Anonimato e prove: il connubio è imprescindibile

La violazione del principio di anonimato, infatti, è il diretto portato del principio costituzionale di uguaglianza e di quelli del buon andamento e dell'imparzialità della pubblica amministrazion, con la conseguenza che la condotta dell'Amministrazione e di chi svolge le sue funzioni, è considerata già ex ante implicitamente come offensiva, se connotata dall'attitudine a porre in pericolo o anche soltanto a minacciare il bene protetto.

Il caso. La questione posta all'attenzione della VI Sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4474/2015, ha riguardato le prove di ammissione al corso di laurea in medicina che si è svolto nel 2013, sulla base delle direttive impartite dal competente Ministero ed ha portato la Sezione a decidere diversamente da quanto stimato dal primo giudice il quale aveva ritenuto compito ordinario e legittimo quello del controllo dei Commissari, essendo la regola dell'anonimato vigente solo in sede di correzione. Opposta l'interpretazione del Collegio, che ha condiviso i motivi di appello dell'aspirante medico. In sostanza, è stata illegittima la decisione dei commissari che, prima della correzione degli elaborati, sono stati in grado di attribuire il codice abbinato a ciascun candidato, il che ha comportato la tracciabilità dell'elaborato sia da parte dei Commissari che degli stessi candidati potenzialmente in grado di intervenire su questi ultimi. Ciò' inevitabilmente ha violato il principio dell'anonimato, dal momento che l'elaborato è diventato riconoscibile prima della sua valutazione e dell'assegnazione della sua posizione in graduatoria, rendendo possibile, quanto meno in astratto, l'alterazione dei risultati della prova. Il comportamento tenuto dai Commissari e risultante dai verbali redatti delle operazioni compiute ha così messo a rischio ogni accorgimento predisposto a livello normativo generale e di settore per garantire l'anonimato nella fase di correzione, essendo stato consentito ai commissari di verificare la concordanza tra i dati contenuti nella scheda anagrafica e il documento di identità del candidato e di sapere quindi a chi apparteneva quel determinato codice prima della correzione. La decisione della VI Sezione si è mossa peraltro, sulla base di quanto deciso dll'Adunanza plenaria con la sentenza n. 26/2013. L’anonimato garantisce l’uguaglianza. Con tale succitata sentenza, è stato affermato che il criterio dell'anonimato nelle prove scritte delle procedure di concorso – nonché in generale in tutte le pubbliche selezioni - costituisce il diretto portato del principio costituzionale di uguaglianza nonché specialmente di quelli del buon andamento e dell’imparzialità della pubblica amministrazione, la quale deve operare le proprie valutazioni senza lasciare alcuno spazio a rischi di condizionamenti esterni e dunque garantendo la par condicio tra i candidati. Tale criterio, costituendo appunto applicazione di precetti costituzionali, assume una valenza generale ed incondizionata, mirando esso in sostanza ad assicurare la piena trasparenza di ogni pubblica procedura selettiva e costituendone uno dei cardini portanti. L’esigenza dell’anonimato si traduce infatti a livello normativo in regole che tipizzano rigidamente il comportamento dell’Amministrazione imponendo come ha fatto ad es. il D.M. 10.6.2010 per la selezione in controversia una serie minuziosa di cautele e accorgimenti prudenziali, inesplicabili se non sul presupposto dell’intento del Legislatore di qualificare la garanzia e l’effettività dell’anonimato quale elemento costitutivo dell’ interesse pubblico primario al cui perseguimento tali procedure selettive risultano finalizzate. Ed è conseguenza, quindi, che allorché l’Amministrazione si scosta in modo percepibile dall’osservanza di tali vincolanti regole comportamentali si determina una illegittimità di per se rilevante e insanabile, venendo in rilievo una condotta già ex ante implicitamente considerata come offensiva in quanto appunto connotata dall’attitudine a porre in pericolo o anche soltanto minacciare il bene protetto dalle regole stesse. In conclusione, ha sottolineato l'Adunanza, mutuando la antica terminologia penalistica, può affermarsi che la violazione dell’anonimato da parte della Commissione nei pubblici concorsi comporta una illegittimità da pericolo c.d. astratto cfr. in termini VI sez. n. 3747/2013 citata e cioè un vizio derivante da una violazione della presupposta norma d’azione irrimediabilmente sanzionato dall’ordinamento in via presuntiva, senza necessità di accertare l’effettiva lesione dell’imparzialità in sede di correzione.

Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 16 giugno – 24 settembre 2015, numero 4474 Presidente Baccarini – Estensore Mosca Fatto 1. Dalla documentazione acquisita agli atti risulta che l'attuale appellante e originario ricorrente si rivolgeva al TAR per l'Abruzzo per l'annullamento della graduatoria unica del concorso per l'ammissione al corso di laurea in medicina e chirurgia dell'Ateneo di Chieti, pubblicata in data settembre 2013, in cui, pur idoneo, non risultava ammesso. Chiedeva, altresì, l'accertamento del diritto ad essere ammesso in sovrannumero e in subordine, il risarcimento dei danni e la condanna specifica, ai sensi dell'articolo 30, comma 2 del codice del processo amministrativo. Il ricorrente lamentava, infine, la violazione dei principi di segretezza della prova e dell'anonimato, nonché' della trasparenza e parità' di trattamento. 2. Il primo giudice respingeva il ricorso, evidenziando a. il contenuto della sentenza dell'Adunanza plenaria numero 2/2013 che ha puntualizzato le circostanze in cui può' essere violato il principio dell'anonimato da una condotta dell'Amministrazione di per sè idonea a creare un pericolo astratto b. che, nella specifica situazione, i candidati sono stati identificati all'ingresso in aula, compilando la scheda anagrafica contenente il codice Cineca che consente il controllo durante lo svolgimento della prova per evitare sostituzioni di persona, nonchè al momento della consegna, confrontando la scheda anagrafica e il documento di identità' per assicurare la trasparenza e la correttezza della selezione c. che l'attività dei commissari d'esame in sede di identificazione e di svolgimento della prova è limitata a compiti di controllo, in modo che ogni elaborato sia effettivamente riferibile al suo autore, senza che vi sia alcuno scambio fraudolento d. la regola dell'anonimato vige in sede di correzione che, per la tipologia della selezione, è rimessa all'elaboratore elettronico e. la prova scritta, inserita in buste chiuse e anonime, è individuabile, tramite una finestrella posta in alto a destra, mediante il solo codice a barre dell'elaborato, mentre le schede anagrafiche di presenza e di controllo sono conservate, sempre in busta sigillata e controfirmata, dall'Ateneo ai fini dell'abbinamento finale f. la correzione rappresenta una fase separata e successiva che sfugge alla totale cognizione dei commissari e avviene, in modo anonimo, da parte del Cineca, cui i moduli vengono trasmessi con plichi sigillati e controfirmati anche da due candidati-testimoni g. il Cineca elettronicamente visiona e corregge gli elaborati, sulla base del solo codice a barre, assegnando il punteggio e trasmettendo i files a ciascun Ateneo per la pubblicazione sul proprio sito accessibile a ciascun candidato che, tramite il codice alfanumerico, può verificare direttamente il punteggio riportato. L'abbinamento codice-nominativo viene fatto sempre dal Cineca, dopo l'invio dell'elenco da parte dei singoli Atenei, formulando la graduatoria nazionale e indicando i vincitori per ciascuna Università h. l'oggettiva divisione del momento della correzione e delle sue modalità di attuazione in forma completamente anonima e automatizzata, escludono la stessa presunta potenzialità di lesione dell'anonimato, garantendo a ciascun candidato la dovuta imparzialità. Conseguentemente, la censura sulla violazione del principio dell'anonimato va disattesa i. circa la questione del disagio per la presenza di sedie prive di leggio di appoggio, essa è un dato generalizzato per tutti i concorrenti e comunque la semplicità delle operazioni da farsi, consistenti nell'apporre un semplice segno nel quadratino scelto del foglio delle risposte, non può ragionevolmente provocare disagio e non costituisce motivo valido per beneficiare, strumentalmente e in violazione della stessa parità concorsuale, di una iscrizione soprannumeraria o per ottenere l'annullamento dell'intera graduatoria di Ateneo j. circa l'abolizione del bonus maturità', essa è disposizione generalizzata per tutto il territorio nazionale e la relativa censura si prospetta inammissibile, in quanto la parte ricorrente non ha dimostrato che l'utilizzo del bonus avrebbe determinato una sua diversa posizione in graduatoria, tale da farla rientrare nel numero dei posti disponibili. 3. Con l'appello in epigrafe, è stato evidenziato che a. vi è la prova che l'anonimato è stato violato, in quanto il Ministero per le prove dell’anno in corso ha segnalato la necessità' di modifiche alla consueta procedura di compilazione e raccolta delle schede anagrafiche, a seguito della pronuncia dell'Adunanza plenaria numero 26/2013, nel senso che ha cessato di far annotare il codice segreto accanto al nome del candidato. Analogamente, non è più imposto che il documento di identità debba essere posto in evidenza sul banco in modo da poter essere consultato dai membri della commissione in ogni momento. E anche che si proceda alla sostituzione della busta contenente il modulo di risposte e che questa non abbia segni di riconoscimento. Rilevante è ancora che, diversamente dall’anno precedente, il responsabile d'aula invita i candidati ad aprire la busta del plico, a compilare prioritariamente la scheda anagrafica, a sottoscriverla e a reinserirla immediatamente nella busta del plico, in modo che non possa essere visibile nel corso dello svolgimento della prova. Il Ministero ha, quindi, introdotto una seconda busta. Le novità stabilite per l’anno in corso pongono in risalto, altresì, le errate modalità che, nelle prove contestate, hanno inciso sull'anonimato. Aver introdotto, infatti, una busta per sigillare la scheda anagrafica significa palesemente evitare l'abbinamento codice segreto-nome del candidato b. nel caso di specie, i commissari hanno abbinato codice segreto e nome del candidato e hanno verbalizzato, in tal senso, prima della correzione, avendo avuto la possibilità, per tutta la prova, di conoscere tale abbinamento, visto che il nome era ricavabile dai cartellini apposti sul petto e dalla carta di identità' sul banco e il numero segreto leggibile in ogni foglio della prova di concorso che i candidati avevano ugualmente sul banco. A verbale si è dato atto, peraltro, che i commissari hanno, al momento della consegna finale dei compiti, nuovamente identificato i candidati, previo appello nominale in ordine alfabetico e previa verifica del codice segreto c. tutelare l'anonimato significa che l'elaborato non deve essere mai riconoscibile se non prima dell'assegnazione della posizione in graduatoria e comunque lo può essere solo dopo la sua valutazione. Del resto, la correzione automatica volta a garantire una correzione assolutamente oggettiva, se non assistita in maniera rigorosa dall'anonimato, finisce, al contrario, per favorire la possibile alterazione dell'elaborato , senza che si possa dimostrare che ciò' sia avvenuto. La presenza del codice alfanumerico in tutta la documentazione di concorso è così un vizio decisivo d. ulteriori vizi sono costituiti dall'ordine di compilare, prima dell'inizio della prova, la scheda anagrafica e collocarla in evidenza sul banco insieme con la carta di identità' per tutta la durata della prova. La presenza del codice in uno con la carta di identità' sgretola l'anonimato e ogni garanzia, in quanto il codice a barre di identificazione unica è' impresso sul modulo risposte, sull'elenco delle domande e sul foglio anagrafica. Aver obbligato i candidati a tenere in vista la carta di identità, proprio al fine di voler sapere a quale nome abbinare il codice segreto presente in tutti i fogli a disposizione del candidato, è' quindi illegittimo e. altro vizio decisivo è' costituito dall'ordine di ritirare i plichi previa verifica della concordanza dei codici nei vari fogli, cioè tra i dati contenuti nella scheda anagrafica e il documento di identità del candidato, mentre nessuno deve sapere a chi appartiene quel determinato codice segreto prima della correzione. Ministero e Cineca non hanno predisposto poi accorgimenti tali da consentire che la scheda anagrafica fosse messa in una busta f. la violazione dell'anonimato si è' consumata in maniera evidente e concreta, essendovi la prova che i commissari hanno avuto la possibilità' di associare ciascun candidato, sin dall'inizio della prova, ad uno specifico codice alfanumerico rimasto impresso e visibile nella busta contenente il foglio con la griglia delle risposte cioè' la prova d'esame da correggere g. è illegittima la mancata verbalizzazione della correzione degli elaborati da parte del Cineca, come da censurare sono le condizioni in cui e' stata svolta la prova in aule e con supporti inadeguati. 4. Con l'ordinanza numero 3704 del 27 agosto 2014, questa Sezione ha accolto l'istanza cautelare, ammettendo con riserva l'attuale appellante al corso di laurea in questione e alla frequenza dei corsi di recupero. Diritto L'appello è fondato e le argomentazioni utilizzate a sostegno delle censure proposte nei motivi di appello vanno condivise per la loro ragionevolezza e logicita', richiamandosi peraltro a recenti orientamenti giurisprudenziali di questa Sezione, anche in sede cautelare, e alla decisione dell'Adunanza plenaria di questo Consiglio numero 26/2013. Diversamente da quanto stimato dal primo giudice il quale ha ritenuto compito ordinario e legittimo quello del controllo dei Commissari, essendo la regola dell'anonimato vigente solo in sede di correzione, la documentazione acquisita agli atti consente di poter affermare che i medesimi Commissari hanno illegittimamente, invero rispettando le indicazioni ministeriali oggi modificate a visionato la scheda anagrafica, abbinando il nome al codice segreto al fine di verificarne la concordanza b obbligato i candidati a compilare prioritariamente la scheda anagrafica, a sottoscriverla e a disporla accanto al documento di identità onde evitare scambi di plichi tra i candidati c costretto questi ultimi a tenere la carta di identità' sul banco e ad attendere, al termine della prova per il ritiro dei plichi, l'arrivo di un commissario che ha contestualmente verificato l'identità' con il modulo anagrafico. In sostanza, come incisivamente annotato dalla difesa dell'appellante, prima della correzione degli elaborati, i Commissari sono stati in grado di attribuire il codice abbinato a ciascun candidato, il che ha comportato la tracciabilita' dell'elaborato sia da parte dei Commissari che degli stessi candidati potenzialmente in grado di intervenire su questi ultimi. Ciò' inevitabilmente ha violato il principio dell'anonimato, dal momento che l'elaborato è diventato riconoscibile prima della sua valutazione e dell'assegnazione della sua posizione in graduatoria, rendendo possibile, quanto meno in astratto, l'alterazione dei risultati della prova. Il comportamento tenuto dai Commissari e risultante dai verbali redatti delle operazioni compiute ha così messo a rischio ogni accorgimento predisposto a livello normativo generale e di settore per garantire l'anonimato nella fase di correzione, essendo stato consentito ai commissari di verificare la concordanza tra i dati contenuti nella scheda anagrafica e il documento di identità del candidato e di sapere quindi a chi apparteneva quel determinato codice prima della correzione. La violazione del principio di anonimato che la richiamata sentenza dell'Adunanza plenaria ha ricordayto essere il diretto portato del principio costituzionale di uguaglianza e di quelli del buon andamento e dell'imparzialità della pubblica amministrazione risulta, nella specie, evidente, senza che sia necessario accertare l'effettiva lesione dell'imparzialità in sede di correzione, assumendo che la condotta dell' Amministrazione e di chi svolge le sue funzioni, sia considerata già ex ante implicitamente come offensiva, per essere connotata dall'attitudine a porre in pericolo o anche soltanto a minacciare il bene protetto. La fondatezza dei primi due motivi di appello consente di evitare l'esame degli ulteriori due motivi, il cui esito non può influire comunque sulla decisione di questi Collegio di accogliere il gravame e di sciogliere la riserva, formulata in sede di accoglimento dell'istanza cautelare, ammettendo l'appellante al corso di laurea cui ha aspirato. Ciò nel rispetto del principio costituzionale di effettività della tutela e alla luce di quanto affermato anche nella recente sentenza di questa Sezione numero 2935 del 9 giugno 2014, in fattispecie analoga Questo Collegio ritiene, infine, di compensare, tra le parti, le spese del presente grado di giudizio, in ragione della complessità della vicenda . P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Sesta definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe ricorso numero 5716 del 2014 , in riforma della sentenza impugnata accoglie l 'appello nei sensi di cui in motivazione. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.