Se la P.A. amplia la motivazione, il provvedimento è impugnabile in quanto dà luogo ad una conferma propria

Il concetto di atto meramente confermativo” deve essere definito in modo rigorosamente restrittivo, in quanto da esso si fa derivare una severa limitazione alla tutela giurisdizionale di legittimità. In effetti, è opinione comune che non si possa parlare di atto meramente confermativo” quante volte il nuovo atto si basi su una nuova motivazione o, comunque, abbia introdotto e discusso nuovi argomenti motivazionali, pur giungendo alle stesse conclusioni dell’atto confermato.

E' quanto affermato dal Consiglio di Stato, sez. III, nella sentenza n. 3423 dell’8 luglio 2015. Il doppio contenzioso. Il titolare di una farmacia, avente sede nel Comune di Muggia, chiede il trasferimento della medesima in un'altra zona del Comune medesimo. Una prima istanza di trasferimento, avanzata nel 2012, viene respinta dall’Azienda Sanitaria n. 1 Triestina”. Il diniego viene impugnato ed il TAR, con sentenza n. 433/2013, lo accoglie, sulla base del rilievo che quando era stato pronunciato il diniego medesimo si era già formato il silenzio-assenso. Tuttavia la sentenza del TAR venne riformata in sede di appello, con la sentenza n. 5433/2013 del Consiglio di Stato, sez. III. Con tale decisione, il Consiglio di Stato si limitò a dichiarare infondato il motivo che era stato accolto dal TAR, senza occuparsi d'altro. Dopo questa prima fase giudiziaria, viene presentata una nuova domanda di trasferimento, che viene ancora respinta sulla base della considerazione che, non essendo intervenuto alcun mutamento nello stato di fatto e di diritto, non si può che deliberare il diniego. A questo punto, viene presentato un nuovo ricorso al TAR Friuli-Venezia Giulia, proponendo motivi che, in parte, riproducono quelli già dedotti nel ricorso contro il precedente provvedimento, ma non esaminati, e in parte sono più specificamente dedicati alla motivazione del nuovo provvedimento. Il TAR si pronuncia nel merito, rigettando il ricorso con l’argomento che la domanda di trasferimento della farmacia non può essere accolta perché la nuova ubicazione è esterna rispetto alla zona originariamente assegnatale. Viene proposto, allora, appello e l'Azienda Sanitaria resistente si costituisce in giudizio, avanzando una precisa contestazione la nuova pronuncia di diniego non può essere impugnata in quanto costituisce un atto meramente confermativo” del diniego precedente, il che renderebbe inammissibile, appunto, la sua impugnazione. Conferma propria ed impropria. Come è noto, il dinamismo dell’attività amministrativa, che si esprime nel principio di continuità, e l’esigenza di assicurare in ogni momento che gli interessi pubblici siano correttamente ed adeguatamente curati, impongono alla Pubblica Amministrazione di rivedere eventualmente il proprio operato, attraverso una verifica degli atti emanati, sia sotto il profilo della legittimità che sotto quello dell’opportunità. Tali argomentazioni vengono tradizionalmente presentate come giustificazione prima della funzione di riesame, in capo alla Pubblica Amministrazione, quale proiezione dinamica della continuità, necessità ed effettività della funzionalizzazione dell’attività amministrativa. Si tratta di un potere, quello di riesame, che investe l’attività di amministrazione attiva, in quanto ampiamente discrezionale nell’ an , nel quid , ed anche nel quando. A fondamento della funzione di riesame, vi è l’autotutela della Pubblica Amministrazione, la quale può essere definita come la speciale capacità, riconosciuta dall'ordinamento, di attuare autoritativamente le proprie determinazioni, volte al perseguimento di interessi pubblici, di difendere da se stessa i propri beni, e di effettuare un ripensamento critico della propria attività provvedimentale. Ciò, in vista dell’esigenza di assicurare il più efficace perseguimento dell'interesse pubblico generale affidato alle sue cure, che costituisce, appunto, fonte di legittimazione e limite del proprio operato. Il procedimento di riesame presenta, al pari di tutti gli altri procedimenti amministrativi, una precisa articolazione in fasi e può concludersi nei seguenti modi a ritiro dell’atto precedentemente emanato annullamento o revoca b convalescenza dell’atto convalida, ratifica e sanatoria, quali provvedimenti di secondo grado diretti a conservare gli effetti fino a quel momento prodotti attraverso l'eliminazione dei vizi c conservazione dell’atto, attraverso le figure della consolidazione per inoppugnabilità, dell’acquiescenza, della conversione e della conferma, la quale costituisce la manifestazione più intensa ed espressa della volontà della Pubblica Amministrazione di conservare l’atto sottoposto a riesame. Dunque, il procedimento di riesame, quale procedimento di secondo grado, può trovare il suo epilogo nella conferma del provvedimento. La dottrina tradizionale ha polarizzato la propria attenzione sul duplice configurarsi dell’istituto della conferma nelle due forme della conferma propria ed impropria. Nel primo caso conferma propria , la conferma si configura come atto costitutivo di un procedimento, che deve essere svolto secondo proprie regole, e che si risolve in una nuova ponderazione comparativa degli interessi. L’esito di tale procedura di riesame, di carattere discrezionale, è l’adozione di un nuovo atto rispetto a quello confermato, soggetto alle ordinarie regole di impugnazione. La cosiddetta conferma impropria o atto meramente confermativo è, invece, un istituto di creazione giurisprudenziale, posto in essere per impedire l’elusione dell’inoppugnabilità dei provvedimenti amministrativi. In altri termini, attraverso la sua elaborazione, si è voluto evitare che un soggetto, leso da un provvedimento divenuto inoppugnabile per decorso del tempo, rivolgesse una domanda di ritiro all’Autorità amministrativa, per poi impugnare la decisione di rigetto della medesima. In tal senso, la giurisprudenza utilizza la denominazione di atto confermativo, o meramente confermativo, per indicare quegli atti, in cui è assente una determinazione volitiva, in cui cioè manchi una valutazione di elementi nuovi od ulteriori rispetto al provvedimento originario. La conferma impropria si risolve, sostanzialmente, nella mera riaffermazione dell’esistenza del fatto e del precedente provvedimento adottato. L’”ampliamento” della motivazione. Il Consiglio di Stato è pienamente consapevole dell'attuale dibattito giurisprudenziale sul tema e pone chiaramente in luce il fatto che occorre prestare la massima attenzione nel qualificare un atto come meramente confermativo”, in quanto da esso si fa derivare una severa limitazione alla tutela giurisdizionale di legittimità. In effetti è opinione comune che non si possa parlare di atto meramente confermativo quante volte il nuovo atto si basi su una nuova motivazione o comunque abbia introdotto e discusso nuovi argomenti motivazionali, pur giungendo alle stesse conclusioni dell’atto confermato . Un'affermazione sicuramente condivisibile, in quanto, solo in presenza di una rivalutazione degli interessi coinvolti nel procedimento di primo grado, l’atto di conferma propria si rileva in termini di nuovo provvedimento, il quale, pur reiterando le statuizioni del precedente, si sostituisce ad esso come fonte di disciplina del rapporto ed è suscettibile di autonoma impugnativa giurisdizionale. Viceversa, l’atto meramente confermativo non è autonomamente impugnabile, né riapre i termini per impugnare l’atto pregresso, laddove siano decorsi. Infatti, la giurisprudenza ha sinora fondato la qualificazione di un atto come di conferma propria, sulla base dei seguenti elementi - riesame dell’atto e dell’assetto di interesse sottostante CdS, n. 7732/2009 - acquisizione di nuovi elementi di fatto TAR Lombardia, sez. Milano III, n. 4893/2009 - avvio di una nuova istruttoria ex multis CdS, nn. 3551/2002 e 4890/2002 - autonoma e distinta valutazione TAR Liguria, sez. I^, n. 827/2003 - presenza di una diversa motivazione , od anche di nuovi elementi , CdS, n. 449/2003 - apertura di apposito procedimento , CdS, n. 619/2010 - riponderazione degli interessi coinvolti CdS, n. 6333/2001 . Il Consiglio di Stato, nella concreta fattispecie, evidenzia gli elementi di novità”, che contraddistinguono l’atto come conferma propria. Precisamente, i giudici amministrativi di appello segnalano una condotta contraddittoria da parte dell’Azienda Sanitaria. Questa, nel pronunciare la conferma del diniego, pur affermando con una certa insistenza che la nuova istanza non presenta alcun profilo di novità, né in fatto né in diritto, ha, poi punto decisivo! , sostanzialmente ampliato la motivazione. Infatti, l’Azienda, nel giustificare il diniego, ha fatto riferimento agli effetti prodotti dalla delibera n. 68/2012. Si tratta del provvedimento, con il quale il Comune, in applicazione del d.l. n. 1/2012, art. 11, ha istituito una nuova sede farmaceutica la quarta nel territorio di Muggia, assegnandole una zona di competenza e modificando correlativamente le zone assegnate alle tre farmacie preesistenti. Quindi, l’Azienda nel considerare e valutare gli effetti dell’indicato provvedimento comunale, ha dato vita ad una nuova motivazione, che non può non dar luogo ad un nuovo” provvedimento, il quale, pur denegando la richiesta, si fonda su differenti elementi di valutazione. A conforto di tale posizione, il Consiglio di Stato evidenzia che il precedente diniego non conteneva alcun riferimento, esame e valutazione della cennata deliberazione. Pertanto, si è in presenza di un quid novi di non poco conto una motivazione diversa, da quella precedentemente adottata, in quanto basata su nuove valutazioni. Precisamente, l’aver giustificato il proprio diniego di conferma, fondando il medesimo su di un nuovo elemento la delibera n. 68/2012 , introduce un elemento di indubbia novità, che contrassegna l’atto come conferma propria e, quindi, impugnabile.

Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 4 giugno – 8 luglio 2015, n. 3423 Presidente/Estensore Lignani Fatto e diritto 1. La società appellante, già ricorrente in primo grado, è titolare della farmacia Alla Marina”, in Comune di Muggia Trieste , ubicata attualmente al Lungomare Venezia, n. 3 e si dichiara interessata a trasferire l’esercizio in altra parte dello stesso Comune, al Piazzale Foschiatti, n. 4/a. Una prima istanza in tal senso, presentata nel 2012, è stata respinta dall’autorità competente, ossia dall’Azienda Sanitaria n. 1 Triestina”. E’ seguito il ricorso della società interessata al T.A.R. Friuli Venezia Giulia R.G. n. 64/2013 , il quale lo ha accolto con sentenza n. 433 pubblicata il 20 agosto 2013, ritenendo fondata ed assorbente la censura basata sulla circostanza che quando era stato pronunciato il diniego si era già formato il silenzio-assenso. Tuttavia la sentenza del T.A.R. è stata riformata dalla pronuncia di questa Sezione, n. 5433/2013, pubblicata il 14 novembre 2013. Quest’ultima decisione si limita a dichiarare infondato il motivo che era stato accolto dal T.A.R., e non si occupa dei motivi assorbiti” essi infatti non erano stati riproposti, non essendosi costituita nel giudizio di appello l’originaria ricorrente. 2. Dopo la conclusione di questa prima fase della vicenda, l’interessata ha riproposto la domanda all’Azienda Sanitaria n. 1. L’Azienda si è pronunciata con la delibera n. 241 del 19 giugno 2014 del Direttore Generale. La delibera ricostruisce minuziosamente l’iter della vicenda, con particolare riferimento al primo diniego, impugnato dall’interessata senza successo e conclude affermando che, non essendo intervenuto alcun mutamento nello stato di fatto e di diritto, non si può che deliberare nello stesso senso, ossia con il diniego. La società interessata ha inoltrato nuovamente ricorso al T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, proponendo motivi che in parte riproducono quelli già dedotti nel ricorso contro il precedente provvedimento, ma non esaminati, e in parte sono più specificamente dedicati alla motivazione del nuovo provvedimento. L’Azienda sanitaria ha eccepito l’inammissibilità del ricorso, con l’argomento che esso sostanzialmente riproduce il contenuto del precedente ricorso, già deciso. 3. Il nuovo ricorso è stato deciso dal T.A.R. Friuli-Venezia Giulia con la sentenza n. 493/2014. La sentenza premette che l’eccezione preliminare di inammissibilità non appare manifestamente infondata, ma si pronuncia comunque nel merito, rigettando il ricorso con l’argomento che la domanda di trasferimento della farmacia non può essere accolta perché la nuova ubicazione è esterna rispetto alla zona originariamente assegnatale. La società ricorrente ha proposto appello a questo Consiglio. Resistono all’appello l’Azienda Sanitaria Locale e la controinteressata Farmacia Neri, nuovamente eccependo l’inammissibilità del ricorso di primo grado, e contestandone la fondatezza nel merito. 4. Con riferimento alle questioni preliminari, si osserva innanzi tutto che non è fondata l’eccezione d’inammissibilità riferita all’invocato principio ne bis in idem”. Fatta ogni riserva riguardo alla effettiva portata di detto principio nel sistema del processo amministrativo, il Collegio ritiene che comunque esso non sia pertinente alla fattispecie. Ed invero, con il secondo ricorso al T.A.R. Friuli-Venezia Giulia l’attuale appellante ha impugnato un provvedimento formalmente e cronologicamente diverso rispetto a quello che aveva impugnato con il primo ricorso. E vi è stato un provvedimento nuovo e diverso perché l’interessata aveva proposto una nuova istanza, aprendo così un nuovo procedimento. Poiché il nuovo procedimento, conseguente alla nuova istanza, è stato definito con un provvedimento a sua volta nuovo, si deve riconoscere, almeno in linea di principio, che fosse proponibile un nuovo ricorso. 5. Ci si chiede se la pregressa vicenda ostacolasse, prima e piuttosto che il nuovo ricorso, la presentazione della nuova istanza rivolta all’autorità amministrativa. La risposta deve essere negativa. La nuova istanza non era preclusa dal giudicato formatosi sul precedente ricorso. Il giudicato aveva per oggetto unicamente la questione del silenzio-assenso invocato dalla ricorrente. Il T.A.R. sentenza n. 433/2013 aveva riconosciuto che il silenzio-assenso si era formato, desumendone l’illegittimità del successivo diniego esplicito il Consiglio di Stato sentenza n. 5433/2013 ha affermato che l’istituto del silenzio-assenso non si applica nella materia del servizio farmaceutico. Né il giudice di primo grado, né quello di secondo grado, si sono occupati di altre questioni e di conseguenza rispetto ad esse non si è formato alcun giudicato. 6. Altra questione è se la nuova istanza fosse preclusa dal provvedimento di diniego che era stato oggetto del precedente ricorso e che era ormai divenuto inoppugnabile. Anche a questo quesito si deve rispondere negativamente. Si discute di una istanza di autorizzazione al trasferimento di una farmacia, ossia della richiesta di un provvedimento discrezionale. Domande del genere possono essere proposte in ogni tempo non soggiacendo a termini di decadenza o di prescrizione e niente vieta che siano riproposte dopo un eventuale diniego, così come del resto l’autorità emanante può procedere al riesame. E’ intuitivo che in caso di riproposizione di una domanda già respinta le chancesdel richiedente saranno tanto maggiori, quanto più siano presenti elementi di novità nella situazione di fatto ovvero negli argomenti esposti, etc. ma questo profilo attiene al merito e non all’ammissibilità dell’istanza e del resto, trattandosi di valutazioni discrezionali, l’autorità emanante può, in sede di riesame, apprezzare diversamente elementi oggettivi che nella loro sostanza sono invariati. 7. Ci si chiede infine se la nuova pronuncia di diniego debba essere considerata atto meramente confermativo” del diniego precedente, il che renderebbe inammissibile la sua impugnazione. Il Collegio osserva che il concetto di atto meramente confermativo” deve essere definito in modo rigorosamente restrittivo, in quanto da esso si fa derivare una severa limitazione alla tutela giurisdizionale di legittimità. In effetti è opinione comune che non si possa parlare di atto meramente confermativo” quante volte il nuovo atto si basi su una nuova motivazione o comunque abbia introdotto e discusso nuovi argomenti motivazionali, pur giungendo alle stesse conclusioni dell’atto confermato. In questo caso, l’A.S.L., nel pronunciare il nuovo diniego, pur affermando con una certa insistenza che la nuova istanza non presenta alcun profilo di novità né in fatto né in diritto, in realtà ha sostanzialmente ampliato la motivazione, in quanto di essa fa parte la discussione interamente nuova rispetto all’atto precedente degli effetti a detta dell’A.S.L. inesistenti o irrilevanti della delibera della Giunta comunale n. 68 del 24 aprile 2012. Si tratta della delibera con la quale il Comune, in applicazione del decreto legge n. 1/2012, art. 11, ha istituito una nuova sede farmaceutica la quarta nel territorio di Muggia assegnandole una zona di competenza e modificando correlativamente le zone assegnate alle tre farmacie preesistenti fra cui quella dell’attuale appellante . Come si vedrà appresso, la delibera n. 68 assume un ruolo determinante nel merito della controversia il fatto dunque che il provvedimento dell’A.S.L. se ne occupi – sia pure per affermarne l’inconferenza - non è un dettaglio superfluo o un obiter dictum. Invece il precedente diniego della stessa A.S.L. non la menzionava neppure, forse anche perché l’istanza allora presa in esame a sua volta non la menzionava, e non poteva menzionarla perché quando l’interessata aveva presentato la sua originaria domanda 12 aprile 2012 la delibera della Giunta comunale n. 68 del 24 aprile 2012 non era ancora stata posta in essere – il che tra l’altro comportava che quell’istanza non utilizzava un argomento che invece sarebbe stato un sostegno fondamentale della pretesa avanzata. E’ vero invece che la delibera n. 68 è stata invocata dalla ricorrente nel suo primo ricorso al T.A.R. e che le difese della A.S.L. replicavano sul punto mentre, come si è detto, le due sentenze rispettivamente di primo e di secondo grado non se ne sono occupate . Ma questo attiene allo svolgimento di quel giudizio, non all’essenza della prima domanda dell’interessata e del primo diniego dell’A.S.L Concludendo sul punto, la delibera oggetto del presente giudizio non è atto meramente confermativo” rispetto al provvedimento, di analogo tenore, impugnato nel giudizio pregresso. Donde l’ammissibilità della nuova impugnazione. 8. Passando ora all’esame del merito, assume un rilievo fondamentale, come già detto, la delibera della Giunta comunale n. 68 del 24 aprile 2012, la quale in applicazione del decreto legge n. 1/2012 ha istituito una quarta sede farmaceutica nel Comune di Muggia e ha conseguentemente ridistribuito il territorio comunale fra le quattro sedi. Va notato che questa ridistribuzione del territorio ha coinvolto in modo molto penetrante la sede farmaceutica n. 3 ossia quella dell’attuale appellante. Invero la zona assegnata alla sede n. 4 quella di nuova istituzione sottrae quasi per intero il territorio già assegnato alla sede n. 3 in compenso, la delibera n. 68 modifica l’impostazione complessiva delle zone farmaceutiche, configurando con assoluta novità una zona denominata Muggia centro” e attribuendola congiuntamente e paritariamente alle sedi n. 1 e n. 3. Ora, la nuova ubicazione di Piazzale Foschiatti, cui aspira l’attuale appellante, è esterna ai confini della originaria sede n. 3 ossia alla zona come configurata prima della delibera n. 68 ma è interna alla zona denominata Muggia centro” attribuita dalla delibera n. 68 alla farmacia n. 3, sia pure congiuntamente alla farmacia n. 1 . Com’è noto, peraltro, almeno in linea di massima un titolare di farmacia è libero di scegliere l’ubicazione del suo esercizio, all’interno della zona di pertinenza, salvo il rispetto della distanza di almeno 200 metri dalla farmacia più vicina e salve le ulteriori valutazioni discrezionali del caso. 9. Nel caso in esame, l’atto dell’A.S.L., oggetto del presente giudizio, riconosce che la nuova configurazione delle zone, dopo la delibera n. 68, è quella che si è descritta, ma esprime il convincimento che nondimeno il titolare sia vincolato a mantenere il suo esercizio dentro la zona originariamente assegnatagli” ossia quella anteriore alla delibera n. 68. Peraltro è evidente che le vecchie configurazioni di zona, stabilite dalla pianta organica antecedente alla riforma del 2012, restano in vigore nei limiti in cui siano compatibili con la nuova configurazione. In questo caso, il Comune di Muggia non si è limitato ad assegnare una zona alla farmacia di nuova istituzione, e a lasciare al momento applicativo la soluzione degli eventuali conflitti tra vecchie e nuove farmacie ma si è dato carico di ridisegnare interamente la distribuzione del territorio, sostituendo una nuova pianificazione alla preesistente pianta organica. Quindi, nella misura in cui un titolare di farmacia è libero di scegliere l’ubicazione dell’esercizio all’interno della zona assegnatagli, il titolare della farmacia n. 3 di Muggia esercita tale facoltà con riferimento alla zona che gli è stata assegnata dalla delibera n. 68, vale a dire la zona Muggia Centro” che include Piazzale Foschiatti. 10. L’atto impugnato mostra di ritenere la delibera n. 68 erronea e illegittima, o comunque inapplicabile, in quanto dopo aver configurato la zona Muggia Centro”, l’assegna congiuntamente e paritariamente a due diverse farmacie, la n. 1 e la n. 3. Vi sarebbe dunque una violazione del principio per cui la pianta organica delle farmacie deve ripartire esattamente il territorio comunale fra le sedi farmaceutiche, in modo che vi sia una zona per ciascuna farmacia e non risultino né sovrapposizioni né spazi vuoti. Il Collegio osserva che in effetti tale principio è comunemente riconosciuto e osservato nella prassi, ancorché non sia esplicitamente enunciato dalla legge, siccome insito nel sistema della pianta organica e del numero chiuso. Tuttavia, è stata avanzata da più parti la tesi che sia ormai superato o quanto meno attenuato per effetto delle modifiche normative introdotte dal decreto legge n. 1/2012. Ma non è necessario risolvere ora tale questione. Ed invero, anche volendo ammettere che il divieto di promiscuità e di sovrapposizioni sia tuttora pienamente vigente ed imperativo, resta il fatto che si tratta di un criterio da applicare in sede di formazione della pianta organica, e invocabile come motivo di impugnazione. Ma ciò non impedisce che situazioni di promiscuità e di sovrapposizione si verifichino nella pratica il che può avvenire o intenzionalmente, o per inconsapevoli errori occorsi nella formazione della pianta organica e non denunciati mediante un rituale ricorso, o infine perché si tratta di assetti stabilitisi sotto la vigenza di normative meno rigorose. Dandosi dunque il caso che una certa porzione di territorio risulti assegnata contemporaneamente a due sedi farmaceutiche, la giurisprudenza afferma che ciascuno dei due farmacisti ha uguale titolo a stabilirvi il suo esercizio, salvo il rispetto della distanza canonica di 200 metri da ogni farmacia preesistente. Un caso del genere è stato deciso da questa Sezione con sentenza n. 2019 del 2013. Concludendo sul punto, dato e non concesso che la delibera n. 68 sia censurabile ma di fatto non impugnata per aver assegnato una zona contemporaneamente e paritariamente a due farmacie, ciò non esclude che l’attuale appellante possa giovarsi, nel proprio interesse, di quell’atto di pianificazione. 11. In conclusione, l’appello va accolto e in riforma della sentenza del T.A.R. va annullato l’atto impugnato in primo grado. Non vi è luogo a riconoscere all’appellante il diritto al risarcimento del danno, in quanto la presente decisione non comporta l’accertamento della doverosità dell’autorizzazione richiesta, ma solo l’annullamento del diniego in quanto basato sulla motivazione erronea che ne è stata data, con salvezza degli ulteriori provvedimenti. Spetta all’appellante il beneficio delle spese dei due gradi del giudizio, che vanno poste a carico dell’Azienda per i Servizi Sanitari n. 1, mentre nei confronti del controinteressato se ne può disporre la compensazione, attesa la peculiarità della sua posizione. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza accoglie l’appello e in riforma della sentenza appellata annulla l’atto impugnato in primo grado. Condanna l’Azienda per i Servizi Sanitari n. 1 al pagamento delle spese legali dei due gradi in favore dell’appellante, liquidandole complessivamente in euro 4.000 oltre agli accessori dovuti per legge. Compensa le spese nei confronti dell’altra controparte costituita. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.