Nessun cartello di divieto per il garage posizionato in una strada chiusa

Il cittadino che abita in una zona residenziale privata non ha diritto ad ottenere dal comune la licenza di passo carrabile da affiggere all’ingresso del garage. Anche se l’area è potenzialmente aperta al pubblico quello che discrimina è infatti l’uso effettivo della strada da parte di una collettività indifferenziata. E conseguentemente la possibilità di applicare o meno le regole del codice stradale.

Lo ha chiarito il Consiglio di stato, sez. V, con la sentenza n. 4940 del 28 ottobre 2015. Il caso. Un residente ha ottenuto dal comune di Reggio Calabria la concessione per l’apertura di un passo carrabile in prossimità del suo garage posizionato in una zona privata, poco trafficata. Contro questa determinazione alcuni vicini hanno proposto ricorso al Tar che ha accolto le doglianze. E il Consiglio di stato ha confermato questa decisione. Anche se il codice stradale si applica pure alle strade private è determinante la finalità del manufatto. In caso di strada aperta al pubblico, infatti, non ci sono dubbi di sorta. Nel caso sottoposto all’esame dei giudici di palazzo Spada la strada in esame non è neppure inserita nell’elenco delle strade comunali. Oltre al dato formale della sua classificazione, prosegue la sentenza, si può rilevare che l’intera area in questione non può rientrare tra quelle naturalmente destinate ad uso pubblico, non essendo idonea a soddisfare le esigenze della collettività, vale a dire un numero indeterminato di cittadini, essendo del tutto priva oltre l’accesso, di qualsiasi altro collegamento con la viabilità comunale del centro abitato, in quanto strada cieca che si esaurisce di fronte ad un immobile privato dopo una curva del resto la perizia giurata , descrive una strada con singoli proprietari dei fabbricati che hanno realizzato le opere di urbanizzazione primaria, rete idrica e fognante collegati a valle alla rete comunale, assenza parziale di pavimentazione bituminosa e di marciapiedi, questo ultimo requisito caratteristico delle vie pubbliche”. Per sostenere adeguatamente l’uso pubblico dell’area a parere del collegio non è sufficiente neppure la presenza di un esercizio commerciale o di una scuola di musica. In buona sostanza se l’area è privata e interdetta di fatto al pubblico passaggio il comune non può rilasciare concessioni stradali e neppure applicare sanzioni.

Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 13 – 28 ottobre 2015, n. 4940 Presidente Torsello – Estensore Prosperi Fatto e diritto Con il ricorso n. 535, registro generale del 2005, D. B., G. R., M. C. e B. R. chiedevano al Tar di Reggio Calabria l’annullamento del provvedimento con il quale il Comune di Reggio Calabria aveva concesso a favore di G. A. S. il passo carrabile al n. 10 della Traversa II della via . Esponevano in fatto i ricorrenti di essere proprietari di quattro unità immobiliari facenti parte di un fabbricato composto di cinque unità, di cui la quinta di recente acquistata dallo S. e che la Traversa II in questione non era di proprietà comunale, ma privata e neppure aperta al pubblico transito, trattandosi di una strada cieca utilizzata dai soli residenti, elementi questi richiamati in passato dall’amministrazione comunale per negare analoga concessione in parola. Il Tar, con la sentenza n. 712 dell’8 maggio 2006, accoglieva il ricorso, affermando che era pacifico tra le parti in causa che la Traversa II fosse un’area di proprietà privata, nemmeno destinata dalle sue caratteristiche ad uso pubblico e che dunque il Comune aveva erroneamente applicato l’art. 22 del codice della strada. Con appello notificato in Consiglio di Stato il 27 ed il 28 luglio 2006 G. A. S. impugnava la sentenza in questione, ribadendo l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto assoluto di interesse, in quanto i quattro ricorrenti, una volta rilasciato il passo carrabile per il garage a favore dell’appellante, avevano occupato tutto lo spazio libero esterno che prima era occupato dai mezzi della famiglia dello S. e ciò senza alcun contrasto da parte di chicchessia, trattandosi degli unici abitanti della strada. Lo S. insisteva poi sull’erronea qualificazione di strada privata riconosciuta dal Tar alla Traversa II, poiché il passaggio sulla stessa veniva esercitato da una collettività di persone appartenenti ad una comunità, la concreta idoneità della stessa strada a soddisfare esigenze di interesse di collegamento, l’uso immemorabile da parte del pubblico rappresentato dall’assenza di cancelli o sbarre per la limitazione dell’accesso, dalla larghezza in 10 m., dalla presenza di attività commerciali, dall’illuminazione e di tubazione pubbliche ed al collegamento alla rete fognaria. Né si poteva richiamare in diverso avviso il diniego di rilascio di passo carraio nei confronti di Marianna Alati, negato perché richiesto da una sola comproprietaria di immobile. L’appellante concludeva per l’accoglimento del ricorso con vittoria di spese. Si costituiva in giudizio ad adiuvandum il Comune di Reggio Calabria ed inoltre l’appellato D. B., sostenendo l’inammissibilità dell’appello perché notificato in unica copia, in luogo di quattro, al difensore costituito degli appellati e chiedendo tramite appello incidentale la condanna dell’appellante alle spese di giudizio anche per il primo grado. Alla odierna udienza del 13 ottobre 2015 la causa è stata trattenuta in decisione. Si deve dapprima rilevare l’inammissibilità dell’intervento del Comune di Reggio Calabria, costituitosi in giudizio per sostenere le ragioni dell’appellante G. A. S Infatti l’origine alla controversia è stata la concessione del passo carrabile in favore di S. G. A., acquirente della quinta unità immobiliare del fabbricato è pacifico che il Comune era parte resistente nel giudizio di primo grado nella qualità di autorità che aveva emanato l’atto impugnato ed a fronte dell’accoglimento del ricorso e del conseguente annullamento della concessione sopraindicata, lo stesso era tenuto a proporre appello avverso la sentenza del Tar reggino nella qualità di pubblica amministrazione che aveva emesso il provvedimento e non poteva intervenire nel processo in adesione alle tesi del concessionario originario, direttamente interessato al rilascio della concessione, ma poteva rivestire esclusivamente le vesti di parte principale nella qualità di appellante. Ancora preliminarmente si può superare l’eccezione formulata dall’appellato D. B., inerente la violazione dell’art. 330 c.p.c. per la notifica dell’atto di appello presso il procuratore domiciliatario in primo grado in una sola copia e non nel numero pari a quello dei ricorrenti in primo grado al di là del fatto che il c.p.a. prevede in questi casi con l’art. 49 comma 1 l’ordine di integrazione del contraddittorio da parte del Collegio, si rileva altresì che il seguente comma 2 stabilisce l’irrilevanza di tale passaggio processuale nei casi in cui il ricorso sia manifestamente infondato. Infatti il Collegio ritiene di concordare con le tesi rappresentate dalle difese degli appellati e con quanto affermato nella sentenza impugnata. In primo luogo appare destituita di fondamento la censura inerente il difetto di interesse dei ricorrenti in primo grado, in quanto la concessione di passo carrabile avrebbe permesso lo sgombero da parte del concessionario dei suoi mezzi automobilistici parcheggiati nella Traversa II della via , creando così maggiori spazi disponibili per i residenti. Tale interesse, così come rappresentato, ha natura di interesse di mero fatto in quanto la ragione dei ricorrenti risiede nell’escludere gli interventi autoritativi comunali dalla disciplina del parcheggio all’interno della Traversa II in parola. In secondo luogo, principalmente, la natura della Traversa II ne fa una strada tipicamente privata e ciò per le sue caratteristiche, del resto recepite dagli uffici comunali di Reggio Calabria, i quali non l’hanno inserita nell’elenco delle strade comunali. Oltre al dato formale della sua classificazione, si può rilevare che l’intera area in questione non può rientrare tra quelle naturalmente destinate ad uso pubblico, non essendo idonea a soddisfare le esigenze della collettività, vale a dire un numero indeterminato di cittadini, essendo del tutto priva oltre l’accesso, di qualsiasi altro collegamento con la viabilità comunale del centro abitato, in quanto strada cieca che si esaurisce di fronte ad un immobile privato dopo una curva del resto la perizia giurata dell’architetto Amaddeo prodotta nel giudizio di primo grado ed i cui contenuti non sono adeguatamente contestati nell’appello in esame, descrive una strada con singoli proprietari dei fabbricati che hanno realizzato le opere di urbanizzazione primaria, rete idrica e fognante collegati a valle alla rete comunale, assenza parziale di pavimentazione bituminosa e di marciapiedi, questo ultimo requisito caratteristico delle vie pubbliche si aggiunga che la presenza di un esercizio commerciale di vicinato e di un centro musicale non possono integrare quei requisiti connessi all’uso generale da parte di una collettività indiscriminata di cittadini che costituiscono gli indici rivelatori della via pur privata, ma irreversibilmente destinata ad uso pubblico. Per concludere l’appello deve essere respinto, mentre va accolto l’appello incidentale proposto dall’appellato D. B. in punto di condanna dello S. al pagamento delle spese anche per il primo grado di giudizio queste vanno limitate al solo B., costituito nel presente grado e ridotte nella loro entità, visto il sopra riportato rigetto dell’eccezione di inammissibilità concernente la notificazione dell’appello. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta , definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l'effetto, conferma la sentenza impugnata. Condanna G. A. S. al pagamento a favore di D. B. delle spese del doppio grado di giudizio, liquidandole in complessivi €. 2.000,00 duemila/00 oltre accessori. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.