La nomina della giunta in violazione delle quote rosa è illegittima anche perché non è un atto politico

Il provvedimento di nomina degli assessori non contiene scelte programmatiche, non individua i fini da perseguire nell'azione di governo, non ne determina il contenuto e non costituisce, dunque, atto di indirizzo politico e neppure direttiva di vertice dell'attività amministrativa. Si tratta, pertanto, di un atto soggettivamente e oggettivamente amministrativo, l'emanazione del quale è sottoposta all'osservanza delle disposizioni che attribuiscono, disciplinano e conformano il relativo potere, il cui corretto esercizio è, sotto questi profili, pienamente sindacabile in sede giurisdizionale.

E' quanto statuito dal Tar Sardegna, sez. II, con la sentenza 18 novembre 2015, n. 1.145. Le censure delle associazioni. Il Sindaco del Comune di Selargius nominava assessore ai lavori pubblici l'ingegner R.P. in sostituzione dell'assessore donna dimissionaria ingegner E.P Tale provvedimento di nomina viene impugnato dall'associazione Amistantzia Donne Sarde del Centrosinistra e Fidapa Sardegna Federazione Italiana Donne Arti Professioni ed Affari, le quali lamentano la violazione dell’articolo 1, comma 137, della legge n. 56/2014, in tema di quote rosa , oltre che di altre precise disposizioni normative artt. 21 e 23 della Carta Europea dei diritti dell’Uomo, artt. 51, comma 1, 117 comma 7 e 114, comma 1 della Costituzione, art. 1 del d.lgs n. 118/2006, art. 1 del d.lgs n. 5/2010, Statuto comunale . Le associazioni ricorrenti ritengono che il provvedimento di nomina è in contrasto con il principio di parità tra generi, affermato dal richiamato comma 137, che prevede quanto segue Nelle Giunte dei Comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40 per cento, con arrotondamento aritmetico . Ed infatti, nel Comune di Selargius la Giunta comunale, formata da n. 7 componenti n. 6 assessori più il Sindaco non risulterebbe correttamente composta, dal momento che la percentuale del 40% sarebbe rispettata solo con la presenza in Giunta di almeno 3 donne, mentre con l’attuale composizione tale percentuale si attesta solo al 28,6%. Di conseguenza, considerata la presenza in giunta di due sole rappresentanti del genere femminile, la dimissionaria assessore doveva essere sostituita solo da un’altra donna e non da un rappresentante del genere maschile. Il Comune di Selargius si costituisce in giudizio ed avanza una precisa e suggestiva eccezione di inammissibilità. Precisamente, il Comune sostiene che il ricorso non può essere neppure esaminato, in quanto diretto a sindacare il merito di un atto, quale quello di nomina, che ha natura politica. In altri termini, il Comune sostiene che il provvedimento di nomina della Giunta è un atto politico ! Atto politico o di alta amministrazione? Come già detto, l'eccezione è indubbiamente interessante e presenta suggestioni di ampia portata, seppur non pienamente condivisibili, in quanto illumina e coglie solo alcuni aspetti della realtà dell'istituto della nomina assessorile. Orbene, come noto, la dottrina prevalente ed anche la giurisprudenza in dottrina Sandulli Tar Lombardia, sez. Brescia, n. 98/1992 , da tempo, definisce gli atti politici come segue Sono atti politici i provvedimenti che, per la loro causa obiettiva, attengono a superiori esigenze di ordine generale riferentisi alla direzione suprema dello stato nella sua unità e che hanno lo scopo di tutelare, in situazioni contingenti, gli interessi della collettività e le istituzioni fondamentali dello stato . Il fondamento normativo di questi atti viene individuato nell’articolo 31 del R.D. n. 1054/1924, il quale prevede l’inammissibilità del ricorso al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale avverso atti e provvedimenti emanati dal Governo nell’esercizio del potere politico. Gli atti politici si distinguono dagli atti amministrativi per l'estrema libertà del fine, che li caratterizza. Infatti, per quanto ampia possa presentarsi la discrezionalità amministrativa della Pubblica amministrazione, quest’ultima sarà sempre vincolata dal necessario perseguimento delle finalità pubbliche, nonché nell’impossibilità di utilizzare un atto per fini diversi da quelli per i quali il potere stesso è stato concesso. Il deficit di tutela giurisdizionale, che caratterizza gli atti politici, viene, in parte, rimediato da un puntuale orientamento della giurisprudenza. Precisamente, occorre osservare che, negli ultimi anni, la giurisprudenza, per limitare la predetta carenza di tutela, ha optato per una rigorosa interpretazione restrittiva del concetto di atto politico al punto che si è parlato di erosione degli atti politici , riconducendo i casi dubbi es. nomina dell’avvocato generale dello Stato o scioglimento di un’associazione politica alla figura degli atti di alta amministrazione che sono sindacabili in sede giurisdizionale. Ad esempio, si è affermato che la manifestazione di interesse, relativa ad un progetto di housing sociale , non può rientrare tra gli atti politici, in quanto, pur provenendo da un organo di vertice del Comune, riguarda sul piano oggettivo la localizzazione di un intervento edilizio, ovverosia un atto rientrante nella competenza amministrativa dell'Ente. Tale atto, quindi, per quanto abbia un ambito di discrezionalità amministrativa piuttosto ampia, riguardando anche il governo del territorio, è comunque soggetto all'obbligo di motivazione ed al normale regime di legittimità degli atti amministrativi, dovendo l'azione amministrativa sempre svolgersi in base ai principi di buona amministrazione, mediante scelte logiche e razionali, debitamente motivate Consiglio di Stato, sez. IV, n. 3609/2013 . In altri termini, anche nell'ipotesi in cui la discrezionalità amministrativa si presenta come ampia, il sindacato del giudice amministrativo può censurare i profili di irragionevolezza, irrazionalità, arbitrarietà o travisamenti dei fatti e difetto di motivazione. Infatti, come rilevato da recente giurisprudenza CdS, sez. IV, 1° settembre 2015, n. 4098 , nel nostro ordinamento, nessun potere, per quanto supportato da amplissima discrezionalità con la esclusione, appunto, dei c.d. atti politici , liberi nel fine può essere esercitato omettendo di dare contezza seppur generica e succinta, quanto maggiore è il quantum di discrezionalità attribuito dei presupposti in base al quale si è giunti ad una data soluzione . Quindi, l'atto politico è libero nell'individuazione dei fini da perseguire e, proprio per tale ragione, si distingue dagli atti di alta amministrazione . Questi costituiscono una speciale categoria di atti amministrativi, in grado di raccordare la funzione di governo con quella amministrativa. Sono, pertanto, manifestazioni d’impulso all’adozione di atti amministrativi funzionali all’attuazione dei fini della legge. Le caratteristiche fondamentali di tali atti sono la subordinazione alla legge ed il carattere ampiamente discrezionale. La natura duale della nomina assessorile. Chiarita la differenza fra atti politici ed atti di alta amministrazione, occorre evidenziare che, secondo una precisa dottrina, la nomina assessorile, a differenza della revoca, costituisce un atto politico. Infatti, viene osservato che l'articolo 46, comma 4, del d.lgs n. 267/2000, il sindaco e il presidente della provincia possono revocare uno o più assessori, dandone motivata comunicazione al consiglio ha procedimentalizzato e sottoposto a motivazione la revoca della nomina, configurandola come un atto di alta amministrazione ex multis I provvedimenti di revoca dei componenti della giunta comunale, pur essendo atti amministrativi e non politici, hanno natura ampiamente discrezionale e la relativa motivazione può basarsi sulle più ampie valutazioni di opportunità politico/amministrativa rimesse in via esclusiva al vertice dell'ente, in quanto aventi ad oggetto un incarico fiduciario. Di talché, la motivazione dell'atto di revoca può anche rimandare esclusivamente a valutazioni di opportunità politica , Tar Lombardia, sez. III, n. 1263/2014 . Viceversa, per la nomina assessorile non esiste un’analoga previsione, per cui la medesima si qualificherebbe come atto politico proveniente dal capo dell’Amministrazione locale, libero nei fini e non soggetto a motivazione. In altri termini, secondo tale orientamento, la natura politica dell’atto di nomina precluderebbe così l’esistenza di situazioni giuridiche tutelabili a fronte del potere del Sindaco di scegliere i propri assessori. Trattasi di atti strettamente dipendenti da un accordo politico, preesistente tra le forze che compongono la maggioranza, in virtù del rapporto fiduciario bilaterale tra Sindaco ed assessore, da un lato, e tra assessore e partito politico, dall’altro . Tale indirizzo conclude affermando che E’ difficile da immaginare che l’atto di nomina dell’assessore possa essere annullato in sede giurisdizionale, giusto ricorso da parte di un altro soggetto che, ad esempio, ritenesse di avere più titoli per l’incarico, e ciò proprio perché, a differenza della revoca, la nomina è un atto politico, per l’adozione del quale la legge non prescrive il possesso di specifici requisiti . Il merito precipuo della pronuncia in esame consiste nel suo approfondimento di tale tematica, che ci consente di cogliere la vera essenza dell'atto di nomina. Il Tar principia la sua analisi, evidenziando che l'indiscusso fatto che il Sindaco costituisca, grazie al voto popolare, diretta espressione del corpo elettorale non vale a rendere l'atto di nomina un atto politico tout court e, tanto meno, lo sottrae alla garanzia costituzionale della tutela giurisdizionale . Infatti, appare evidente che la nomina assessorile non realizza scelte di specifico rilievo costituzionale e politico . Ancora, la nomina assessorile non contiene scelte programmatiche e non individua, affatto, i fini da perseguire nell'azione di governo, non ne determina il contenuto. Dunque, la nomina non può essere considerata un atto di indirizzo politico e neppure direttiva di vertice dell'attività amministrativa, cioè di direzione suprema della medesima. Invero, sussiste un elemento, che può trarre in inganno ed alimentare facili e pericolose suggestioni il rapporto fiduciario, che lega i nominati assessori al nominante Sindaco , il quale certamente gode della più ampia discrezionalità nella scelta delle persone dei suoi assessori. Ma, proprio per questo, è necessario addivenire ad una importante differenziazione. A ben vedere, l'atto di nomina si compone di due parti una prima parte, caratterizzata da discrezionalità politica, e non amministrativa, relativa alle precise persone fisiche da nominare. Proprio perché il rapporto è fiduciario, l'individuazione delle predette persone fisiche non può che sfuggire dal sindacato giurisdizionale. Ma, vi è anche una seconda parte al di là della scelta delle persone fisiche Caio al posto di Tizio, o viceversa , sussistono dei limiti, che non attengono, appunto, all'individuazione delle persone, ma al rispetto di talune regole supreme, di taluni principi superiori, che non possono essere denegati. Uno di tali principi è quello di parità fra i generi, di cui all’articolo 51 Cost., avente valore di norma immediatamente cogente e vincolante, come tale idonea a conformare ed indirizzare lo svolgimento della discrezionalità amministrativa, ponendosi rispetto ad essa quale parametro di legittimità sostanziale. Soprattutto, al comma 1, dopo aver sancito la totale eguaglianza fra i sessi, pone un importante monito di azione al Legislatore A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini . Tale monito è stato accolto dal già citato comma 137, dell'articolo 1, l. n. 56/14, che impone un limite minimo Nelle Giunte dei Comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40 per cento, con arrotondamento aritmetico . Tale limite deve essere rispettato e, conseguentemente, vincola il provvedimento di nomina, che sotto tale aspetto presenta le vestigia di un atto amministrativo, seppur di alta amministrazione. In altri termini, il Sindaco di Selargius aveva la libertà politica di scegliere un assessore, ma questi doveva essere una donna non importa chi, ma una donna! Pertanto, il Tar Sardegna, accogliendo il ricorso, statuisce che la nomina assessorile dà luogo ad un atto soggettivamente e oggettivamente amministrativo, l'emanazione del quale è sottoposta all'osservanza delle disposizioni che attribuiscono, disciplinano e conformano il relativo potere, il cui corretto esercizio è, sotto questi profili, pienamente sindacabile in sede giurisdizionale .

TAR Sardegna, sez. II, sentenza 18 novembre 2015, n. 1145 Presidente Scano – Estensore Aru Fatto Le Associazioni ricorrenti, statutariamente finalizzate anche a promuovere e sostenere la partecipazione e il ruolo delle donne ai diversi livelli di governo all’interno delle Istituzioni, degli enti e della vita pubblica in generale, con il ricorso in esame hanno impugnato il provvedimento del 24.7.2015, pubblicato sul sito web dell'amministrazione comunale in data 22.9.2015, con il quale il Sindaco del Comune di Selargius ha nominato Assessore ai Lavori Pubblici l'ing. Riccardo Paschina in sostituzione dell’Assessore dimissionario ing. Emma Puddu. Con unica articolata censura le ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 1, comma 137, legge n. 56/2014, e delle altre disposizioni menzionate nell’atto introduttivo del giudizio artt. 21 e 23 della Carta Europea dei diritti dell’Uomo, artt. 51, comma 1, 117 comma 7 e 114, comma 1 della Costituzione, art. 1 del D.Lgvo n. 118 dell’11.4.2006, art. 1 del D.Lgvo n. 5 del 25.1.2010, Statuto comunale , nonché eccesso di potere per difetto di istruttoria, ingiustizia manifesta, illogicità e sviamento, violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990. In sintesi esse sostengono che la composizione della giunta comunale, come venutasi a determinare per effetto delle dimissioni dell’ing. Emma Puddu e dell’impugnata nomina dell’Ing Riccardo Paschina in sua sostituzione, sarebbe in contrasto con quanto previsto dall’art. 1, comma 137 della legge 7 aprile 2014 n. 56, per il quale Nelle giunte dei comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40 per cento, con arrotondamento aritmetico”. Ed invero nel Comune di Selargius la Giunta comunale, formata da 7 componenti 6 assessori più il Sindaco non sarebbe correttamente composta dal momento che la percentuale del 40% sarebbe rispettata solo con la presenza in Giunta di almeno 3 donne, mentre con l’attuale composizione tale percentuale si attesta al 28,6%. Pertanto, stante la presenza in Giunta di due sole rappresentanti del genere femminile Ass. Roberta Relli e Ass. Daniela Sitzia , il dimissionario Ass. Emma Puddu doveva necessariamente essere sostituita da un’altra donna e non poteva essere legittimamente rimpiazzata da un rappresentante del genere maschile. Di qui la richiesta, previa sospensiva, di annullamento dei provvedimenti impugnati, con ogni conseguente pronuncia anche in ordine alle spese del giudizio. Per resistere al ricorso si è costituito in giudizio il Comune di Selargius che, con memoria depositata il 14 novembre 2015, dopo aver eccepito l’inammissibilità dell’impugnazione in quanto volta a sindacare nel merito un atto di natura politica, ne ha chiesto nel merito il rigetto, vinte le spese. Alla camera di consiglio del 18 novembre 2015, chiamata per l’esame dell’istanza cautelare di sospensione, le parti sono state avvertite della possibile definizione del giudizio direttamente nel merito con sentenza resa in forma semplificata. Al termine della discussione la causa è stata posta in decisione. Diritto Occorre esaminare in via preliminare l’eccezione d’inammissibilità del ricorso sollevata dall’amministrazione resistente. Sostiene la difesa comunale che l’impugnazione proposta dalle associazioni ricorrenti sarebbe inammissibile in quanto volta a sindacare nel merito un atto politico giacché, a suo avviso, il provvedimento di nomina degli assessori sarebbe espressione di un potere di scelta dell’organo di vertice dell’ente connotato da valutazioni di rilievo politico in quanto strumentale all’attuazione dei fini di governo e, dunque, come tale, sottratto al sindacato del giudice amministrativo. L’argomento non è fondato. E’ pacifico ed incontestato che in Sardegna il Sindaco è diretta espressione del corpo elettorale e che tra i suoi compiti rientra quello di nominare gli assessori e dirigere la politica della Giunta comunale, assumendone la responsabilità. Sennonché tale circostanza non rende l'atto di nomina un atto politico tout court e, tanto meno, lo sottrae alla garanzia costituzionale della tutela giurisdizionale. La stessa Corte regolatrice della giurisdizione, ha osservato che il principio della tutela giurisdizionale contro gli atti della pubblica amministrazione art. 113 Cost. ha portata generale e coinvolge, in linea di principio, tutte le amministrazioni, anche di rango elevato e di rilievo costituzionale, concludendo che non sono quindi, per i loro caratteri intrinseci, soggetti a controllo giurisdizionale solo un numero estremamente ridotto di atti in cui si realizzano scelte di specifico rilievo costituzionale e politico atti che non sarebbe corretto qualificare come amministrativi e in ordine ai quali l'intervento del Giudice determinerebbe un'interferenza del potere giudiziario nell'ambito di altri poteri si pensi ad atti del Presidente della Repubblica quali la concessione di una grazia, o lo scioglimento delle camere .” Nel caso in esame, ad avviso del Collegio, non si può dire che la nomina degli assessori comunali costituisca un atto oggettivamente non amministrativo che realizza scelte di specifico rilievo costituzionale e politico e, come tale, non sindacabile a pena di interferire nell'esercizio di altro potere, straripando dai limiti di quello giurisdizionale. Il provvedimento di nomina degli assessori non contiene scelte programmatiche, non individua i fini da perseguire nell'azione di governo, non ne determina il contenuto e non costituisce, dunque, atto di indirizzo politico e neppure direttiva di vertice dell'attività amministrativa. La suggestione derivante dalla natura fiduciaria del rapporto che lega i nominati al nominante, il quale certamente gode della più ampia discrezionalità nella scelta delle persone dei suoi assessori, non consente, contrariamente a quanto opinato da parte resistente, di ritenere che l'atto di nomina dei componenti della giunta comunale possa prescindere dal rispetto dei limiti dettati in materia di pari opportunità dalla nostra Carta Costituzionale e dalla normativa vigente, giacché l'ampiezza delle valutazioni di opportunità che guidano il Sindaco nell’individuazione degli Assessori non deve comunque travalicare la disciplina dell'esercizio della funzione amministrativa di organizzazione del Comune, ancorché esercitata - con tale atto - al più alto livello. Si tratta, pertanto, di un atto soggettivamente e oggettivamente amministrativo, l'emanazione del quale è sottoposta all'osservanza delle disposizioni che attribuiscono, disciplinano e conformano il relativo potere, il cui corretto esercizio è, sotto questi profili, pienamente sindacabile in sede giurisdizionale . Va ribadito, in proposito, che l'ampiezza della discrezionalità nella nomina e i motivi legati ad equilibri interni di coalizione - solo in questo senso definibili politici e come tali insindacabili - non possono, di per sé, sottrarre l'atto al giudizio di legittimità sul rispetto delle norme che ne dettano la disciplina procedurale e sostanziale ed a riprova di ciò possono citarsi diverse pronunce di giudici amministrativi che hanno annullato gli atti di nomina di organi c.d. politici” cioè alla tutela garantita, sul piano generale, contro i provvedimenti illegittimi, dall'art. 24 Cost., né la natura strettamente fiduciaria del rapporto può ritenersi sufficiente ad evitare il sindacato sulla stessa validità legittimità della sua instaurazione cfr. TAR Sardegna, Sez. II, n. 864 del 2 agosto 2011 . Può quindi passarsi all’esame del merito del ricorso, che è fondato. La questione delle c.d. quote rosa in seno agli organi amministrativi degli enti pubblici è stata recentemente regolamentata dall’art. 1, comma 137 della legge 7 aprile 2014 n. 56, per il quale Nelle giunte dei comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40 per cento, con arrotondamento aritmetico”. Peraltro, già prima dell’entrata in vigore dell’art. 1, comma 137, l. n. 56/2014, la giurisprudenza amministrativa aveva avuto modi di affermare che E' illegittimo, per violazione del principio delle pari opportunità, contenuto negli art. 3 e 51 della Costituzione e 23 della carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, nonché degli artt. 6, comma 3 e 46, comma 2, TUEL, nel testo risultante dalla legge n. 215/2012 , il decreto di nomina degli assessori ¬ tutti di sesso maschile - della Giunta municipale” cfr Cons. St., sez. V, 18 dicembre 2013, n. 6073 . Ed invero la giurisprudenza, confortata anche dalla conforme interpretazione del principio fornita dalla Corte Costituzionale, ha in più occasioni riconosciuto all'art. 51 Cost. che sancisce tutti i cittadini dell'uno e dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini . valore di norma cogente e immediatamente vincolante, come tale idonea a conformare ed indirizzare lo svolgimento della discrezionalità amministrativa, ponendosi rispetto ad essa quale parametro di legittimità sostanziale ex multis Corte Cost. n. 4/2010 Tar Campania - Napoli, sez. I, n. 12668 del 2010 e nn. 1427 e 1985 del 2011 . In particolare il principio in questione è stato inteso in primo luogo come immediato svolgimento del principio di uguaglianza sostanziale di cui all'art. 3 Cost., non solo nella sua accezione negativa come divieto di azioni discriminatorie fondate sul sesso , ma anche positiva, impegnando le Istituzioni alla rimozione degli ostacoli che di fatto impediscono la piena partecipazione di uomini e donne alla vita sociale, istituzionale e politica del Paese. Ma la pregnanza del principio nel tessuto ordinamentale, come in parte già rilevato più sopra, si svolge anche su un ulteriore piano dei valori costituzionali, giungendosi ad una più consapevole individuazione della sua valenza trasversale nella misura in cui lo si ricollega, in chiave strumentale, al principio di buon andamento e imparzialità dell'azione amministrativa la rappresentanza di entrambi i generi nella compagine degli organi amministrativi, specie se di vertice e di spiccata caratterizzazione politica, garantisce l'acquisizione al modus operandi dell'ente, e quindi alla sua concreta azione amministrativa, di tutto quel patrimonio, umano, culturale, sociale, di sensibilità e di professionalità, che assume una articolata e diversificata dimensione in ragione proprio della diversità del genere Tar del Lazio sent. n 6673/2011 . Il principio costituzionale così inteso, quindi, illumina ulteriori disposizione poste dal legislatore ordinario a tutela della effettiva realizzazione della parità tra uomini e donne il codice delle pari opportunità tra uomo e donna d.lgs. 11 aprile 2006, n. 198 , all'art. 1, comma 4, precisa che l'obiettivo della parità di trattamento e di opportunità tra donne e uomini deve essere tenuto presente nella formulazione e attuazione, a tutti i livelli e ad opera di tutti gli attori, di leggi, regolamenti, atti amministrativi, politiche e attività , mentre l'art. 6 TUEL d.lgs 267/2000 al comma 3 prevede Gli statuti comunali e provinciali stabiliscono norme per assicurare condizioni di pari opportunità tra uomo e donna ai sensi della legge 10 aprile 1991, n. 125, e per promuovere la presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali del comune e della provincia, nonché degli enti, aziende ed istituzioni da esso dipendenti . Inteso nei termini sopra specificati il principio di parità si pone come vincolo per l'azione dei pubblici poteri nello svolgimento della discrezionalità loro consegnata dall'ordinamento e come direttiva in ordine al risultato da perseguire promozione delle pari opportunità tra i generi, in funzione della parità sostanziale e del buon andamento dell'azione amministrativa . All’indomani dell’entrata in vigore del citato art. 1, comma 137, attuativo degli anzidetti principi di rango costituzionale, tutti gli atti adottati nella vigenza di quest’ultimo trovano in tale norma un ineludibile parametro di legittimità, non essendo ragionevole una sua interpretazione – sottesa dalle difese comunali - che leghi la sua concreta vigenza alla data delle elezioni ovvero che condizioni unicamente le nomine assessorili all’indomani delle elezioni. Una simile interpretazione consentirebbe un facile aggiramento della suddetta prescrizione, nella misura in cui il rispetto della percentuale assicurato dai provvedimenti di nomina immediatamente successivi alle elezioni potrebbe essere posto nel nulla da successivi provvedimenti sindacali di revoca e nomina, atti a sovvertire la suddetta percentuale. Allo stesso tempo deve rilevarsi che non risulta esperita da parte del Sindaco del Comune di Selargius alcuna istruttoria per la scelta della nominanda che evidenzi l’impossibilità del rispetto della suddetta percentuale, né dall’atto sindacale si evince una qualche ragione per la quale il Sindaco ha ritenuto di potersi discostare dal suddetto parametro normativo, sebbene una specifica e puntuale indicazione in tal senso, per il caso di mancata applicazione del principio di pari opportunità, sia stata espressamente prevista dalla circolare del Ministero dell’Interno del 24 aprile 2014. Non rileva, infine, neppure il rilievo che tale principio non sia stato ancora formalmente recepito nello statuto comunale. L’attuazione del generale principio ordinamentale del rispetto delle c.d. quote rosa, infatti, non può essere condizionata dall'omissione o ritardo del Consiglio comunale nel provvedere in tal senso alla modifica dello statuto. Il ricorso merita dunque accoglimento in ragione del mancato rispetto della percentuale del 40% di componenti del genere femminile nella giunta comunale di Selargius imposta dall’art. 1, comma 137, l. n. 56/2014. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura di cui in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna Sezione Seconda definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento di nomina dell’ing. Riccardo Paschina ad Assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Selargius. Condanna il Comune di Selargius al pagamento in favore delle ricorrenti delle spese del giudizio, liquidandole in complessivi euro 2500,00 duemilacinquecento//00 , oltre accessori di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.