta di distinguere le strutture erogatrici non sulla base della tipologia delle prestazioni erogabili , ma in ragione della natura del soggetto erogatore IV la regolamentazione introdotta dalla Regione sarda finisce per ‘aggirare’ anche il meccanismo dell’ autorizzazione alla realizzazione delle strutture sanitarie e socio-sanitarie, previsto dall’art. 8-ter del D.Lgs. n. 229/99, e per stravolgerne completamente la ratio programmatoria che ne sta a monte. Ciò in quanto, diversamente dai presidi medici di recupero e riabilitazione funzionale , la cui stessa realizzazione è soggetta ad autorizzazione, per gli studi professionali dei fisioterapisti è necessaria la sola autorizzazione all’esercizio tale meccanismo differenziato, tuttavia, perderebbe la sua ragion d’essere se, per i fisioterapisti, fosse possibile aprire strutture tipologicamente uguali ai presidi di recupero e riabilitazione funzionale , senza sottostare all’analogo regime di requisiti e autorizzazioni V la ricaduta di tali violazioni si determina sia sul piano della lesione delle regole di concorrenza tra soggetti eroganti prestazioni qualitativamente equivalenti essendo illegittimamente pregiudicati gli interessi dei medici fisiatri di cui il Sindacato ricorrente è portatore , sia sul versante della compromissione del diritto alla salute dei cittadini VI ulteriore vulnus viene dedotto con riferimento all’art. 8 quater del d.lgs. n. 502/1992 e s.m.i., e all’art. 6, comma 1°, della L.R. n. 10/2006, i quali impongono adeguate forme di partecipazione degli Ordini e dei Collegi professionali interessati che, nel caso di specie, non sarebbero state rispettate, essendo stati estromessi dal confronto endoprocedimentale sia il sindacato ricorrente SIMMFIR , sia la Società Scientifica della Medicina Fisica e Riabilitativa SIMFER . 5. Il giudizio di primo grado - nel quale si sono costituiti la Regione Autonoma della Sardegna, l’Ordine dei medici e chirurghi della Provincia di Cagliari, quale interventore ad adiuvandum, nonché l’A.I.F.I. – Associazione italiana fisioterapisti evocata in giudizio a seguito di ordine di integrazione del contraddittorio disposto dal TAR - è stato definito con la sentenza n. 1511/2009. 6. Il TAR, nel respingere tutte le censure dedotte in ricorso, ha dapprima operato una ricognizione del quadro regolatorio del profilo professionale del fisioterapista, traendone la conclusione di una progressiva accentuazione da parte del legislatore dell’ambito di autonomia entro il quale tale professionista può rendere le prestazioni alle quali è abilitato. Il TAR ha poi individuato il grado di ‘autonomia’ entro il quale il fisioterapista può svolgere la sua attività con l’ utilizzo di apparecchiature elettromedicali con parti applicate e, con specifico riferimento alla normativa regionale oggetto di impugnativa, ne ha ravvisato il limite nel seguente distinguo fra l’attività del medico-fisiatra e del fisioterapista - utilizzo di apparecchiature con parti applicate che possono comportare un rischio per la sicurezza del paziente riservata all’attività propriamente ’medica’ cfr. punto 4.2, per gli ambulatori medici, e punto 4.1. per gli studi professionali medici, dell’Allegato alla delibera 13/17 del 4 marzo 2008 - utilizzo di apparecchiature con parti applicate che possono comportare solo un certo grado di rischio per il paziente attività ammessa anche per i fisioterapisti, cfr. punto 5 dell’allegato alla delibera 13/17 del 4 marzo 2008 . Da queste premesse, il TAR ha tratto la conclusione che, se il legislatore ha attribuito un rilevante spazio di autonomia alla figura del fisioterapista, ad esso deve coniugarsi anche la possibilità di utilizzare le apparecchiature elettromedicali strettamente connesse all'esercizio della specifica professione sanitaria viceversa, richiedere la presenza di un medico nell'ambito dello studio professionale del fisioterapista significherebbe svilire la sfera di azione e di autonomia di tale professionista e contraddire il quadro normativo che riconosce, a pieno titolo, la professione in parola come attività propriamente sanitaria . In definitiva, ad avviso del TAR, è legittimo lo svolgimento nell’ambito dello ‘studio professionale di fisioterapia’ di attività non solo manuali, implicanti anche l'utilizzo delle tecnologie necessarie e correlate, purché queste non comportino il superamento di un livello moderato di rischio per la sicurezza del paziente . Restano, invece, pienamente riservate agli studi/ambulatori dei medici tutte le attività che in questo settore vengono erogate con l'utilizzo di apparecchiature elettromedicali con parti applicate che potrebbero comportare un più elevato rischio per il paziente . 7. L’atto di appello si diffonde in una serie di critiche preliminari alla sentenza di primo grado, nei passaggi motivazionali in cui questa, da un lato, ha attribuito decisiva rilevanza al concetto di ‘autonomia professionale’ del fisioterapista, traendone conseguenze improprie e non coerenti sul piano della legittimità degli atti contestati e, dall’altro, ha adombrato ragioni di conflitto competitivo tra le due categorie di professionisti sanitari fisioterapisti e fisiatri , in realtà insussistenti e comunque non rilevanti ai fin della decisione. L’atto di appello si profonde anche in un’ampia e articolata ricapitolazione delle censure svolte in primo grado. 8. La causa, a seguito dello scambio di memorie e di repliche ex art. 73 c.p.a., è stata discussa ed è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 21 novembre 2017. Diritto 1. L’articolato quadro normativo nel quale si inscrive la controversia qui all’esame trova i suoi primi riferimenti nella legislazione nazionale, ed in particolare nelle leggi n. 833/1978 art. 43 e n. 412/1991 art. 4, comma 2 , e nella regola generale, qui rinvenibile, per cui le istituzioni sanitarie private che erogano prestazioni di medicina fisica e riabilitazione sono sottoposte al regime di autorizzazione e vigilanza sanitaria di cui all'articolo 43 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e devono avere un direttore sanitario o tecnico, che risponde personalmente dell'organizzazione tecnica e funzionale dei servizi e del possesso dei prescritti titoli professionali da parte del personale che ivi opera . 2. Sul piano delle competenze, il d.Lgs. n. 229/99, aggiungendo l’art. 8ter al d.Lgs. n. 502/1992, ha previsto che siano le Regioni a fissare, con proprio intervento legislativo, le modalità e i termini per la richiesta e l'eventuale rilascio della autorizzazione alla realizzazione di strutture e della autorizzazione all'esercizio di attività sanitaria e socio-sanitaria e che l’autorizzazione all'esercizio di attività sanitarie è, altresì, richiesta per gli studi odontoiatrici, medici e di altre professioni sanitarie, ove attrezzati per erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale, ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche di particolare complessità o che comportino un rischio per la sicurezza del paziente . 3. A livello di normativa attuativa, il d.P.R. 14 gennaio 1997, dopo aver precisato cosa debba intendersi per ambulatorio di assistenza specialistica cioè la struttura o luogo fisico, intra od extraospedaliero, preposto alla erogazione di prestazioni sanitarie di prevenzione, diagnosi, terapia e riabilitazione, nelle situazioni che non richiedono ricovero neanche a ciclo diurno , definisce il corredo di requisiti minimi, anche di tipo organizzativo, che devono caratterizzarne l’esistenza. A tali fini il d.P.R. stabilisce che durante lo svolgimento dell'attività ambulatoriale deve essere prevista la presenza di almeno un medico, indicato quale responsabile delle attività cliniche svolte nell'ambulatorio . Nel testo principale, poi, all’art. 2 è statuito che Le strutture di cui al successivo art. 4 sono tenute a rispettare e ad adeguarsi ai requisiti minimi generali e specifici, di cui all'art. 1 , laddove l’art. 1 prevede che sono approvati i requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi richiesti per l'esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private, riportati nell'allegato, che fa parte integrante del presente decreto . Tra le strutture di cui all’art. 4, per quanto qui interessa, sono ricomprese appunto quelle che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, ivi comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio . Lo stesso testo normativo, quindi, nel demandare alle Regioni le modalità per l'accertamento e la verifica del rispetto dei requisiti minimi ivi imposti art. 2 , nonché gli standards di qualità che costituiscono requisiti ulteriori per l'accreditamento di strutture pubbliche e private , ma che in ogni caso devono essere in possesso dei requisiti minimi per l'autorizzazione di cui all'art. 1 art. 2 , fissa taluni criteri generali cui le Regioni stesse sono tenute ad adeguarsi nella fissazione dei requisiti e delle procedure di screditamento con il S.S.N. Tra tali criteri generali, sono indicati espressamente quelli volti ad consentire a che l’accreditamento della singola struttura sia funzionale alle scelte di programmazione regionale, nell’ambito delle linee di programmazione nazionale b che il regime di concorrenzialità tra strutture pubbliche e private sia finalizzato alla qualità delle prestazioni sanitarie e si svolga secondo il criterio dell'eguaglianza di diritti e doveri delle diverse strutture, quale presupposto per la libera scelta da parte dell'assistito c che sia rispettato il livello quantitativo e qualitativo di dotazioni strumentali, tecnologiche e amministrative correlate alla tipologia delle prestazioni erogabili, nonché alla classe di appartenenza della struttura . 4. La Regione Autonoma della Sardegna ha dato applicazione al d.P.R. 14 gennaio 1997 mediante l’approvazione della delibera di G.R. n. 26/21 del 4 giugno 1998, che ha previsto i requisiti e le procedure per l’accreditamento delle strutture pubbliche e private. Tale delibera, sulla premessa che l’accreditamento opera nei confronti nei confronti dei soggetti eroganti prestazioni sanitarie già regolarmente autorizzati e/o comunque in possesso dei requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi previsti dal D.P.R. 14.1.1997 , contiene l’elencazione dei requisiti, riportati nell’Allegato A che ne costituisce parte integrante. Ebbene, l’art. 22, comma 2, dell’Allegato prevede che, In ogni caso, nell’Ambulatorio deve essere garantita, per tutto l’orario di apertura, la presenza di un medico specialista nella branca specialistica di riferimento dell’attività praticata . Per le strutture eroganti prestazioni di medicina fisica e riabilitative, lo stesso testo normativo, dopo aver previsto i requisiti strutturali e tecnologici, indica all’art. 61, comma 2, tra i requisiti indispensabili sotto il profilo organizzativo, che Ogni struttura deve essere dotata di un Direttore responsabile, specialista in Fisiatria deve inoltre assicurare, durante l’orario di servizio, la presenza di a un medico specialista in fisiatria o in disciplina equipollente od affine, in relazione alla tipologia dei casi trattati . 5. Quanto alla delibera di G.R. n. 13/17 del 4 marzo 2008 oggetto di impugnazione , occorre metterne a fuoco le disposizioni, contenute ai paragrafi 3 e 4 dell’allegato, recanti la definizione dei tratti distintivi tra gli studi professionali non soggetti ad autorizzazione e gli studi professionali ed ambulatori medici che, invece, sono soggetti al provvedimento autorizzatorio. Al fine di distinguere queste diverse tipologie di strutture, vengono presi in considerazione due elementi distintivi fondamentali 1. la tipologia di prestazioni erogate, con particolare riguardo alla potenziale pericolosità intrinseca delle stesse o derivata dall’utilizzazione di apparecchiature elettromedicali con parti applicate all’assistito 2. le modalità organizzative con le quali si erogano le attività sanitarie, con particolare riferimento alla complessità dell’insieme delle risorse umane, materiali ed organizzative utilizzate per l’esercizio delle attività . 5.1. Viene quindi disciplinato lo studio professionale medico non soggetto ad autorizzazione paragrafo 3 , intendendosi come tale il luogo in cui il professionista eroga prestazioni esclusivamente in regime libero professionale, limitatamente alla sola visita e colloquio con il paziente, escludendo quindi l’utilizzo di dotazioni tecnologiche con parti applicate e/o impiantistiche che possano determinare un rischio per la sicurezza del paziente . 5.2. Di seguito vengono contemplati gli ambulatori e gli studi professionali medici soggetti ad autorizzazione paragrafo 4 e per questi ultimi si prevede, al paragrafo 4.1 che Ai sensi della vigente legislazione, il professionista singolo o associato può erogare prestazioni sanitarie di particolare complessità o che implichino l’utilizzo di apparecchiature elettromedicali con parti applicate che possono comportare un rischio per la sicurezza del paziente . Si prevede inoltre che, in tal caso, i requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi devono corrispondere a quelli richiesti per l’accreditamento della medicina specialistica dalla d.G.R. 26/21 del 4 giugno 1998, ivi inclusi, tra questi, la presenza di un direttore responsabile, specialista nella branca, oltre alla costante presenza di un medico specialista nella branca in relazione alla tipologia dei casi trattati. Al paragrafo 4.2, quindi, la delibera disciplina gli ambulatori medici AM , prevedendo che negli AM è obbligatoria la presenza di un direttore sanitario cui è attribuita la responsabilità del corretto funzionamento della struttura sotto il profilo igienico-sanitario, organizzativo e della sicurezza. Negli ambulatori medici possono essere effettuate procedure diagnostiche e terapeutiche di particolare complessità, nonché prestazioni che possono comportare un rischio per la sicurezza del paziente - utilizzo di apparecchiature elettromedicali con parti applicate . Vengono quindi richiamati i requisiti minimi previsti nel d.P.R. 14 gennaio 1997 nonché - per quanto concerne l’accreditamento - i requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi richiesti dalla d.g.r. 26/21 del 4 giugno 1998. 5.3. Al paragrafo 5 della delibera impugnata, vengono infine disciplinati gli studi professionali di fisioterapia, definiti come strutture soggette all’obbligo della preventiva autorizzazione, dove possono essere erogate prestazioni terapeutiche riconducibili al profilo professionale del fisioterapista di cui al D.M. 741/94 è previsto l’utilizzo di apparecchiature elettromedicali con parti applicate che possono comportare un certo grado di rischio per il paziente le Norme C.E.I. 64-8 sez. 710 configurano questa tipologia di struttura come ambiente di tipo 1 . L’allegato indica la serie di requisiti minimi strutturali, tecnologici ed organizzativi che lo studio deve rispettare. 6. L’impostazione argomentativa dell’atto di appello e del ricorso di primo grado - intesa ad evidenziare una generale difformità nella regolamentazione dei requisiti di accesso ai due ambiti professionali - muove da un postulato di partenza, stando al quale all’interno dello studio professionale del fisioterapista possono essere erogate prestazioni sanitarie sostanzialmente sovrapponibili a quelle che vengono erogate da un ambulatorio medico di riabilitazione. Sulla base di questa presupposta equivalenza di prestazioni, si contesta come irragionevole la differenziata regolamentazione dei requisiti strutturali ed organizzativi di accesso ai due settori professionali. 6.1. In particolare, nelle due strutture in considerazione, la delibera n. 13/17 del 4 marzo 2008 consente l’erogazione delle medesime prestazioni terapeutiche di particolare complessità o che comportano un rischio per la salute del paziente, in quanto implicanti l’ utilizzo di apparecchiature elettromedicali con parti applicate . 6.2. La valutazione di equivalenza tra le attività del fisioterapista e del fisiatra è ancorata, in particolare, all’identica modalità di utilizzo dei macchinari elettromedicali da parte di entrambi gli operatori sanitari, nonché alla omogeneità dei fattori di rischio - per la salute del paziente - connessi all’impiego di tale metodologia di intervento strumentale. 6.3. Sul profilo in esame, la parte appellante ha fornito due pareri medico-scientifici contro le cui risultanze non sono state depositate produzioni scientifiche di segno contrario , dai quali emerge che le terapie mediante attrezzature elettromedicali, siano esse svolte dal Fisioterapista o dal Fisiatra, sono le medesime laser, termoterapia, correnti ed altro e comportano gli stessi ed identici rischi per il paziente, nel senso che non vi è la possibilità, da un punto di vista scientifico, di distinguere modalità differenti di intervento con la terapia con mezzi fisici. Una volta che il Fisioterapista è autorizzato al loro uso potrà intervenire con terapie del tutto identiche a quelle che solo il Fisiatra in un Centro ambulatoriale di Riabilitazione potrebbe praticare. Ciò anche per le potenziali conseguenze dannose sulla salute. L'esempio classico è quello del Laser o delle onde d'urto entrambe le attrezzature sarebbero utilizzate nelle due tipologie di Strutture, ma evidentemente ben diversa sarebbe la tutela dei pazienti in presenza del medico. Basti pensare ai danni alla retina che possono derivare da un uso incongruo della Laserterapia cfr. parere della European Society of Phisical and Rehabilitation Medicine, reso in data 10 febbraio 2009 – docomma 1 depositato il 12 settembre 2009 . 6.4. Non solo le terapie strumentali sono equivalenti, ma anche le apparecchiature elettromedicali sono le stesse, identiche a quelle utilizzate dal fisiatra all’interno dell’ambulatorio medico specialistico cfr. parere della Società italiana di medicina fisica e riabilitativa – docomma 2, depositato il 17 febbraio 2009 . 6.5. Risulta dunque l’esistenza di un ambito operativo specifico - quello caratterizzato dall’impiego di apparti elettromedicali - nel quale le due figure professionali svolgono la loro attività con modalità e tecniche equivalenti, che giustificherebbero una analoga dotazione di requisiti e cautele. 6.6. Una ulteriore acquisizione - desumibile dal tenore delle allegazioni in atti e dalle incontroverse risultanze scientifiche allegate da parte appellante - risulta quella secondo cui all’utilizzo dei macchinari elettromedicali si associano analoghi fattori di potenziale rischio per la salute dei pazienti. Proprio in relazione a tale genere di rischi, si giustificano le particolari misure precauzionali previste dalla normativa di riferimento generale sopra richiamata, consistenti nella presenza di un direttore responsabile, specialista nella branca, oltre che di un medico specialista in relazione alla tipologia dei casi trattati. 6.7. In proposito, sempre dai pareri scientifici versati in atti risulta che gli effetti collaterali e gli eventi avversi che possono verificarsi in corso di somministrazione di fisioterapia strumentale sono molteplici ad es reazioni allergiche in corso di ionoforesi con farmaci antinfiammatori, effetti di grave danno retinico durante l’uso di laser, gravi aritmie cardiache in corso di elettroterapia mal posizionata ed utilizzata . Nondimeno, nell’ambulatorio di medicina fisica e riabilitazione c’è la presenza costante del Medico, mentre nello studio del Fisioterapista il Medico è assente e pertanto in caso di effetti avversi, dovuti all’uso di apparecchiature elettromedicali, il Fisioterapista non avrebbe titolo e formazione ad intervenire con farmaci e manovre salvavita sul paziente cfr. parere della Società italiana di medicina fisica e riabilitativa – docomma 2, depositato il 17 febbraio 2009 . 7. Sulla base delle premesse sin qui svolte e del tracciato quadro normativo – appare oggettivamente distonica, nella normativa regolamentare fatta oggetto di gravame, la previsione regionale che, in relazione allo studio del fisioterapista, impone, quanto ai requisiti minimi organizzativi, la sola presenza del fisioterapista, con esclusione dell’obbligo della presenza, presso la struttura, della figura del medico, e ciò anche laddove nelle due strutture vengano ad essere erogate le medesime prestazioni diagnostiche e terapeutiche di particolare complessità o che comportano un rischio per la sicurezza del paziente, quali quelle effettuate mediante le apparecchiature elettromedicali. 7.1. Come già esposto, per le prestazioni riabilitative è previsto come necessario dalla delibera n. 26/21 del 4 giugno 1998 oltre che dal d.P.R. 14 gennaio 1997 che la struttura sia dotata di un Direttore responsabile, specialista in Fisiatria deve inoltre assicurare, durante l’orario di servizio, la presenza di a un medico specialista in fisiatria o in disciplina equipollente od affine, in relazione alla tipologia dei casi trattati . 7.2. Dunque, l’incongruenza nella quale è incorsa l’Amministrazione regionale risiede proprio nel non aver esternato le ragioni che la hanno indotta a non ritenere che nelle due strutture in considerazione, da una parte lo studio del fisioterapista, come disciplinato dalla delibera n. 13/17 del 2008, dall’altra l’ambulatorio di medicina fisica e riabilitativa, si erogano medesime prestazioni diagnostiche e terapeutiche di particolare complessità o che comportano un rischio per la sicurezza del paziente, effettuate mediante le apparecchiature elettromedicali e poiché in entrambi i casi è necessaria l’autorizzazione, l’Amministrazione non ha motivato il perché allo studio professionale del fisioterapista comunque soggetto ad autorizzazione sia possibile riconoscere una disciplina più favorevole che consenta allo stesso di prescindere dal possesso di una serie di requisiti. 7.3. Non è stata motivata, né risulta di per sé ragionevole, in particolare, la ragione per la quale, nonostante tale sovrapponibilità e coincidenza di prestazioni, solo nel caso dello studio professionale del fisioterapista sarebbe possibile prescindere dalla presenza medica all’interno della struttura, la cui assenza, in caso di effetti avversi, dovuti all’uso di apparecchiature elettromedicali, comunque non consentirebbe al fisioterapista - non avendone egli titolo e formazione - di intervenire con farmaci e manovre salvavita sul paziente. 8. D’altra parte, dall’art. 8-ter del D.Lgs. n. 502/1992 e s.m.i., emerge che l’autorizzazione è necessaria sia per le strutture che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, ivi comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio , sia per per gli studi odontoiatrici, medici e di altre professioni sanitarie, ove attrezzati per erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale, ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche di particolare complessità o che comportino un rischio per la sicurezza del paziente . 8.1. Dunque, il legislatore nazionale - di fronte a strutture che erogano prestazioni identiche per complessità e rischi di salute - richiede per entrambe l’autorizzazione, senza assolutamente prevedere un trattamento di maggior ‘favore’ quanto al possesso dei requisiti minimi tecnologici, strutturali ed organizzativi nel caso in cui si sia in presenza di uno studio e non di un ambulatorio. Quindi, nessun elemento consente di distinguere l’una dall’altra struttura per la sola natura del soggetto erogatore di quelle identiche prestazioni. 8.2. E’ di rilievo considerare, inoltre, che l’art. 8 dello stesso D.Lgs. 502/1992, nel prevedere l’emanazione di un atto di indirizzo e coordinamento con il quale siano definiti i requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi minimi richiesti per l'esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private , espressamente impone, al comma 4, che l’atto in questione si ispiri ad una serie di criteri e principi direttivi” tra i quali, per quanto qui interessa, quello di prevedere l'articolazione delle strutture sanitarie in classi differenziate in relazione alla tipologia delle prestazioni erogabili . 8.3. A sua volta, la ‘delega’ contenuta nell’art. 6 della L.R. n. 10/2006, con la quale la giunta regionale è stata investita del compito di stabilire e aggiornare, con propria deliberazione, i requisiti minimi strutturali, tecnologici e organizzativi richiesti per l'esercizio delle attività sanitarie, contiene un esplicito richiamo ai principi e dei criteri direttivi contenuti nel comma 4 dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 502 del 1992 . 8.4. Infine, anche il citato d.P.R. 14 gennaio 1997 conferma quanto rilevato in ordine alla possibile distinzione tra le diverse strutture solo ed esclusivamente sulla base delle prestazioni erogate, laddove all’art. 4 espressamente prevede che Le regioni classificano le strutture in relazione alla tipologia delle prestazioni contemplate dai livelli di assistenza e, più in particolare, che Le strutture che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale possono essere distinte a seconda dell’entità e della tipologia delle prestazioni erogabili e delle dotazioni strumentale, tecnologica ed organizzativa possedute . 9. Se solo la prestazione costituisce idoneo elemento di differenziazione del regime normativo, appare oggettivamente censurabile ed illogica la distinzione - contenuta nella delibera regionale gravata - tra l’utilizzo di apparecchiature elettromedicali con parti applicate che possono comportare un certo grado di rischio e quelle che, invece, comportano un rischio per la salute del paziente laddove solo le prime sarebbero consentite al fisioterapista, appunto per il loro minor grado di rischio. 9.1. Ed invero, come condivisibilmente dedotto dalla parte appellante, ammesso che possa esistere una distinzione tra apparecchiature elettromedicali a seconda del correlato rischio che ne deriva al paziente, la delibera avrebbe quantomeno dovuto indicare le differenti tipologie di apparecchiature e di metodiche di volta in volta consentite, così da permettere all’utilizzatore di conoscere quelle alle quali egli, in base alla propria professione, è abilitato. 9.2. Viceversa, lasciare all’interprete la distinzione tra tali apparecchiature e le tecniche di impiego sulla base di un concetto del tutto vago di ‘rischio’ significa svuotare di contenuto le disposizioni, anche perché il necessario controllo sulla loro corretta applicazione difetterebbe di criteri oggettivi ai quali parametrare una verifica di ottemperanza. 9.3. Come già precisato, la documentazione scientifica versata in atti avvalora la tesi secondo cui le terapie mediante attrezzature elettromedicali, siano esse svolte dal fisioterapista o dal fisiatra, sono le medesime laser, termoterapia, correnti ed altro e comportano gli stessi ed identici rischi per il paziente. 9.4. Dunque, anche per tale ragione, l’asserita differenziazione dei rischi connessi ad un uso differenziato della strumentazione da parte delle due categorie professionali non appare dimostrata e motivata. 10. La persuasività delle censure mosse avverso la delibera impugnata non viene meno facendo leva sul concetto di ‘autonomia professionale’ che contraddistingue l’operato del fisioterapista. 10.1. Innanzitutto, l’entità di tale autonomia va precisata, nel duplice senso che essa può esplicarsi solo nell’ambito del profilo e delle competenze professionali proprie del fisioterapista e, comunque, in rapporto con le diagnosi e prescrizioni di stretta competenza medica, cioè all’interno di una preliminare individuazione del problema clinico e del tipo di risposta riabilitativa necessaria, oltre che della verifica dei risultati. 10.2. Tali principi delimitativi sono desumibili dall’inciso in riferimento alla diagnosi ed alle prescrizioni del medico contenuto nel D.M. 14 settembre 1994, n. 741 recante Regolamento concernente l’individuazione della figura e del relativo profilo professionale del fisioterapista oltre che dal riferimento ai profili professionali contenuto nell’art. 2 L. 251/2000 relativa alla Disciplina delle professioni sanitarie, infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica . 10.3. Proprio facendo riferimento ai parametri normativi sopra richiamati, questa stessa Sezione ha già ritenuto che i la normativa statale in materia riabilitativa attribuisce al medico un ruolo di centralità e di responsabilità nel percorso terapeutico nell'area della riabilitazione ii nel sistema sanitario vigente le funzioni del fisioterapista sono meramente esecutive rispetto a quelle del medico fisiatra, al quale spetta la definizione del programma riabilitativo del singolo paziente e la predisposizione dei singoli atti terapeutici, di cui resta responsabile, anche se la loro esecuzione è frutto del lavoro di un'equipe della quale fa parte anche il fisioterapista iii l'art. 1, comma 2, d.m. 14 settembre 1994, n. 741, va inteso nel senso di consentire al fisioterapista di prestare la propria attività, prendendo a riferimento le diagnosi e le prescrizioni del medico, sia autonomamente che in équipe, ma solo in funzione esecutiva delle prescrizioni mediche iv non possono ritenersi lesive delle competenze professionali del fisioterapista le delibere regionali che abbiano previsto che l'accesso alle prestazioni riabilitative erogate dal S.s.n. avvenga sotto il controllo di un medico fisiatra, non solo per il profilo della individuazione della terapia, ma anche della sua esecuzione Cons. Stato, sez. III, 12 febbraio 2015, n. 752 . 10.4. Per quanto esposto, desumere da una generica postulazione di autonomia professionale l’automatica abilitazione dei fisioterapisti all’utilizzo di metodiche strumentali – senza adeguata motivazione - risulta manifestamente illogico, se non previa definizione di un uso di tale strumentazione rapportato agli interventi e alle competenze appropriate all’ambito professionale proprio del fisioterapista. 11. Nei limiti e nei termini innanzi precisati, il Collegio ritiene quindi fondati i diversi profili di censura dedotti dalla parte appellante e sin qui esaminati, nei quali confluisce anche l’ulteriore deduzione in ordine al mancato coinvolgimento degli Ordini e delle Associazioni professionali specificamente interessati dalle questioni in esame, secondo quanto imposto dagli artt. 8 quater del d.lgs. n. 502/1992 e s.m.i., e 6, comma 1°, della L.R. n. 10/2006. Ed invero, tenuto conto della natura delle questioni di interesse, nell’ambito dei soggetti meritevoli di essere coinvolti nel procedimento istruttorio finalizzato a fornire dati di valutazione all'organo deliberante, andavano incluse anche le rappresentanze dei medici fisiatri, le quali, al contrario, non risultano essere state consultate. 12. Per quanto esposto e nei limiti sin qui precisati, l’appello risulta fondato e va accolto. 12.1. Tuttavia, considerate le circostanze, si ritiene opportuno disporre con la presente pronuncia unicamente effetti conformativi del successivo esercizio della funzione pubblica, e non anche i consueti effetti ex tunc di annullamento, demolitori degli effetti degli atti impugnati, né quelli ex nunc per la possibilità di escludere l’annullamento nel caso di fondatezza delle censure proposte contro una norma regolamentare o un atto generale, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 10 maggio 2011, n. 2755 . Infatti, la Sezione ritiene che non vada determinato un vuoto normativo retroattivo, in grado di compromettere le attività espletate e i rapporti negoziali e patrimoniali nel frattempo instaurati sulla base delle vigenti disposizioni, essendo questa una conseguenza esorbitante la pretesa e l’interesse azionati col ricorso di primo grado, volto alla definizione pro futuro di un corretto assetto regolatorio delle condizioni di accesso alle professioni sanitarie. 12.2.Si ritiene dunque necessario - disporre che la Regione Sardegna proceda alla approvazione di una delibera sostitutiva – nelle parti sopra censurate punti 4.1, 4.2 e 5 dell’allegato alla d.g.r. 13/17 – di quella qui impugnata, entro il termine di dieci mesi, decorrente dalla notificazione o dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza, nel rispetto delle precedenti considerazioni - non statuire gli effetti di annullamento degli atti impugnati in primo grado e disporre unicamente gli effetti conformativi delle statuizioni della presente sentenza - disporre che i medesimi atti conservino i propri effetti sino a che la Regione Sardegna li modifichi o li sostituisca - qualora il termine di dieci mesi decorra in assenza di determinazioni regionali, nel caso di proposizione del giudizio di ottemperanza la Sezione potrà valutare tutte le circostanze ed esercitare i poteri previsti dal Codice del processo amministrativo, anche quelli riguardanti le misure dissuasorie della eventuale inottemperanza - resta comunque inteso che, in attesa della rinnovata emanazione con effetti di per sé non retroattivi della delibera sostitutiva, nel rispetto dei procedimenti previsti dalle leggi, rimangono ferme tutte le previsioni contenute nella delibera della giunta regionale n. 13/17 del 4 marzo 2008, così come resta inteso che la presente sentenza non produce ulteriori conseguenze, sulla legittimità e sulla efficacia di qualsiasi atto o provvedimento che sia stato emesso in applicazione o a seguito della medesima deliberazione. 13. Per le ragioni che precedono, l'appello in esame va accolto nei limiti sopra precisati e con le conseguenze conformative sopra determinate. 14. La complessità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese di lite in entrambi i gradi di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza , definitivamente pronunciando sull'appello n. 10497 del 2010, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata - accoglie il ricorso di primo grado, ai sensi e nei limiti di cui in motivazione - mantiene fermi, come precisato in motivazione, tutti gli effetti dei provvedimenti impugnati in primo grado e, in particolare, della delibera della giunta regionale n. 13/17 del 4 marzo 2008, anche per la verifica della legittimità e della efficacia degli atti conseguenti - dichiara il dovere della Regione Sardegna di procedere alla emanazione, con effetti ex nunc, di una delibera sostitutiva - nei punti censurati nella presente motivazione - di quella annullata, e di concludere il relativo procedimento entro il termine di dieci mesi, decorrente dalla notificazione o dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza - compensa tra le parti le spese e gli onorari dei due gradi del giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.