Processo amministrativo: cessazione dei motivi del contendere e compensazione spese

Anche se nel processo amministrativo il giudice ha ampi poteri discrezionali in ordine al riconoscimento, sul piano equitativo, dei giusti motivi per far luogo alla compensazione delle spese giudiziali ovvero per escluderla, con il solo limite che non può condannare alle spese la parte risultata vittoriosa in giudizio, tale discrezionalità è sindacabile in sede di appello nei limiti in cui la statuizione sulle spese possa ritenersi illogica o errata.

La IV Sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4948/2016, depositata il 24 novembre, ha accolto l'appello di un soggetto il quale aveva proposto ricorso avverso il silenzio-rigetto formatosi sull’istanza di accesso, ma il giudice pur prendendo atto della cessazione del motivo del contendere in quanto nel frattempo l'accesso era stato consentito, aveva compensato le spese di giudizio. Compensazione delle spese. A tale proposito la Sezione ha precisato di aver ripetutamente affermato che - anche se nel processo amministrativo il giudice ha ampi poteri discrezionali in ordine al riconoscimento, sul piano equitativo, dei giusti motivi per far luogo alla compensazione delle spese giudiziali ovvero per escluderla, con il solo limite che non può condannare alle spese la parte risultata vittoriosa in giudizio - tale discrezionalità è sindacabile in sede di appello nei limiti in cui la statuizione sulle spese possa ritenersi illogica o errata, alla stregua dell’eventuale motivazione adottata, ovvero tenendo conto da un lato, in punto di diritto, del principio in base al quale, di regola, le spese seguono la soccombenza e dall’altro, in punto di fatto, della vicenda e delle circostanze emergenti dal giudizio ed in particolare, che i giusti motivi”, in base ai quali il giudice dispone la compensazione tra le parti in causa delle spese del giudizio, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., richiamato dall’art. 26 c.p.a., anche se non puntualmente specificati, devono quanto meno essere desumibili dal contesto della decisione cfr. Cons. Stato, III, n. 3682/2014 id., n. 2508/2013 . Motivazione. Nella sentenza appellata, ha precisato la Sezione, tale corrispondenza tra motivazione e statuizione sulle spese non è stata in alcun modo rinvenibile, non potendosi ritenere sufficiente l’affermazione, di stile, secondo la quale ricorrono, tuttavia, giusti motivi per la compensazione , né la generica motivazione che il ritardo sarebbe stato determinato dalla circostanza che la questione si inserisce in un più ampio contesto penale visto che, sia pure dopo 65 giorni dalla richiesta, l’ostensione degli stessi da parte dell’Amministrazione era intervenuta. Giova rilevare, peraltro, ha sottolineato ancora il Collegio, che l’art. 92 c.p.c., nel testo vigente, dopo la modifica apportata dal d.l. n. 69/2009, convertito nella l. n. 135/2012, ha riferito la possibilità della compensazione alla sussistenza di gravi ed eccezionali ragioni”, ipotesi più restrittiva.

Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 17 – 24 novembre 2016, n. 4948 Presidente Greco – Estensore Schilardi Fatto Il sig. A. R., luogotenente dell’Arma dei Carabinieri in congedo, all’esito di un procedimento disciplinare di stato, veniva sanzionato con la perdita del grado. Ritenendo illegittimo il provvedimento, il sig. R., in data 25 marzo 2015, presentava un’istanza di accesso agli atti del suindicato procedimento disciplinare. Il 4 maggio 2015, essendo decorso il prescritto termine di 30 giorni senza alcun riscontro da parte dell’Amministrazione, il sig. R. proponeva un ricorso innanzi al T.A.R. per il Lazio, per l’annullamento del silenzio-rigetto del Ministero della Difesa, formatosi sulla sua istanza di accesso agli atti. Il 16 maggio 2015, l’Amministrazione accoglieva la richiesta di accesso ed il T.A.R. del Lazio, all’udienza del 30 settembre 2015, con sentenza n. 12049 del 21 ottobre 2015, dichiarava cessata la materia del contendere, con compensazione delle spese. Avverso la sentenza del T.A.R., nella parte in cui è stata disposta la compensazione delle spese, il sig. R. ha proposto appello. Il Ministero della Difesa si è costituito con atto di stile. All’udienza camerale del 17 novembre 2016 la causa è stata trattenuta per la decisione. Diritto L’appellante lamenta la violazione dell’articolo 26 del codice del processo amministrativo e degli artt. 91, 92, 93, 94, 96 e 97 del codice di procedura civile, in quanto il TAR del Lazio avrebbe immotivatamente ed ingiustamente compensato, tra le parti, le spese di giudizio. L’appellante sostiene che, nel caso in esame, avendo l’Amministrazione accolto tardivamente la richiesta di accesso agli atti ed avendo rappresentato tale circostanza in giudizio, il TAR del Lazio avrebbe dovuto condannare il Ministero della Difesa al pagamento delle spese di giudizio e non operare la compensazione, in virtù del principio della c.d. soccombenza virtuale”. L’appello è fondato. Questo Consiglio di Stato ha ripetutamente affermato che - anche se nel processo amministrativo il giudice ha ampi poteri discrezionali in ordine al riconoscimento, sul piano equitativo, dei giusti motivi per far luogo alla compensazione delle spese giudiziali ovvero per escluderla, con il solo limite che non può condannare alle spese la parte risultata vittoriosa in giudizio - tale discrezionalità è sindacabile in sede di appello nei limiti in cui la statuizione sulle spese possa ritenersi illogica o errata, alla stregua dell’eventuale motivazione adottata, ovvero tenendo conto da un lato, in punto di diritto, del principio in base al quale, di regola, le spese seguono la soccombenza e dall’altro, in punto di fatto, della vicenda e delle circostanze emergenti dal giudizio ed in particolare, che i giusti motivi”, in base ai quali il giudice dispone la compensazione tra le parti in causa delle spese del giudizio, ai sensi dell’art. 92 cod. proc. civ., richiamato dall’art. 26 cod. proc. amm., anche se non puntualmente specificati, devono quanto meno essere desumibili dal contesto della decisione cfr. Cons. Stato, III, n. 3682/2014 id., n. 2508/2013 . Nella sentenza appellata, tale corrispondenza tra motivazione e statuizione sulle spese non è in alcun modo rinvenibile, non potendosi ritenere sufficiente l’affermazione, di stile, secondo la quale ricorrono, tuttavia, giusti motivi per la compensazione”, né la generica motivazione che il ritardo sarebbe stato determinato dalla circostanza che la questione si inserisce in un più ampio contesto penale” visto che, sia pure dopo 65 giorni dalla richiesta, l’ostensione degli stessi da parte dell’Amministrazione è intervenuta. Giova rilevare che l’art. 92 cod. proc. civ., nel testo vigente, dopo la modifica apportata dal d.l. n. 69/2009, convertito nella legge n. 135/2012, ha riferito la possibilità della compensazione alla sussistenza di gravi ed eccezionali ragioni”, ipotesi più restrittiva. La sentenza n. 12049 del 21 ottobre 2015 deve dunque essere riformata, con condanna del Ministero, in applicazione del criterio generale di cui all’art. 91 cod. proc. civ., al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quarta definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza di primo grado, condanna l’Amministrazione al pagamento in favore dell’appellante della somma di euro 1.500,00 millecinquecento/00 , oltre agli accessori di legge, per le spese del giudizio di primo grado. Condanna l’Amministrazione al pagamento in favore dell’appellato dell’ulteriore somma di euro 1.000,00 mille/00 , oltre agli accessori di legge, per le spese del presente grado di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa