La madre casalinga può curare il figlio: niente congedo parentale per il padre

La casalinga svolge attività domestiche che le consentono di prendersi cura del figlio, perciò, salvo che non vi possa attendere per specifiche, oggettive, concrete, attuali e ben documentate ragioni, non spetta alcun permesso e congedo parentale al padre. Mutato l’orientamento prevalente e costante mutuato anche dalla prassi della CGUE EU C 2015 473 .

La disciplina civilistica dei congedi parentali si applica anche agli appartenenti alle Forze armate e di Polizia civile e militare con i limiti ed i vincoli rivenienti dalle specificità ordinamentali, operative ed organizzative di tali Corpi. È quanto stabilito dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 4993/17, depositata il 30 ottobre. Il caso. In prime cure, il TAR Friuli Venezia Giulia n. 321/16 aveva parzialmente accolto il ricorso di un poliziotto che si era visto negare i periodi di riposo ex art. 40, lett. c , d.lgs. n. 151/01, annullando il provvedimento di diniego, ma non concedendo il richiesto indennizzo. Infatti la ratio della norma, per il TAR, è quella di beneficiare il padre di permessi per la cura del figlio allorquando la madre non ne abbia diritto in quanto lavoratrice non dipendente e pur tuttavia impegnata in attività nella fattispecie, quella di casalinga , che la distolgano dalla cura del neonato . Il Viminale, di opposta opinione, ha impugnato la decisione sostenendo la non spettanza la casalinga non può essere considerata una lavoratrice dipendente. Il Consiglio di Stato, come detto, ha accolto il ricorso e la tesi secondo cui la casalinga può prendersi cura del figlio salvo comprovati impedimenti. I militari ed i poliziotti possono godere dei congedi parentali? Sì, come detto. In un primo momento si ritenne di non concedere loro queste misure di ausilio alla genitorialità previste dal d.lgs. citato per il particolare status rivestito e agli speciali compiti istituzionali svolti da tali organizzazioni Cons. Stato nn. 5730/11 e 3278/10 . La prassi poi, però, è mutata e le ha ritenute applicabili nei limiti sopra descritti il primario valore degli interessi pubblici perseguiti dalle Forze Armate e di Polizia rende non automatico e meccanicistico l’accoglimento degli istituti plasmati per l’impiego civile e, in particolare, di quelli individuati dal decreto n. 151 Cons. Stato n. 2113/16 e Corte Cost. n. 268/16 . Ciò è confermato anche da alcune norme del codice dell’ordinamento militare d.lgs. n. 66/10 e dalla teoria dei c.d. diritti tiranni Corte Cost. nn. 85/13 e 24/17 . Infine questi stessi limiti sono previsti anche per le forze di Polizia di Stato e penitenziaria che pur se con un ordinamento di carattere non militare, comunque le Forze di Polizia partecipano di quella stretta connessione con il nucleo vivo del pubblico potere da non tollerare l’assoggettamento all’ordinaria regolamentazione privatistica del rapporto di lavoro alle dipendenze della PA In limine si noti che i riposi ed i permessi parentali non sono stati oggetto di concertazione ex artt. 3-5 d.lgs. n. 195/95. Contrapposti orientamenti in materia. Il Consiglio di Stato rileva come le tesi sulla spettanza del diritto ai congedi parentali al padre nel caso in cui la madre non sia una lavoratrice dipendente libera professionista, casalinga etc. non siano uniformi. Infatti un primo orientamento considera l’attività domestica della casalinga come un lavoro non retribuito svolto a favore di terzi la propria famiglia che la distolgono dalla cura della prole e quindi, non avendo diritto al congedo di maternità, questo può essere fruito dal padre e sarebbe discriminatorio negarglielo solo perché la madre non è una dipendente. Il tutto è nell’interesse supremo del minore Cons. Stato n. 4293/08 . Questa asserzione è ripresa anche da un’altra tesi diametralmente opposta la casalinga non può essere parificata ad una lavoratrice non dipendente e può ritagliare, avendo una gestione autonoma del proprio tempo, due ore per assistere i figli. Si ribadisce che le ipotesi previste dall’art. 40 per la concessione di detti aiuti al padre sono tassative e conseguenti a situazioni in cui la madre non ha la possibilità giuridica lett. a , la volontà lett. b , la possibilità professionale lett. c o materiale lett. d di fruirne in prima persona. Tale norma è infatti espressione del principio dell’alternatività della cura del minore, cui la legge vuole assicurare la presenza di almeno uno dei due genitori, stimati ambedue parimenti idonei a prestare la necessaria assistenza Cons. Stato n. 2732/09 . In seguito la prassi, anche di merito, si è alternata tra le due opinioni, stante il fatto che la madre ha un ruolo centrale nello sviluppo e nel benessere del minore, dovuto a peculiarità della maternità ed al forte legame che si sviluppa tra i due, sin dalla gestazione e nel primo anno di vita, che vanno adeguatamente tutelate, ha precisi obblighi verso la prole ex art. 147 c.c., ma entrambi i genitori hanno pari diritti e doveri nella sua cura. Nessun diritto ipse iure per il padre. Per il CGRS n. 1241/12, la legge non riconosce al padre alcun diritto ai riposi giornalieri autonomi, indipendente e parallelo a quello della madre, ma questi potranno essere concessi se esistono concreti impedimenti che si frappongano alla possibilità per la moglie casalinga e dunque lavoratrice non dipendente, come si ritiene debba essere qualificata di assicurare le necessarie cure al bambino . Ostacoli che dovranno essere provati e documentati concretamente. La tesi del Consiglio di Stato. In definitiva, in conclusione di un lungo excursus su tutte queste opinioni, il Consiglio di Stato ribadisce che, pur dovendosi attuare un equo bilanciamento dei contrapposti e reciproci interessi e valori, è questa la tesi cui ritiene di aderire, rilevando che il padre non ha provato detti ostacoli, poiché non è un impedimento alla cura del figlio il fatto che la compagna non avesse la patente.

Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 28 settembre 30 ottobre 2017, n. 4993 Presidente Poli Estensore Lamberti Fatto e diritto 1. Il sig. - omissis -, sovrintendente della Polizia di Stato, ha proposto ricorso di fronte al T.a.r., competente ai sensi dell’art. 13, comma 2, c.p.a., avverso il provvedimento del Questore di Gorizia prot. n. 871 del 26 giugno 2012, con cui è stata rigettata la sua istanza di fruizione dei periodi di riposo previsti dall’art. 40, lett. c , del d.lgs. n. 151 del 2001 ai sensi del qualeI periodi di riposo di cui all'articolo 39 sono riconosciuti al padre lavoratore c nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente . 1.1. Il sig. - omissis - ha chiesto, sul presupposto della spettanza del diritto alla fruizione dei periodi in parola, l’annullamento del provvedimento e la conseguente condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno patrimoniale subito, di importo pari al numero dei permessi negati . 1.2. Il ricorrente, in particolare, ha censurato l’esegesi della disposizione operata dall’Amministrazione ed ha, di contro, sostenuto di avere diritto a fruire dei periodi di riposo, giacché la sua compagna, in quanto casalinga, non sarebbe per definizione una lavoratrice dipendente . 2. Costituitasi l’Amministrazione, il T.a.r. ha accolto il ricorso quanto all’istanza demolitoria, mentre ha rigettato, per difetto dell’elemento soggettivo della colpa in capo all’Amministrazione, la conseguente richiesta risarcitoria. 2.1. Il Tribunale ha in particolare sostenuto, con riferimento alla disposizione di cui all’art. 40, lett. c , del d.lgs. n. 151, che, trattandosi di una norma rivolta a dare sostegno alla famiglia ed alla maternità in attuazione delle finalità generali di tipo promozionale scolpite dall'art. 31 della Costituzione, non può che valorizzarsi, nella sua interpretazione, la ratio della stessa, volta a beneficiare il padre di permessi per la cura del figlio allorquando la madre non ne abbia diritto in quanto lavoratrice non dipendente e pur tuttavia impegnata in attività nella fattispecie, quella di casalinga , che la distolgano dalla cura del neonato . 3. Il Ministero dell’interno ha interposto appello, interamente incentrato sulla critica dell’esegesi dell’art. 40, lett. c , del d.lgs. n. 151 sostenuta in prima cure. 4. Il sig. -OMISSIS-, nonostante la regolarità della notifica, non si è costituito in giudizio. 5. Il ricorso, discusso alla pubblica udienza del 28 settembre 2017, merita accoglimento. 6. Il Collegio, preliminarmente, affronta la problematica dell’applicazione, al personale della Polizia di Stato, della normativa dettata dal d.lgs. n. 151. 7. Per esigenze sistematiche, lo scrutinio di siffatta questione viene effettuato nell’ambito della più ampia disamina circa l’applicabilità della disciplina in questione anche alle Forze Armate ed alle Forze di Polizia ad ordinamento militare . 7.1. Inizialmente la giurisprudenza, chiamata ad occuparsi dell’istituto della assegnazione temporanea contemplato dall’art. 42-bis come noto introdotto nel corpo del d.lgs. n. 151 dalla legge 24 dicembre 2003, n. 350 , escluse, con valutazioni per vero potenzialmente estensibili a tutte le misure di ausilio alla genitorialità introdotte da detto decreto, che l’istituto in questione potesse essere applicato al personale appartenente alle Forze armate e alle Forze di polizia tutte, in relazione al particolare status rivestito e agli speciali compiti istituzionali svolti da tali organizzazioni ex multis Cons. Stato, sez. III, 26 ottobre 2011, n. 5730 Cons. Stato, sez. VI, 14 ottobre 2010, n. 7506 Cons. Stato, sez. VI, 25 maggio 2010, n. 3278, tutte peraltro relative ad appartenenti alla Polizia di Stato . 7.2. La successiva giurisprudenza, tuttavia, ha mutato indirizzo. 7.2.1. In particolare questa Sezione, proseguendo una traiettoria esegetica anticipata dalle sentenze della Sesta Sezione 21 maggio 2013, n. 2730 e della stessa Quarta Sezione 10 luglio 2013, n. 3683, ha da ultimo ribadito, con la pronuncia 23 maggio 2016, n. 2113, relativa ad un appartenente all’Arma dei Carabinieri, che in linea generale deve osservarsi che il t.u. n. 151 del 2001 in particolare gli artt. 1 e 2 , non contiene alcuna limitazione soggettiva capace di escludere dal suo ambito applicativo gli appartenenti alle Forze armate e di Polizia, anzi, dall’esame degli artt. 9 e 10 si desume che esso potesse trovare integrale applicazione a tali categorie di personale si tenga poi presente che l’art. 10 cit. è stato riassettato all’interno del codice sub art. 1494 , con sua contestuale abrogazione, per cui risulta ancor più evidente l’applicazione della specifica normativa al personale militare . 7.2.2. La pronuncia, peraltro, aggiunge che il primario valore degli interessi pubblici perseguiti dalle Forze Armate e di Polizia rende non automatico e meccanicistico l’accoglimento degli istituti plasmati per l’impiego civile e, in particolare, di quelli individuati dal decreto n. 151 di contro, molteplici spunti normativi inducono a ritenere che l’introduzione di tali istituti nella disciplina ordinamentale delle Forze Armate e di Polizia incontri il limite della concreta compatibilità con le peculiarità del relativo impiego. 8. Invero, questo spunto pretorio trova una solida base normativa in alcuni articoli del codice dell’ordinamento militare d.lgs. n. 66 del 2010 . 8.1. Giova richiamare, in particolare - l’articolo 625, che stabilisce espressamente il principio, di generale valenza anche ermeneutica, ai sensi dell’art. 12, primo comma, delle preleggi , della specificità ed autosufficienza dell’ordinamento del personale militare - l’art. 1465, secondo cui, premesso che ai militari spettano i diritti che la Costituzione della Repubblica riconosce ai cittadini , per garantire l'assolvimento dei compiti propri delle Forze armate sono imposte ai militari limitazioni nell'esercizio di alcuni di tali diritti, nonché l'osservanza di particolari doveri nell'ambito dei principi costituzionali - l’art. 1493, di rilevante interesse nella presente vicenda, che subordina l’applicazione della normativa vigente per il personale delle Pubbliche Amministrazioni in materia di maternità e paternità alle condizioni proprie del particolare stato rivestito dal militare. 8.2. La disciplina dettata dal codice dell’ordinamento militare - coerentemente con la propria natura codicistica ed in applicazione della Costituzione, che all’art. 52, si riferisce espressamente ad un vero e proprio ordinamento delle Forze Armate - è, ove apprezzata con un approccio ermeneutico di ampio respiro, con ogni evidenza atta a connotare l’impiego militare di un carattere certamente separato dalle altre forme di impiego alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni e connotato da forti elementi di specialità in questo senso, ex plurimis e da ultimo, Corte cost., n. 268 del 2016 Cons. stato, sez. IV, ord. 4 maggio 2017, n. 2043 . 8.3. In particolare, l’osmosi con gli istituti dettati per gli impieghi civili alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni è mediata, filtrata e conformata da un principio generale di preservazione delle specificità settoriali delle Forze Armate e di tutti i Corpi di Polizia, traguardate non come valore finale in sé, bensì come ineludibile esigenza strumentale, necessaria per consentire l’ottimale perseguimento delle peculiari e delicate funzioni loro proprie ossia la difesa militare dello Stato per terra, mare ed aria e la prevenzione e repressione, anche con l’uso della forza, dei reati . 8.4. Ne consegue, per quanto qui di interesse, che la trasposizione in ambiente militare ivi incluse le Forze di Polizia ad ordinamento militare , fra l’altro, degli istituti a tutela della paternità e maternità dettati dall’ordinaria disciplina privatistica del rapporto di lavoro e, dunque, applicabili anche all’impiego alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni, come noto retto da stilemi privatistici cfr., del resto, gli artt. 2, comma 1, lett. e] del d.lgs. n. 151 del 2001 e 2, commi 2 e 3, t.u. n. 165 del 2001 , sebbene sia in linea generale possibile giacché i militari sono pur sempre lavoratori dipendenti, è comunque in concreto limitata dalle eventuali ulteriori esigenze di tutela, oltre a quelle organizzative comuni a tutte le pubbliche amministrazioni, funzionali alle peculiarità istituzionali delle Forze armate e di polizia così la richiamata sentenza n. 2113, cui si opera integrale riferimento . 8.5. Questa specificità strutturale dell’impiego militare è, per vero, propria anche del rapporto d’impiego alle dipendenze della Polizia di Stato, benché retta da un ordinamento civile. 8.5.1. Pur se estranee all’ambito ordinamentale propriamente militare, infatti, le Forze di Polizia ad ordinamento civile la Polizia di Stato e la Polizia Penitenziaria sono state escluse dalla generale riconduzione a stilemi privatistici della disciplina del pubblico impiego cfr. art. 2, comma 1, d.lgs. n. 165 del 2001 evidentemente, la specificità dei relativi compiti è tale che, pur se con un ordinamento di carattere non militare, comunque le Forze di Polizia partecipano di quella stretta connessione con il nucleo vivo del pubblico potere da non tollerare l’assoggettamento all’ordinaria regolamentazione privatistica del rapporto di lavoro alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni. 8.5.2. D’altronde, mentre la natura giuridica degli elementi portanti ordinamentali ha rilievo per così dire interno al Corpo, quale connotato della sua struttura, l’esclusione dalla generale privatizzazione del pubblico impiego riveste, ai fini della presente disamina, un significato ben maggiore, in quanto dimostra per tabulas la ontologica specificità del lavoro prestato da un poliziotto rispetto a quello prestato da un dipendente civile dello Stato. 8.5.3. La pregnanza del vincolo di dipendenza funzionale dai superiori, l’esercizio di poteri afferenti alla libertà personale dei cittadini, la strutturale dotazione di strumenti, quali le armi, di norma non disponibili per l’ordinario civis, la previsione di una normativa speciale di carattere sia ampliativo art. 53 c.p. sia riduttivo art. 195, comma 4, c.p.p. rispetto alle normali facoltà del cittadino costituiscono elementi oggettivi di rottura della continuità tipologica rispetto alle ordinarie forme di impiego alle dipendenze della Pubblica Amministrazione che, come hanno determinato sul piano legislativo l’esclusione dalla privatizzazione, così impongono, sul crinale interpretativo, di ritenere che l’applicazione degli istituti dettati con riferimento generale al lavoro dipendente di diritto privato debba avvenire nei limiti e con le modulazioni necessarie a preservare le peculiari connotazioni strutturali del Corpo. 8.6. In linea, del resto, con l’opinione di un’applicazione non automatica degli istituti del d.lgs. n. 151 all’impiego militare e di polizia sia civile sia militare è il vigente disposto dell’art. 32 del d.lgs. n. 151, novellato nel 2015 infatti, a tenore del comma 1-bis del menzionato articolo Per il personale del comparto sicurezza e difesa di quello dei vigili del fuoco e soccorso pubblico, la disciplina collettiva prevede, altresì, al fine di tenere conto delle peculiari esigenze di funzionalità connesse all'espletamento dei relativi servizi istituzionali, specifiche e diverse modalità di fruizione e di differimento del congedo parentale. 8.7. E’, d’altronde, nota la teorica dei diritti tiranni elaborata dalla Corte costituzionale la Corte, nella sentenza 9 maggio 2013 n. 85, ha statuito che Tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. La tutela deve essere sempre sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro sentenza n. 264 del 2012 . Se così non fosse, si verificherebbe l’illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe tiranno nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette , tra cui vi è anche la difesa militare dello Stato che l’art. 52 della Carta definisce sacra e la prevenzione e repressione dei reati, condotte violative dell’ordine costituito che minacciano le libertà ed i diritti fondamentali dell’individuo, la cui pronta ed efficace tutela è condizione imprescindibile per la preservazione stessa dell’assetto costituzionale. 8.8. Tali affermazioni del Giudice delle leggi sono state, poi, riprese e consolidate in più recenti pronunce anche nell’ottica della tutela multilivello dei diritti fondamentali dell’uomo Corte cost., 26 gennaio 2017, n. 24 2 marzo 2016, n. 63 . 8.9. Può, pertanto, concludersi questa necessaria premessa osservando che gli istituti introdotti dal decreto n. 151 trovano sì applicazione per le Forze Armate e di Polizia sia civile sia militare , ma con i limiti ed i vincoli rivenienti dalle specificità ordinamentali, operative ed organizzative di tali Corpi. 8.10. Per quanto qui di interesse, dunque, le istanze volte ad ottenere permessi e riposi a tutela della genitorialità debbono essere preliminarmente vagliate dall’Amministrazione, titolare in proposito di un potere valutativo da esercitare caso per caso in considerazione delle complessive esigenze degli uffici ed in base a criteri di rigorosa proporzionalità e di necessaria strumentalità teso non a delibare l’an del diritto, per vero stabilito a monte dalla legge, bensì a conformarne il quomodo in relazione alla tutela di puntuali, oggettive ed ineludibili ragioni organizzative, operative o logistiche. 8.11. Peraltro, si aggiunge incidenter tantum, benché la tutela della genitorialità non sia contenuta nell’elenco delle materie oggetto di concertazione di cui agli articoli 3, 4 e 5 del d.lgs. n. 195 del 1995, cionondimeno le disposizioni dei vari provvedimenti di concertazione susseguitisi nel tempo hanno normato in ordine, tra l’altro, ai riposi giornalieri, per vero con disposizioni che non consentono né giustificano approdi ermeneutici diversi da quelli appena divisati. 8.11.1. In particolare - il d.p.r. n. 164 del 2002, recante il Recepimento dell'accordo sindacale per le Forze di polizia ad ordinamento civile e dello schema di concertazione per le Forze di polizia ad ordinamento militare relativi al quadriennio normativo 2002-2005 ed al biennio economico 2002-2003 , ha stabilito che per le Forze di Polizia ad ordinamento civile si applica quanto previsto dal testo unico a tutela della maternità e che, per le Forze di Polizia ad ordinamento militare, I riposi giornalieri di cui agli articoli 39 e seguenti del testo unico a tutela della maternità non incidono sul periodo di licenza ordinaria e sulla tredicesima mensilità articoli 17, comma 1 e 58, comma 8 - il d.p.r. n. 170 del 2007, recante il Recepimento dell'accordo sindacale e del provvedimento di concertazione per il personale non dirigente delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare per il quadriennio normativo 2006-2009 ed il biennio economico 2006-2007 ha previsto, con riferimento a tutte le Forze di Polizia che I riposi giornalieri di cui agli articoli 39 e seguenti del decreto legislativo 16 marzo 2001, n. 151, non incidono sul periodo di congedo ordinario e sulla tredicesima mensilità articoli 15, comma 8 e 33, comma 8 - il d.p.r. n. 51 del 2009, recante il Recepimento dell'accordo sindacale per le Forze di polizia ad ordinamento civile e del provvedimento di concertazione per le Forze di polizia ad ordinamento militare, integrativo del decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2007, n. 170, relativo al quadriennio normativo 2006-2009 e al biennio economico 2006-2007 , ha statuito, con riferimento a tutte le Forze di Polizia, ad ordinamento tanto civile quanto militare, che si applica quanto previsto dal testo unico a tutela della maternità articoli 18 e 41 . 8.11.2. Di contenuto analogo i provvedimenti di concertazione relativi al personale delle Forze Armate l’art 14, comma 9, del d.p.r. n. 163 del 2002 e l’art. 15, comma 8, del d.p.r. n. 171 del 2007 stabiliscono che I riposi giornalieri di cui agli articoli 39 e seguenti del decreto legislativo 16 marzo 2001, n. 151, non incidono sul periodo di licenza ordinaria e sulla tredicesima mensilità , mentre l’art. 17 del d.p.r. n. 52 del 2009 prevede che al personale delle Forze armate si applica quanto previsto dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 . 8.11.3. Viene, dunque, ribadita l’applicabilità settoriale delle disposizioni recate, in punto di riposi giornalieri, dal d.lgs. n. 151, senza, però, aggiungere con previsione questa sì innovativa che l’Amministrazione non ha, in proposito, quella discrezionalità in ordine al quomodo della relativa fruizione che, secondo l’impostazione esegetica qui accolta, è di contro intrinseca alle funzioni, all’assetto, alla struttura stessa delle Forze Armate e di Polizia e che può esplicarsi sia con provvedimenti di carattere generale, sia con rigorosamente motivate decisioni afferenti a singole istanze. 9. Tutto quanto sopra premesso, può ora passarsi alla specifica problematica oggetto del presente giudizio, ossia l’interpretazione da riconoscere al mentovato art. 40 del decreto in commento. 9.1. Giova, preliminarmente, rilevare che l’Amministrazione ha fondato la reiezione dell’istanza del sig. -OMISSISsolo sull’esegesi dell’art. 40 e non come pure in linea teorica avrebbe potuto su specifici profili di concreta incompatibilità della fruizione dei riposi, così come richiesti, con le esigenze operative del Corpo. 9.2. Orbene, il d.lgs. n. 151, recante il Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità , stabilisce, inter alia, il diritto rispettivamente della madre art. 39 e del padre art. 40 lavoratori dipendenti alla fruizione di riposi giornalieri al fine di accudire il neonato nel corso del suo primo anno di vita. 9.2.1. In particolare, l’art. 39 dispone che 1. Il datore di lavoro deve consentire alle lavoratrici madri, durante il primo anno di vita del bambino, due periodi di riposo, anche cumulabili durante la giornata. Il riposo è uno solo quando l'orario giornaliero di lavoro è inferiore a sei ore. 2. I periodi di riposo di cui al comma 1 hanno la durata di un'ora ciascuno e sono considerati ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro. Essi comportano il diritto della donna ad uscire dall'azienda. 3. I periodi di riposo sono di mezz'ora ciascuno quando la lavoratrice fruisca dell'asilo nido o di altra struttura idonea, istituiti dal datore di lavoro nell’unità produttiva o nelle immediate vicinanze di essa . 9.2.2. L’art. 40, similmente, prevede che 1. I periodi di riposo di cui all'articolo 39 sono riconosciuti al padre lavoratore a nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre b in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga c nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente d in caso di morte o di grave infermità della madre . 10. L’orientamento esegetico della giurisprudenza di questo Consiglio è, per vero, ondivago in ordine all’interpretazione da riconoscere alla locuzione lavoratrice dipendente di cui alla riferita lett. c dell’art. 40. 10.1. Inizialmente la Sez. VI, nella sentenza 9 settembre 2008 n. 4293, ha ritenuto che, posto che la nozione di lavoratore assume diversi significati nell’ordinamento, ed in particolare nelle materie privatistiche ed in quelle pubblicistiche, è a quest’ultimo che occorre fare riferimento, trattandosi di una norma rivolta a dare sostegno alla famiglia ed alla maternità, in attuazione delle finalità generali, di tipo promozionale, scolpite dall’art. 31 della Costituzione. In tale prospettiva, essendo noto che numerosi settori dell’ordinamento considerano la figura della casalinga come lavoratrice sul punto un’interessante ricostruzione è fornita da Cass. 20324/05, al fine di risolvere il problema della risarcibilità del danno da perdita della relativa capacità di lavoro , non può che valorizzarsi la ratio della norma, volta a beneficiare il padre di permessi per la cura del figlio allorquando la madre non ne abbia diritto in quanto lavoratrice non dipendente e pur tuttavia impegnata in attività che la distolgano dalla cura del neonato . 10.2. Di lì a poco, tuttavia, la Sez. I, con il parere del 22 ottobre 2009 relativo all’affare n. 2732/2009, ha sostenuto la tesi diametralmente opposta. 10.2.1. In tale arresto la Sezione, premesso un articolato excursus circa la materia del diritto di famiglia con particolare riferimento ai vari istituti normativi di ausilio alla genitorialità, ha premesso che l’articolo 40 del d.lgs. n. 151 costituisce espressione del principio dell’alternatività della cura del minore, cui la legge vuole assicurare la presenza di almeno uno dei due genitori, stimati ambedue parimenti idonei a prestare la necessaria assistenza. 10.2.2. In tale ottica, ha argomentato la Sezione, la donna casalinga non può, ai sensi e per gli effetti della disposizione in esame, essere parificata alla donna non lavoratrice dipendente , posto che la considerazione dell’attività domestica come vera e propria attività lavorativa prestata a favore del nucleo familiare non esclude, ma, al contrario, comprende, come è esperienza consolidata, anche le cure parentali d’altronde, l’autonomia di gestione del tempo di attività nell’ambito familiare consente evidentemente alla madre di dedicare l’equivalente delle due ore di riposo giornaliero alle cure parentali . 10.2.3. In definitiva, ha concluso la Sezione, con la disposizione in commento il legislatore ha inteso tutelare le esigenze del minore garantendo l’assistenza alternativamente di uno dei due genitori attraverso un delicato bilanciamento tra il diritto-dovere di entrambi i coniugi di assistere i figli che ha anche indubbio rilievo sociale e la necessità di iscrivere l’esercizio di tale diritto-dovere nel quadro delle specifiche esigenze del datore di lavoro anch’esse aventi rilevanza sociale . 10.3. In seguito, tuttavia, la Sezione III, con la pronuncia 10 settembre 2014, n. 4618 è tornata all’iniziale orientamento, sulla base di rilievi sia testuali sia sistematici. 10.3.1. Sul crinale testuale, si è ivi sostenuto che il tenore letterale della disposizione nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente include, secondo il significato proprio delle parole, tutte le ipotesi di inesistenza di un rapporto di lavoro dipendente dunque quella della donna che svolga attività lavorativa autonoma, ma anche quella di una donna che non svolga alcuna attività lavorativa o comunque svolga un’attività non retribuita da terzi se a quest’ultimo caso si vuol ricondurre la figura della casalinga . Altro si direbbe se il legislatore avesse usato la formula %& lt %& lt nel caso= cui= dipendente= in= la= lavoratrice= madre= non= sia= & gt & gt . La tecnica di redazione dell’art. 40, con la sua meticolosa elencazione delle varie ipotesi nelle quali il beneficio è concesso al padre, lascia intendere che la formulazione di ciascuna di esse sia volutamente tassativa . 10.3.2. Sul crinale sistematico-teleologico, poi, si è affermato che Anche dal punto di vista della ratio, tale orientamento appare più rispettoso del principio della paritetica partecipazione di entrambi i coniugi alla cura ed all'educazione della prole, che affonda le sue radici nei precetti costituzionali contenuti negli artt. 3, 29, 30 e 31 . 10.4. Su una posizione intermedia si è collocato il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, con la pronuncia 20 dicembre 2012, n. 1241, sostenendo che il padre , cui la legge non riconoscerebbe un diritto proprio , indipendente e parallelo a quello riconosciuto alla madre alla fruizione dei riposi giornalieri, deve provare l’esistenza di concreti impedimenti che si frappongano alla possibilità per la moglie casalinga e dunque lavoratrice non dipendente, come si ritiene debba essere qualificata di assicurare le necessarie cure al bambino . 10.5. In direzione analoga si era orientata anche la giurisprudenza di merito. 10.5.1. In particolare, la sentenza del T.a.r. per la Liguria, sez. II, 6 febbraio 2014, n. 222 relativa ad un appartenente alla Polizia di Stato e poi, peraltro, riformata dalla menzionata sentenza di questo Consiglio n. 4618 del 2014 sosteneva, nell’ambito di un articolato iter motivazionale, che, con riguardo al diritto di fruire, ai sensi degli art. 39 e 40 d.leg. n. 151 del 2001, di due ore di riposo giornaliero per l’accudimento del figlio, essendo i riposi giornalieri concessi al fine essenziale di garantire al figlio, entro l’anno di vita, la presenza alternativa di uno dei genitori, non è giustificata, nel caso di madre casalinga, la concessione del beneficio in favore del padre ciò non esclude che, in casi particolari, il padre lavoratore dipendente possa essere ammesso a fruire dei riposi giornalieri anche se coniugato con una lavoratrice casalinga ciò si verifica in presenza di situazioni, debitamente documentate, che rendano temporaneamente impossibile per la madre prendersi cura del neonato come, ad esempio, nel caso in cui essa debba sottoporsi a particolari cure mediche o accertamenti sanitari deve trattarsi, peraltro, di circostanze atte a far venire oggettivamente meno la possibilità per i genitori di alternarsi nella cura del neonato, non riconoscibili nella situazione che l’odierno ricorrente aveva rappresentato all’amministrazione di appartenenza . 11. Il Collegio ritiene che l’orientamento sinora prevalente nella giurisprudenza delle Sezioni III e VI di questo Consiglio circa l’esegesi dell’art. 40 non colga nel segno. 11.1. Il combinato disposto degli articoli 39 e 40 delinea un’evidente priorità della madre nella fruizione dei permessi il padre, a ben vedere, può attingere a tale misura solo in casi predeterminati e tassativi, conseguenti a situazioni in cui la madre non ha la possibilità giuridica lett. a , la volontà lett. b , la possibilità professionale lett. c o materiale lett. d di fruirne in prima persona. 11.2. Il padre, in altre parole, acquista il diritto de quo solo quando la madre, per le circostanze puntualmente stabilite dalla norma, non possa, non voglia o non sia nella condizione di fruire di tali riposi. 11.3. Del resto, benché l’istituto in questione - de jure condito scisso dalle necessità dell’allattamento che ab initio cfr. art. 9 della legge 26 agosto 1950, n. 860 rappresentavano la motivazione cui era finalizzata e subordinata la concessione dei riposi - non sia volto a tutelare le sole funzioni biologiche proprie della maternità ma si estenda, invero, a preservare e favorire tutte le responsabilità genitoriali incluse quelle del padre , cionondimeno è evidente, in base a considerazioni di comune esperienza da cui l’interprete non può mai del tutto prescindere, che, nel primo anno di vita, la madre rivesta un ruolo centrale e, per tanti aspetti, assai difficilmente fungibile nello sviluppo della giovane vita del neonato. 11.4. Purtuttavia, la legge, ponendo al centro l’interesse del minore, si cura comunque di assicurare la presenza di almeno un genitore ove, dunque, la madre non possa o non voglia fruire dei riposi o, comunque, non sia materialmente in grado di assistere il bambino, il diritto ai riposi si cristallizza in capo al padre. 11.5. Ciò, in particolare, ricorre quando la madre sia deceduta o gravemente inferma impossibilità materiale , quando i figli siano affidati al solo padre impossibilità giuridica, perché, in tali casi, l’inidoneità della madre ad attendere alla cura del minore è stata già vagliata ed acclarata da un Giudice , quando la madre abbia scelto di non fruirne i riposi restano comunque una facoltà, non un dovere pubblicistico, giacché la cura materiale e morale della prole di cui all’art. 147 c.c., doverosa nell’an, è comunque rimessa, in concreto, all’articolazione modale che ogni genitore prescelga , ovvero quando la madre non possa in radice fruirne, in quanto non assunta quale lavoratrice dipendente. 11.6. Tale ultima evenienza è evidentemente riferita allo svolgimento, da parte della madre, di un’attività lavorativa autonoma artigianale, libero professionale, commerciale , cui strutturalmente è estranea la materia dei permessi e dei riposi e la cui organizzazione quotidiana può non consentire la necessaria attenzione alle esigenze del neonato. 11.7. L’attività di casalinga, per quanto di interesse ai fini della presente questione, consente viceversa fisiologicamente una presenza domestica recte, si caratterizza proprio per una dimensione domestica e, dunque, rende di per sé possibile l’attenzione ai bisogni del neonato. 11.8. In altre parole, lo scopo cui la legge mira con la concessione del riposo giornaliero, ossia assicurare la presenza domestica di almeno uno dei genitori, è ab initio soddisfatto quando uno dei due svolga attività di cura della casa. 11.9. Sono, pertanto, fuori asse le argomentazioni in ordine alla indiscussa ed indiscutibile pari dignità del lavoro domestico od alla altrettanto indiscussa ed indiscutibile pari dignità e responsabilità dei genitori l’istituto in questione, infatti, è volto a tutelare in via immediata e diretta l’interesse del neonato ad avere accanto durante la giornata, sia pure nei limiti orari precisati dalla norma, almeno un genitore. 11.10. Ebbene, se la madre è casalinga, un genitore strutturalmente è presente in casa, con ciò soddisfacendo in radice quei bisogni cui l’istituto dei riposi, quale misura ausiliativa a favore non dei genitori, ma del bambino, è preordinato. 11.11. Né ha rilievo il fatto che la casalinga è contestualmente onerata anche dei gravosi compiti di gestione della casa e della famiglia invero, pure il genitore che, in assenza dell’altro in quanto impegnato al lavoro, deceduto, gravemente infermo ovvero privo dell’affidamento , fruisca dei riposi è, evidentemente, onerato di attendere, oltre che alla cura del neonato, anche alle varie esigenze domestiche. 11.12. Del resto, non solo il Legislatore, nell’esercizio della sua ampia discrezionalità, ha espressamente circoscritto la fruizione del riposo da parte del padre ai soli casi di mancata fruizione, per le specifiche condizioni e situazioni previste dalla norma, da parte della madre ovvero, in altra prospettiva, ha plasmato il diritto del padre come alternativo e succedaneo a quello della madre , ma, a ragionare diversamente, si creerebbe per via interpretativa un vulnus a carico delle famiglie composte da due lavoratori dipendenti in tali casi, infatti, solo uno dei due potrebbe, fruendo dei riposi, stare a casa e, quindi, esplicare, nei limiti orari previsti dalla norma, le funzioni genitoriali, mentre un nucleo familiare in cui uno dei genitori non svolga attività lavorativa e l’altro sia lavoratore dipendente potrebbe garantire, nei richiamati limiti orari, la contestuale presenza domestica di ambedue le figure genitoriali, con un’inammissibile ed ingiustificabile situazione di privilegio. 11.13. A fortiori, abnorme sarebbe la differenza di trattamento rispetto ai nuclei familiari composti da lavoratori autonomi o liberi professionisti, che possono fruire della sola misura indennitaria prevista rispettivamente dagli articoli 66 69 e 70 - 73 del d.lgs. n. 151. 11.14. Peraltro, se la madre sia casalinga ma, per specifiche, oggettive, concrete, attuali e ben documentate ragioni, non possa attendere alla cura del neonato, allora il padre potrà comunque fruire del riposo in questione è vero, infatti, che la condizione di casalinga consente, in linea generale e di norma, di assicurare una presenza domestica, ma, laddove ciò nella concreta situazione non sia effettivamente possibile, si determina un vuoto di tutela del minore cui può sopperirsi con la concessione, al padre, del riposo giornaliero ex art. 40, in virtù di un’esegesi sistematica e teleologicamente orientata della norma. 11.15. In proposito il Collegio rileva che non risulta che il sig. -OMISSISabbia dimostrato, a suo tempo, un serio, concreto, effettivo ed insuperabile impedimento della madre ad esercitare l’assistenza domestica alla prole l’unico elemento addotto, per vero, è rappresentato dall’allegata mancanza, in capo alla signora, della patente di guida, profilo che, tuttavia, non è materialmente di ostacolo alla prestazione domestica di cure al neonato. 11.16. Più in generale, il Collegio osserva che il tenore testuale della disposizione, dettata nell’ambito della disciplina privatistica del rapporto di lavoro, lumeggia l’intenzione del Legislatore di raggiungere una soluzione bilanciata che consenta di tutelare il fondamentale interesse del bambino con il minimo sacrificio possibile per il datore di lavoro e, in generale, per le esigenze della produzione, cui pure è annesso e dalla norma in questione implicitamente riconosciuto e qualificato un rilievo sì recessivo e cedevole, ma non del tutto obliterabile cfr. la richiamata teorica dei diritti tiranni . 11.17. A fortiori, in considerazione del rilievo pubblico primario degli interessi perseguiti dall’Amministrazione della pubblica sicurezza, l’istanza del dipendente tesa alla fruizione dei riposi giornalieri deve essere strutturata in maniera tale da consentire all’Amministrazione di effettuare, se del caso, la delicata opera di ponderazione fra valori fondamentali contrapposti la tutela della genitorialità, da un lato, la tutela dell’ordine pubblico e l’efficacia della prevenzione e repressione dei reati, dall’altro e pur tuttavia necessariamente e reciprocamente bilanciabili nel quomodo della relativa esplicazione, così come richiesto dall’ordinamento. 12. In conclusione, l’appello merita accoglimento, con conseguente integrale rigetto del ricorso svolto in prime cure dal sig. - omissis -. 13. La particolarità e novità della quaestio juris sottesa alla presente causa giustifica, a mente del combinato disposto degli artt. 26, comma 1, c.p.a. e 92, comma 2, c.p.c., l’integrale compensazione delle spese del doppio grado di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quarta , definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata rigetta il ricorso proposto in primo grado dal sig. - omissis -. Spese del doppio grado di giudizio compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1, d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le persone citate nel presente provvedimento.