Conferenza di servizi e tutela dell'ambiente: il cortocircuito della semplificazione

È illegittima la dichiarazione di notevole interesse pubblico di alcune aree interessate da un impianto per la produzione di energia elettrica eolico se un anno prima, seppur con prescrizioni, i medesimi uffici della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Campania hanno espresso parere favorevole, in sede di Conferenza di Servizi, ai fini dell'Autorizzazione Unica.

Ciò in quanto, ha affermato la Sesta Sezione del Consiglio di Stato con la pronuncia n. 4676/16 dell’11 novembre, le norme di disciplina della materia impediscono ad un’amministrazione preposta alla tutela del paesaggio di fornire il proprio assenso nell’ambito della conferenza di servizi ai fini del rilascio dell’autorizzazione unica all’esercizio di impianti di energia elettrica da fonte rinnovabile e, contestualmente, dare avvio ad un procedimento, formalmente, diverso di dichiarazione dell’area di notevole interesse culturale il cui esito incide, sostanzialmente, sulla determinazione assunta all’esito dei lavori della conferenza, impedendo lo svolgimento dell’attività autorizzata. La disciplina di riferimento, in sostanza, è chiara nell’escludere qualsiasi rilevanza a dissensi espressi al di fuori del modulo della conferenza di servizi, perché l’eventuale assegnazione di valore alla manifestazione di volontà espressa esternamente” vanificherebbe la finalità di semplificazione procedimentale che connota la conferenza di servizi decisoria. La vicenda. Nella fattispecie posta all'esame del Collegio, il Ministero per i beni e le attività culturali, mediante i propri organi, aveva dato il proprio assenso in data 7 settembre 2012, con le prescrizioni proposte dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici territorialmente competente. La Regione, preso atto delle volontà espresse dai soggetti pubblici coinvolti unitamente alle suddette prescrizioni, ha adottato il decreto 23 ottobre 2013, n. 368 con cui è stata rilasciata l’autorizzazione unica a Sorgenia. Tuttavia, nel medesimo periodo la Soprintendenza preposta alla Tutela dei Beni Archeologici per le Province di Avellino e Salerno aveva avviato un altro procedimento per la dichiarazione di notevole interesse pubblico, ai sensi degli artt. 138, comma 3, e 141 d.lgs. n. 42/2004, delle aree site nel Comune di Irpino denominate Piano del Nuzzo, Contrada S. Eleuterio, La Starza, La Sprinia e Serro Montefalco . Il suddetto procedimento si è concluso con l’adozione da parte della Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Campania del decreto 31 luglio 2013, n. 1818. Gli interessi. Il Collegio, pur condividendo la tesi dell’appellante che si trattava di un procedimento diverso, ha rilevato come esso in ogni caso incida sugli esiti della Conferenza di Servizi vanificando l’assetto di interessi definito da tutte le parti coinvolte, incluse quelle preposte alla tutela degli interessi sensibili. Si è, pertanto, realizzata una sostanziale elusione delle norme imperative di diritto pubblico che presiedono alle modalità di formazione della volontà amministrativa nel caso in cui occorre acquisire più atti di assenso di competenza di diverse amministrazioni. Ciò non significa che le autorità competenti non avrebbero potuto ritenere necessario adottare un atto che dichiarasse di notevole interesse l’intera area su cui è stato già costruito l’impianto ma il procedimento che avrebbero dovuto seguire doveva essere diverso. In particolare, i soggetti pubblici competenti, incidendo sugli esiti delle conferenza, avrebbero dovuto impugnare il provvedimento adottato a conclusione dei lavori della conferenza ovvero richiedere all’autorità procedente di rivedere, in sede di autotutela, la decisione assunta, nel rispetto delle medesime modalità procedimentali seguite per il provvedimento di primo grado, limitatamente all’incidenza della nuova determinazione su quanto stabilito con il suddetto provvedimento.

Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 7 luglio – 11 novembre 2016, n. 4676 Presidente De Francisco – Estensore Lopilato Fatto e diritto 1.– La società Sorgenia ha ottenuto una autorizzazione unica, all’esito di una conferenza di servizi, per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. In particolare, la Soprintendenza per i beni architettonici di Salerno, Avellino, Benevento e Caserta ha reso, con nota 1° agosto 2012, n. 22782, parere di compatibilità paesaggistica, con prescrizioni. La conferenza si è conclusa in data 23 marzo 2013. Il provvedimento finale della direzione della Regione Campania è stato adottato in data 23 ottobre 2013, n. 368. La Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Campania d’ora innanzi anche solo Direzione regionale , con atto 31 luglio 2013, n. 1818, ha dichiarato di notevole interesse pubblico le aree interessate dal progetto. Terna Rete Elettrica Nazionale s.p.a. d’ora innanzi solo Terna , gestore della rete elettrica nazionale, esercente i diritti di proprietà sulla medesima rete, ha impugnato tale ultimo atto innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, rilevando che esso contrastava con gli esiti della conferenza di servizi. 2.– Il Tribunale amministrativo, con sentenza 13 febbraio 2015, n. 2678, ha accolto il ricorso. 3.– Il Ministero ha proposto appello. 3.1.– Si è costituita in giudizio la ricorrente in primo grado, chiedendo il rigetto dell’appello. 3.2.– La Sezione, con ordinanza 7 luglio 2015, n. 3036, ha accolto la domanda cautelare e sospeso l’efficacia della sentenza impugnata. 4.– La causa è stata decisa all’esito dell’udienza pubblica del 7 luglio 2016. 5.– L’appello non è fondato. 6.– Con un primo motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui non ha ritenuto Terna priva di legittimazione ad impugnare, in quanto non destinataria del provvedimento impugnato. In particolare, si è affermato che Sorgenia potrebbe dare in gestione l’impianto a Terna soltanto a seguito della sua ultimazione. Inoltre, si è messo in rilievo come l’atto censurato non precluderebbe la localizzazione degli impianti nell’area in esame. Il motivo non è fondato. L’art. 13 del d.lgs. n. 79 del 1999 dispone che a Terna è affidato l’esercizio dei diritti di proprietà della rete di trasmissione comprensiva delle linee di trasporto e delle stazioni di trasformazione dell'energia elettrica e le connesse attività di manutenzione e sviluppo decise dal gestore . L’art. 2 dello stesso decreto prevede che la rete di trasmissione nazionale è il complesso delle stazioni di trasformazione e delle linee elettriche di trasmissione ad alta tensione sul territorio nazionale gestite unitariamente. Terna è anche titolare della concessione delle attività di trasmissione e dispacciamento dell’energia elettrica nel territorio nazionale. In ragione delle sue funzioni, Terna ha l’obbligo, sussistendo determinati presupposti, di connettere alla rete elettrica nazionale tutti i produttori che ne facciano richiesta, compresi quelli che producono energia elettrica utilizzando fonti rinnovabili. Nella specie, Sorgenia aveva chiesto a Terna di connettersi alla rete per l’impianto di generazione eolica in esame, assumendo l’obbligo di avviare e completare il procedimento di autorizzazione unica. Alla luce di quanto esposto, la parte appellata è legittimata ad impugnare l’atto n. 1818 del 2013 della Direzione regionale che, dichiarando di notevole interesse pubblico le aree interessate dal progetto, ha comportato l’oggettiva impossibilità di realizzare l’impianto eolico in esame. Si è, pertanto, determinata, nella prospettiva di Terna, una sorta di arresto procedimentale che ha leso, con attualità e immediatezza, la sua sfera giuridica. Se, infatti, non venisse annullato il decreto regionale il Gestore delle rete elettrica nazionale non potrebbe usufruire dei vantaggi derivanti dalla avvenuta richiesta di connessione alla rete. Né varrebbe rilevare che la nuova determinazione regionale non preclude la possibilità che, in quell’area, vengano realizzati impianti, quale quello in esame, in quanto ciò che rileva è che essa determina una immediata impossibilità di esercizio del predetto impianto così come autorizzato. 7.– Con un secondo motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui non ha dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado per mancata notifica del ricorso stesso ad almeno uno dei controinteressati, quali i Comuni nel cui territorio ricade l’area in esame ovvero i proprietari di altri lotti. Il motivo non è fondato. L’art. 41, comma 2, cod. proc. amm. dispone che il ricorso deve essere notificato, a pena di decadenza, ad almeno uno dei controinteressati. I controinteressati in senso processuale sono soltanto coloro che sono indicati nel provvedimento amministrativo o che sono agevolmente individuabili in base ad esso requisito formale e che potrebbero subire un pregiudizio dall’eventuale accoglimento del ricorso requisito sostanziale . E solo nei confronti di essi che è necessario notificare il ricorso ex multis, Cons. Stato, sez.V. 1 ottobre 2015, n. 4606 . La mancanza del primo requisito legittima l’intervento nel processo ai sensi del primo comma dell’art. 28 cod. proc. amm. Nel processo amministrativo la qualifica di controinteressato richiede un requisito sostanziale, costituito dalla sussistenza di un interesse qualificato al mantenimento dell'utilità riconosciuta dal provvedimento, di natura eguale e contraria a quello azionato dal ricorrente, ed un requisito formale, rappresentato dall'indicazione nominativa nel provvedimento amministrativo o nella sua agevole individuabilità sulla base di quest'ultimo Nel caso in esame, i soggetti pubblici e privati indicati dall’appellante non risultano dal provvedimento impugnato e, pertanto, il ricorrente non aveva alcun onere di notificazione del ricorso, a pena di decadenza, ad almeno uno di essi. 8.– Con un secondo motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui non ha ritenuto la diversità dei procedimenti e dunque la legittimità dell’atto impugnato. Il motivo non è fondato. L’art. 12 del decreto 29 dicembre 2003, n. 387 Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità prevede che La costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o dalle province delegate dalla regione . La stessa norma dispone che la Regione, per acquisire i necessari consensi, deve indire obbligatoriamente una conferenza di servizi. Quest’ultima deve svolgersi nel rispetto delle prescrizioni generali, applicabili ratione temporis, di cui agli artt. 14 e seguenti della legge n. 241 del 1990. In particolare, il previgente primo comma dell’art. 14-quater disponeva che Il dissenso di uno o più rappresentanti delle amministrazioni ivi comprese quelle preposte alla tutela ambientale, fermo restando quanto previsto dall'articolo 26 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, regolarmente convocate alla conferenza di servizi, a pena di inammissibilità, deve essere manifestato nella conferenza di servizi, deve essere congruamente motivato, non può riferirsi a questioni connesse che non costituiscono oggetto della conferenza medesima e deve recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell’assenso . La norma è chiara nell’escludere qualsiasi rilevanza a dissensi espressi al di fuori del modulo della conferenza di servizi. L’eventuale assegnazione di valore alla manifestazione di volontà espressa esternamente” vanificherebbe la finalità di semplificazione procedimentale che connota la conferenza di servizi decisoria. Nella fattispecie in esame, il Ministero per i beni e le attività culturali, mediante i propri organi, ha dato il proprio assenso in data 7 settembre 2012, con le prescrizioni proposte dalla Soprintendenza per i beni archeologici territorialmente competente. La Regione, preso atto delle volontà espresse dai soggetti pubblici coinvolti unitamente alle suddette prescrizioni, ha adottato il decreto 23 ottobre 2013, n. 368 con cui è stata rilasciata l’autorizzazione unica a Sorgenia. Nel medesimo periodo la Soprintendenza preposta alla tutela dei beni archeologici per le Province di Avellino e Salerno aveva avviato un altro procedimento per la dichiarazione di notevole interesse pubblico, ai sensi degli articoli 138, comma 3, e 141 del d.lgs. n. 42 del 2004, delle aree site nel Comune di Irpino denominate Piano del Nuzzo, Contrada S. Eleuterio, La Starza, La Sprinia e Serro Montefalco . Il suddetto procedimento si è concluso con l’adozione da parte della Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Campania del decreto 31 luglio 2013, n. 1818. Il Collegio, pur condividendo la tesi dell’appellante che si tratta di un procedimento diverso, rileva come esso in ogni caso incida sugli esiti della conferenza di servizi vanificando l’assetto di interessi definito da tutte le parti coinvolte, incluse quelle preposte alla tutela degli interessi sensibili che vengono in rilievo in questa sede. Si è, pertanto, realizzata una sostanziale elusione delle norme imperative di diritto pubblico che presiedono alle modalità di formazione della volontà amministrativa nel caso in cui occorre acquisire più atti di assenso di competenza di diverse amministrazioni. Ciò non significa che le autorità competenti non possano ritenere necessario adottare un atto che dichiari di notevole interesse l’intera area su cui è stato già costruito l’impianto ma il procedimento che avrebbero dovuto seguire è diverso. In particolare, i soggetti pubblici competenti, incidendo sugli esiti delle conferenza, avrebbero dovuto impugnare il provvedimento adottato a conclusione dei lavori della conferenza ovvero richiedere all’autorità procedente di rivedere, in sede di autotutela, la decisione assunta, nel rispetto delle medesime modalità procedimentali seguite per il provvedimento di primo grado, limitatamente all’incidenza della nuova determinazione su quanto stabilito con il suddetto provvedimento. In definitiva, le norme di disciplina della materia impediscono ad un’amministrazione preposta alla tutela del paesaggio di fornire il proprio assenso nell’ambito della conferenza di servizi ai fini del rilascio dell’autorizzazione unica all’esercizio di impianti di energia elettrica da fonte rinnovabile e, contestualmente, dare avvio ad un procedimento, formalmente, diverso di dichiarazione dell’area di notevole interesse culturale il cui esito incide, sostanzialmente, sulla determinazione assunta all’esito dei lavori della conferenza, impedendo lo svolgimento dell’attività autorizzata. 9.– L’appellante è condannata al pagamento, in favore della parte resistente costituita, delle spese del presente grado di giudizio che si determinano in euro 5.000,00, oltre accessori di legge. P.Q.M. Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando a rigetta l’appello proposto con il ricorso indicato in epigrafe b condanna l’appellante al pagamento, in favore della parte resistente costituita, delle spese del presente grado di giudizio che si determinano in euro 5.000,00, oltre accessori di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.