Occorre dimostrare in modo severo e puntuale lo scopo edificatorio

Affinché si possa ritenere sussistente una lottizzazione abusiva negoziale, sulla base non della realizzazione di alcune opere, ma del frazionamento contrattuale di un più vasto terreno con la creazione di lotti sufficienti per la costruzione di un singolo edificio, sono necessari elementi univoci desumibili in modo chiaro dalle dimensioni e dal numero dei lotti, dalla natura del terreno, dall’eventuale revisione di opere di urbanizzazione e dalla loro destinazione a scopo edificatorio. Ciò, in quanto non è sufficiente il mero riscontro della vendita di un fondo, ricavato da un più ampio appezzamento di terreno, occorrendo che la suddivisione in lotti per dimensioni, per natura del terreno e per numero evidenzi la loro destinazione a scopo edificatorio.

È quanto statuito dalla Quarta Sezione del Consiglio di Stato, nella sentenza n. 4749 del 14 ottobre 2015. I sospetti interventi di frazionamento e vendita. Il Comune di Fondi rigettava le istanze di sanatoria, relative a costruzioni su terreni agricoli, sostenendo e dichiarando che sui terreni medesimi era stata realizzata una lottizzazione abusiva negoziale, attraverso il frazionamento e la vendita in lotti. Di conseguenza, non solo viene disposta la sospensione dei lavori, ma anche l'acquisizione dei terreni e dei manufatti al patrimonio disponibile. Il Comune ritiene che i sussistenti elementi del frazionamento e della vendita in lotti di un originario unitario fondo presentano, nella concreta fattispecie, peculiari caratteristiche, quali dimensioni, in relazione alle realizzate strade come opere di urbanizzazione, che denotano inequivocabilmente una destinazione a scopo edificatorio. Ciò, secondo l'amministrazione, è anche desumibile dal fatto che, nel corso degli anni, vi è stato un notevole trasferimento di proprietà con atto tra vivi, nonché una notevole trasformazione urbanistica ed edilizia dei terreni, in evidente violazione delle destinazioni d’uso del PRG Piano Regolatore Generale e delle vigenti disposizioni di legge in materia di lottizzazione. Dalle visure catastali, risultano esservi stati atti di alienazione dei terreni in questione, che configurano una lottizzazione giuridica abusiva priva di autorizzazione, terreni destinati a zona agricola V3 e ricadenti in zona soggetta a vincolo paesistico nonché al vincolo di cui al d.lgs. n. 42/2004, anteriore all’abuso in questione. I proprietari impugnano davanti al giudice amministrativo i provvedimenti comunali, evidenziando il fatto che l’acquisto del terreno risale al 1979 e la costruzione dell’immobile al 1981, quando la lottizzazione abusiva, quale istituto giuridico, non era ancora disciplinata. Il Tar Lazio, Latina, sez. I, con la sentenza n. 950/2013, rigetta il ricorso, sulla base di due primarie ragioni a la fattispecie della lottizzazione abusiva era già prevista dall’art. 28 l. n. 1150/42 il quale espressamente dispone che prima dell'approvazione del piano regolatore generale o del programma di fabbricazione di cui all'articolo 34 della presente legge è vietato procedere alla lottizzazione dei terreni a scopo edilizio b contrariamente a quanto affermato dai ricorrenti, il terreno di loro proprietà è stato oggetto negli anni di attività negoziale di frazionamento e trasferimento di singoli lotti, che ne hanno determinato inequivocabilmente la destinazione d’uso a scopo edificatorio. Infatti, la destinazione a scopo edificatorio del terreno è ricavabile dalle dimensioni dei lotti derivanti dal frazionamento, che risultano del tutto esigue rispetto alla destinazione ad uso agricolo. I proprietari impugnano la pronuncia del Tar, lamentandone soprattutto la carente motivazione in relazione agli elementi fattuali di comprovazione della lottizzazione abusiva. La lottizzazione abusiva negoziale. Prima di esaminare le statuizioni del Consiglio di Stato, occorre ricordare che la lottizzazione abusiva negoziale o cartolare o giuridica si configura allorquando, pur non essendo ancora intervenuta una trasformazione di carattere materiale, se ne realizzano i presupposti, attraverso la vendita di un terreno, frazionato in lotti, ovvero sulla base di quote, che accrescano il numero dei soggetti titolari del diritto sul bene, sempre che vi siano elementi indiziari manifestanti un inequivoco scopo edificatorio. L’ipotesi legale di lottizzazione cartolare si articola in due fasi il frazionamento, evidentemente non accompagnato da opere vere e proprie, altrimenti si ricadrebbe nell’ipotesi di lottizzazione materiale, e, successivamente, la vendita dei terreni frazionati. Infatti, al comma 1 dell’art. 30 d.P.R. n. 380/2001, viene prescritto che si ha lottizzazione abusiva cartolare quando la trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni, in violazione delle previsioni del PRG, viene effettuata attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio . Veniamo, ora, agli elementi indiziari, che debbono sussistere unitamente ai requisiti necessari del frazionamento, vendita, o atti equivalenti. Tale elementi contraddistinguono i lotti interessati e consistono in a dimensione, non in senso assoluto, ma in relazione alla natura del terreno ed alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici b numero dei lotti è evidente che un certo numero di lotti costituisce elemento apprezzabile in una lottizzazione, denotandone le proporzioni c ubicazione dei lotti la collocazione fisica del terreno interessato dal negozio comporta un maggior profilo di presenza dell’intento edificatorio quanto più il terreno è vicino alle aree già edificate d eventuale previsione di opere di urbanizzazione è evidente che il tracciato di una strada, risultante dal frazionamento del terreno, e la sua destinazione ad opera di urbanizzazione, fa fortemente presumere un intento lottizzatorio abusivo parimenti rilevante potrebbe essere la costituzione di servitù di fognatura, per il passaggio di reti di servizi e qualità personali dell’acquirente se l’acquirente è un agricoltore potrà giovarsi della sua qualità professionale per sostenere un fine agricolo, non edificatorio . è questo l’elemento indiziario che sembra comportare il maggior profilo di discrezionalità. La necessaria rigorosità della prova. Il Consiglio di Stato accoglie il ricorso, partendo da una considerazione primariamente fattuale la zona, sulla quale è stato edificato il manufatto, non appare gravata da alcun vincolo di inedificabilità assoluta, in quanto tale insanabile, semmai, come anche meramente ipotizzato dall’amministrazione, il vizio incorso dagli odierni ricorrenti atterrebbe al mancato rispetto di un vincolo paesaggistico che necessita del parere favorevole del comitato urbanistico regionale ossia a un vizio di procedura relativo c.d. vincolo di inedificabilità relativo che in quanto tale è sanabile . Su tale errata prospettazione, in cui è incorso il giudice di primo grado, si incentra la contestazione del CdS, che censura la carenza di motivazione dell'appellata pronuncia. Infatti, il Consiglio di Stato ritiene di aderire al maggioritario indirizzo giurisprudenziale, secondo il quale è possibile ritenere sussistente una lottizzazione negoziale, fondata su di un frazionamento di un fondo originario con la creazione di lotti sufficienti per la costruzione di un singolo edificio, solo se è possibile desumere e comprovare in modo rigoroso un chiaro intento edificatorio. Secondo tale orientamento, non basta la mera sussistenza del frazionamento e della conseguente vendita dei lotti derivanti, in quanto si impone un necessario presupposto da dimostrare occorre comprovare che la suddivisione in lotti, per dimensioni, per natura del terreno e per numero, evidenzia in modo palese la loro destinazione a scopo edificatorio. Ad avviso dei giudici di appello, siffatta conclusione è del tutto conseguente al disposto normativo, dato che il medesimo art. 30, comma 1, d.P.R. n. 380/2001, richiede, affinché sia riscontrabile una lottizzazione abusiva negoziale, che la suddivisione in lotti denunci in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio. Non sono, quindi sufficienti il frazionamento e la vendita, ma occorre anche l’esistenza, e l’accertamento di chiari elementi, idonei a testimoniare, in modo obiettivo, la destinazione a scopo edificatorio , che non si rinviene nella concreta fattispecie. Il severo indirizzo comprovativo, seguito dalla prevalente giurisprudenza amministrativa, si fonda anche sugli approdi ermeneutici della giurisprudenza penale. Infatti, secondo il recente orientamento della Cassazione penale, il reato di lottizzazione abusiva negoziale configura un reato progressivo nell’evento, che sussiste anche quando l’attività posta in essere sia successiva agli atti di frazionamento o ad opere già eseguite, atteso che tali iniziali attività, pur integrando la configurazione del reato, non esauriscono il percorso criminoso che si protrae con gli interventi successivi, che incidono sull’assetto urbanistico. Ciò, in quanto l’esecuzione di opere di urbanizzazione, primaria e secondaria, compromette ulteriormente le scelte di destinazione e di uso del territorio riservate alla competenza degli Enti pubblici Cass. nn. 12772/2012 e 5105/2014 . Ne consegue che l’illecito lottizzatorio si realizza rectius , ha inizio la sua consumazione allorquando siano tutti presenti i requisiti necessari e sufficienti per l’integrazione della fattispecie incriminatrice. In altri termini, il momento consumativo del reato deve perdurare nel tempo sino a quando l’offesa tipica raggiunge, attraverso un passaggio graduale da uno stadio determinato ad un altro ad esso successivo, una sempre maggiore gravità, ed in ciò la lottizzazione, quale reato progressivo nell’evento, partecipa alla medesima disciplina del reato permanente, anche mutuandone ricadute giuridiche. Infatti, ha in comune la struttura unitaria, l’instaurazione di uno stato antigiuridico ed il suo mantenimento, ma presenta in aggiunta un progressivo approfondimento dell’illecito attraverso condotte successive, dirette ad aggravare l’evento del reato, atteso che gli interventi susseguenti incidono sull’assetto urbanistico, compromettendo ulteriormente le scelte di destinazione e di uso del territorio riservate alla competenza pubblica Cass. n. 25182/2014 . Pertanto, il peculiare istituto della lottizzazione abusiva negoziale necessita, per la sua comprovazione, della dimostrazione di elementi chiari ed univoci, non essendo sufficiente il mero riscontro del frazionamento di un unitario terreno e della vendita dei terreni derivanti.

Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2 aprile – 14 ottobre 2015, numero 4749 Presidente Meschino – Estensore Pannone Fatto e diritto 1. Ricco Michele con atto 30 settembre 1979 acquistava dai coniugi D’Ovidio-Fortunato e dai coniugi Baghino-Duratorre un appezzamento di terreno agricolo sito in Fondi località Selva Vetere, esteso per circa 1200 mq 12 are Nel 1981 egli costruiva una modesta abitazione, in assenza di permesso di costruzione, ma in conformità alle disposizioni vigenti e comunque non in violazione di alcuna normativa vigente in tema di lottizzazione e pertanto, successivamente veniva presentata domanda di condono ai sensi della Legge 47/85. Tuttavia, con ordinanza numero 502 del 4 luglio 1992, il Comune di Fondi avviava i procedimenti di sequestro. In data 17 luglio 1992, il Tribunale di Latina, sezione penale, in camera di consiglio, emetteva provvedimento di dissequestro precisando che non era stato posto in essere alcun atto di lottizzazione o di costruzione abusiva e che, pertanto, non sussistevano le esigenze di prevenzione che giustificavano il sequestro ex art. 721 c.p.comma Seguiva, quindi, il processo verbale di dissequestro ad opera del Comando Polizia Municipale di Latina. I sig.ri Ricco Antonietta, Ricco Giuseppe, Ricco Paolo e Ricco Vincenza Michele richiedevano al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione staccata di Latina, l’annullamento dell’ordinanza numero 39 del 18 febbraio 2011 emessa dal Dirigente Settore numero 4 del Comune di Fondi, con la quale si ingiungeva agli odierni appellanti nella loro qualità di proprietari - per successione testamentaria dei sig.ri Ricco Michele e Spagnolo Maria - degli immobili distinti al catasto fabbricati, foglio 86, particella 321, sub 1 e sub 3, l’immediata sospensione dei lavori di cui in premessa, con comminatoria che, in caso di inottemperanza sarebbero stati adottati ulteriori provvedimenti previsti dalle vigenti disposizione di legge o regolamento, avvertendoli che la presente ordinanza avrebbe comportato l’immediata interruzione delle opere in corso ed il divieto di disporre dei suoli e delle opere stesse con atto tra vivi, disponendo altresì che i terreni nonché i manufatti abusivi sarebbero stati acquisiti di diritto al patrimonio disponibile del Comune di Fondi ai sensi dell’art. 30 del d.P.R. 380/2001 nonché dell’art. 23 della legge regionale numero 15 dell’11 agosto 2008, disponendo infine che il presente provvedimento fosse trascritto nei registri immobiliari della Conservatoria di Latina, ai sensi dell’art. 30 del d.P.R. 06/06/2001 numero 380/2001 con esonero del conservatore da ogni eventuale responsabilità al riguardo. Con la medesima ordinanza venivano inoltre rigettate le domande di condono edilizio presentate dai sig.ri Ricco Giuseppe e Ricco Paolo in data 1° aprile 1986 ed aventi prot. nnumero 1/7804 e 1/7805. 2. Con il ricorso di I grado gli odierni appellanti deducevano le seguenti censure così epigrafate A Erronea valutazione dei presupposti di fatto. Eccesso di potere per contraddittorietà e disparità di trattamento. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 3 della Costituzione. B Erronea valutazione dei presupposti di fatto. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3, I comma, L. numero 241/1990 per difetto di motivazione. Eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti e carenza di istruttoria. Violazione del principio del legittimo affidamento. C Violazione e falsa applicazione dell’art. 30, DPR 6.6.2001 numero 380 per difetto di motivazione. Violazione delle disposizioni in materia di successione nel tempo delle leggi divieto di retroattività. Eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti e carenza di istruttoria. D Violazione e falsa applicazione dell’art. 30 DPR 6.6.2010, numero 380, dell’art. 23, legge regionale 15 dell’11.8.2008, della legge 326/2003, della legge regionale 12/2004 per difetto di motivazione e falsa applicazione della procedura. Eccesso ed abuso di potere per erronea valutazione dei fatti e carenza di istruttoria. E Violazione e falsa applicazione della Legge. numero 241/1990 per difetto di motivazione. Eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti e carenza di istruttoria. Lesione del diritto di difesa. F Quanto alla conclusione della prima pratica di condono con il silenzio assenso. G Violazione e falsa applicazione degli articoli 31, 32 e 35 della L. 28.2.85 numero 47, per eccesso di potere sotto il profilo del difetto assoluto di motivazione. H Violazione e falsa applicazione della L. 28 febbraio 1985, numero 47, per eccesso di potere. I Quanto al giudicato penale in tema di lottizzazione abusiva. 3. Il Collegio ritiene di dover riportare, in maniera quasi integrale, il contenuto dei motivi di cui alle epigrafi F e G . Lettera F . La controversia concerne la legittimità o meno della valutazione dell’immobile come se fosse parte di una lottizzazione abusiva e la conseguente non sanabilità delle opere edilizie eseguite dalla parte ricorrente infatti, l’ordinanza impugnata di confisca rappresenta la conseguenza necessaria del diniego dell’istanza di condono del piccolo fabbricato rurale. In realtà l’immobile doveva ritenersi condonato in base al principio del silenzio assenso ed a quello della prescrizione dell’oblazione. []. Il silenzio - assenso in edilizia rappresenta un caso di silenzio - accoglimento, in base alla giurisprudenza preponderante, il silenzio accoglimento trova applicazione allorquando la domanda di concessione o di autorizzazione edilizia sia conforme alla disciplina legislativa di base, per cui il relativo provvedimento positivo costituisce atto dovuto” TAR Campania, SA, 6 novembre 1996, 889 . []. Accanto alle disposizioni più prettamente sanzionatorie, tuttavia, la stessa L. 47/85 disciplina anche alcune fasi salienti del procedimento di rilascio della concessione edilizia in sanatoria. Il procedimento ordinario prevede che il soggetto richiedente la concessione in sanatoria definisca la data di ultimazione delle opere abusive, individui compiutamente le stesse attraverso la produzione di planimetrie e documentazione fotografica , corrisponda all’Erario le somme dovute a titolo di oblazione e qualora siano dovute le somme dovute a titolo di oneri concessori. Ove l’edificazione abusiva ricada in zona sottoposta a vincolo, il richiedente dovrà, inoltre, ottenere i pareri favorevoli dalle Autorità preposte alla tutela dei vincoli ambientali, paesaggistici o diversi. Il meccanismo previsto, in relazione ala pagamento dell’oblazione, dalla L. 47/85 può, dunque, riassumersi nei tre punti seguenti A. l’oblazione interamente corrisposta estingue i reati” art. 38, comma 2 B. la corresponsione dell’oblazione sospende i termini dei procedimenti amministrativi e giurisdizionali” art. 44, comma 1 C. decorso il termine perentorio di ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda, quest’ultima si intende accolta”. Inoltre, trascorsi trentasei mesi” dalla proposizione della domanda anzidetta si prescrive l’eventuale diritto al conguaglio o al rimborso spettanti” all’amministrazione comunale art. 35, c.comma 12 e 13 . In alternativa all’iter ordinario” così sommariamente descritto, la stessa legge prevede che sulle domande di concessione in sanatoria possa formarsi il silenzio-assenso, in presenza di alcuni presupposti. In particolare, nel suo impianto originario, l’art. 35 prevedeva che si formasse il silenzio-assenso qualora l’istanza di condono fosse 1. tempestiva, 2. veritiera o meglio, non dolosamente infedele , 3. non inerente aree gravate da vincoli di inedificabilità assoluta. In tal senso è orientata anche la giurisprudenza amministrativa TAR Lombardia, MI, II, 18 novembre 1999, 3732 ai sensi dell’art. 35 commi 18 e 19 testo vigente L. 28 febbraio 1985 numero 47, il termine perentorio di ventiquattro mesi al cui compimento si forma il silenzio assenso decorre sempre dalla presentazione della domanda, tranne nelle ipotesi di cui all’art. 33 in cui non inizia mai a decorrere e in quelle di cui al comma 1 dell’art. 32 in cui inizia a decorrere dall’emissione del parere , significando che anche nelle ipotesi di cui al comma 2 dell’art. 33 il termine decorre dalla domanda, quanto meno quando la valutazione sulla sicurezza del traffico sia rimessa alla stessa amministrazione comunale pertanto, il Comune non può negare la sanatoria relativamente alle opere non colpite da precedente diniego di sanatoria e perciò già condonate implicitamente ancor prima del decorso del termine biennale del silenzio assenso” . Lettera G. Si lamenta sostanzialmente che il provvedimento impugnato è stato emesso in assenza di un’adeguata motivazione ed istruttoria e si sostiene che sulla domanda di condono si è formato il silenzio-assenso per decorso del termine biennale di cui all’art. 35 della legge sopracitata o, in subordine, che detto silenzio-assenso si è comunque formato proprio perché all’epoca della domanda di condono non sussisteva il vincolo. Con tale motivo si afferma che sulla domanda di condono si è ormai formato il silenzio-assenso per decorso del termine biennale di cui all’art. 35 della L. 28.2.1985, numero 47 e si osserva che, se è vero che ai sensi dell’art. 35 della legge numero 47/1985 una domanda di condono edilizio deve considerarsi accolta per silenzio-assenso ove siano trascorsi ventiquattro mesi dalla domanda, è altrettanto vero che detto silenzio-assenso non può formarsi nel caso in cui il condono riguardi un manufatto ricadente in una zona soggetta a vincolo paesaggistico, come rappresentato dall’Ente. 4. La sentenza impugnata ha respinto il ricorso di primo grado. 5. Il ricorso in appello è affidato alle seguenti censure così epigrafate. A Sulla erroneità della sentenza impugnata per mancato accoglimento del primo motivo circa la valutazione dei presupposti di fatto. Eccesso di potere per contraddittorietà e disparità di trattamento. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 3 della Costituzione. B Sulla erroneità della sentenza impugnata per carenza di valutazione dei presupposti di fatto. Sulla erronea interpretazione e applicazione da parte della sentenza impugnata dell’art. 28 L. 1150/42. C Sulla erroneità e irragionevolezza della sentenza impugnata circa il mancato accoglimento del secondo motivo inerente la erronea valutazione dei presupposti di fatto. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3, 1 comma, L. numero 241/1990 per difetto di motivazione. Eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti e carenza di istruttoria. Violazione del principio del legittimo Affidamento. D Sulla carenza di motivazione della sentenza impugnata circa il terzo motivo inerente la violazione e falsa applicazione dell’ art. 30, DPR 6.6.2001, numero 380 per difetto di motivazione. Violazione delle disposizioni in materia di successione nel tempo delle leggi divieto di retroattività. Eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti e carenza di istruttoria. E Sulla carenza di motivazione della sentenza impugnata inerente il mancato accoglimento del quarto motivo circa la violazione e falsa applicazione dell’art. 30, dPR 6.6.2001 numero 380, dell’art. 23, legge regionale 15 dell’11.08.2008, della legge 326/2003, della legge regionale 12/2004 per difetto di motivazione e falsa applicazione della procedura. Eccesso ed abuso di potere per erronea valutazione dei fatti e carenza di istruttoria. F Sulla erroneità e carenza di motivazione il quinto motivo inerente la violazione e falsa applicazione della legge numero 241/1990 per difetto di motivazione. Eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti e carenza di istruttoria. Lesione del diritto di difesa. G Sulla erroneità della sentenza impugnata in riferimento al quinto motivo inerente la conclusione della prima pratica di condono con il silenzio assenso. H Sulla erronea valutazione della sentenza impugnata circa la violazione e falsa applicazione degli articoli 31, 32 e 35 della L. 28.02.85, numero 47 ed eccesso di potere sotto il profilo del difetto assoluto di motivazione. I Sulla carenza di motivazione della sentenza impugnata circa la violazione e falsa applicazione della L. 28.2.85 numero 47, per eccesso di potere. L Sulla carenza di motivazione della sentenza impugnata inerente al giudicato penale in tema di lottizzazione abusiva e sulla natura della confisca. 6. Il Collegio ritiene di dover richiamare, quasi integralmente, le censure relative all’impugnazione dei dinieghi di sanatoria contenute sotto le lettere G e H . Lettera G . [] L’ordinanza impugnata di confisca rappresenta la conseguenza del diniego dell’istanza di condono del piccolo fabbricato rurale. In realtà, preme rilevare che l’immobile doveva già ritenersi condonato in base al principio del silenzio-assenso ed a quello della prescrizione dell’oblazione sulla cui domanda la sentenza impugnata de qua nulla statuisce. []. Una breve ricostruzione degli antefatti storico - giuridici contribuirà, senza alcuna pretesa di completezza, a chiarire la portata della questione.[]. Ove l’edificazione abusiva ricada in zona sottoposta a vincolo, il richiedente dovrà, inoltre, ottenere i pareri favorevoli dalle autorità preposte alla tutela dei vincoli ambientali, paesaggistici o diversi. Il meccanismo previsto, in relazione al pagamento dell’oblazione, dalla L. 47/85 può, dunque, riassumersi nei tre punti seguenti A. l’oblazione interamente corrisposta estingue i reati” art. 38, comma 2 B. la corresponsione dell’oblazione sospende i termini dei procedimenti amministrativi e giurisdizionali” art. 44, comma 1 C. decorso il termine perentorio di ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda, quest’ultima si intende accolta”, Inoltre , trascorsi trentasei mesi” dalla proposizione della domanda anzidetta si prescrive l’eventuale diritto al conguaglio o al rimborso spettanti” all’amministrazione comunale art. 35, c.comma 12 e 13 . In alternativa all’iter ordinario” così sommariamente descritto, la stessa legge prevede che sulle domande di concessione in sanatoria passa formarsi il silenzio-assenso, in presenza di alcuni presupposti. In particolare, nel suo impianto originario, l’art. 35 prevedeva che si formasse il silenzio-assenso qualora l’istanza di condono fosse 1. tempestiva, 2. veritiera o meglio, non dolosamente infedele , 3. non inerente aree gravate da vincoli di inedificabilità assoluta. In tal senso, è orientata anche la giurisprudenza amministrativa TAR Lombardia, MI, II, 18 novembre 1999, numero 3732 ai sensi dell’art. 35 commi 18 e 19 testo vigente L. 28 febbraio 1985 numero 47, il termine perentorio di ventiquattro mesi al cui compimento si forma il silenzio assenso decorre sempre dalla presentazione della domanda, tranne nelle ipotesi di cui all’art. 33 in cui non inizia mai a decorrere e in quelle di cui al comma 1 dell’art. 32 in cui inizia a decorrere dall’emissione del parere , significando che anche nelle ipotesi di cui al comma 2 dell’art. 33 il termine decorre dalla domanda, quanto meno quando la valutazione sulla sicurezza del traffico sia rimessa alla stessa amministrazione comunale pertanto, il Comune non può negare la sanatori a relativamente alle opere non colpite da precedente diniego di sanatoria e perciò già condonate implicitamente ancor prima del decorso del termine biennale del silenzio assenso” . Altresì, è doveroso specificare che, in ogni caso, in nessun altro vizio sono incorsi i ricorrenti anche in riferimento al mancato rispetto dei vincoli paesaggistici, come dedotti dall’amministrazione, da cui non si rinviene in tal senso nessuna istruttoria se non un mero richiamo alla legislazione nazionale e regionale in materia. Ed invero, si deve ritenere che la zona su cui è stato edificato il manufatto rurale non è gravata da alcun vincolo di inedificabilità assoluta in quanto tale insanabile, semmai, come anche meramente ipotizzato dall’amministrazione, il vizio incorso dagli odierni ricorrenti atterrebbe al mancato rispetto di un vincolo paesaggistico che necessita del parere favorevole del comitato urbanistico regionale ossia a un vizio di procedura relativo c.d. vincolo di inedificabilità relativo che in quanto tale è sanabile. Ebbene, su tale doglianza, l’ordinanza de qua risulta del tutto carente sotto il profilo di istruttoria nonché di motivazione, così come erroneo oltre che carente di motivazione deve ritenersi a tale riguardo l’assunto della sentenza impugnata. Lettera H . Si sostiene che sulla domanda di condono si è formato il silenzio-assenso per decorso del termine biennale di cui all’ art. 35 della legge sopracitata o, in subordine, che detto silenzio-assenso si è comunque formato proprio perché all’epoca della domanda di condono non sussisteva il vincolo. Con tale motivo si afferma che sulla domanda di condono si è ormai formato il silenzio-assenso per decorso del termine biennale di cui all’art. 35 della L. 28.2.1985, numero 47 e si osserva che, se è vero che ai sensi dell’ art. 35 della legge numero 47/85 una domanda di condono edilizio deve considerarsi accolta per silenzio-assenso ove siano trascorsi ventiquattro mesi dalla domanda, è altrettanto vero che detto silenzio assenso non può formarsi nel caso in cui il condono riguardi un manufatto ricadente in una zona soggetta a vincolo paesaggistico, come rappresentato dall’Ente. Ebbene, la sentenza impugnata de qua nulla motiva a tale riguardo. 7. Si è costituito in giudizio il Comune di Fondi in limine litis eccependo l’inammissibilità dell’avverso ricorso e di tutti i motivi ivi enucleati, per violazione dell’art. 101 del d.lgs. 104/2010. 8. L’eccezione di inammissibilità del ricorso in appello è infondata perché i ricorrenti non si sono limitati alla mera riproposizione dei motivi di primo grado, ma hanno ampiamente censurato la sentenza impugnata. 9. Il provvedimento impugnato in primo grado si compone, per quel che qui interessa, di due distinte disposizioni a il diniego delle predette domande di condono edilizio presentate dai sigg.ri Ricco Giuseppe, in data 01/04/1986 con prot. numero 1/7805 e Ricco Paolo, in data 01/04/1986 con prot. numero 1/7804 perché - la trasformazione, attraverso il frazionamento e la vendita in lotti, le cui caratteristiche quali dimensioni, in relazione alle realizzate strade come opere di urbanizzazione, denotano inequivocabilmente una destinazione a scopo edificatorio - che come si evince dagli atti di cui sopra, nel corso degli anni vi è stato un notevole trasferimento di proprietà con atti tra vivi, nonché una notevole trasformazione urbanistica ed edilizia dei terreni, in evidente violazione delle destinazioni d’uso del P.R.G. e delle vigenti disposizioni di legge in materia di lottizzazione - che dalle visure catastali, risultano esservi stati atti di alienazione dei terreni in questione che configurano una lottizzazione giuridica abusiva, priva di autorizzazione, terreni destinati a zona agricola V3 e ricadente in zona soggetta a vincolo paesistico nonché al vincolo di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, numero 42 ex legge 1497/39 e P.T.P. Regionale ambito 13 sub 13/3 , vincolo anteriore all’abuso de quo b l’acquisizione al patrimonio disponibile del Comune di Fondi ai sensi dell’art. 30 del d.P.R. 380/2001 nonché dell’art. 23 della l. r. numero 15 dell’11 agosto 2008 dei terreni, nonché dei manufatti abusivi, atteso che si sono verificate le condizioni per l’applicazione delle norme richiamate. 10. È principio giurisprudenziale recepito che Ove l’atto impugnato provvedimento o sentenza sia legittimamente fondato su una ragione di per sé sufficiente a sorreggerlo, diventano irrilevanti, per difetto di interesse, le ulteriori censure dedotte dal ricorrente avverso le altre ragioni opposte dall’autorità emanante a rigetto della sua istanza” Cons. Stato, sez. VI, 14 ottobre 2010, numero 7498 idem, 31 marzo 2011, numero 1981 . 11. Il diniego di sanatoria, contenuto nel provvedimento impugnato in primo grado, è fondato, tra l’altro, sulla circostanza che i terreni oggetto del provvedimento impugnato sono destinati a zona agricola V3 e ricadono in zona soggetta a vincolo paesistico nonché al vincolo di cui al d.lgs. 22 gennaio 2004, numero 42 ex lege 1497/39 e P.T.P. Regionale ambito 13 sub 13/3 , vincolo anteriore all’abuso de quo”. 12. Con le censure dedotte in primo grado gli odierni appellanti hanno riconosciuto che è altrettanto vero che detto silenzio-assenso non può formarsi nel caso in cui il condono riguardi un manufatto ricadente in una zona soggetta a vincolo paesaggistico, come rappresentato dall’Ente”. Sono quindi i medesimi ricorrenti ad ammettere in primo grado che sulle domande di condono non si è formato il silenzio-assenso. 13. I motivi dedotti in secondo grado e attinenti alla formazione del silenzio-assenso, per i profili inerenti il vincolo paesaggistico, sono inammissibili perché formulati, così come emerge dall’esame sinottico dei passi in precedenza riportati, per la prima volta in appello. 14. Pertanto il provvedimento impugnato, nella parte in cui rigetta le domande di condono, non può essere annullato. 15. Il ricorso è invece fondato nella parte in cui censura il provvedimento impugnato per quanto dispone l’acquisizione al patrimonio disponibile del Comune di Fondi ai sensi dell’art. 30 Lottizzazione abusiva” del d.P.R. 380/2001 nonché dell’art. 23 Lottizzazione abusiva” della l. r. del Lazio numero 15 dell’11 agosto 2008 dei terreni, nonché dei manufatti abusivi. Il Collegio ritiene di dover evidenziare che l’acquisizione è stata disposta per la ritenuta sussistenza della sola lottizzazione abusiva. 16. Il Collegio ritiene di dover confermare l’orientamento della Sezione secondo il quale perché si possa ritenere sussistente la lottizzazione negoziale, sulla base non della realizzazione di alcune opere, quanto del frazionamento contrattuale di un più vasto terreno con la creazione di lotti sufficienti per la costruzione di un singolo edificio, ciò deve essere desumibile in modo non equivoco dalle dimensioni e dal numero dei lotti, dalla natura del terreno, dall’eventuale revisione di opere di urbanizzazione e dalla loro destinazione a scopo edificatorio” Cons. Stato, sez. III, 11 settembre 2012, numero 4800 . In altre parole non è, sufficiente il riscontro della vendita di un fondo ricavato da un più ampio appezzamento di terreno, per far emergere i profili dell’intento lottizzatorio, occorrendo, a tal fine, che la suddivisione in lotti per dimensioni, per natura del terreno e per numero evidenzi la loro destinazione a scopo edificatorio” Cons. Stato, sez. IV, 19 giugno 2014, numero 3115 . Tale conclusione, del resto, è del tutto conseguente al disposto normativo, dato che lo stesso art. 18 della legge numero 47 del 1985 richiede, affinché sia riscontrabile una lottizzazione abusiva del tipo considerato, che la suddivisione in lotti denunci in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio. Non sono quindi sufficienti il frazionamento e la vendita, ma occorre anche l’esistenza, e l’accertamento, di elementi tali da denunciare in modo obiettivo la destinazione a scopo edificatorio” del che non è traccia nella fattispecie in esame. La sentenza appellata afferma infatti che il provvedimento impugnato segue la precedente ordinanza numero 502 del 4 luglio 1992, con cui il Comune di Fondi ha iniziato a perseguire un esteso fenomeno di lottizzazione abusiva sviluppatosi in località Selva Vetere. Orbene l’ordinanza del 1992 richiamava atti susseguiti nell’arco temporale intercorrente tra il 1979 e 1992, con la conseguenza che solo a distanza di tredici anni dal primo atto sospettato di integrare una lottizzazione abusiva, il Comune di Fondi aveva acquisito la consapevolezza del disegno lottizzatorio. Merita quindi adesione la prospettazione avanzata dai ricorrenti nel primo motivo del ricorso in appello con il quale si evidenzia che quando il de cuius sig. Ricco Michele nel lontano 1981 edificò tale manufatto, lo stesso - era ed è rimasto - per lunghi anni una singola unità abitativa con fattezze rurali in aperta campagna e molto distante dalle altre abitazioni del contesto cittadino. E certamente l’intento del predetto de cuius non era di urbanizzazione ma, al contrario, era specificatamente di far stare la propria famiglia in un contesto prettamente agricolo-rurale e tale contesto rurale è rimasto immutato per anni, così come immutato - sino ad oggi - è rimasto lo stato del manufatto de quo, né sono stati realizzati sullo stesso lavori atti a violare qualsiasi norma urbanistica sia intervenuta successivamente”. 17. Il provvedimento impugnato deve quindi essere annullato nella parte in cui dispone l’acquisizione al patrimonio comunale degli immobili ivi indicati. 18. L’oggettiva difficoltà di distinguere le singole e molteplici fattispecie indicate nel provvedimento impugnato giustifica la compensazione delle spese di giudizio per entrambi i gradi. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Sesta definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte e, per l’effetto, annulla l’ordinanza numero 39 del 18 febbraio 2001 del dirigente del settore 4 del Comune di Fondi LT nella sola parte in cui dispone che i terreni e i manufatti abusivi di proprietà degli appellanti sono acquisiti di diritto al patrimonio disponibile del Comune di Fondi. Spese del doppio grado compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.