Moglie e figli all'estero? Per la cittadinanza conta il legame forte con il territorio

Non ci sono le condizioni per la concessione della cittadinanza italiana se mancano forti legami nel territorio nazionale e non viene data prova della sua integrazione ‘nel tessuto sociale’.

Legittimo, pertanto, il diniego opposto nei confronti del cittadino senegalese se, con una valutazione di merito peraltro insindacabile dal Giudice amministrativo, l’Amministrazione ha ragionevolmente constatato la labilità dei rapporti dell’interessato con la comunità nazionale, desumibile dal fatto che i componenti della sua famiglia si trovano nel suo Paese d’origine, con ciò attribuendo rilevanza ad un dato oggettivo, da cui risulta il suo mancato inserimento nella comunità italiana. Il caso. Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 3819/16 depositata lo scorso 6 settembre, ha respinto l'appello dello straniero il quale aveva sostenuto che il Ministero ben può valutare l’opportunità della concessione della cittadinanza, ma non può adottare atti arbitrari, né investigare su una sfera riservata della persona e sulle scelte intime e insindacabili relative alla gestione degli affetti . Tenuto conto anche che il Sindaco della località di residenza aveva attestato che l'interessato è persona riservata ma rispettosa delle regole del vivere civile . In sostanza, il Ministero avrebbe dovuto verificare se vi è la sua integrazione , da considerare sussistente per la risalenza nel tempo da oltre 20 anni della residenza nel territorio dello Stato e per la sua convivenza con il fratello. Tuttavia, come aveva correttamente già evidenziato il Giudice di primo grado, in sede di giurisdizione amministrativa di legittimità il provvedimento di diniego della concessione della cittadinanza italiana è sindacabile per i suoi eventuali profili di eccesso di potere ad es. per travisamento dei fatti o inadeguata motivazione , ma è insindacabile per i profili di merito della valutazione dell’Amministrazione.

Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 21 luglio – 6 settembre 2016, n. 3819 Presidente/Estensore Maruotti Fatto e diritto Opportunità della concessione per parere I 914 del 4-5-66 Dal 1987 in Italia, redditi tra 2009 e 2011 tra 17.268 e 19333 e vive con nipote in appartamento comunale, non ha famiglia 1. L’appellante – cittadino del Senegal – in data 14 febbraio 2008 ha chiesto al Ministero dell’Interno il rilascio della concessione della cittadinanza italiana, ai sensi dell’art. 9, comma 1, lettera f , della legge n. 91 del 1992. Con decreto del 15 febbraio 2012, il Ministero ha respinto la domanda, rilevando che - il coniuge e i tre figli del richiedente risiedono all’estero - il richiedente ha il centro degli interessi ed affetti all’estero e risultano deboli i suoi legami con il Paese ospitante e il radicamento nel tessuto sociale - ha ritenuto inopportuna la concessione della cittadinanza italiana. 2. Col ricorso di primo grado n. 5142 del 2012 proposto al TAR per il Lazio , l’interessato ha impugnato il diniego di concessione, deducendo vari profili di violazione di legge e di eccesso di potere. Il TAR, con la sentenza n. 11224 del 2015, ha respinto il ricorso ed ha compensato tra le parti le spese del giudizio. 3. Con l’appello in esame, l’interessato ha chiesto che, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado sia accolto. Dopo aver ricostruito i fatti che hanno condotto al secondo grado del giudizio, egli ha riproposto le censure secondo cui il diniego sarebbe viziato da eccesso di potere per manifesta illogicità e difetto di motivazione, deducendo che il Ministero ben può valutare l’opportunità della concessione della cittadinanza, ma non può adottare atti arbitrari, né investigare su una sfera riservata della persona e sulle scelte intime e insindacabili relative alla gestione degli affetti . Il Ministero avrebbe dovuto verificare se vi è la sua integrazione , da considerare sussistente per la risalenza nel tempo da oltre venti anni della residenza nel territorio dello Stato e per la sua convivenza con il fratello. L’atto d’appello ha altresì richiamato una nota del Sindaco di Verano Brianza di data 14 novembre 2011, successiva alla trasmissione del preavviso di rigetto dell’istanza , da cui risulta la situazione dell’interessato, che risulta una persona riservata ma rispettosa delle regole del vivere civile . Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio ed ha chiesto che il gravame sia respinto. 4. Così sintetizzate le articolare censure dell’appellante, ritiene la Sezione che esse siano infondate e vadano respinte. Come ha correttamente evidenziato la sentenza impugnata, in sede di giurisdizione amministrativa di legittimità il provvedimento di diniego della concessione della cittadinanza italiana è sindacabile per i suoi eventuali profili di eccesso di potere ad es. per travisamento dei fatti o inadeguata motivazione , ma è insindacabile per i profili di merito della valutazione dell’Amministrazione cfr. Cons. Stato, Sez. III, 25 agosto 2016, n. 3696 Sez. III, 11 marzo 2016, n. 1874 Sez. VI, 20 maggio 2011, n. 3006 Sez. VI, 3 ottobre 2007, n. 5103 . Nella specie, l’Autorità amministrativa – sulla base di una adeguata motivazione e a seguito di una adeguata istruttoria – ha tenuto conto delle circostanze risultanti alla data di emanazione del contestato diniego, attribuendo rilievo alla mancanza di forti legami dell’interessato nel territorio nazionale e alla mancata prova della sua integrazione ‘nel tessuto sociale’. Con una valutazione di merito insindacabile in questa sede, l’Amministrazione ha ragionevolmente constatato la labilità dei rapporti dell’appellante con la comunità nazionale, desumibile dal fatto che i componenti della sua famiglia si trovano nel suo Paese d’origine, con ciò attribuendo rilevanza ad un dato oggettivo, da cui risulta il suo mancato inserimento nella comunità italiana Cons. Stato, Sez. I, 4 maggio 1966, n. 914/66 . 5. Per le ragioni che precedono, l’appello va respinto. La condanna al pagamento delle spese e degli onorari del secondo grado del giudizio segue la soccombenza. Di essa è fatta liquidazione nel dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza respinge l’appello n. 2929 del 2016. Condanna l’appellante al pagamento di euro 1.000 mille in favore del Ministero dell’Interno, per spese ed onorari del secondo grado del giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.