Dopo 18 mesi dall'adozione del provvedimento, non è più possibile procedere all'annullamento

È illegittimo l’annullamento in autotutela di concessioni edilizie in sanatoria, rilasciate oltre undici anni prima per fabbricati realizzati inizialmente sin dagli anni cinquanta. Infatti, l'art. 21- nonies , legge n. 241/1990 prevede che il provvedimento amministrativo illegittimo può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole. In presenza di un affidamento particolarmente qualificato, in ragione del lungo tempo trascorso, il fattore tempo deve essere tenuto in particolare considerazione, anche perché il decreto-legge n. 133/2014 convertito in legge n. 164/2014 ha posto uno sbarramento temporale all’esercizio del potere di autotutela, rappresento da diciotto mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici. Pur se tale norma non è applicabile ratione temporis, in ogni caso, rileva ai fini interpretativi e ricostruttivi del sistema degli interessi rilevanti.

E' quanto affermato dal Consiglio di Stato, sez. VI, nella recente sentenza 10 dicembre 2015, n. 5625. Le risalenti concessioni edilizie in sanatoria. Il Comune di Roma, con determinazione dirigenziale del 2013, procedeva ad annullare diverse concessioni edilizie in sanatoria, rilasciate nel 2002, in relazione a due corpi di fabbrica aventi destinazione commerciale. Il provvedimento comunale traeva origine e fondamento dalla situazione di aderenza dei manufatti all’acquedotto Traiano-Paolo, presumibilmente in un’area su cui dovrebbe gravare un vincolo monumentale, storico ed architettonico. Occorre evidenziare, al riguardo, che i fabbricati erano stato edificati in tempo ben risalente, cioè negli anni 50’. La società proprietaria dell’area proponeva ricorso avverso la determinazione dirigenziale, contestando il difetto assoluto di motivazione, in relazione alla carenza dell’attualità dell’interesse pubblico all’annullamento. Inoltre, il provvedimento comunale veniva censurato anche sotto un altro profilo il notevole decorso del tempo, che avrebbe ingenerato una sicura ed inequivoca aspettativa in favore dell’impresa proprietaria. Il Tar Lazio sez. II-bis , con la sentenza n. 11.652/2014, accoglie il ricorso ed annulla il provvedimento comunale sulla base di un’articolata argomentazione. Il Tribunale ricorda che l’articolo 21- nonies legge n. 241/1990 stabilisce che il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell’articolo 21- octies , esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21- octies , comma 2, può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole . In relazione a siffatta disposizione normativa, il Tar evidenzia che il provvedimento di autotutela è illegittimo poiché si procede, soltanto nel mese di settembre 2013, all’annullamento di concessioni edilizie in sanatoria rilasciate oltre undici anni prima. In buona sostanza, il Tar rileva che l’Amministrazione, che ha avuto decenni a disposizione per rilevare i numerosi vincoli ostativi che soltanto ora adduce, non si è attivata che 27 anni dopo le richieste di condono ed 11 anni dopo il rilascio del condono medesimo. Sulla base di tali considerazioni, il Tar accoglie il ricorso ed annulla il provvedimento comunale. Avverso la pronuncia di accoglimento, viene avanzato ricorso in appello da parte del Comune, sostenendo che il provvedimento di condono dovrebbe considerarsi nullo, in quanto rilasciato senza il preventivo assenso della Sovrintendenza. In tal modo, secondo la prospettazione del Comune, non si sarebbe potuto configurare alcun legittimo affidamento in favore del privato. La nuova disciplina in tema di articolazione temporale dell'annullamento. Il punto saliente della pronuncia in commento riguarda il tempo” e la sua articolazione quantitativa quale elemento del provvedimento di annullamento di ufficio. A tal riguardo, occorre evidenziare che l’articolo 21- nonies , legge n. 241/1990, già in parte anticipato, è stata integrato dalla legge n. 164/2014, con l’aggiunta di un importante punto. Precisamente il seguente il provvedimento amministrativo illegittimo può essere annullato entro un termine ragionevole comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell'adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell'articolo 20 . Quindi, prima l'amministrazione poteva ricorrere all'istituto dell'annullamento d'ufficio in un termine cd. ragionevole” ma senza limiti di legge prefissati , purché in presenza dei presupposti richiesti dalla legge cioè provvedimento amministrativo annullabile per violazione di legge o eccesso di potere o incompetenza relativa ed in sussistenza di concrete ed attuali ragioni di pubblico interesse, non riconducibili alla mera esigenza di ripristino della legalità, oltre che degli altri noti presupposti rispetto dell’obbligo di motivazione - valutazione dell’affidamento delle parti, destinatarie del provvedimento sottoposto a riesame, tenendo conto del tempo trascorso dalla sua adozione - rispetto integrale delle regole del contradditorio procedimentale, con comunicazione di avvio procedimento - espletamento di una adeguata istruttoria con onere motivazionale - rispetto della cosiddetta regola del contrarius actus . Ora, grazie all'integrazione legislativa, viene previsto un termine ultimo per l'annullamento, fissato in 18 mesi dal momento dell'adozione del provvedimento di primo grado valevole anche qualora tale provvedimento si sia formato per silenzio-assenso, di cui all'articolo 20, legge n. 241/1990 . La medesima novella legislativa introduce una deroga al limite temporale in caso di provvedimenti conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato. In tali casi, l'annullamento può essere disposto anche dopo i 18 mesi dall'adozione del provvedimento e restano comunque applicabili le sanzioni penali, nonché quelle di cui al capo VI del Dpr n. 445/2000 es. violazione dei doveri d'ufficio e decadenza dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera . La novella legislativa ha cercato di cristallizzare il presupposto temporale, in un'ottica maggiormente ispirata alla tutela della posizione giuridica dei destinatari degli atti oggetto di annullamento. Infatti, il trascorrere del tempo contribuisce a corroborare l’affidamento del privato o, ancor più, dei terzi che, in buona fede, fossero subentrati nella relativa posizione giuridica. Per tale ragione, la tempestività dell’intervento in autotutela sottrae l’annullamento a plurime censure nonché a ipotetiche richieste risarcitorie, capaci di condizionare lo stesso intervento in secondo grado soprattutto in assenza di un pressante stimolo di un terzo controinteressato , in tal modo consolidando posizioni contra legem . In tale contesto, il Legislatore ha inteso operare una scelta temporalmente definita. In virtù di tale nuova previsione, qualora l’illegittimità sia riconducibile ad un errore interpretativo” dell’amministrazione ovvero ad una violazione della normativa di settore, che non dipenda da una travisata rappresentazione della realtà da parte del privato, il decorso del termine di 18 mesi comporta un effetto decadenziale del potere di annullamento, restando inibita la rimozione di atti anche geneticamente viziati. Il medesimo limite temporale è stato esteso, fra l'altro, anche al provvedimento di sospensione, di cui all’articolo 21- quater, legge n. 241/1990. Diversamente, tenuto conto della disciplina generale in tema di semplificazione documentale, se l’amministrazione è stata indotta in errore da un comportamento illecito, inclusa una travisata rappresentazione della realtà fattuale, l’esercizio del potere di riesame è sine die, non potendo meritare alcuna protezione chi abbia ottenuto benefici con artifizi, raggiri e/o comportamenti riprovevoli. Qualche incertezza interpretativa residua in relazione all'ambito di applicazione del descritto limite temporale. Infatti, secondo l'espressione letterale della modifica legislativa, il termine decadenziale di 18 mesi trova applicazione solo a fronte di provvedimenti autorizzatori o che rechino benefici economici come il riconoscimento di contributi o sovvenzioni e non per atti di natura concessoria, quali, ad esempio, quelli concernenti l’utilizzo di beni demaniali o di suolo pubblico. Probabilmente, la ragione di tale limitazione oggettiva è da rinvenirsi nella necessità di proteggere un bene di matrice pubblicistica e di limitato” godimento. A conforto di tale interpretazione concorre, sempre sul piano letterale, il rilievo che il trascritto comma 2- bis dell'articolo 21 nonies che concerne l’autotutela in presenza di un falso usa le generica espressione provvedimenti amministrativi”, senza alcuna ulteriore specificazione o qualificazione, tantomeno differenziandoli in ordine agli effetti prodotti nella sfera giuridica del destinatario, in tal modo riguardando ogni tipologia di provvedimento. Il principio del limite temporale. Il Consiglio di Stato si dimostra, nella pronuncia in esame, pienamente consapevole degli effetti dirompenti dell'illustrata novella legislativa. Infatti, la sua analisi principia proprio dall'articolo 21 nonies , ponendo in evidenza che la dimensione temporale ha determinato una situazione di affidamento particolarmente qualificata, in considerazione del lungo intervallo decorso dall'adozione dei provvedimenti annullati. A tal riguardo, i giudici di appello respingono la tesi del provvedimento nullo, evidenziando che l'articolo 21-septies della legge n. 241/1990 indica, in modo tassativo, quali sono i casi di nullità del provvedimento mancanza degli elementi essenziale dell’atto difetto assoluto di attribuzione violazione o elusione del giudicato casi previsti dalla legge. Nella concreta fattispecie, ad avviso dei consiglieri di Stato, non è dato riscontrare alcuno dei casi ora indicati. Chiarita tale questione, il CdS perviene all'analisi del fattore tempo”. Ed, infatti, i giudici affermano espressamente che occorre ricordare che il decreto legge n. 133/2014, convertito in legge n. 164/2014 ha posto uno sbarramento temporale all’esercizio del potere di autotutela, rappresento da diciotto mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici . Conseguentemente, il Consiglio di Stato, pur prendendo atto che la novella normativa sopravvenuta non può trovare formale applicazione alla fattispecie dedotta in giudizio, in quanto ampiamente preesistente, pur tuttavia ritiene che di essa occorre tenerne conto ! . Infatti, il CdS afferma suggestivamente che Pur se tale norma non è applicabile ratione temporis , in ogni caso, rileva ai fini interpretativi e ricostruttivi del sistema degli interessi rilevanti . Un'affermazione decisamente importante, che conferisce enorme rilevanza all'illustrata modifica legislativa. In buona sostanza, si tiene conto del limite temporale, seppur non formalmente applicabile, in quanto il medesimo costituisce, in ogni caso, un parametro concettuale di riferimento si ribadisce anche per le fattispecie anteriori! . Fra l'altro, la concreta vicenda non poteva non essere valutata anche in riferimento alla carente motivazione del provvedimento di annullamento a fronte del considerevole intervallo temporale decorso. Infatti, in una situazione del genere, di esercizio del potere di autotutela dopo il decorso di un così rilevante ed irragionevole spazio temporale, il provvedimento di annullamento non presenta un'adeguata e severa motivazione. Il provvedimento non ha posto in essere, in altri termini, una corretta ed adeguata considerazione degli interessi privati coinvolti in comparazione con quelli pubblici, imposta proprio dal già richiamato intervallo temporale.

Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 3 novembre – 10 dicembre 2015, n. 5625 Presidente Griffi – Estensore Lopilato Fatto e diritto 1.– Roma Capitale, con determinazione dirigenziale 24 settembre 2013, n. 569, ha annullato, in autotutela, le concessioni edilizie in sanatoria del 4 luglio 2002, numeri 282330, 282338, 282339 e 282340 relative a due corpi di fabbrica a destinazione commerciale di circa 160 mq ciascuno, acquistati, nel 2005 da Spen II s.r.l., in quanto realizzati in aderenza dell’acquedotto Traiano-Paolo e dunque in un’area su cui graverebbe un vincolo monumentale storico e architettonico. La società ha impugnato tale atto innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, che, con sentenza 20 novembre 2014, n. 11652, ha accolto il ricorso in ragione del fatto che l’autotutela fosse stata esercitata in relazione a concessioni edilizie in sanatoria rilasciate oltre undici anni prima per fabbricati realizzati inizialmente sin dagli anni cinquanta . 2.– Il Ministero per i beni, le attività culturali e il turismo ha proposto appello rilevando che i il provvedimento di condono dovrebbe considerarsi nullo, perché rilasciato senza il preventivo assenso della Soprintendenza, con conseguente impossibilità di configurare un legittimo affidamento in capo al privato ii le aree di sedime dell’Acquedotto Paolo sarebbero soggette a vincolo paesaggistico iii gli strumenti urbanistici non consentirebbero il rilascio di titoli abilitativi in aree come quella in esame e imporrebbero l’osservanza di una fascia di rispetto di inedificabilità che, nella specie, non è stata osservata. 2.1.– Si è costituita in giudizio la società, rilevando, in via preliminare, l’inammissibilità dell’appello, in quanto il Comune, con determinazione del 12 febbraio 2015, ha annullato in autotutela l’atto impugnato. Nel merito si è dedotta l’infondatezza dell’appello stesso, in quanto i le concessioni in sanatoria non sarebbero nulle, perché i vincoli non sussistereberro, come accertato dal Tribunale amministrativo regionale, con sentenza passata in giudicato ii sarebbe stato leso il principio del legittimo affidamento si richiama anche la circostanza rappresentata dalla vendita da parte di Roma Capitale di porzione dei fabbricati in esame iii sussisterebbe difetto di istruttoria, essendo stati gli immobili costruiti prima della adozione degli strumenti urbanistici. 3.– La causa è stata decisa all’esito della udienza pubblica del 3 novembre 2015. 4.– L’appello, a prescindere dalla questione relativa all’eccepito difetto di interesse, è infondato. L’art. 21-nonies della legge 17 agosto 1990, n. 241 prevede che il provvedimento amministrativo illegittimo può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. Nella specie, pur volendo prescindere dalla questione relativa alla sussistenza del vizio di legittimità dell’atto di primo grado, manca il requisito rappresentato dalla valutazione motivata della posizione dei soggetti destinatari del provvedimento. Nel caso in esame tale affidamento era particolarmente qualificato, come messo correttamente in rilievo dal primo giudice, in ragione del lungo tempo trascorso dall’adozione delle concessioni annullate. In particolare, risultano trascorsi tredici anni dal rilascio del condono e ventinove anni dalla presentazione della relativa domanda. Né varrebbe rilevare che tale affidamento non potrebbe venire in rilievo trattandosi di un provvedimento nullo. L’art. 21-septies della legge n. 241 del 1990 indica, in modo tassativo, quali sono i casi di nullità del provvedimento mancanza degli elementi essenziale dell’atto difetto assoluto di attribuzione violazione o elusione del giudicato casi previsti dalla legge. Nella fattispecie in esame non è dato riscontrare nessuno dei casi sopra indicati il Comune, infatti, nella prospettiva dell’appellante, ha adottato un atto difforme dal modello legale per mancanza del parere che, in quanto tale, potrebbe ritenersi annullabile e non nullo. E’ bene aggiungere che il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive , convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, ha posto uno sbarramento temporale all’esercizio del potere di autotutela, rappresento da diciotto mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici . Pur se tale norma non è applicabile ratione temporis, in ogni caso, rileva ai fini interpretativi e ricostruttivi del sistema degli interessi rilevanti. 5.– Gli altri motivi di appello sono anch’essi infondati, in ragione dell’assorbente valenza invalidante sopra riportata. In particolare, l’appellante, con tali motivi, fa valere ulteriori ragioni di invalidità delle rilasciate concessioni edilizie in sanatoria in ragione dell’esistenza di vincoli paesaggistici e per il contrasto con gli strumenti urbanistici. Quelli indicati sono, però, eventuali vizi di legittimità che, da soli, in assenza degli altri elementi costitutivi del provvedimento di secondo grado, non sarebbero comunque sufficienti a giustificare il disposto annullamento. 6.– L’appellante è condannata al pagamento, in favore della società, delle spese del presente grado di giudizio che si determinano in euro 3.000,00, oltre accessori. P.Q.M. Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando a rigetta l’appello proposto con il ricorso indicato in epigrafe b condanna l’appellante al pagamento, in favore della società, delle spese del presente grado di giudizio che si determinano in euro 3.000,00, oltre accessori sull'appello. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.