Procedimento disciplinare lumaca: gli illeciti vanno contestati immediatamente

Procedimento disciplinare lumaca gli illeciti vanno contestati immediatamente - anche se la loro conoscenza è avvenuta in via informale - e l'eventuale provvedimento deve essere adeguatamente motivato, soprattutto nel caso della gravissima sanzione disciplinare della destituzione.

Il Consiglio di Stato, Sezione III, con la sentenza numero 3844/2016 depositata il 12 settembre, ha dichiarato l'illegittimità del decreto emanato ai sensi dell’articolo 7, numero 6, d.P.R. numero 737/1981 di destituzione dal servizio adottato dal capo della Polizia. Ciò in quanto lo stesso è da considerarsi illegittimo per manifesto difetto di adeguatezza e manifesta sproporzione e, comunque, per errore sui presupposti, difetto di istruttoria e di idonea motivazione sul punto. Diversi i punti dell'appello che sono stati accolti dal Collegio e riconducibili a fatti che risalgono a metà del decennio scorso e che si sostanziano in debiti contratti dall'agente per pasti consumati nella sede di un circolo e dal comportamento fastidioso non conforme al decoro prescritto per il Corpo di polizia tenuto dallo stesso nei confronti degli altri commensali. Il caso. Il presidente del circolo macrobiotico riferiva della abitudine dell’agente di mantenere a lungo in sospeso il pagamento dei pasti preparati per gli associati, tanto che all’inizio dell’anno 2005 aveva accumulato un debito di circa euro 500, che avrebbe saldato solo nel 2007, dopo che il presidente del circolo aveva chiesto ai superiori del Commissariato P.S. di sollecitarlo a provvedere a saldare quanto dovuto, ma poi, soprattutto, lamentava il persistente comportamento invadente e fastidioso abitualmente tenuto dall’agente durante le sue frequentazioni a quanto pare quotidiane nei locali del circolo, arrecando disturbo agli altri associati nonché agli addetti al servizio. Il Consiglio di Stato, nel capovolgere la sentenza del Giudice di primo grado ha rilevato che - con riferimento agli addebiti contestati - nessuno avrebbe giustificato di per sé la sanzione estrema della destituzione dal servizio, neppure cumulandoli, ove si consideri che il comportamento poco decoroso consistente nel contrarre debiti senza onorarli” oppure in atteggiamenti non conformi al decoro del Corpo della P.S Ciò in quanto tali comportamenti sono sanzionati dal d.P.R. numero 737/1981, all’articolo 4, numero 4 e numero 18, con la previsione della pena pecuniaria la quale nella scala delle sanzioni è inferiore alla deplorazione, alla sospensione dal servizio ed alla destituzione. La reiterazione. Né, peraltro, ha osservato la Sezione, risulta applicabile al caso in esame la disposizione dell’articolo 7, numero 6, d.P.R. numero 737/1981 nella parte in cui prevede la destituzione a carico dell’appartenente ai ruoli della P.S., nell’ipotesi in cui, dopo l’applicazione della sanzione della sospensione disciplinare, persista nelle infrazioni sanzionate con tale misura infatti il richiamo a quest’ultima previsione normativa è appropriato solo quando i precedenti disciplinari del dipendente riguardino comportamenti analoghi o almeno affini a quello che forma oggetto del nuovo addebito, mentre, nel caso in esame, il provvedimento disciplinare impugnato, nel mentre fa cenno dell’esistenza di molti precedenti disciplinari a carico dell’interessato, poi nulla dice riguardo alla addebitata reiterazione” delle infrazioni per le quali è prevista la sospensione disciplinare. Infatti nella motivazione della impugnata destituzione non risulta analizzata la presenza dei due elementi necessari per applicare questa previsione cioè la circostanza che i due addebiti contestati all’incolpato siano punibile con la sospensione e l’indicazione dei pregressi fatti sanzionabili con la sospensione disciplinare. In particolare, da un lato, dal provvedimento non emerge che i due nuovi addebiti contestati in questa occasione al ricorrente dovessero essere puniti con la sospensione disciplinare, mentre, dall’altro, dagli atti di causa risulta che almeno due delle precedenti sospensioni inflitte all’appellante sono, comunque, erroneamente richiamate in quanto si tratta di sanzioni che nel dicembre 2011 all’epoca dell’adozione della destituzione in controversia erano già state annullate dal competente. Condotta riprovevole tutta da dimostrare. Né nel caso di specie, ha rilevato ancora il Collegio, è configurabile l’altra fattispecie per l’irrogazione della destituzione ai sensi del numero 6 secondo periodo dell’articolo 7 del DPR numero 737/1981e cioè la persistente riprovevole condotta dopo che siano stati adottati altri provvedimenti disciplinari. Infatti il provvedimento impugnato, per suffragare la sussistenza in capo all’incolpato di un comportamento proclive alla reiterazione degli illeciti”, fa riferimento anche a 23 sanzioni disciplinari inflitte all’agente, tra cui le accennate sospensioni ed il decreto di destituzione del 12 settembre 2011. I dati, invece, risultano inesatti e, quindi, è evidente che la complessiva valutazione discrezionale negativa dell’amministrazione è viziata, in quanto formatasi su presupposti in parte errati. Infatti al 28 dicembre 2011, data della adozione del decreto di destituzione in controversia, in realtà dei 3 provvedimenti di sospensione indicati genericamente e senza data nella motivazione almeno due erano stati già annullati dal TAR Liguria con le sentenze 21 ottobre 2009 numero 2933 e 5 maggio 2011 numero 729, mentre dagli atti del giudizio emerge che avverso gli altri provvedimenti sanzionatori richiamati tra cui altre sospensioni e la destituzione del 12 settembre 2011 l’interessato aveva, comunque, proposto i corrispondenti ricorsi all’epoca ancora pendenti innanzi al TAR Liguria. Per l'agente è stato disposto il reintegro e la corresponsione degli stipendi, interessi compresi, per il periodo in cui non ha prestato servizio.

Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 9 aprile – 12 settembre 2016, numero 3844 Presidente Cirillo – Estensore Spiezia Fatto e diritto 1. Con decreto 28 dicembre 2011, notificato il 21 gennaio 2012, prot. 333-D73470, il Capo della Polizia irrogava la sanzione della destituzione, ai sensi dell’articolo 7, comma 2, numero 6, DPR numero 737/1981, a carico dell’agente scelto R. M., in servizio presso a Questura di Genova, precisando che, poiché, all’epoca, l’interessato risultava già cessato dal servizio a causa di altro analogo provvedimento di destituzione adottato il 12 settembre 2011 , il nuovo provvedimento disciplinare avrebbe avuto effetto solo in vaso di eventuale reviviscenza del rapporto di pubblico impiego per qualsiasi motivo. Al riguardo in via preliminare si rileva che, poiché la precedente destituzione, nelle more, è stata definitivamente annullata dal Consiglio di Stato CdS, sez. III, numero 6234/2013, che ha confermato con diversa motivazione TAR Liguria numero 812/2012 , alla data della decisione della presente controversia in capo ad entrambe le parti sussiste un interesse concreto ed attuale alla definizione dell’appello in epigrafe. 1.1. Il provvedimento di destituzione oggetto di questa controversia decreto del Capo della Polizia di Stato 28 dicembre 2011 è stato emesso all’esito di un procedimento disciplinare, che ha preso l’avvio da un dettagliato esposto datato 18 gennaio 2011 e pervenuto al Questore di Genova in data 18 febbraio 2011 , nel quale il presidente del circolo macrobiotico U.P.M. Un Punto Macrobiotico di Nervi di cui l’agente era socio si lamentava di comportamenti non conformi al decoro tenuti dall’attuale appellante, In particolare il presidente del circolo in questione, in primo luogo, riferiva della abitudine dell’agente di mantenere a lungo in sospeso il pagamento dei pasti macrobiotici preparati per gli associati, tanto che all’inizio dell’anno 2005 aveva accumulato un debito di circa euro 500, che avrebbe saldato solo nel 2007, dopo che il presidente del circolo aveva chiesto ai superiori del Commissariato P.S. di Nervi di sollecitarlo a provvedere a saldare quanto dovuto, ma poi, soprattutto, lamentava il persistente comportamento invadente e fastidioso abitualmente tenuto dall’agente durante le sue frequentazioni a quanto pare quotidiane nei locali del circolo, arrecando disturbo agli altri associati nonché agli addetti al servizio. Riferiva l’esponente che sempre più frequenti erano state le lamentele di altri soci che ritenevano fastidiosa la compagnia dell’appellante, tanto che, dopo un acceso diverbio, avvenuto nel gennaio 2011, aveva infine avvertito l’agente che non gli sarebbe stato più consentito frequentare il circolo. 1.2.Ricevuto l’esposto il 18 febbraio 2011, il Questore di Genova dava avvio al procedimento disciplinare, nominando formalmente un funzionario istruttore, che il 1°marzo 2011 formulava l’atto di contestazione degli addebiti all’incolpato. L’agente, dopo avere avuto accesso agli atti compreso l’esposto del presidente del circolo il 22 marzo 2011 ha presentato le sue giustificazioni. Il 31 marzo il funzionario istruttore ha presentato la sua relazione ed il 7 aprile è stato disposto il deferimento al Consiglio provinciale di disciplina di Genova, che si è riunito ripetutamente, aggiornandosi di volta in volta o per motivate esigenze istruttorie o perché l’interessato – pur senza chiedere espressamente un rinvio – aveva inviato certificati medici relativi a patologie che gli avrebbero impedito di presentarsi. 1.3.Infine nella seduta dell’8 novembre 2011 il Consiglio provinciale di disciplina di Genova ha deliberato di proporre la sanzione della destituzione ai sensi dell’articolo 7, comma 6 seconda ipotesi , del DPR numero 737/1981, anche in considerazione dei precedenti disciplinari dell’interessato e, quindi, il Capo della Polizia, conformandosi a tale parere, con decreto 28 dicembre 2011 numero 333 D/73470, infliggeva all’agente la sanzione della destituzione ai sensi dell’articolo 7, numero 6, del DPR numero 737/1981 con decorrenza dalla data di notifica avvenuta il 21 gennaio 2012 . 1.4.Avverso tale provvedimento disciplinare l’interessato ha proposto ricorso innanzi al T.A.R. Liguria r.g. numero 270/2012 , chiedendone, previa sospensione, l’annullamento con cinque articolati motivi nonché la conseguente reintegrazione in servizio con il diritto a percepire il trattamento economico non corrisposto, maggiorato di rivalutazione ed interessi fino al saldo. Respinta la istanza cautelare con ordinanza numero 123/2012, il TAR Liguria con sentenza numero 448/2013, pubblicata in data 8 marzo 2013, ha rigettato il ricorso, dichiarando, altresì, manifestamente infondate anche le eccezioni di illegittimità costituzionale sollevate dal ricorrente, in subordine, nel terzo per il limite nella scelta del difensore, di cui all’art 20 DPR numero 737/1981 e quinto motivo per la mancanza di un limite temporale di persistenza degli effetti delle sanzioni, di cui agli articolo 1-13 e 19 DPR numero 737/1981 . 1.5. Avverso la sentenza del giudice di primo grado, l’interessato ha proposto l’appello in epigrafe, chiedendone la riforma con cinque articolati motivi di impugnazione con i quali l’appellante, in sostanza, oltre a riproporre la maggior parte delle censure già dedotte in primo grado, espone le sue controdeduzioni alle motivazioni della sentenza in epigrafe. L’amministrazione si è costituita, chiedendo il rigetto dell’appello ed ha depositato un’articolata relazione del ministero dell’Interno poi con memoria ha replicato ai motivi di appello, insistendo per il rigetto dell’appello. Alla udienza pubblica meglio in epigrafe indicata l’appello è passato in decisione. 2. Quanto sopra premesso in fatto, in diritto la controversia concerne la destituzione dell’appellato, disposta dal Capo della Polizia di Stato con decreto 28 dicembre 2011, notificato il 21 gennaio 2012 nei confronti dell’appellante ai sensi dell’articolo 7, comma 2, numero 6, del DPR numero 737/1981 L’appellante chiede la riforma della sentenza di primo grado, deducendo l’illegittimità della impugnata destituzione per molteplici vizi di natura procedimentale violazione dei termini di avvio e di svolgimento del procedimento e violazione dei diritti di difesa per la mancata previsione dell’assistenza da parte di un legale, dedotti con il primo, secondo e terzo motivo e di natura sostanziale genericità e sommarietà della contestazione degli addebiti e sproporzione della sanzione irrogata rispetto ai fatti addebitati e carenza dei presupposti per applicare l’articolo 7, comma 6, DPR numero 737/1981, dedotti con il quarto e quinto motivo . 2.1.Visti gli atti del giudizio, appaiono fondati, nei sensi e limiti di seguito esposti, il primo ed il quinto motivo di appello. Con il primo motivo l’appellante, tra l’altro, deduce che la contestazione degli addebiti, notificata solo in data 3 marzo 2011, non sarebbe avvenuta nell’immediatezza dei fatti censurati, trattandosi di situazioni già conosciute e non considerate rilevanti e, comunque, quanto al debito per i pasti, esaurite fin dal 2007. La sentenza appellata ha ritenuto infondata la censura, affermando che il presidente del circolo macrobiotico aveva presentato l’esposto formale alla Questura di Genova soltanto in data 18 febbraio 2011 e che, comunque, se il debito di euro 500,00 era risalente nel tempo, invece i comportamenti fastidiosi tenuti dall’agente nei confronti degli altri associati si erano protratti fino alla espulsione dallo stesso circolo, disposta con verbale del circolo in data 21 gennaio 2011. 2.2. La statuizione del giudice di primo grado, almeno per uno dei detti aspetti, non appare condivisibile. Infatti dagli atti di causa emerge chiaramente che i fatti addebitati all’agente appellante in sostanza erano conosciuti fin dal 2005 dal responsabile del Commissariato P.S. di Genova Nervi, dove il medesimo all’epoca prestava servizio . Lo stesso presidente del centro macrobiotico nell’esposto del 18 gennaio 2011 riferisce di essersi rivolto in via informale al responsabile del Commissariato P.S. di Nervi, lamentandosi sia per il debito dell’appellante sia per i suoi comportamento poco educati circostanze poi confermate dal medesimo nel corso delle sommarie informazioni assunte dal funzionario istruttore, precisando di aver parlato con il responsabile del Commissariato di cui non ricordo il nome” ed, inoltre, di aver messo al corrente altro agente del Commissariato di Nervi l’agente cui si riferisce il presidente del circolo, ascoltato a sua volta dal funzionario istruttore vedi verbale 14 marzo 2011 , ha confermato di ricordare che, quando il presidente di UPM di Nervi si era lamentato più volte con lui dei disagi creati nel circolo dal comportamento maleducato dell’appellante, gli aveva consigliato di fare una formale comunicazione al superiore gerarchico dell’agente poi aggiungeva che, comunque, aveva parlato con l’appellante delle lagnanze ricevute dal circolo, ma che quest’ultimo aveva negato la sussistenza di concreti problemi. Appare, pertanto, evidente che il responsabile del Commissariato P.S. di Nervi nel 2005, sia pure in via informale, aveva, quanto meno, una certa cognizione sia del debito dell’appellante sia dei suoi atteggiamenti invadenti e maleducati, cioè quegli stessi fatti, che solo nel febbraio 2011 sarebbero stati posti a fondamento dell’avvio del procedimento disciplinare conclusosi con la impugnata destituzione per completezza va osservato che in quel periodo la Questura di Genova, a seguito di cognizione di altra infrazione in data 18 febbraio 2011, aveva aperto quasi contemporaneamente nei confronti del medesimo agente altro procedimento disciplinare, che poi si è concluso con l’irrogazione nei suoi confronti del provvedimento di destituzione 12 settembre 2011 richiamato nella motivazione del decreto di destituzione 28 dicembre 2011, ora all’esame . 2.3. Pertanto, ad avviso del collegio, pur se come rileva la sentenza TAR i comportamenti maleducati si sono protratti fino all’epoca della presentazione dell’esposto da parte del presidente del circolo nel gennaio 2011, tuttavia per il debito non può farsi la stessa considerazione. Infatti è innegabile che all’appellato, oltre che i perduranti comportamenti maleducati, è stata contestata ai fini disciplinari anche il tardivo pagamento del debito di 500,00 euro, cioè una vicenda isolata, risalente a quasi 5 anni prima ed esauritasi senza alcuna ulteriore conseguenza a livello di frequentazione del UPM ed alla quale il responsabile del Commissariato P.S. di Nervi nel 2005 venutone a conoscenza in via informale aveva ritenuto, in via di fatto, di non dare seguito. Ad avviso del Collegio, pertanto, gli esposti elementi sono sufficienti per ritenere fondata la censura di violazione da parte dell’Amministrazione dell’obbligo di immediata contestazione all’incolpato del fatto, che può dar luogo ad illecito disciplinare ai sensi dell’articolo 103 del D.LGS numero 3/1957 primo motivo . 2.4.Peraltro, visto che nei confronti dell’appellante la Questura di Genova ha adottato numerosi provvedimenti disciplinari, il Collegio, per dare maggiore effettività alle statuizioni della presente pronuncia giurisdizionale, ritiene opportuno esaminare la controversia anche sotto il profilo sostanziale. Sotto questo aspetto appare fondato il quinto ed ultimo motivo di appello, che censura la sentenza nella misura in cui non ha ritenuto la destituzione illegittima per violazione dell’articolo 7, numero 6, DPR numero 737/1981 sotto il profilo della sproporzione, nonché per eccesso di potere sotto i profili dell’errore nei presupposti visto che gli addebiti contestati avrebbero consentito l’applicazione di una sanzione pecuniaria o di altra e del difetto di istruttoria e di motivazione, . Quanto alla dedotta sproporzione della sanzione il TAR, invece, ha affermato che l’Amministrazione non poteva non tener conto dei numerosissimi precedenti disciplinari dell’incolpato e, quindi, correttamente ha ricondotto la fattispecie alla previsione dell’articolo 7, comma2, numero 6, che, nel secondo periodo, configura l’ipotesi di persistente riprovevole condotta dopo che siano stati adottati altri provvedimenti disciplinari” pertanto, ad avviso del TAR, la valutazione compiuta dall’Amministrazione, nell’esercizio di un’ampia discrezionalità, non era censurabile sotto i profili della manifesta irragionevolezza e sproporzione”. 2.5. L’argomentazione del TAR va disattesa. Al riguardo preliminarmente occorre considerare che come si è detto sopra l’esposto del presidente del circolo macrobiotico si articola su due distinti argomenti da un lato, il debito di circa 500,00 euro, maturato nel 2005 dall’agente di polizia nei confronti del circolo macrobiotico per consumazione pasti o acquisto prodotti, e, dall’altro, i malumori e dissidi provocati dallo stesso agente nell’ambiente del circolo per i suoi comportamenti ritenuti invadenti nei confronti degli altri frequentatori e del personale di servizio presso il circolo. 2.5.1. Si tratta, quindi, di vicende che, oltre che ontologicamente distinte, sono suscettibili di una ben diversa considerazione ai fini disciplinari. Infatti, mentre il mancato pagamento di debiti contratti nei confronti di creditori estranei all’amministrazione è esplicitamente previsto dal codice disciplinare della Polizia di Stato d.P.R. numero 737/1981 come un illecito disciplinare punito con sanzione pecuniaria e costituisce del resto anche un illecito civile , non si può dire lo stesso con riguardo a comportamenti, qualificati come molesti ed invadenti, cioè in definitiva maleducati, nell’esposto del presidente del UPM di Nervi . Al riguardo dagli atti del giudizio emerge che le lamentele dell’autore dell’esposto sostanzialmente confermate da alcuni soci uditi come testimoni dal funzionario istruttore del procedimento disciplinare, ma anche molto ridimensionate da uno dei soci fondatori dell’ UPM di Nervi , non hanno mai assunto, comunque, spessore di comportamenti sostanzialmente pregiudizievoli nei confronti della sfera giuridica degli altri soci, per cui non risulta di immediata evidenza che siffatti comportamenti, tenuti all’interno del circolo macrobiotico, assumano rilevanza ai fini disciplinari presso l’amministrazione nel cui organico l’appellante incolpato presta servizio. Tanto più che nella fattispecie non si tratta neanche di un circolo riservato ai dipendenti di quell’amministrazione o comunque a questa collegato de facto, ma di una struttura del tutto separata ed autonoma. 2.5.2. Quanto, poi, all’altro addebito, cioè il debito di 500,00 euro, appare fondata ed assorbente la censura con la quale si deduce che il mancato o tardivo pagamento di pasti o di prodotti macrobiotici acquistati nel centro macrobiotico di Nervi si riferisce ad una vicenda del 2005, cioè risalente nel tempo, ormai conclusa nel 2007, e cioè da diversi anni, e non ripetutasi in seguito. Su questa vicenda, anzi, vi è piena concordanza fra le difese del ricorrente, l’esposto del presidente del circolo del 18 gennaio 2011 e le testimonianze raccolte nell’istruttoria del procedimento disciplinare, sui seguenti punti a che l’esposizione debitoria dell’interessato nei confronti del circolo aveva raggiunto, nel 2005, l’ammontare di circa 500 euro b che di conseguenza l’interessato aveva cessato di frequentare quel circolo sia pure trasferendo la sua frequentazione ad un altro circolo della stessa organizzazione sito a Genova c che nel 2007 egli era stato riammesso a frequentare il circolo, previa estinzione del debito. Inoltre, poiché l’esposto, datato 18 gennaio 2011, riferisce solo questo episodio del periodo 2005/2007, si deve ritenere che, estinti nel 2007 i debiti pregressi, l’appellante non si sia più messo in tali situazioni. 2.5.3. Pertanto, ai fini della valutazione disciplinare, il decorso del tempo assume una sicura rilevanza a favore dell’incolpato/appellante, perché si tratta del periodo trascorso, non solo e non tanto dal mancato pagamento del debito, quanto dal momento in cui l’agente aveva eliminato a situazione poco decorosa, saldando il debito pregresso senza alcuno strascico ulteriore nell’ambito della frequentazione del circolo nel quale era stato regolarmente riammesso. Quindi, alla luce di quanto rappresentato, appare evidente che la gravissima sanzione disciplinare irrogata destituzione non trova adeguato fondamento in nessuno dei due addebiti contestati a carico dell’appellante, risultando viziata, sotto diversi profili, da evidente difetto dei presupposti . 2.6. Peraltro la sanzione della destituzione, nella fattispecie, risulta illegittima anche per violazione dell’articolo 4 del DPR numero 737/1981 e per insufficiente motivazione sotto diverso profilo . Infatti né l’uno né l’altro dei due addebiti, comunque, avrebbe giustificato di per sé la sanzione estrema della destituzione dal servizio, neppure cumulandoli, ove si consideri che il comportamento poco decoroso consistente nel contrarre debiti senza onorarli” oppure in atteggiamenti non conformi al decoro del Corpo della P.S. è sanzionato dal d.P.R. numero 737/1981, all’articolo 4, numero 4 e numero 18, con la previsione della pena pecuniaria la quale nella scala delle sanzioni è inferiore alla deplorazione, alla sospensione dal servizio ed alla destituzione. 2.7. Né, infine, risulta applicabile al caso in esame la disposizione dell’art 7, numero 6, d.P.R. numero 737/1981 nella parte in cui prevede la destituzione a carico dell’appartenente ai ruoli della P.S., nell’ipotesi in cui, dopo l’applicazione della sanzione della sospensione disciplinare, persista nelle infrazioni sanzionate con tale misura infatti il richiamo a quest’ultima previsione normativa è appropriato solo quando i precedenti disciplinari del dipendente riguardino comportamenti analoghi o almeno affini a quello che forma oggetto del nuovo addebito, mentre, nel caso in esame, il provvedimento disciplinare impugnato, nel mentre fa cenno dell’esistenza di molti precedenti disciplinari a carico dell’interessato, poi nulla dice riguardo alla addebitata reiterazione” delle infrazioni per le quali è prevista la sospensione disciplinare . 2.7.1.Infatti nella motivazione della impugnata destituzione non risulta analizzata la presenza dei due elementi necessari per applicare questa previsione cioè la circostanza che i due addebiti contestati all’incolpato siano punibile con la sospensione e l’indicazione dei pregressi fatti sanzionabili con la sospensione disciplinare. In particolare, da un lato, dal provvedimento non emerge che i due nuovi addebiti contestati in questa occasione al ricorrente dovessero essere puniti con la sospensione disciplinare, mentre, dall’altro, dagli atti di causa risulta che almeno due delle precedenti sospensioni inflitte all’appellante sono, comunque, erroneamente richiamate in quanto, come si vedrà innanzi, si tratta di sanzioni che nel dicembre 2011 all’epoca dell’adozione della destituzione in controversia erano già state annullate dal TAR Liguria vedi TAR Liguria numero 2933/2009 e numero 729/2011 del 5 maggio 2011 . 2.8.Né nel caso di specie è configurabile l’altra fattispecie per l’irrogazione della destituzione ai sensi del numero 6 secondo periodo dell’articolo 7 del DPR numero 737/1981e cioè la persistente riprovevole condotta dopo che siano stati adottati altri provvedimenti disciplinari Infatti il provvedimento impugnato, per suffragare la sussistenza in capo all’incolpato di un comportamento proclive alla reiterazione degli illeciti”, fa riferimento anche a 23 sanzioni disciplinari inflitte all’agente, tra cui le accennate sospensioni ed il decreto di destituzione del 12 settembre 2011. I dati, invece, risultano inesatti e, quindi, è evidente che la complessiva valutazione discrezionale negativa dell’amministrazione è viziata, in quanto formatasi su presupposti in parte errati Infatti al 28 dicembre 2011, data della adozione del decreto di destituzione in controversia, in realtà dei 3 provvedimenti di sospensione indicati genericamente e senza data nella motivazione almeno due erano stati già annullati dal TAR Liguria con le sentenze 21 ottobre 2009 numero 2933 e 5 maggio 2011 numero 729, mentre dagli atti del giudizio emerge che avverso gli altri provvedimenti sanzionatori richiamati tra cui altre sospensioni e la destituzione del 12 settembre 2011 l’interessato aveva, comunque, proposto i corrispondenti ricorsi all’epoca ancora pendenti innanzi al TAR Liguria . Al riguardo per completezza è opportuno aggiungere che nel 2012 il TAR Liguria, comunque, con sentenze numero 728/2012 e numero 743/2012 ha annullato gli altri due decreti di sospensione dal servizio nonché il precedente decreto di destituzione del 12 settembre 2011 con sentenza numero 812/2012, poi confermata con diversa motivazione dal Consiglio di Stato con sentenza numero 6234/2013. Quindi, considerati gli esaminati profili, la destituzione inflitta all’appellante risulta illegittima per manifesto difetto di adeguatezza e manifesta sproporzione e, comunque, per errore sui presupposti, difetto di istruttoria e di idonea motivazione sul punto. 2. 9. La fondatezza dei motivi di appello esaminati, come sopra illustrata, fa venir meno l’interesse dell’appellante all’esame delle eccezioni di illegittimità costituzionale, che, sollevate innanzi al TAR, sono state riproposte in via subordinata dall’appellante anche in questo secondo grado di giudizio. 3. In conclusione, assorbiti gli altri motivi dal cui esame l’appellante non trarrebbe ulteriori vantaggi, per le esposte considerazioni l’appello va accolto nei sensi illustrati e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso proposto in primo grado con il conseguente annullamento del decreto di destituzione del Capo della Polizia 28 dicembre 2011 numero 333 D 73470 e la reintegrazione nel posto di lavoro all’appellante, inoltre, va riconosciuto il diritto al trattamento economico non corrisposto a partire dal 21 gennaio 2012 data della notifica del decreto di destituzione annullato , oltre gli oneri accessori del credito da calcolarsi secondo i criteri stabiliti dalla A.P. numero 18/2011 e dalla A.P. numero 3/1998 dal cui importo vanno comunque detratti i redditi di altra provenienza eventualmente percepiti dall’appellante nello stesso periodo. Date le peculiarità della vicenda in punto di fatto, sussistono, comunque, giusti motivi per compensare tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza accoglie l 'appello in epigrafe nei sensi di cui in motivazione e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, annulla il decreto di destituzione del Capo della Polizia 28 dicembre 2011 numero 333D/73470 con la conseguente reintegrazione in servizio dell’appellato, al quale vanno corrisposte le retribuzioni spettanti a partire dal 21 gennaio 2012 data della notifica del decreto di destituzione annullato , oltre gli oneri accessori del credito calcolati secondo i criteri indicati in motivazione, dal cui importo vanno, comunque, detratti i redditi di altra provenienza eventualmente percepiti dall’appellante nello stesso periodo. Spese di entrambi i gradi di giudizio compensate tra le parti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.