Sicurezza stradale e revoca della patente

In caso di ritiro del documento di guida, ai sensi dell’art. 120 del d.lgs. n. 285/1992, il procedimento è tutto da rifare, esami compresi.

Ciò in quanto, il citato art. 120, cit., non disciplina la restituzione della patente, in quanto configura la revoca come atto vincolato e, in mancanza di alcun vizio di legittimità, non è possibile ipotizzare l’esercizio del potere di annullamento in autotutela nei confronti della revoca. In sostanza, una volta venuto meno il documento di guida, l’interessato non ha titolo alla restituzione della patente a suo tempo legittimamente revocata in quanto l’abilitazione una volta revocata non ha più effetti e non può essere ‘ripristinata’ con la mera riconsegna del documento , ma può ottenere il rilascio di un nuovo documento di guida, che è tenuto a chiedere all’Autorità competente, sottoponendosi al relativo iter procedimentale. Il Consiglio di Stato, sezione III, con la sentenza 2679 depositata il 16 giugno 2016, ha accolto le tesi del Ministero dell'Interno, nel senso che dalla lettura dell'articolo 120 del nuovo codice della strada si evince che non essendovi alcuna differenza tra la cessazione della misura di sorveglianza per naturale decorrenza e la revoca anticipata della misura per venir meno della pericolosità sociale, una nuova patente può essere conseguita dopo che siano decorsi almeno tre anni dalla notifica del provvedimento di revoca, previo nulla osta rilasciato dalla Prefettura sulla base di apposita istruttoria dal che ne consegue che anche nell'ipotesi in cui sia intervenuta la revocata anticipata della misura di prevenzione, l’Amministrazione deve esaminare l’istanza di restituzione della patente. L'utilizzo di termini impropri. Il Collegio, relativamente alla questione posta alla sua attenzione ha osservato, comunque, nel parere della sez. I, n. 1517 del 22 febbraio 2013, richiamato sia nel provvedimento impugnato sia nelle difese delle parti, nel negare che la sopravvenuta revoca di una misura di sicurezza possa determinare l’annullamento o la caducazione della revoca della patente a suo tempo emessa come atto dovuto, ha aggiunto che l’interessato può chiedere la restituzione del documento di guida, precisando il venir meno del presupposto ostativo, e che l’Amministrazione provvederà ai sensi dell’art. 120 sulla base del proprio potere discrezionale . Tale ultima precisazione pone l’accento sulla necessità di una specifica istanza con allegazione del fatto sopravvenuto, e sul carattere non vincolato del potere esercitabile dall’Amministrazione a valle della revoca, ma testualmente con espressione non propria e fuorviante, secondo questo Collegio li riferisce alla ‘restituzione’, del documento, che – contrariamente a quanto ha ritenuto il TAR – va intesa come conseguimento di un nuovo titolo all’esito di un necessario rinnovato procedimento. Infatti, la Prefettura deve verificare l’assenza di condizioni ostative e il superamento degli esami necessari per il conseguimento di una nuova patente, che può essere rilasciata non prima che siano decorsi tre anni dalla notificazione della revoca della misura di prevenzione. Patente di guida. Deve quindi ritenersi che, ha sottolineato il Collegio, alla revoca prefettizia del titolo abilitativo alla guida di autoveicoli, debba conseguire una rinnovata valutazione dei requisiti per il rilascio di una patente di guida di categoria non superiore a quella della patente revocata cfr. Cons. Stato, VI, n. 5102/2007 e dunque, una volta venuto definitivamente meno il documento abilitativo, anche in caso di avvenuta cessazione della misura di prevenzione, l'interessato non ha comunque titolo alla pura e semplice restituzione della patente a suo tempo legittimamente revocata, ma piuttosto al rilascio di un nuovo documento di guida, che egli è tenuto a richiedere all'Autorità competente, sottoponendosi al relativo iter procedimentale. In altri termini, con l’espressione di cui al comma 3 dell’art. 120, il legislatore ha inteso significare che l’interessato il quale ha subito la revoca per il sopravvenire di una delle cause ostative previste al comma 1, può riottenere la patente solo dopo che siano trascorsi almeno tre anni dalla cessazione del relativo status una tale interpretazione si basa sul testo del comma 1 per il quale per tutta la durata della misura il sottoposto alla misura di prevenzione non può avere la patente di guida e del comma 3 che altrimenti rimarrebbe privo di significato nel caso di emanazione di una misura di prevenzione avente durata nel tempo e anche sulla ratio complessiva dell’art. 120, che è quella di considerare il destinatario di una tale misura – con una presunzione non superabile da una diversa valutazione dell’Amministrazione – privo dei requisiti morali per ottenere il permesso di guida cfr. in tal senso Cons. Stato, III, n. 1712 del 2016 .

Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 28 aprile – 16 giugno 2016, n. 2679 Presidente Maruotti – Estensore Ungari Fatto e diritto 1. L’appellato, ottenuta in data 29 aprile 2015 dal Tribunale di Cosenza la revoca della misura di prevenzione della sorveglianza speciale impostagli in data 26 settembre 2012, in data 31 luglio 2015 ha chiesto la restituzione della patente di guida, che in data 7 ottobre 2013 gli era stata revocata in applicazione dell’art. 120 del d.lgs. 285/1992. 2. La Prefettura di Cosenza, con provvedimento n. 22212.2015.120 del 5 agosto 2015, ha negato la restituzione, precisando la possibilità, ai sensi dello stesso art. 120, di conseguire una nuova patente decorsi tre anni dalla notifica della revoca, previo nulla osta sulla base di apposita istruttoria della stessa Prefettura. 3. Il TAR Calabria, con la sentenza appellata I, n. 1790/2015 , ha accolto il ricorso n. 1534 del 2015 ed ha annullato il diniego, sottolineando che la potestà in ordine alla restituzione del titolo ha carattere discrezionale, ma il provvedimento impugnato non indica le ragioni alla base del diniego e quindi è sostanzialmente immotivato, in violazione dell’art. 3 della legge 241/1990. 4. Nell’appello, il Ministero dell’interno prospetta che - il provvedimento impugnato contiene un’articolata motivazione sulla mancanza dei presupposti per l’accoglimento dell’istanza di restituzione della patente, alla stregua della consolidata giurisprudenza in materia - l’art. 120, cit., non disciplina la restituzione della patente, in quanto configura la revoca come atto vincolato e, in mancanza di alcun vizio di legittimità, non è possibile ipotizzare l’esercizio del potere di annullamento in autotutela nei confronti della revoca infatti, la misura di sorveglianza è stata revocata ex nunc e non annullata ex tunc dal Tribunale di Cosenza - una volta venuto meno il documento di guida, l’interessato non ha titolo alla restituzione della patente a suo tempo legittimamente revocata in quanto l’abilitazione una volta revocata non ha più effetti e non può essere ‘ripristinata’ con la mera riconsegna del documento , ma può ottenere il rilascio di un nuovo documento di guida, che è tenuto a chiedere all’Autorità competente, sottoponendosi al relativo iter procedimentale - ai sensi dell’art. 120, cit., non essendovi alcuna differenza tra la cessazione della misura di sorveglianza per naturale decorrenza e la revoca anticipata della misura per venir meno della pericolosità sociale, una nuova patente può essere conseguita dopo che siano decorsi almeno tre anni dalla notifica del provvedimento di revoca, previo nulla osta rilasciato dalla Prefettura sulla base di apposita istruttoria. 5. Controdeduce l’appellato, sostenendo che, una volta revocata anticipatamente la misura di prevenzione, l’Amministrazione deve esaminare l’istanza di restituzione della patente. 6. Il Collegio osserva che - questo Consiglio, nel parere della Sez I, n. 1517 del 22 febbraio 2013, richiamato sia nel provvedimento impugnato sia nelle difese delle parti, nel negare che la sopravvenuta revoca di una misura di sicurezza possa determinare l’annullamento o la caducazione della revoca della patente a suo tempo emessa come atto dovuto, ha aggiunto che l’interessato può chiedere la restituzione del documento di guida, precisando il venir meno del presupposto ostativo, e che l’Amministrazione provvederà ai sensi dell’art. 120 sulla base del proprio potere discrezionale”. - tale ultima precisazione pone l’accento sulla necessità di una specifica istanza con allegazione del fatto sopravvenuto, e sul carattere non vincolato del potere esercitabile dall’Amministrazione a valle della revoca, ma testualmente con espressione non propria e fuorviante, secondo questo Collegio li riferisce alla ‘restituzione’, del documento, che – contrariamente a quanto ha ritenuto il TAR – va intesa come conseguimento di un nuovo titolo all’esito di un necessario rinnovato procedimento. Infatti, la Prefettura deve verificare l’assenza di condizioni ostative e il superamento degli esami necessari per il conseguimento di una nuova patente, che può essere rilasciata non prima che siano decorsi tre anni dalla notificazione della revoca della misura di prevenzione. Ritiene la Sezione che nel diniego impugnato, pertanto, una motivazione esiste ed è univoca, mentre l’interpretazione della portata applicativa dell’art. 120 del Codice della strada, che tale motivazione sottende, risulta coerente con l’orientamento giurisprudenziale al quale il Collegio ritiene di prestare adesione. Infatti, ai sensi dell’art. 120 sui Requisiti morali per ottenere il rilascio dei titoli abilitativi , comma 3, il destinatario del provvedimento di revoca non può conseguire una nuova patente di guida prima che siano trascorsi almeno tre anni e, del resto, l’art. 130, comma 2 di seguito alla elencazione delle altre ipotesi di revoca della patente, contenuta al comma 1 , dispone che Allorché siano cessati i motivi che hanno determinato il provvedimento di revoca della patente di guida, l’interessato può direttamente conseguire, per esame e con i requisiti psichici e fisici previsti per la conferma di validità, una patente di guida di categoria non superiore a quella della patente revocata . Deve quindi ritenersi che, alla revoca prefettizia del titolo abilitativo alla guida di autoveicoli, debba conseguire una rinnovata valutazione dei requisiti per il rilascio di una patente di guida di categoria non superiore a quella della patente revocata cfr. Cons. Stato, VI, n. 5102/2007 e dunque, una volta venuto definitivamente meno il documento abilitativo, anche in caso di avvenuta cessazione della misura di prevenzione, l'interessato non ha comunque titolo alla pura e semplice restituzione della patente a suo tempo legittimamente revocata, ma piuttosto al rilascio di un nuovo documento di guida, che egli è tenuto a richiedere all'Autorità competente, sottoponendosi al relativo iter procedimentale. Con l’espressione di cui al comma 3 dell’art. 120, il legislatore ha inteso significare che l’interessato il quale ha subito la revoca per il sopravvenire di una delle cause ostative previste al comma 1, può riottenere la patente solo dopo che siano trascorsi almeno tre anni dalla cessazione del relativo status una tale interpretazione si basa sul testo del comma 1 per il quale per tutta la durata della misura il sottoposto alla misura di prevenzione non può avere la patente di guida e del comma 3 che altrimenti rimarrebbe privo di significato nel caso di emanazione di una misura di prevenzione avente durata nel tempo e anche sulla ratio complessiva dell’art. 120, che è quella di considerare il destinatario di una tale misura – con una presunzione non superabile da una diversa valutazione dell’Amministrazione – privo dei requisiti morali per ottenere il permesso di guida cfr. in tal senso Cons. Stato, III, n. 1712 del 2016 . Alla luce di tali criteri interpretativi, avendo l’appellato chiesto la ‘restituzione’ della patente revocata, e comunque non essendo trascorsi i tre anni dalla cessazione della misura di prevenzione, necessari per avviare il procedimento finalizzato al rilascio di una nuova patente, l’appello risulta fondato e la sentenza appellata va riformata, sicché il ricorso di primo grado va respinto. 7. Le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate, sussistendo giusti motivi. L’appellato dovrà rimborsare all’Amministrazione il contributo unificato che ha eventualmente anticipato per la proposizione del gravame, ai sensi dell’art. 13, comma 6-bis. 1., del d.P.R. n. 115 del 2002. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza accoglie l’appello n. 904 del 2016, come in epigrafe proposto, e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso proposto in primo grado n. 1534 del 2015. Spese del doppio grado di giudizio compensate con caducazione della statuizione sul punto del TAR . Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1, d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l’appellato.