Concorsi pubblici: indicazioni operative per la P.A. ed i concorrenti

Sedute d'esame accessibili al pubblico e autocertificazioni false se si sorvola su alcuni fatti. Con due distinte sentenze, il Consiglio di Stato, rispettivamente la sez. V e la sez. III, è intervenuto a proposito di due concorsi pubblici indetti rispettivamente dalla Provincia di Perugia per l'assunzione di un dirigente esperto informatico ed il Ministero dell'Interno per l'assunzione di vigili del fuoco.

Questo è quanto affermato dal Consiglio di Stato nelle sentenze nn. 1213 e 1627, depositate rispettivamente il 10 ed il 27 marzo 2015. Sedute pubbliche. È illegittimo l'operato della commissione esaminatrice che preclude l'accesso ai candidati non ancora esaminati, all'aula di svolgimento della prova orale, con conseguente violazione del principio di pubblicità. Ed è errato, pertanto, il convincimento della Provincia, la quale ritiene che l'esigenza di precludere l'accesso ai soli candidati non esaminati sia legittima, se la commissione esaminatrice stabilisce di iniziare la prova con una domanda omogenea per tutti i concorrenti e, conseguentemente, la presenza di candidati, in attesa di sostenere il colloquio, potrebbe determinare dalle risposte altrui un vantaggio a loro favore. Il Consiglio di Stato, sez. V, con la sentenza 1627 del 27 marzo 2015, ha contestato tale convincimento in relazione alle più basilari regole di trasparenza, imparzialità e buon andamento che devono essere osservate. Di ciò è evidente espressione, rileva il Collegio, l'art. 6, comma 4, d.P.R. n. 487/1994, secondo il quale le prove orali devono svolgersi in un'aula aperta al pubblico, di capienza idonea ad assicurare la massima partecipazione , nonché gli artt. 7, comma 5, e 16, comma 2, d.P.R. n. 220/2001, secondo i quali la prova orale deve svolgersi in un'aula o sala aperta al pubblico. E perché un'aula o sala sia aperta al pubblico, occorre che durante le prove orali sia assicurato il libero ingresso al locale ove esse si tengono, a chiunque voglia assistervi e quindi non soltanto a terzi estranei, ma anche e soprattutto ai candidati, sia che abbiano già sostenuto il colloquio, sia che non vi siano stati ancora sottoposti . Ciascun candidato è titolare, infatti, di un interesse qualificato a presenziare alle prove degli altri candidati, al fine di verificare di persona il corretto operare della commissione. A nulla rileva sostenere, come ha fatto la Provincia, in pratica, che la scelta operata dalla commissione sarebbe stata motivata dalla circostanza che i quesiti, pur essendo in numero pari a quello dei concorrenti così da evitare che la stessa domanda fosse posta a due candidati , erano tra loro strettamente interconnessi e l'ascolto delle risposte da parte degli altri concorrenti avrebbe comunque avvantaggiato questi ultimi in violazione della par condicio . Tale assunto, infatti, a giudizio della Sezione, oltre ad essere inconferente, non è condivisibile, atteso che le materie d'esame, per la loro ampiezza, ben consentivano di sottoporre domande sempre variate, ancorché di equivalente difficoltà tecnica. Autocertificazioni incomplete e quindi false. Con la sentenza n. 1213, depositata il 10 marzo 2015, la sez. III è entrata nel merito del contenuto delle dichiarazioni sostitutive previste dal bando di concorso. Il modulo di domanda di partecipazione alla procedura selettiva per la stabilizzazione dei vigili del fuoco volontari richiamava in carattere grassetto” la valenza di autocertificazione ai sensi del d.P.R. n. 445/2000 delle dichiarazioni da rendere e l’applicabilità delle sanzioni previste dal codice penale e dalle leggi speciali in materia in caso di falsità in atti e dichiarazioni mendaci. In particolare, il medesimo bando prevedeva che l’aspirante candidato dichiarasse, tra l’altro, di non aver riportato condanne penali, di non aver procedimenti penali pendenti, di non essere sottoposto a misure di prevenzione in caso contrario indicare tutti i dati nella riga sottostante . Ciò in perfetta coerenza con il decreto n. 3747/2007, di indizione della procedura selettiva, che all’art. 4, rubricato domanda di partecipazione , richiedeva agli aspiranti, tra le altre dichiarazioni, quella di non aver riportato condanne penali, ovvero le eventuali condanne penali riportate anche se sia stata concessa amnistia, condono, indulto o perdono giudiziale , o i procedimenti penali eventualmente pendenti a loro carico comma 4, n. 11 , con l’avvertenza che le stesse dichiarazioni si configuravano quali autocertificazioni e che nel caso di falsità in atti e dichiarazioni mendaci si decade dal beneficio e si applicano le sanzioni previste dal codice penale e dalle leggi speciali in materia . La richiesta dichiarazione in parola si raccorda evidentemente, ha osservato a tale proposito il Collegio, con la necessità di valutare la sussistenza del requisito del possesso delle qualità morali e di condotta previste dalla disposizioni dell’art. 26 della legge 1° febbraio 1989, n. 53 , prescritto per l’ammissione dalla fonte normativa. Nel modulo sottoscritto dall'interessato che aveva già ricevuto la comunicazione di rinvio a giudizio lo stesso nulla aveva indicato nel rigo specifico, in tal modo dichiarando anche di non aver procedimenti penali pendenti ciò in contrasto con le risultanze del suo certificato dei carichi pendenti. L’omissione, rilevata – sia pur per inciso – nel provvedimento di esclusione, già di per sé ne sorreggeva il disposto alla stregua della normativa richiamata nel bando e, segnatamente, dell’art. 75 d.P.R. n. 445/2000, con conseguente decadenza dal beneficio derivante dal provvedimento di ammissione alla procedura emanato sulla base della dichiarazione non veritiera. In pratica, la censura di violazione del principio di non colpevolezza sino a sentenza definitiva, di cui all’art. 27 Cost., è stata considerata inammissibile in quanto proposta avverso il provvedimento di esclusione mentre avrebbe dovuto essere rivolta avverso il bando, non oggetto di impugnazione.

Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 11 febbraio – 10 marzo 2015, n. 1213 Presidente Lignani – Estensore Dell’Utri Fatto e diritto Il signor omissis chiedeva di partecipare alla procedura selettiva per la copertura di posti di vigile del fuoco del Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco, riservata al personale volontario c.d. stabilizzazione , ma, una volta inserito in graduatoria, in sede di verifica del possesso delle qualità morali e di condotta previste dall’art. 26 della legge 1° febbraio 1989 n. 53, con provvedimento 14 maggio 2010 n. 14871 del Direttore centrale per le risorse umane l’assunzione era negata per difetto del detto requisito in relazione alla pendenza, peraltro non dichiarata nella sottoscritta autocertificazione, di un procedimento penale a suo carico per i reati di cui agli artt. 110, 646 e 61, nn. 7 e 11, cod. pen Il provvedimento era impugnato davanti al TAR per il Lazio, sede di Roma, che con sentenza in forma semplificata 21 ottobre 2010 n. 32924 della sezione prima bis, non notificata, respingeva il ricorso. Con atto inoltrato per le notifiche il 6 aprile 2011 e depositato il 12 seguente il signor omissis ha appellato detta sentenza, deducendo quanto segue 1. Il TAR ha ritenuto infondate le proposte censure in quanto egli risulta aver dichiarato di non avere carichi pendenti, senza considerare che l’esclusione non è stata determinata da ciò ma da un’erronea valutazione dei requisiti morali e di condotta del candidato. Comunque, il modulo predisposto per la partecipazione risultava impreciso e fuorviante perché raggruppava diverse ipotesi non in maniera alternativa, ingenerando nel candidato la convinzione di dover dichiarare le sole condanne penali, nonché recava la dizione generica e impropria procedimenti penali pendenti”, contrastante col principio fondamentale ex art. 27 Cost. di non colpevolezza e richiedente una dichiarazione non prescritta nei concorsi per le carriere civili dello Stato. D’altra parte, ove l’Amministrazione avesse inteso escluderlo per la mancata dichiarazione in parola, avrebbe dovuto comunicare l’esclusione subito dopo la presentazione della domanda di partecipazione, non dopo la sua inclusione in graduatoria. 2. Il TAR ha ritenuto il provvedimento adeguatamente motivato e adottato all’esito di adeguata e completa istruttoria, ma l’Amministrazione ha negato l’assunzione solo sulla base dell’esistenza del procedimento penale, ossia ha considerato il candidato privo del requisito in parola in assenza di effettivo riscontro circa la sua colpevolezza e di ogni ulteriore verifica, quindi in violazione dell’art. 27 Cost Se tali attività fossero state compiute, la medesima Amministrazione avrebbe potuto appurare che il procedimento era stato determinato solo dalle dichiarazioni di un coimputato, rese ai sensi dell’art. 192, co. 3, c.p.p., e che il candidato possiede un impeccabile stato di servizio di ben 12 anni quale volontario. Il suo impegno e serietà in uno con l’assenza di elementi tali da far realisticamente ritenere la carenza del requisito inducono a ritenere l’erroneità della censurata valutazione. D’altro canto, l’Amministrazione non ha considerato, oltre all’episodio in concreto, la possibilità di ammetterlo con riserva e svolgere un’attività di vigilanza circa il prosieguo del procedimento penale. In data 22 aprile 2011 il Ministero dell’interno si è costituito formalmente in giudizio. Con memoria del 21 settembre 2011 l’appellante ha insistito nelle proprie tesi. All’udienza del 28 ottobre 2011 la causa è stata cancellata dal ruolo a richiesta di parte. L’appellante ha rinnovato l’istanza di fissazione d’udienza il giorno 21 dicembre 2012, poi con memoria del 17 dicembre 2014, esposto che con sentenza 10 dicembre 2012 n. 2149 il Tribunale di Pescara ha dichiarato non doversi procedere a suo carico in ordine al reato ascritto, estinto per prescrizione, ha sostenuto che in tal modo è venuto meno il presupposto del diniego di assunzione, in ogni caso insistendo per l’accoglimento del gravame. L’appello è invece infondato. Il modulo di domanda di partecipazione alla procedura selettiva in questione, predisposto dall’Amministrazione, preliminarmente richiamava in carattere grassetto” la valenza di autocertificazione ai sensi del d.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445 delle dichiarazioni da rendere e l’applicabilità delle sanzioni previste dal codice penale e dalle leggi speciali in materia in caso di falsità in atti e dichiarazioni mendaci poi prevedeva che l’aspirante candidato dichiarasse, tra l’altro, di non aver riportato condanne penali, di non aver procedimenti penali pendenti, di non essere sottoposto a misure di prevenzione in caso contrario indicare tutti i dati nella riga sottostante ”. Ciò in perfetta coerenza con il decreto 27 agosto 2007 n. 3747, di indizione della procedura selettiva, che all’art. 4, rubricato domanda di partecipazione”, richiedeva agli aspiranti, tra le altre dichiarazioni, quella di non aver riportato condanne penali, ovvero le eventuali condanne penali riportate anche se sia stata concessa amnistia, condono, indulto o perdono giudiziale , o i procedimenti penali eventualmente pendenti a loro carico” co. 4, n. 11 , con l’avvertenza che le stesse dichiarazioni si configuravano quali autocertificazioni e che nel caso di falsità in atti e dichiarazioni mendaci si decade dal beneficio e si applicano le sanzioni previste dal codice penale e dalle leggi speciali in materia”. La dichiarazione in parola si raccorda evidentemente con la necessità di valutare la sussistenza del requisito del possesso delle qualità morali e di condotta previste dalla disposizioni dell’art. 26 della legge 1° febbraio 1989, n. 53”, prescritto per l’ammissione dal precedente art. 2, co. 1, lett. i . Nel modulo da lui sottoscritto il signor omissis nulla ha indicato nel rigo sottostante la riportata dizione, in tal modo dichiarando anche di non aver procedimenti penali pendenti ciò in contrasto con le risultanze del suo certificato dei carichi pendenti. E trattasi indubbiamente di procedimento pendente, avendo il medesimo già assunto la veste di imputato, non di mero indagato. L’omissione, rilevata – sia pur per inciso – nel provvedimento di esclusione, già di per sé ne sorregge il disposto alla stregua della normativa richiamata nel bando e, segnatamente, dell’art. 75 del d.P.R. n. 445 del 2000, con conseguente decadenza dal beneficio derivante dal provvedimento di ammissione alla procedura emanato sulla base della dichiarazione non veritiera. Tuttavia l’Amministrazione non ha mancato di esaminare autonomamente la fattispecie non in astratto ed aprioristicamente, bensì nel caso concreto ed in relazione ai compiti, funzioni e comportamenti cui è tenuto il vigile del fuoco. In particolare, rilevato che risultava pendente presso il Tribunale di Pescara un procedimento per fatti avvenuti in Pescara dal dicembre 2004 all’aprile 2005, ascritti al reato di cui agli 110, 646 e 61, n. 7 ed 11, cod. pen. appropriazione indebita in concorso, con le aggravanti del danno patrimoniale recato alla persona offesa di rilevante entità e dell’aver commesso il fatto con abuso di relazione di servizio il signor -OMISSIS-, in qualità di dipendente di un ipermercato, ed altri due dipendenti erano imputati di essersi appropriati di merce restituita da clienti per presunti difetti, per un valore complessivo di oltre 26 mila euro , ha ritenuto non integrato il requisito in parola richiamando le fondamentali funzioni a tutela delle persone e della preservazione dei beni demandate al Corpo, implicanti costanti e diretti contatti con altri membri della collettività nonché con l’altrui proprietà privata”, richiedenti quindi ai suoi appartenenti – che peraltro rivestono la qualifica di ufficiale ed agente di polizia giudiziaria ed in tale veste si trovano talora a collaborare con l’autorità giudiziaria – un comportamento nella vita professionale e sociale conforme a profondi e radicati principi di legalità, moralità, correttezza e solidarietà sociale”. Ciò posto, premesso che l’apprezzamento da parte dell’Amministrazione delle qualità morali e di condotta anche con riferimento all'atteggiamento e al comportamento dell'interessato nei suoi ambienti di vita associata, desunte dalle informazioni raccolte, è connotato da ampia discrezionalità e, pertanto, non è sindacabile se non per gravi ed evidenti vizi di logicità o travisamento dei fatti, nella specie il giudizio di gravità dei fatti imputati al signor omissis , pur a fronte di un impeccabile” stato di servizio di 12 anni come volontario, non può ritenersi irrazionale in quanto palesemente giustificato proprio in relazione alle attività che esso sarebbe chiamato stabilmente ad espletare, come esaustivamente spiegato nel provvedimento di esclusione. Sotto altro aspetto, da un lato il signor omissis non poteva non essere a conoscenza della pendenza, essendo stato destinatario del decreto di citazione a giudizio dell’8 gennaio 2007, mentre l’Amministrazione, prima di provvedere all’esclusione, si è data carico di verificare lo stato del procedimento cfr. nota 13 aprile 2010 del Comando provinciale Vigili del fuoco di Pescara dall’altro lato, la medesima Amministrazione non avrebbe potuto sostituirsi all’Autorità giudiziaria nella valutazione della attendibilità delle dichiarazioni del coimputato. Deve inoltre rilevarsi che il modulo di domanda era chiarissimo nel riferire il caso contrario” a tutte e tre le distinte ipotesi come altrettanto chiarissimo risultava il bando – ed oltretutto era predisposto in modo da richiamare la particolare attenzione del sottoscrittore sulla valenza delle dichiarazioni e sulle conseguenze della loro non veridicità. La censura di violazione del principio di non colpevolezza sino a sentenza definitiva, di cui all’art. 27 Cost., è inammissibile in quanto proposta avverso il provvedimento di esclusione mentre avrebbe dovuto essere rivolta avverso il bando, non oggetto di impugnazione. Analogamente deve concludersi in ordine alla doglianza secondo cui l’Amministrazione avrebbe potuto mantener ferma con riserva” l’ammissione e monitorare il prosieguo del procedimento penale, questa volta per la ragione che detta censura, non contenuta nel ricorso di primo grado, è stata formulata solo in questa sede e quindi in violazione del divieto di ius novorum di cui all’art. 104, co. 1, cod. proc. amm Né l’Amministrazione avrebbe dovuto disporre l’esclusione del candidato in sede di ammissione, poiché l’ammissione comunque da intendersi sempre con riserva” e salva la facoltà di disporre l’esclusione in ogni tempo”, ai sensi dell’art. 3 del bando avviene sulla scorta delle prescritte dichiarazioni, mentre nella specie l’omissione era emersa in sede di verifica delle stesse dichiarazioni a norma dell’art. 71 del cit. d.P.R. n. 445 del 2000, effettuata dopo la formazione della graduatoria finale e finalizzata all’assunzione. Infine, stante il principio secondo cui la legittimità del provvedimento deve essere valutata sulla base della situazione di fatto e di diritto in essere al momento della sua emissione, non ha rilievo la circostanza che con sentenza del 2012 il Tribunale di Pescara abbia dichiarato non doversi procedere a carico del signor omissis perché il reato ascrittogli è estinto per prescrizione. Non senza dire che la prescrizione non equivale ad un'assoluzione con formula piena, dovendo il giudice individuare un reato, nel frattempo estinto, attribuibile all'imputato il quale, diversamente, deve essere assolto. D’altronde, il signor -OMISSIS non ha esercitato la facoltà di rinunciare alla prescrizione ai sensi dell’art. 157, co. 7, cod. pen., al fine di continuare nel procedimento per veder riconosciuta la propria innocenza. In conclusione, l’appello dev’essere respinto. Come di regola, le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo, tenuto anche conto dell’esigua attività difensiva di controparte. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza , definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, respinge il medesimo appello. Condanna l’appellante al pagamento, in favore dell’Amministrazione appellata, delle spese del grado che liquida in complessivi euro 1.000,00 mille/00 . Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, per procedere all'oscuramento delle generalità degli altri dati identificativi dell’appellante, manda alla Segreteria di procedere all'annotazione di cui ai commi 1 e 2 della medesima disposizione, nei termini indicati.

Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 3 – 27 marzo 2015, n. 1627 Presidente Torsello – Estensore Schilardi Fatto 1.- La Provincia di Perugia, con determinazione dirigenziale n. 5089 del 24 maggio 2010, bandiva un concorso pubblico per la copertura di un posto da dirigente con indirizzo informatico, a tempo indeterminato e con rapporto di lavoro a tempo pieno. L'art. 2 comma 1, n. 3 del bando di concorso richiedeva, ai fini dell'ammissione alla procedura, il possesso del diploma di laurea in Informatica, Ingegneria informatica, Ingegneria elettronica indirizzo informatico o equipollenti, conseguita ai sensi del vecchio ordinamento . Al termine della fase selettiva, la Provincia di Perugia, con determina n. 13548 del 27 dicembre 2010, approvava le operazioni della commissione giudicatrice e la graduatoria di merito finale, che vedeva collocato al primo posto l'ing. Alfiero Ortali con punti 79/90, al secondo posto l'ing. Giovanni Gentili con punti 78/90, al terzo posto l'ing. Daniele Maffei con punti 77/90, al quarto posto l'ing. Francesco Marozzi con punti 75/90 e al quinto posto l'ing. Luca Ventura con punti 74/90. 2.- L'amministrazione provinciale procedeva, conseguentemente, all'assunzione del vincitore ing. Alfiero Ortali, con decorrenza 30 dicembre 2010. Avverso gli atti concorsuali l'ing. Luca Ventura proponeva ricorso innanzi al T.A.R. per l'Umbria R.G. n. 105/2011 , con contestuale richiesta di risarcimento danni a carico dell'amministrazione provinciale. 2b.- Analoga iniziativa veniva intrapresa dall'ing. Daniele Maffei con ricorso al T.A.R. n. 301/2011 R.G., conclusosi con sentenza n. 444 depositata il 4 settembre 2014, oggetto di autonomo appello introdotto dalla provincia di Perugia innanzi a questa Sezione del Consiglio di Stato n. 8785/2014 R.G. . L'ing. Luca Ventura articolava tre motivi di doglianza e, in particolare, lamentava violazione della lex specialis articoli 2 e 10 e del D. I. 9 luglio 2009, in quanto la laurea in ingegneria elettronica posseduta dai canditati Ortali e Gentili classificatisi rispettivamente al primo e al secondo posto della graduatoria finale , non avrebbe potuto essere equiparata a quella di Ingegneria informatica richiesta nel bando di concorso, con la conseguenza che gli stessi avrebbero dovuto essere esclusi dalla partecipazione al concorso. Con il secondo motivo, l'ingegnere Ventura lamentava la violazione dei principi di correttezza e trasparenza, nonché del regolamento provinciale relativo alle modalità di svolgimento dei concorsi, della delibera di Giunta n. 197/2010 e del D.P.R. n. 487/1994, censurando l'operato della commissione esaminatrice sotto vari profili ed in particolare per la genericità dei criteri adottati per la valutazione delle prove, per non aver consentito, ai candidati in attesa di sostenere il colloquio, di assistere allo svolgimento della prova orale e per non aver previsto il sorteggio delle domande da porre agli stessi. Il ricorrente lamentava, altresì, la violazione dell'art. 6 del D.P.R. n. 487/1994 in quanto i risultati della prova orale non erano stati immediatamente comunicati ai canditati nella sede in cui si era svolta la prova, ma pubblicati il giorno successivo sull'albo pretorio on line. Con il terzo motivo il ricorrente lamentava la violazione delle regole tecniche previste dal D.P.C.M. 30 marzo 2009, in materia di generazione, apposizione e verifica delle firme digitali, asserendo che gli atti del procedimento concorsuale non garantivano il rispetto dell'art. 3 del citato D.P.C.M., in quanto erano stati prodotti in formato digitale Microsoft Word. L'ing. Luca Ventura, infine, chiedeva la condanna della provincia di Perugia al risarcimento dei danni per perdita di chance, quantificati in €. 1.085.953,56. 2c.- Con distinti atti si costituivano in giudizio l'amministrazione provinciale e gli ingegneri Giovanni Gentili e Francesco Marozzi che eccepivano l'inammissibilità e l'infondatezza nel merito del ricorso . Si costituiva, altresì, in giudizio l'ing. Alfiero Ortali che esperiva ricorso incidentale, lamentando l'illegittimità dell'art. 2 comma 1, n. 3 del bando nella parte in cui la Provincia aveva richiesto, come requisito per l'ammissione al concorso, il diploma di laurea in Ingegneria elettronica con indirizzo informatico od equipollenti conseguito ai sensi del vecchio ordinamento . Al riguardo, l'ing. Ortali, in possesso del diploma di laurea in Ingegneria elettronica conseguito con il c.d. vecchio ordinamento, deduceva che la normativa antecedente alla riforma universitaria D.P.R. 20maggio 1989 , applicabile ratione temporis, non prevedeva per il corso di laurea in Ingegneria elettronica l'indirizzo informatico. 3.- Il T.A.R, con ordinanza n. 510 del 24 ottobre 2013, ordinava al ricorrente principale l'integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i concorrenti collocati in graduatoria, entro 60 giorni dalla comunicazione del provvedimento, avvenuta via p.e.c. in data 24 ottobre 2013. L'ing. Ventura provvedeva alla notifica del provvedimento e depositava l'atto di integrazione del contraddittorio in data 15 gennaio 2014, oltre la scadenza del termine assegnato 23 dicembre 2013 . Tanto veniva eccepito dal ricorrente incidentale e dalla provincia di Perugia che chiedevano la declaratoria di improcedibilità del ricorso. I controinteressati eccepivano, altresì, l'improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse del ricorrente principale, atteso che l'art. 16 comma 9, del D.L. n. 95/2012, nelle more intervenuto, aveva disposto il divieto di procedere ad assunzioni per le amministrazioni provinciali. 3b.- Il T.A.R. per l'Umbria, con sentenza n. 443, depositata il 4 settembre 2014 - rigettava le eccezioni di improcedibilità sollevate dai controinteressati e dalla Provincia di Perugia - rigettava il primo motivo di ricorso principale violazione lex specialis art. 2 comma 1, n. 3 e, contestualmente, dichiarava improcedibile il ricorso incidentale proposto dall'ing. Ortali per difetto di interesse con riguardo alla asserita illegittimità della stessa disposizione normativa - accoglieva in parte il secondo motivo del ricorso principale, limitatamente alla violazione dell'art. 6 del D.P.R. n. 487/1994 e dell'art. 35, comma 3, lettera a del D.Lgs. n. 165/2001, censurando l'operato della commissione giudicatrice che aveva precluso, ai candidati che non avevano sostenuto il colloquio, di assistere alle prove orali degli altri candidati - rigettava la domanda risarcitoria per perdita di chance. Avverso la sentenza, la Provincia di Perugia ha proposto appello. Si è costituito l'ing. Alfieri Ortali, che ha proposto appello incidentale. Si è costituito, altresì, in giudizio l'ing. Luca Ventura che ha chiesto di rigettare l'appello della Provincia e dell'ing. Ortali e ha proposto, a sua volta, appello incidentale in relazione ai motivi del ricorso originario non accolti dal T.A.R. All'udienza pubblica del 3 marzo 2015 la causa è stata assunta per la decisione. Diritto 4.- La provincia di Perugia e l'ing. Alfiero Ortali hanno chiesto la riforma della sentenza del T.A.R. proponendo sostanzialmente le medesime censure articolate su tre distinti motivi. 4b.- Con il primo motivo di appello, essi lamentano violazione degli artt. 37, 35 comma 1 lettera c e 49 comma 3, del cod. proc. amm Gli appellanti sostengono che in sede di originario ricorso l'ing. Daniele Maffei, non avendo provveduto al tempestivo deposito dell'atto di integrazione del contraddittorio, nel termine di 60 giorni stabilito nell'ordinanza del T.A.R. n. 509 del 23 ottobre 2013, sarebbe incorso nella sanzione di cui all'art. 49 comma 3, del cod. proc. amm. e nella conseguente improcedibilità del ricorso ai sensi dell'art. 35 comma 1 lettera c , del cod. proc. amm Gli appellanti assumono, inoltre, che il Tribunale avrebbe errato nel concedere al ricorrente ing. Maffei il beneficio del c.d. errore scusabile, ex art. 37 cod. proc. amm., non essendo riscontrabili, nel caso di specie, i presupposti che consentono al giudice la rimessione in termini e cioè la presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o di gravi impedimenti di fatto . Al riguardo, come già evidenziato, il T.A.R., con ordinanza n. 510 del 24 ottobre 2013, aveva ordinato al ricorrente di provvedere all'integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i concorrenti collocati in graduatoria, entro 60 giorni dalla comunicazione del provvedimento avvenuta in data 24 ottobre 2013. Conseguentemente, l'ing. Ventura provvedeva alla notifica del provvedimento agli interessati e depositava l'atto di integrazione del contraddittorio in data 15 gennaio 2014, oltre la scadenza del termine assegnato 23 dicembre 2013 , circostanza questa che veniva eccepita dalle parti resistenti che chiedevano la declaratoria di improcedibilità del ricorso. Il T.A.R. respingeva, però, l'eccezione ritenendo, con articolata motivazione, che vi fosse spazio per riconoscere, d'ufficio, l'errore scusabile e ciò a termini dell'art. 37 del cod. proc. amm., che consente al giudice amministrativo di rilevare la tempestività dell'atto di integrazione del contraddittorio. 4c.- Orbene, il Collegio ritiene che, seppure nel termine di sessanta giorni assegnato dall'ordinanza n. 510 del 2013 poteva effettivamente intendersi che fosse ricompreso tanto l'adempimento della notifica che quello del deposito dell'atto, tuttavia deve riconoscersi che la disposizione di cui all'art. 49 del cod. proc. amm. sull'integrazione del contraddittorio si presta a qualche dubbio interpretativo, fatto proprio dalla giurisprudenza. Il Collegio rileva che l'art. 49 cod. proc. amm., al comma 3, prevede che il giudice deve indicare il termine entro cui la parte interessata deve effettuare le notifiche alle parti da chiamare in causa, mentre solo per le conseguenze, previste dal precedente art. 35, la norma fa riferimento alla tardività sia della notifica degli atti che del relativo deposito. La più recente giurisprudenza di questo Consiglio di Stato Sez. VI, 5 marzo 2014, n. 1063 ha evidenziato, al riguardo, che discende da quanto sopra che l'ordinanza di integrazione del contraddittorio debba obbligatoriamente contenere il termine perentorio, entro cui effettuare le notifiche, ma non anche o non necessariamente il termine per il successivo deposito, essendo al riguardo dettata - nell'art. 45, comma 1, c.p.a. - la disposizione generale sopra riportata, che inequivocabilmente impone un termine di trenta giorni per il deposito degli atti notificati . Quest'ultimo termine deve ritenersi, allora, per evidenti ragioni sistematiche, ed in mancanza di diversa indicazione ex officio nell'ordinanza emanata a tal fine, come indicazione di un omogeneo e generale regime normativo di rito, direttamente inerente alla necessaria certezza di perfezionamento del rapporto processuale, esteso, verso soggetti altrimenti estranei, mediante l'integrazione del contraddittorio. Alla luce di tale interpretazione circa i termini procedurali da rispettare, non può che condividersi, come evidenziato dal T.A.R. dell'Umbria, che le norme di interesse si prestano a dubbi interpretativi, per cui non possono che ritenersi sussistenti i presupposti per la concessione dell’errore scusabile, così come chiarito dalla adunanza plenaria di questo Consesso Cons. St., Ad. Plen., 2 dicembre 2010 n. 3 e cioè l’oscurità del quadro normativo, le oscillazioni della giurisprudenza e il dettato non univoco della citata ordinanza del TAR dell'Umbria n. 509 del 24 ottobre 2013. 5.- Con un secondo motivo di censura gli appellanti eccepiscono l'improcedibilità del ricorso originario per difetto di interesse, atteso che, nelle more del giudizio, è entrato in vigore l'art. 16 comma 9, del decreto legge n. 95 del 6 luglio 2012 che ha disposto il divieto per le province di effettuare nuove assunzioni. Gli appellanti sostengono che, con l'intervenuto divieto di procedere a nuove assunzioni a tempo indeterminato, l'annullamento della graduatoria finale di merito produrrebbe come unico effetto quello di privare la Provincia del vincitore del concorso, senza alcuna possibilità per l'ing. Ventura di essere assunto in luogo del titolare. 5b.- L'eccezione non può trovare accoglimento, atteso che, come evidenziato dal T.A.R., è da ritenere sempre sussistente l'interesse di un candidato, a impugnare una graduatoria al fine di ottenere una posizione migliore, anche nel caso in cui il conseguimento della nomina si ponga per lui come dato meramente eventuale . L'interesse a ricorrere sussiste, infatti, ogni qualvolta il giudicato si riveli meramente strumentale rispetto ad un'ulteriore attività dell'amministrazione dalla quale il ricorrente potrebbe conseguire un risultato positivo, anche se eventuale. In tema di legittimazione processuale e interesse a ricorrere rileva, peraltro, oltre al vantaggio concreto ed eventuale, anche quello puramente morale che il ricorrente può perseguire con la propria impugnativa in esito all'annullamento del ricorso Cons. Stato, Sez. VI, 28 marzo 2012, n. 1848 Sez. V, 12 febbraio 2013, n. 805 . 6.- Con il terzo motivo di censura, gli appellanti lamentano l'erroneità della sentenza gravata nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto illegittimo l'operato della commissione esaminatrice che ha precluso l'accesso ai candidati non ancora esaminati, all'aula di svolgimento della prova orale, con conseguente violazione del principio di pubblicità. Gli appellanti sostengono che l'esigenza di precludere l'accesso ai soli candidati non esaminati era legittima, in quanto la commissione esaminatrice aveva stabilito di iniziare la prova con una domanda omogenea per tutti i concorrenti e, conseguentemente, la presenza di candidati in attesa di sostenere il colloquio, avrebbe potuto determinare dalle risposte altrui un vantaggio a loro favore. 6b.- Al riguardo, si osserva che le descritte modalità di svolgimento della prova non possono non ritenersi illegittime, alla stregua delle più basilari regole di trasparenza, imparzialità e buon andamento da osservarsi in merito. Di ciò è evidente espressione l'art. 6, comma 4, del d.P.R. 9 maggio 1994 n. 487, secondo il quale le prove orali devono svolgersi in un'aula aperta al pubblico, di capienza idonea ad assicurare la massima partecipazione , nonché gli artt. 7 comma 5 e 16 comma 2, del d.P.R. 27 marzo 2001 n. 220 secondo i quali la prova orale deve svolgersi in un'aula o sala aperta al pubblico. E perché un'aula o sala sia aperta al pubblico, occorre che durante le prove orali sia assicurato il libero ingresso al locale ove esse si tengono, a chiunque voglia assistervi e quindi non soltanto a terzi estranei, ma anche e soprattutto ai candidati, sia che abbiano già sostenuto il colloquio, sia che non vi siano stati ancora sottoposti Cons. Stato, Sez. III, 7 aprile 2014, n. 1722 . Ciascun candidato è titolare, infatti, di un interesse qualificato a presenziare alle prove degli altri candidati, al fine di verificare di persona il corretto operare della commissione. A nulla rileva sostenere, come gli appellanti fanno, che la scelta operata dalla commissione sarebbe stata motivata dalla circostanza che i quesiti, pur essendo in numero pari a quello dei concorrenti così da evitare che la stessa domanda fosse posta a due candidati , erano tra loro strettamente interconnessi e l'ascolto delle risposte da parte degli altri concorrenti avrebbe comunque avvantaggiato questi ultimi in violazione della par condicio . Tale assunto, oltre ad essere inconferente, non è condivisibile, atteso che le materie d'esame, per la loro ampiezza, ben consentivano di sottoporre domande sempre variate, ancorché di equivalente difficoltà tecnica. 7.- Con appello incidentale l'ing. Luca Ventura ha impugnato la sentenza del T.A.R. n. 443/2014 nella parte in cui il Tribunale ha rigettato i motivi proposti nel ricorso originario. L'ing. Luca Ventura, con il primo motivo, lamenta la violazione degli artt. 4, comma 4, lett. a , 9, comma 3 e 12, commi 1, 3 e 6 del Regolamento per l'accesso al pubblico impiego della Provincia di Perugia nonché degli articoli 2, 4 e 10 della lex specialis, laddove il Tribunale ha ritenuto equipollente il diploma di laurea in Ingegneria informatica con quello di Ingegneria elettronica. L'ing. Ventura, nel premettere che l'equipollenza dei titoli o è definita ex lege dal Legislatore o può essere definita in via sostanziale tout-court dalla Pubblica Amministrazione che ha bandito il concorso , sostiene che il T.A.R. avrebbe errato nel ritenere applicabile, al caso di specie, l'art. 4, comma 3 del D.M. n. 270/2004, in quanto alcuni candidati tra i quali Ortali, Gentili avevano conseguito il diploma di laurea con il vecchio ordinamento e quindi fuori dall'ambito di applicazione del citato D.M. e il D.P.R. n. 328/2001 che ha regolato l'accesso alla professione di ingegnere e non anche l'ammissione ai pubblici concorsi. L'ingegner Luca Ventura assume inoltre che il corso di Ingegneria informatica e quello di Ingegneria elettronica sarebbero separati e, contrariamente a quanto ritenuto dal T.A.R., non esisterebbe alcuna equipollenza né ex lege tanto sarebbe attestato, peraltro, dal documento pubblicato sul sito del Ministero dell'istruzione università e ricerca relativo all'equipollenza delle lauree del vecchio ordinamento , né sostanziale , atteso che la Provincia di Perugia non aveva stabilito di prevederla espressamente nel bando di concorso. 7b.- Orbene, come evidenziato dal T.A.R. nella sentenza appellata, sarebbe del tutto illogico ritenere che una equiparazione normativamente prevista per l'esercizio di una attività professionale non assuma alcun rilievo ai fini dei concorsi per l'assunzione a posti di pubblico impiego . L'articolo 47 del D.P.R. n. 328 del 2001 sulla professione di ingegnere, per l'ammissione all'esame di Stato per il settore dell'informazione ai fini dell'iscrizione nell'albo professionale richiede, infatti, il possesso tra le altre della laurea specialistica in Ingegneria elettronica, equiparandola a tal fine ad Ingegneria informatica, ad Informatica e ad Ingegneria elettronica ad indirizzo informatico, lauree tutte indistintamente previste nel bando ai fini dell'ammissione al concorso. L'equiparazione del titolo di studio posseduto dagli ingegneri Ortali e Gentili secondo il criterio dell'equipollenza di cui al D.P.R. n. 328/2001 è quindi da ritenersi legittima ed è, conseguentemente, conforme alle previsioni della lex specialis. La circostanza che l'ing. Ortali abbia sostenuto n. 6 esami ad indirizzo informatico nel suo ciclo universitario è, poi, un ulteriore elemento utile per poter comprendere quali siano i contenuti formativi del corso di laurea in questione. Né questo assunto è smentito dal disposto del D.P.R. del 20 maggio 1989, atteso che, come il primo giudice ha evidenziato, detta norma inserisce nella stessa classe di corsi di laurea le due specializzazioni di Ingegneria informatica ed Ingegneria elettronica, riservando identico valore legale ai diplomi conseguiti nell'ambito della stessa classe. Peraltro, l'ing. Ortali si è laureato in Ingegneria elettronica prima dell'entrata in vigore del D.P.R. 20 maggio 1989, che ridisciplinava corsi di laurea, specializzazioni e indirizzi con effetti successivi, mentre in precedenza, come nella fattispecie oggetto di trattazione, l'indirizzo del corso era determinato dal piano di studi sottoposto dallo studente all'approvazione dell'università, piano che doveva contenere un determinato numero di esami propri dell'indirizzo prescelto. 7c.- Con il secondo e terzo motivi di doglianza, l'ing. Ventura lamenta l'erroneità della sentenza gravata nella parte in cui il Tribunale ha rigettato il motivo di ricorso di primo grado inerente l'asserita violazione dell'art. 12 comma 1, del D.P.R. n. 487/1994 e dell'art. 29 comma 1 del R.O.U.S. - modalità di accesso all'impiego della Provincia di Perugia. In particolare, l'ing. Ventura lamenta la mancata predeterminazione, da parte della commissione esaminatrice, di puntuali criteri di valutazione delle prove e la conseguente insufficienza del voto numerico attribuito alle prove sostenute dai candidati. Anche tale doglianza non può trovare accoglimento. Sul punto, come evidenziato dal T.A.R., si osserva che una siffatta previsione non è contenuta nell'art. 20 del regolamento della Provincia - allegato A - alla delibera di Giunta n. 737 del 27 dicembre 2001. Deve condividersi, sulla base di quanto ampiamente argomentato dal T.A.R., che la previsione in parola non è applicabile direttamente alla fattispecie in esame, atteso che l'art. 12 del D.P.R. n. 487 del 1994 non è da ritenersi norma di indirizzo per gli enti locali ai sensi del successivo articolo 18 bis Cons. Stato, Sez. VI, 18 aprile 2007, n. 1779 . In merito si osserva, comunque, che il principio di trasparenza perseguito dall'art. 12 del D.P.R. n. 487/1994 è stato nella specie ugualmente raggiunto attraverso la predeterminazione degli argomenti che hanno poi formato oggetto della prova orale Consiglio di Stato, Sez. VI, 10.4.2003 n. 1920 . E a tale predeterminazione la commissione ha provveduto con particolare attenzione al punto, come si è detto, da estromettere i candidati dall'aula d'esame perché, a loro avviso, avendo stabilito per la prova orale domande omogenee per tutti, la presenza di candidati in attesa di sostenere il colloquio, avrebbe potuto determinare dalle risposte altrui un vantaggio a loro favore . Inoltre, nei concorsi a posti di pubblico impiego la Commissione esaminatrice deve stabilire preventivamente ed in astratto i criteri di massima solo in relazione alla valutazione dei titoli e non anche per la valutazione delle prove scritte o pratiche, che è rimessa alla sua discrezionalità tecnica. Inoltre, quanto all’onere di motivazione circa le valutazioni effettuate di un esame o delle prove di un concorso pubblico, per costante giurisprudenza è da ritenersi che tale obbligo è sufficientemente adempiuto con l’attribuzione di un punteggio numerico, configurandosi quest’ultimo come formula sintetica, ma eloquente, che esterna la valutazione tecnica compiuta dalla Commissione esaminatrice”, conformandosi, citandola, alla prevalente giurisprudenza di questo Consiglio di Stato C.d.S., sez. VI, 10.12.2010 sez. V, 19.11.2012 n. 5831 . Tale attribuzione numerica, infatti, esprime e sintetizza il giudizio tecnico discrezionale della commissione stessa e la sindacabilità di tali giudizi, per tale loro natura, è da considerare potenzialmente possibile solo in caso di manifesta illogicità od erroneità C.d.S., Sez. I, 15.5.2010, n. 5002 . 7d.- Anche la circostanza ulteriormente lamentata, che il Tribunale non ha ben considerato che la prova orale si sarebbe svolta anche su argomenti diversi ed ulteriori da quelli previsti nel bando di concorso, non è fondata, atteso che non è dato rinvenire una specifica violazione dell'art. 6 del bando di concorso e dell'art. 21 comma 2 del R.O.U.S. modalità di accesso all'impiego della Provincia di Perugia . Le disposizioni regolamentari richiamate non si riferiscono, infatti, a selezioni relative al profilo dirigenziale, per il quale al contrario è più che legittimo accertare a più ampio spettro il livello culturale e le capacità organizzative e professionali del candidato che aspira a ricoprire posizioni di vertice nell'ambito dell'ente locale. 7e.- Correlata alle precedenti è l'ulteriore censura avanzata dall'ing. Ventura quando egli sostiene che l'operato della commissione d'esame sarebbe stato illegittimo, non avendo effettuato il sorteggio delle domande da porre ai candidati per la prova orale, in violazione dell'art. 12 comma 1 del D.P.R. n. 487 del 1994 dell'art. 29 comma 12 del R.O.U.S. - modalità di accesso all'impiego della Provincia di Perugia. Deve, però, osservarsi che il regolamento della Provincia di Perugia in materia di concorsi non ha previsto tale obbligo e non è da ritenersi insufficiente o illegittimo, perché non pregiudica la par condicio dei partecipanti al concorso, né l'art. 12 del D.P.R. n. 487/1994, come evidenziato, costituisce norma di indirizzo per gli enti locali ai sensi dell'art. 18 bis dello stesso D.P.R 8.- L'accoglimento del ricorso principale proposto dalla Provincia di Perugia priva di interesse l'esame del quinto motivo di appello, con il quale l'ing. Ventura ripropone la doglianza già disattesa in primo grado e relativa alla mancata immediata pubblicazione dei risultati della prova orale al termine della relativa seduta, in asserita violazione dell'art. 6 comma 5, del D.P.R. n. 487/1994. Al riguardo, il T.A.R. ha, comunque, chiarito che ha trovato applicazione l'art. 9 del bando di concorso attraverso la pubblicazione dell'esito delle prove di esame all'albo pretorio e sul sito internet della Provincia la mattina successiva all'espletamento della prova orale, e cioè il 18 dicembre 2010. Va anche considerato che nell'ambito di una procedura concorsuale, la mancata affissione all'albo della sede d'esame dell'elenco dei candidati esaminati con indicazione del voto da ciascuno di essi riportato, può essere irrilevante qualora dal verbale redatto subito dopo la seduta risulti con certezza l'attribuzione del punteggio a ciascun candidato Cons. Stato, Sez. V, 4 marzo 2008 n. 862 . Con il sesto motivo di doglianza l'ing. Ventura ripropone la censura, esaminata e disattesa dal T.A.R., relativa alla asserita violazione delle regole tecniche poste dal D.P.C.M. 30 marzo 2009 in materia di generazione, apposizione e verifica delle firme digitali e validazione temporale dei documenti informatici, lamentando in particolare che la versione originale degli atti relativi al procedimento concorsuale è stata prodotta in formato digitale microsoft word .doc il quale non garantisce il rispetto dell'art. 3 del D.P.C.M. 30 marzo 2009. Tale doglianza non necessita di esame, per evidente sopravvenuta carenza di interesse per la parte, pur tuttavia essa non sarebbe, comunque, suscettibile di accoglimento atteso che, come correttamente ritenuto dal T.A.R., fa fede la esistente copia cartacea degli atti di concorso, regolarmente sottoscritta da pubblico ufficiale che ne ha attestato la conformità all'originale. Per quanto esposto non può trovare accoglimento la tesi dell'ing. Ventura, che la presenza di una serie di illegittimità così ampia e variegata determinerebbe la necessità dell'annullamento dell'intera procedura, ricorrendo, invece, le condizioni perché si proceda alla sola rinnovazione delle prove orali, come ritenuto dal T.A.R. 9b.- Non sussistono, inoltre, i presupposti per corrispondere alla richiesta di risarcimento del danno, ex art. 2043 del cod. civ., già rigettata dal T.A.R., perchè l'accoglimento della censura sul mancato rispetto della pubblicità del concorso, imponendo la rinnovazione delle prove orali del concorso, preclude la possibilità di pronunciarsi al riguardo. Giova soggiungere, peraltro, che il danno derivante dalla perdita di chance non è una mera aspettativa di fatto ma una entità patrimoniale a sé stante, suscettibile di autonoma valutazione. La chance perduta costituisce in definitiva un escamotage di cui si avvale l'interprete per più facilmente individuare e graduare il quantum risarcitorio che, però, è da infliggere solo a chi col suo comportamento non si è uniformato ai principi della correttezza e della lealtà e che per questo deve essere sanzionato. Per quanto ampiamente esposto, si può prescindere, infine, per sopravvenuta carenza di interesse, dall'esaminare le doglianze dell'ing. Alfiero Ortali, circa l'errata interpretazione o applicazione dell'art. 35 comma 1, lettera b del cod. proc. amm. ed, in subordine, l'errata applicazione del D.M. n. 509/1999 e del D.I. del 9 luglio 2009, in relazione alle norme sull'ordinamento universitario ante riforma, nonché ai principi in materia di accesso ai concorsi pubblici, già avanzate in primo grado e dichiarate anche dal TAR dell'Umbria improcedibili per carenza di interesse. Conclusivamente l'appello principale va respinto e gli appelli incidentali vanno in parte respinti e in parte dichiarati improcedibili, come da motivazione. Le spese del presente grado di giudizio, per le difficoltà interpretative, proprie dell'oggetto del contendere, vanno compensate tra le parti. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, respinge l’appello principale della Provincia di Perugia in parte respinge e in parte dichiara improcedibili gli appelli incidentali, nei termini di cui in motivazione. Spese del presente grado di giudizio compensate tra le parti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.