Avvocato difende se stesso in giudizio: sì alla CPA ed alle spese forfettarie, no all’IVA

L’IVA non è dovuta al legale che difende sé stesso in giudizio, poiché è un’ipotesi di autoconsumo fuori campo IVA ex art. 3, comma 3, d.P.R. n. 672/33 non può ovviamente invocare, come il legale distrattario cui invece spetta , un diritto di rivalsa contro il cliente. In ogni caso, in quanto titolare di partita IVA, ha diritto alla detrazione di tale imposta.

Il rimborso delle spese generali di studio id est rimborso forfettario in base alle norme vigenti all’epoca era pari al 12,5 % ora invece il d.m. n. 55/14 lo ha elevato al 15% è sempre dovuto indipendentemente da una espressa statuizione in tal senso, siccome esso trova nella legge titolo e misura non è necessario, quindi, che il dispositivo della sentenza ne specifichi l'importo” ex multis Cass. civ. n. 9315, 6383 e 18518/13 e gli spetta anche la liquidazione della CPA al 4% perché attinente ad una prestazione professionale. È quanto stabilito dal TAR Campania, sez. VII, n. 4145, depositata il 1/9/16, in cui sono chiarite quali voci degli onorari sono liquidabili al legale che agisce come difensore di se stesso. Il caso. Il ricorrente agiva in ottemperanza di 9 sentenze in cui il Comune di Napoli era condannato al rimborso delle spese legali si noti l’incongruenza si afferma che il ricorrente P.G. si autodifende anche in questo giudizio, ma il CF inserito non è corretto perché è dell’omonimo collega di studio S.G. . La PA, costituitasi in giudizio, eccepiva il saldo parziale del debito e la non debenza dell’IVA. Il ricorrente contestava questa eccezione, rilevando che non era stato ancora soddisfatto non erano state ancora saldate alcune voci del debito relative all’IVA, alle spese forfettarie ed alla CPA. Il Tar in forma sintetica ha accolto parzialmente le sue richieste rilevando che ne ricorrevano i presupposti erano scaduti i termini per agire in forma esecutiva e la PA aveva ammesso, dedotto e provato il parziale adempimento alle sue obbligazioni. L’autodifesa è un autoconsumo niente IVA. Come sopra esplicato questa voce non è dovuta, essendo irrilevante il richiamo alla Circolare del MEF 203/E del 6/12/94 che è riferita alla liquidazione delle spese di lite all’avvocato distrattario e presuppone pertanto, come chiaramente evincibile dalla lettura della medesima, un rapporto di rivalsa interno fra cliente ed avvocato, non ravvisabile laddove l’avvocato agisca quale procuratore di sé medesimo, dovendo la fattura essere emessa nei confronti del cliente e non nei confronti della controparte soccombente . Infatti in essa si chiarisce che Il Ministero, concordando con le statuizioni della Suprema Corte Cass. SS.UU. 3544/82, nda , nonchè con le osservazioni formulate dall’Avvocatura, ritiene, in sintesi conclusiva, che nell’ipotesi di distrazione delle spese a favore del difensore della parte vincitrice ex art. 93 c.p.c., il diritto che, in base alla pronuncia giudiziaria, viene a costituirsi a favore del difensore comporta che egli possa pretendere, in linea di principio, nei confronti diretti del soccombente, anche quanto dovutogli a titolo di IVA. Il soggetto passivo della rivalsa, ex art. 18 del D.P.R. n. 633 del 26 ottobre 1972, resta, comunque, il cliente, nei confronti del quale va emessa, da parte del professionista, la relativa fattura, nella quale deve essere evidenziato che, con riferimento sia all’onorario che al tributo che vi accede, la solutio è avvenuta da parte del soccombente, vincolato alla prestazione in virtù della condanna contenuta nella sentenza. Il pagamento della somma corrispondente all’IVA eseguito dal soccombente rileva solo come costo del processo e viene effettuato non a titolo di rivalsa ma di condanna, per effetto della quale il soccombente si presenta, solo e sempre, quale obbligato a tenere indenne la controparte, al pari di ogni altro onere patrimoniale, dal costo del processo. Questa disciplina trova unica deroga nelle ipotesi in cui il cliente vittorioso, in quanto soggetto passivo di imposta, abbia titolo ad esercitare la detrazione dell’imposta stessa, della quale subisce quindi anche la rivalsa economica . La non debenza dell’IVA, perciò, si evince anche dal testo di questa circolare la parte vittoriosa, come nella fattispecie, titolare di partita IVA avrebbe in ogni caso diritto alla detrazione di tale imposta v. amplius § .6 della sentenza . Questi ragionamenti sono quasi coincidenti con le conclusioni dell’AGE nel recente Parere di risposta all’interpello n. 914-47/2016 del 10/3/2016 sull’applicabilità dell’IVA ad un avvocato per prestazioni a sé stesso in cui ribadisce nettamente che, in questi casi, la parte soccombente deve rimborsare le spese di lite al legale senza applicare l’IVA . Infatti è pacifico che nell’autodifesa la figura del legale e del cliente coincidano, sì che si tratta di un’ipotesi di autoconsumo fuori campo IVA ai sensi dell’art. 3 comma III DPR 633/72 e perciò non c’è alcun obbligo di fatturazione il professionista deve emettere fattura con IVA solo al proprio cliente, figura assente, però nelle ipotesi di difesa in proprio, perché, come, detto il professionista presta un servizio a se stesso , fermo restando l’onere di emettere quietanza per le somme ricevute. Quali voci sono liquidabili nel giudizio di ottemperanza. La PA è obbligata a corrispondere al ricorrente gli interessi sulle somme liquidate in giudicato, le spese accessorie, ma non deve rifondere le spese relative ad atti di precetto TAR Catania 1798/09 e Sardegna 1094/03 . Le spese, i diritti e gli onorari di atti successivi alla sentenza sono dovute solo per le voci suindicate ed, in quanto funzionali all’introduzione del giudizio di ottemperanza, vengono liquidate, in modo omnicomprensivo questo importo, però, non comprende le eventuali spese di registrazione del titolo azionato il cui importo, qualora dovuto e versato, dovrà esser refuso dal Comune al ricorrente. Il Tar, nel dispositivo, prevede anche alla nomina dell’eventuale commissario ad acta , di cui individua il nominativo ed indica l’importo della parcella, in caso di ulteriore ritardo pone le spese per la funzione commissariale, liquidate in euro 800,00 ottocento/00 , a carico del Comune di Napoli . Contrasto tra motivazioni e dispositivo. Non è dato sapere il motivo di questo contrasto tra le motivazioni ed il dispositivo, che espressamente le richiama. Infatti nelle prime, che in base ai principi di diritto dovrebbero prevalere sul dispositivo stesso, come detto, si ribadisce l’inapplicabilità dell’IVA alle prestazione del legale a favore si se stesso, ma poi l'IVA è liquidata per questa fase processuale condanna il Comune di Napoli al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi € 800,00 ottocento/00 oltre i.v.a., c.n.a.p. e rimborso spese come per legge .

TAR Campania, sez. VII, sentenza 24 maggio – 1 settembre 2016, n. 4145 Presidente Pagano – Estensore Caminiti Fatto e diritto Letto il ricorso per ottemperanza con cui l’avv. Giancone Pietro, quale procuratore di sé medesimo, richiede l’esecuzione dei giudicati formatosi sulle seguenti sentenze 1 sentenza n. 23065/2013 emessa dal Giudice di Pace di Napoli 6^ sez. dott.ssa Michilli — R.G. n. 48092/2012 in data 24.06.2013 e depositata in pari data con cui il Comune di Napoli è stato condannato a corrispondere a Giancone Pietro quale procuratore di sé medesimo, le spese di lite liquidate in euro 50,00 per spese ed euro 350,00 per compenso professionale 2 sentenza n. 30114/2013 emessa dal Giudice di Pace di Napoli 1^ sez. dott. Setola — R.G. n. 45937/2012 in data 03.08.2013 e depositata in data 02.09.2013 con cui il Comune di Napoli è stato condannato a corrispondere a Giancone Pietro quale procuratore di sé medesimo la somma di euro 42,50 oltre interessi legali dalla data della domanda al soddisfo, nonché le spese di lite liquidate in complessivi euro 87,00 di cui euro 37,00 per spese vive 3 sentenza n. 36495/2011 emessa dal Giudice di Pace di Napoli 9 sez. dott. Bongiorno — R.G. n. 20525/2011 in data 28.09.2011 e depositata in data 03.10.2011 con cui il Comune di Napoli è stato condannato a corrispondere a Giancone Pietro quale procuratore di sé medesimo le spese di lite liquidate in complessivi euro 333,00 di cui euro 150,00 per diritti, euro 150,00 per onorario, euro 33,00 per spese, oltre i.v.a. e c.p.a. 4 sentenza n. 4848/2010 emessa dal Tribunale di Napoli 8^ sez. dott. Criscuolo — R.G. n. 31123/2009 in data 17.03.2010 e depositata in data 28.04.2010 con cui il Comune di Napoli è stato condannato a corrispondere al ricorrente quale procuratore di sé medesimo le spese del giudizio di primo grado, liquidate in euro 55,00 per onorari, 195,00 per diritti, oltre il 12,50% su diritti onorari, i.v.a. e c.p.a. nonché al rimborso delle spese di lite del giudizio di appello liquidate in euro 50,00 per spese, 410,00 per onorari , euro 222,00 per diritti, oltre al 12,50% su diritti onorari, i.v.a. e c.p.a 5 sentenza n. 4061/2011 emessa dal Tribunale di Napoli 3^ sez. dott. Grieco — R.G. n. 31121/2019 in data 04.04.2011 e depositata in data 06.04.2011 con cui il Comune di Napoli è stato condannato a corrispondere al ricorrente le spese del giudizio di primo grado, liquidate in complessivi euro 301,00 oltre il 12,50% su diritti e onorari, nonché le spese del giudizio di appello, liquidate in complessivi euro 789,00, oltre il 12,50% su diritti e onorari -6 sentenza n. 3251/2011 emessa dal Tribunale di Napoli 10^ sez. dott.ssa Sorrentini in data 21.03.2011 e depositata in data 22.03.2011 con cui il Comune di Napoli è stato condannato a corrispondere al ricorrente le spese del giudizio di primo grado, liquidate in complessivi euro 335,25, oltre spese generali, iv.a. e c.p.a. nonché le spese del giudizio di appello, liquidate in complessivi euro 478,32, oltre spese generali, i.v.a. e c.p.a. 7 sentenza n. 9223/2012 emessa dal Tribunale di Napoli 10^ sez. dott. Magliulo — R.G. n. 31467/2011 in data 25.07.2012 e depositata in pari data con cui il Comune di Napoli è stato condannato a corrispondere al ricorrente le spese del giudizio di primo grado, liquidate in euro 38,00 per spese, euro 130,00 per diritti ed euro 160,00 per onorari, nonché le spese del giudizio di appello, liquidate in euro 57,00 per spese, euro 260,00 per diritti, euro 320,00 per onorari, oltre per entrambi i gradi, i.v.a. e c.p.a. come per legge 8 sentenza n. 12865/2011 emessa dal Tribunale di Napoli 10A sez. dott. Magliulo — R.G. n. 32313/2010 in data 24.11.2011 e depositata in pari data con cui il Comune di Napoli è stato condannato a corrispondere al ricorrente le spese di lite del giudizio di primo grado, liquidate in euro 20,00 per spese, euro 130,00 per diritti ed euro 190,00 per onorari, nonché le spese del giudizio di appello, liquidate in euro 55,00 per spese, euro 248,00 per diritti ed euro 320,00 per onorari, oltre per entrambi i gradi rimborso spese generali, i.v.a. e c.p.a. 9 sentenza n. 3138/2012 emessa dal Tribunale di Napoli 5^ sez. dott. Califano — R.G. n. 11615/2010 in data 07.12.2011 e depositata in data 15.03.2012, con cui il Comune di Napoli è stato condannato a corrispondere al ricorrente le spese di lite del giudizio di primo grado, liquidate in euro 60,00 per spese, euro 220,00 per diritti ed euro 450,00 per onorari, oltre spese generali, i.v.a. e c.p.a., nonché le spese del giudizio di appello, liquidate in euro 246,00 per diritti ed euro 320,00 per onorari, oltre per entrambi i gradi rimborso spese generali, i.v.a. e c.p.a. 1.1 Rilevato che dette sentenze sono state tutte regolarmente allegate al ricorso e che il ricorrente deduce di essere creditore nei confronti del Comune di Napoli, in forza di detti titoli, della somma di euro 5.014, 35, oltre rimborso forfettario, i.v.a. e c.p.a. 2. Rilevato che il Comune di Napoli si è costituito affermando a di avere soddisfatto solo parzialmente le obbligazioni pecuniarie di cui alle seguenti pronunce, senza corrispondere peraltro l’importo a titolo di I.V.A. sulla base del rilievo della non debenza, essendo Giancone Pietro procuratore di sé medesimo, e precisamente di avere corrisposto per la sentenza 4848/10 l'importo di € 1.081,94 per la sentenza 4061/11 l'importo di € 1.275,30 per la sentenza n° 36495/11 l'importo di € 414,18 per la sentenza 3138/12 l'importo di € 1.414,98 b per la sentenza 12865/11 di aver emesso atto di liquidazione PG/529209 del 30/06/2015 per un importo complessivo €1.395,45 e che in data 05/04/2016 era pervenuto pre-mandato di pagamento dal Servizio Controllo e Registrazioni Spese per un importo di €1.395,45 deducendo che l’I.V.A. non era stata riconosciuta perché Giancone Pietro è procuratore di se stesso c per la sentenza 9223/12 di aver emesso atto di liquidazione PG/836139 del 05/11/2015 per un importo complessivo di €1112,90, deducendo del pari che l’I.V.A. non era stata riconosciuta perché Giancone Pietro è procuratore di se stesso d per la sentenza 23065/13 di avere proposto accordo transattivo poiché l'Amministrazione per i Debiti Fuori Bilancio manifestatisi dal 1° gennaio al 31 ottobre 2013, riconosciuti con delibera consiliare n. 12 dell'08/04/2014 aveva inteso, al fine di ridurre ulteriori oneri, consentire la possibilità di un accordo transattivo, impegnandosi a corrispondere entro il 30/06/2016 le sole somme riconosciute in sentenza e per le sentenze 30114/13 e 3251/11 di volere procedere seguendo il cronologico dell'Ufficio, salvo eventuali diverse procedure transazioni che l'Amministrazione si riservasse di intraprendere. 3. Rilevato che l’avvocato Giancone con memoria di replica ha rilevato la non completa satisfattività dei dedotti pagamenti, in quanto riferiti solo ad alcune delle sentenze azionate e non completamente satisfattivi, dovendo essere erogate, in relazione a ciascuna sentenza, anche le somme per spese generali, i.v.a. non rilevando che il ricorrente avesse agito come procuratore di sé medesimo e c.p.a. 4. Trattenuta la causa in decisione all’udienza indicata 5. Il Tribunale, nelle forme sintetiche imposte da CPA art. 114 , rileva che –a sussiste la legittimazione passiva dell’intimato Comune di Napoli, condannato, con le pronunce azionate, al pagamento in favore del ricorrente delle spese di lite innanzi indicate, quale procuratore di sé medesimo – b sussistono altresì i presupposti per l’accoglimento del ricorso, nel senso di seguito indicato, essendo la sentenze divenute definitive, come da certificazione in atti - c è trascorso il termine di 120 giorni dalla notifica delle predette sentenze in forma esecutiva ex art. 14 del D.L. 669/1996 cfr., da ultimo Cons. Stato Sez. V, Sent., 09/03/2015, n. 1174 - d il Comune di Napoli ha dedotto e provato di avere solo in parte adempiuto al pagamento delle spese di lite di cui alle citate pronunce sull’onere della prova in materia di adempimento dell’obbligazioni vedi per tutte Cass. S.U. sent. n. 13533/2001 6. Deve, pertanto, essere dichiarato l’obbligo dell’Amministrazione di dare completa esecuzione alle sentenze in epigrafe, mediante il pagamento in favore del ricorrente delle indicate somme, detratto quanto già corrisposto, oltre c.p.a. e rimborso spese generali come per legge -senza debenza delle somme a titolo di i.v.a.-, nel termine di trenta giorni dalla notifica della presente sentenza. Al riguardo si osserva -il rimborso delle generali di studio nella misura del 12,50% vigente ratione temporis sulle competenze nette diritti ed onorari è sempre dovuto indipendentemente da una espressa statuizione in tal senso, siccome esso trova nella legge titolo e misura non è necessario, quindi, che il dispositivo della sentenza ne specifichi l'importo Cass. n. 9315/2013 in senso analogo Cassazione Civile, Sez. II, Sent. 13.03.2013 n. 6383 Cassazione civile, Sez. III, Sentenza del 02-08-2013, n. 18518 - parimenti dovuta è la C.P.A., nell’aliquota 4%, in quanto attinente a prestazione professionale forense -non dovuta è invece l’I.V.A. in relazione alle spese di lite liquidate al ricorrente come difensore di sé medesimo, a nulla rilevando il richiamo effettuato dal ricorrente alla circolare del Ministero Finanze n. 203/E del 6.12.1994 in quanto detta circolare è riferita alla liquidazione delle spese di lite all’avvocato distrattario e presuppone pertanto, come chiaramente evincibile dalla lettura della medesima, un rapporto di rivalsa interno fra cliente ed avvocato, non ravvisabile laddove l’avvocato agisca quale procuratore di sé medesimo, dovendo la fattura essere emessa nei confronti del cliente e non nei confronti della controparte soccombente. In tale circolare si afferma infatti chiaramente Per quanto concerne il problema relativo all’individuazione del soggetto nei cui confronti il professionista nominato distrattario delle spese giudiziarie deve esercitare la rivalsa dell’imposta sul valore aggiunto, ai sensi dell’art. 18, primo comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, l’Avvocatura dello Stato, con il menzionato parere, concordando con l’orientamento espresso dalle SS.UU. della Suprema Corte, ha precisato che la sentenza del 12 giugno 1982, n. 3544, si pone come definitivamente risolutiva del contrasto giurisprudenziale verificatosi in ordine alla comprensione dell’IVA nella pronuncia attinente al capo delle spese processuali, in ipotesi di distrazione di onorari non riscossi e delle spese anticipate a favore del difensore, e tale contrasto ha risolto in senso affermativo, sul presupposto della spettanza alla parte vittoriosa del diritto di conseguire dal soccombente, condannato al pagamento delle spese processuali, il rimborso dell’IVA che ha corrisposto o dovrà corrispondere al proprio difensore a titolo di rivalsa e con l’avvertimento che il pagamento dell’IVA al difensore della controparte vittoriosa, effettuato dalla parte soccombente, non trova titolo, e non lo può trovare, nella rivalsa, che è propria del rapporto sinallagmatico cliente/avvocato e non può fuoriuscire da quell’ambito, ma piuttosto nella sentenza di condanna. ” Sulla base di queste ultime considerazioni, il Supremo Collegio, ad avviso dell’Avvocatura Generale, ha avvertito anche l’esigenza di sottolineare che il distrattario è tenuto ad emettere il documento fiscale con addebito del tributo in via di rivalsa verso il proprio cliente, ed ha inoltre precisato che la distinta obbligazione per rivalsa, nei rapporti fra avvocato e cliente, viene ad essere soddisfatta con l’emissione di fattura, quietanzata a saldo, in cui si evidenzia che non solo rispetto all’onorario, ma anche rispetto al tributo che vi accede, la solutio avviene con danaro fornito dal soccombente, vincolato alla prestazione della condanna, mediante un’imputazione qualitativamente diversa”. In relazione a ciò l’Avvocatura ha ritenuto di dover puntualizzare che il soccombente, che abbia effettuato il pagamento, non possa pretendere l’emissione della relativa fattura nei propri confronti. In conclusione l’Avvocatura conferma che il difensore distrattario dovrà emettere fattura con addebito anche dell’IVA solo nei confronti del proprio cliente, atteso che l’obbligo di adempimento del relativo onere per il soggetto soccombente trova titolo esclusivamente nella statuizione di condanna contenuta nella sentenza, anche in assenza di espressa pronuncia in ordine al tributo. Rileva, tuttavia, che nei casi in cui il cliente vincitore, destinatario della fattura, sia soggetto passivo d’imposta e la vertenza inerisca all’esercizio della propria attività di impresa, arte o professione, egli ha titolo di recuperare l’imposta, della quale subisce la rivalsa non solo giuridica ma anche economica, in sede di esercizio del diritto di detrazione previsto dall’art. 19 del richiamato D.P.R. n. 633 del 1972. Conseguentemente il professionista distrattario può richiedere al soccombente solamente l’importo da questo dovuto a titolo di onorario e spese processuali e non anche quello dell’IVA che vi afferisce essendo quest’ultimo dovuto per rivalsa dal proprio cliente. Il Ministero, concordando con le statuizioni della Suprema Corte, nonchè con le osservazioni formulate dall’Avvocatura, ritiene, in sintesi conclusiva, che nell’ipotesi di distrazione delle spese a favore del difensore della parte vincitrice ex art. 93 c.p.c., il diritto che, in base alla pronuncia giudiziaria, viene a costituirsi a favore del difensore comporta che egli possa pretendere, in linea di principio, nei confronti diretti del soccombente, anche quanto dovutogli a titolo di IVA. Il soggetto passivo della rivalsa, ex art. 18 del D.P.R. n. 633 del 26 ottobre 1972, resta, comunque, il cliente, nei confronti del quale va emessa, da parte del professionista, la relativa fattura, nella quale deve essere evidenziato che, con riferimento sia all’onorario che al tributo che vi accede, la solutio è avvenuta da parte del soccombente, vincolato alla prestazione in virtù della condanna contenuta nella sentenza. Il pagamento della somma corrispondente all’IVA eseguito dal soccombente rileva solo come costo del processo e viene effettuato non a titolo di rivalsa ma di condanna, per effetto della quale il soccombente si presenta, solo e sempre, quale obbligato a tenere indenne la controparte, al pari di ogni altro onere patrimoniale, dal costo del processo. Questa disciplina trova unica deroga nelle ipotesi in cui il cliente vittorioso, in quanto soggetto passivo di imposta, abbia titolo ad esercitare la detrazione dell’imposta stessa, della quale subisce quindi anche la rivalsa economica.” La non debenza dell’I.V.A., alla luce di tale circolare si evince peraltro anche dalla circostanza che la parte vittoriosa titolare, come nella specie, di partita I.V.A, avrebbe in ogni caso diritto alla detrazione dell’imposta medesima. 7. Per quanto riguarda le spese successive alle sentenze azionate, e come tali non liquidate nelle medesime, il Collegio specifica che, in sede di giudizio di ottemperanza può riconoscersi l'obbligo di corresponsione alla parte ricorrente, oltre che degli interessi sulle somme liquidate in giudicato, anche delle spese accessorie, ma non di quelle relative ad atti di precetto T.A.R. Sicilia Catania Sez. III Sent., 28/10/2009, n. 1798 T.A.R. Sardegna, 29/09/2003, n. 1094 . 7.1. Le spese, i diritti e gli onorari di atti successivi alla sentenza sono dovute solo per le voci suindicate ed, in quanto funzionali all’introduzione del giudizio di ottemperanza, vengono liquidate, in modo omnicomprensivo, nell’ambito delle spese di lite del presente giudizio come quantificate in dispositivo, fatte salve le eventuali spese di registrazione del titolo azionato il cui importo, qualora dovuto e versato, non può considerarsi ricompreso nella liquidazione omnicomprensiva delle suindicate spese di lite. 8. In caso di inutile decorso del termine assegnato all’Amministrazione per ottemperare, si nomina sin d’ora Commissario ad acta il prefetto della Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Napoli o il dirigente dallo stesso delegato che – nella veste di ausiliario del giudice” Cons. Stato, sezione sesta, sentenza 15 settembre 2015, n. 4299 – entro l’ulteriore termine di trenta giorni dalla comunicazione dell'inottemperanza a cura di parte ricorrente e previa verifica dell’effettivo intervenuto integrale assolvimento degli obblighi di comunicazione, darà corso al pagamento, compiendo tutti gli atti necessari, comprese le eventuali modifiche di bilancio, a carico e spese dell’amministrazione inadempiente. 8.1. Le spese per l’eventuale funzione commissariale vengono poste a carico del Comune di Napoli e si liquidano come da dispositivo. Il commissario ad acta potrà esigere la suddetta somma all’esito dello svolgimento della funzione commissariale, sulla base di adeguata documentazione fornita all’ente debitore. 9. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, tenendo conto della peculiarità del contenzioso e dell’importo azionato e riconosciuto come dovuto. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania Sezione Settima , pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, Lo accoglie nei termini e limiti di cui in motivazione e, per l'effetto, dichiara l'obbligo del Comune di Napoli, in persona del legale rappresentante p.t., di dare integrale esecuzione alle sentenze azionate di cui in epigrafe nei sensi e termini sempre in motivazione indicati. Per il caso di ulteriore inottemperanza nomina sin d'ora Commissario ad acta il Prefetto della Prefettura-Ufficio Territoriale del Governo di Napoli, con facoltà di delega, che provvederà ai sensi e nei termini di cui in motivazione al compimento degli atti necessari all'esecuzione della predetta sentenza. Pone le spese per la funzione commissariale, liquidate in euro 800,00 ottocento/00 , a carico del Comune di Napoli. Condanna il Comune di Napoli al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi € 800,00 ottocento/00 oltre i.v.a., c.n.a.p. e rimborso spese come per legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.