PEC e autocertificazioni obbligatorie nelle procedure di gara

Perchè se la pa è tenuta ad applicare il CAD non è legittimo l'uso nè della posta ordinaria nè del fax.

Lo ha affermato il Consiglio di Stato con la sentenza n. 1716/16, depositata il 3 maggio. Comunicazioni tra amministrazioni aggiudicatrici ed operatori economici. L'art. 77, comma 5 del d.lgs. n. 163/2006, prevede che le amministrazioni pubbliche che sono tenute all’osservanza delle disposizioni del Codice dell’amministrazione digitale d.lgs. n. 82/2005 , operano nel rispetto di tali disposizioni e delle relative norme di attuazione ed esecuzione. E’, inoltre, previsto che in particolare, gli scambi di comunicazioni tra amministrazioni aggiudicatrici ed operatori economici deve avvenire tramite posta elettronica certificata . Benchè, dunque, il comma 1 del medesimo art. 77 preveda, in via generale, che tutte le comunicazioni e tutti gli scambi di informazioni tra stazioni appaltanti e operatori economici possono avvenire, a scelta delle stazioni appaltanti, mediante posta, mediante fax, per via elettronica , o anche per telefono o mediante una combinazione di tali mezzi , qualora ricorra l’ipotesi di una amministrazione pubblica tenuta ad operare nel rispetto delle disposizioni del Codice dell’amministrazione digitale, le comunicazioni stesse non possono che avvenire per il tramite di posta elettronica certificata. Eterointegrazione del bando. Si tratta, a tutta evidenza, ha osservato il Collegio nella sentenza n. 1716, di una normale relazione tra disposizione generale comma 1 , e disposizione speciale comma 5 , che come tale prevale sulla generale, secondo una normale regola di interpretazione della legge. D’altra parte, lo stesso comma 1 dell’art. 77, nell’indicare in via generale i mezzi utilizzabili per le comunicazioni, indica la via elettronica ai sensi dei commi 5 e 6 , in tal modo già prevedendo la possibilità che tale forma di comunicazione – lungi dal dipendere dalla scelta volontaria dell’amministrazione esplicitata nel bando – debba essere quella obbligatoriamente seguita sia dall’amministrazione sia dagli operatori economici. In sostanza, alla luce di tali presupposti normativi, la Sezione ha condiviso le conclusioni alle quali era giunto il giudice di primo grado nel senso che la sentenza impugnata ha condivisibilmente affermato la presenza di un fenomeno di eterointegrazione del bando Cons. Stato, sez. VI, 11 marzo 2015 n. 1250 , dovendo intendersi la previsione di legge cogente e dunque integrativa delle previsioni del bando, pur nelle ipotesi di suo omesso richiamo. Peraltro, ricorda la sentenza, come sostenuto dalla giurisprudenza Cons. Stato, sez. III, 11 luglio 2013 n. 3735 sez. V, 24 gennaio 2013 n. 439 , nelle gare pubbliche il disciplinare di gara deve essere interpretato in conformità a quanto statuito dal bando, atteso che le sue disposizioni sono chiamate ad integrare, e non a modificare, quelle del bando, ed in caso di contrasto prevalgono le previsioni di quest’ultimo. A maggior ragione dunque, come nel caso di specie, a fronte dell’assenza nel bando di previsioni espresse in ordine alle modalità di comunicazione peraltro richiedendosi l’indirizzo di posta elettronica e in presenza di una cogente disposizione di legge in materia, non può trovare alcuna considerazione quanto previsto dal disciplinare di gara in contrasto con la legge, ovvero il fatto che le comunicazioni potevano avvenire anche con altri mezzi. L'accertamento dei requisiti. Il Collegio, con la medesima sentenza, ha respinto anche l'ulteriore motivo di appello della impresa esclusa dalla gara, la quale aveva contestato il fatto che l’amministrazione avrebbe dovuto procedere ex officio alla acquisizione della documentazione di comprovazione, ai sensi degli art. 40 nel testo modificato dall’art. 15, l. n. 183/2011 e 43, comma 1, d.P.R. n. 445/2000. La parte appellante a tal fine ha richiamato la giurisprudenza del Consiglio di Stato sez. V, 27 agosto 2014 n. 4359 sez. III, 26 settembre 2013 n. 4785 , che ha avuto modo di affermare che la norma sulla cd. decertificazione costituisce una nuova regola generale sui rapporti tra privati e P.A. , di modo che non si rinvengono, quindi, ragioni per escludere che questa potesse essere applicata anche alla materia degli appalti pubblici , ed anche al procedimento di verifica del possesso dei requisiti ex art. 48 d.lgs. n. 163/2006. Relativamente a tale aspetto, ha osservato il Collegio, in disparte ogni verifica in ordine alla possibilità e agli esatti termini di applicazione della disciplina di cui al d.P.R. n. 445/2000 alle procedure di gara, ciò che occorre chiarire è che, se è possibile affermare, sulla scorta della indicata giurisprudenza, che in fase di verifica ex art. 48 l’amministrazione ben possa procedere ad acquisire documentazione facendo ricorso agli archivi pubblici ed è questo il caso oggetto della sentenza n. 4359/2014 , ciò non comporta né che il concorrente sia per ciò solo dispensato dal presentare la documentazione richiestagli, né che la possibilità di cui si sia eventualmente avvalsa l’amministrazione si trasformi in un obbligo posto dalla legge a carico della medesima. Così argomentando, per un verso si snaturerebbe il subprocedimento di verifica dei requisiti dei partecipanti alle procedure di affidamento, per altro verso, si perverrebbe ad una sostanziale abrogazione” dell’art. 48, e, in particolare, dei termini cogenti da questo imposti e delle sanzioni previste per il loro mancato rispetto. Proprio perché si tratta di un subprocedimento di verifica dei requisiti, incombe al concorrente procedere alla comprova dei requisiti da esso stesso dichiarati e proprio per questo la legge prevede le sanzioni conseguenti al suo comportamento omissivo. L’amministrazione ben potrà procedere alla verifica di quanto dichiarato consultando gli archivi pubblici ex artt. 43 e 71 d.P.R. n. 445/2000 , ma certo non può sostituire la propria iniziativa di ufficio a quelli che sono precisi obblighi incombenti ai concorrenti chiamati agli adempimenti di cui al citato art. 48. In tal senso è anche la giurisprudenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 10/2014.

Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 4 febbraio – 3 maggio 2016, n. 1716 Presidente Poli – Estensore Forlenza Fatto 1. Con l’appello in esame, le società Ingegneria e costruzioni s.r.l. e Lupò Costruzioni s.r.l., ciascuna di esse in proprio e, rispettivamente, quale mandataria la prima e mandante la seconda della costituenda a.t.i. tra di loro, impugnano la sentenza del TAR per la Campania, sede staccata di Salerno, 8 giugno 2015 n. 1319. 1.1. Con tale decisione il TAR ha rigettato il ricorso proposto avverso il provvedimento – in data 24 settembre 2013 - con il quale il Ministero della difesa ha disposto l’esclusione delle attuali appellanti dalla gara per l’affidamento della progettazione esecutiva ed esecuzione lavori per la realizzazione di una palazzina da 144 posti letto per alloggi di servizio collettivi per il personale volontario presso la Caserma Berardi di Avellino. 1.2. Le imprese appellanti sono state escluse dalla gara per tardiva presentazione della documentazione di comprovazione dei requisiti di partecipazione, a loro richiesta quale ditta sorteggiata ai sensi dell’art. 48 d. lgs. n. 163/2006. 1.3. La sentenza impugnata ha affermato, in particolare che - attesa la cogente formulazione dell’art. 77, co. 5, d. lgs. n. 163/2006, secondo cui gli scambi di comunicazioni tra amministrazioni aggiudicatrici e operatori economici deve avvenire tramite posta elettronica certificata”, si produce un fenomeno di eterointegrazione del bando di gara” - a fronte di ciò, la sez. VI del bando di gara prevede espressamente l’obbligo ai concorrenti di indicare, tra l’altro, l’indirizzo di posta elettronica . . . al fine delle comunicazioni inerenti le procedure di gara” - non può essere sostenuto che l’amministrazione avrebbe potuto procedere ad una acquisizione ufficiosa della documentazione comprovante il possesso dei requisiti in applicazione del DPR n. 445/2000 , in quanto il modus operandi della stazione appaltante rinviene il proprio fondamento proprio nell’art. 48 d. lgs. n. 163/2006, oltre che nella stessa lex specialis, di modo che dalla mancata tempestiva produzione documentale non può che derivare l’esclusione del concorrente dalla gara”. 1.3. Avverso tale decisione, vengono proposti i seguenti motivi di appello a error in iudicando erronea valutazione dei presupposti di legge errata interpretazione ed applicazione art. 77 d. lgs. n. 163/2006 erronea applicazione del principio di eterointegrazione violazione art. 112 c.p.c. violazione del principio dispositivo, nonché del principio di autovincolo e tassatività delle cause di esclusione violazione artt. 46 e 48 d. lgs. n. 163/2006 violazione e falsa applicazione del punto 11 del disciplinare di gara violazione del principio di affidamento, dei principi di buona fede e collaborazione, e dell’art. 97 Cost. violazione del dovere di soccorso e dei principi di trasparenza, correttezza e buon andamento dell’azione amministrativa ciò in quanto a1 l’art. 77, co. 5, d. lgs. n. 163/2006 prevede che solo nel caso in cui l’amministrazione scelga la via elettronica, le comunicazioni devono avvenire tramite PEC, potendo invece le stazioni appaltanti liberamente scegliere tra posta, fax e via elettronica, come è avvenuto nel caso di specie poiché nel bando di gara è presente una apposita clausola espressamente prescrittiva del fax e del telegramma” a2 non assume alcun rilievo che nel bando fosse richiesto di indicare un indirizzo di posta elettronica ordinaria, sia perché il bando escludeva espressamente tale forma di comunicazione, sia perché non era comunque richiesto un indirizzo PEC” a3 è stato violato il principio di affidamento e di tassatività delle cause di esclusione b error in iudicando erronea valutazione dei presupposti di legge mancata e/o erronea applicazione degli artt. 40, 43, 47 DPR n. 445/2000 e dell’art. 15 l. n. 186/2011 errata applicazione artt. 6bis e 48 d.lgs. n. 163/2006 errata interpretazione ed applicazione della lex specialis violazione del principio di autovincolo e tassatività delle cause di esclusione mancata e/o errata applicazione art. 46 d. lgs. n. 163/2006 ciò in quanto la sentenza ritiene inapplicabile la normativa di cui al DPR n. 445/2000 nell’ambito del procedimento di comprova dei requisiti autodichiarati”. 1.4. Si è costituito in giudizio il Ministero della difesa, che ha concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza. 1.5. Dopo il deposito di ulteriori memorie e repliche, all’udienza pubblica di trattazione del 4 febbraio 2016, la causa è stata riservata in decisione. Diritto 2. L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata. La presente controversia verte sul fatto che l’amministrazione appaltante ha richiesto alle ditte appellanti, in quanto sorteggiate, la documentazione di comprovazione ex art. 48 d. lgs. n. 163/2006, mediante e-mail inviata all’indirizzo di posta elettronica, e non già – come indicato al punto 11 del disciplinare di gara per procedura aperta” – a mezzo fax oppure telegramma”. Dal che è conseguita l’esclusione dalla gara per non avere la concorrente fornito in tempo utile calcolato a decorrere dalla ricezione della richiesta via mail la documentazione richiesta. 2.1. In relazione al primo motivo di appello il collegio evidenzia che l’art. 77, co. 5 del d. lgs. n. 163/2006, prevede che le amministrazioni pubbliche che sono tenute all’osservanza delle disposizioni del Codice dell’amministrazione digitale d. lgs. n. 82/2005 , operano nel rispetto di tali disposizioni e delle relative norme di attuazione ed esecuzione. E’, inoltre, previsto che in particolare,gli scambi di comunicazioni tra amministrazioni aggiudicatrici ed operatori economici deve avvenire tramite posta elettronica certificata”. Benchè, dunque, il comma 1 del medesimo art. 77 preveda, in via generale, che tutte le comunicazioni e tutti gli scambi di informazioni tra stazioni appaltanti e operatori economici possono avvenire, a scelta delle stazioni appaltanti, mediante posta, mediante fax, per via elettronica”, o anche per telefono o mediante una combinazione di tali mezzi”, qualora ricorra l’ipotesi di una amministrazione pubblica tenuta ad operare nel rispetto delle disposizioni del Codice dell’amministrazione digitale, le comunicazioni stesse non possono che avvenire per il tramite di posta elettronica certificata. Si tratta, a tutta evidenza, di una normale relazione tra disposizione generale comma 1 , e disposizione speciale comma 5 , che come tale prevale sulla generale, secondo una normale regola di interpretazione della legge. D’altra parte, lo stesso comma 1 dell’art. 77, nell’indicare in via generale i mezzi utilizzabili per le comunicazioni, indica la via elettronica ai sensi dei commi 5 e 6”, in tal modo già prevedendo la possibilità che tale forma di comunicazione – lungi dal dipendere dalla scelta volontaria dell’amministrazione esplicitata nel bando – debba essere quella obbligatoriamente seguita sia dall’amministrazione sia dagli operatori economici. Alla luce di tali presupposti normativi, la sentenza impugnata ha condivisibilmente affermato la presenza di un fenomeno di eterointegrazione del bando Cons. Stato, sez. VI, 11 marzo 2015 n. 1250 , dovendo intendersi la previsione di legge cogente e dunque integrativa delle previsioni del bando, pur nelle ipotesi di suo omesso richiamo. Nel caso di specie, peraltro, il punto VI.3 del bando di gara pagina 8 prevede espressamente che è obbligo del concorrente, ai fini della partecipazione alla gara, indicare il domicilio eletto per le comunicazioni, l’indirizzo di posta elettronica e il numero di fax al fine dell’invio delle comunicazioni inerenti la procedura di gara. . .”. Né, a fronte della cogente disposizione di legge, può assumere valore dirimente quanto previsto al punto 11 del disciplinare di gara, posto che si tratta di disposizione contenuta in un atto amministrativo generale, al quale non può a tutta evidenza accordarsi alcuna possibilità di prevalere su quanto obbligatoriamente disposto dalla legge. D’altra parte, occorre ricordare che, come sostenuto dalla giurisprudenza Cons. Stato, sez. III, 11 luglio 2013 n. 3735 sez. V, 24 gennaio 2013 n. 439 , nelle gare pubbliche il disciplinare di gara deve essere interpretato in conformità a quanto statuito dal bando, atteso che le sue disposizioni sono chiamate ad integrare, e non a modificare, quelle del bando, ed in caso di contrasto prevalgono le previsioni di quest’ultimo. A maggior ragione dunque, come nel caso di specie, a fronte dell’assenza nel bando di previsioni espresse in ordine alle modalità di comunicazione peraltro richiedendosi l’indirizzo di posta elettronica e in presenza di una cogente disposizione di legge in materia, non può trovare alcuna considerazione quanto previsto dal disciplinare di gara in contrasto con la legge. Infine, occorre ricordare, quanto alla intervenuta esclusione dalla gara, che la stessa è disposta dall’art. 48, co. 1. d. lgs. n. 163/2006, e, dunque, non è possibile invocare la violazione, nel caso di specie, del principio di tassatività delle cause di esclusione. In definitiva, una volta accertata, per le ragioni innanzi esposte, la regolarità della richiesta della documentazione di comprovazione per via informatica, le conseguenze derivanti dalla sua mancata o intempestiva presentazione sono direttamente previste dalla legge cfr., in ordine all’obbligo di escussione della cauzione a fronte della mancata prova del possesso di tutti i requisiti previsti dalla legge per le gare disciplinate dal codice dei contratti pubblici ed al conseguente obbligo, d’indole comunque non lesiva, di segnalazione all’A.N.A.C., Ad. Plen. nn. 2 del 2012 e 34 del 2014, cui si rinvia a mente del combinato disposto degli artt. 88, co. 2, lett. d , 99 e 120, co. 10, c.p.a. . 2.2. E’ altrettanto infondato il secondo motivo di appello sub lett. b dell’esposizione in fatto , con il quale si ritiene che l’amministrazione avrebbe dovuto procedere ex officio alla acquisizione della documentazione di comprovazione, ai sensi degli art. 40 nel testo modificato dall’art. 15, l. n. 183/2011 e 43, co. 1, DPR n. 445/2000. La parte appellante a tal fine richiama la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato sez. V, 27 agosto 2014 n. 4359 sez. III, 26 settembre 2013 n. 4785 , che ha avuto modo di affermare che la norma sulla cd. decertificazione costituisce una nuova regola generale sui rapporti tra privati e P.A.”, di modo che non si rinvengono, quindi, ragioni per escludere che questa potesse essere applicata anche alla materia degli appalti pubblici”, ed anche al procedimento di verifica del possesso dei requisiti ex art. 48 d. lgs. n. 163/2006. Orbene, in disparte ogni verifica in ordine alla possibilità e agli esatti termini di applicazione della disciplina di cui al DPR n. 445/2000 alle procedure di gara, ciò che occorre chiarire è che, se è possibile affermare, sulla scorta della indicata giurisprudenza, che in fase di verifica ex art. 48 l’amministrazione ben possa procedere ad acquisire documentazione facendo ricorso agli archivi pubblici ed è questo il caso oggetto della sentenza n. 4359/2014 , ciò non comporta né che il concorrente sia per ciò solo dispensato dal presentare la documentazione richiestagli, né che la possibilità di cui si sia eventualmente avvalsa l’amministrazione si trasformi in un obbligo posto dalla legge a carico della medesima. Così argomentando, per un verso si snaturerebbe il subprocedimento di verifica dei requisiti dei partecipanti alle procedure di affidamento, per altro verso, si perverrebbe ad una sostanziale abrogazione” dell’art. 48, e, in particolare, dei termini cogenti da questo imposti e delle sanzioni previste per il loro mancato rispetto. Proprio perché si tratta di un subprocedimento di verifica dei requisiti, incombe al concorrente procedere alla comprova dei requisiti da esso stesso dichiarati e proprio per questo la legge prevede le sanzioni conseguenti al suo comportamento omissivo. L’amministrazione ben potrà procedere alla verifica di quanto dichiarato consultando gli archivi pubblici ex artt. 43 e 71 DPR n. 445/2000 , ma certo non può sostituire la propria iniziativa di ufficio a quelli che sono precisi obblighi incombenti ai concorrenti chiamati agli adempimenti di cui al citato art. 48. In tal senso è la giurisprudenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato cfr. n. 10 del 2014 cui si rinvia a mente del combinato disposto degli artt. 88, co. 2, lett. d , 99 e 120, co. 10, c.p.a. . 3. Per le ragioni esposte, l’appello deve essere rigettato, con conseguente conferma della sentenza impugnata. 4. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo tenuto conto dei parametri stabiliti dal regolamento 10 marzo 2014, n. 55 e dall’art. 26, co.1, c.p.a. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quarta , definitivamente pronunciando sull’appello proposto da Ingegneria e costruzioni s.r.l. e Lupò costruzioni s.r.l. n. 8650/2015 r.g. , lo rigetta e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata. Condanna le appellanti, in solido, al pagamento, in favore del costituito Ministero della difesa, delle speseeonorari del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 5.000/00 cinquemila/00 , oltre accessori come per legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.