Supermercato attaccato a casa e distanze tra edifici

Non può essere invocata l’applicabilità della regola della distanza minima dei dieci metri per contrastare il permesso di costruire per la realizzazione di un fabbricato ad uso commerciale da erigersi su un lotto adiacente alla casa di proprietà, quando il fine della legge è comunque rispettato.

Il caso. Con la controversia all’esame, risolta con la pronuncia numero 1670/15 del 31 marzo, la sez. IV del Consiglio di Stato è stata chiamata a verificare la legittimità o meno di un titolo edilizio rilasciato da un Comune calabrese per la realizzazione di un fabbricato ad uso commerciale in relazione alle disposizioni disciplinanti le distanze tra edifici previste dall’articolo 9 d.m. numero 1444/1968. Più in particolare, se fosse stata rispettata o meno la norma di cui al numero 2 del comma 1 del predetto articolo che, in tema di distanza minima dai confini di proprietà, prescrive la distanza minima assoluta di metri 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti. La questione giuridica è stata posta in rilievo avuto riguardo al fatto che sull’immobile delle ricorrenti ed appellanti sono realizzati, su vari piani, dei balconi che presentano il lato maggiore posto sulla facciata e un lato minore che affaccia sull’edificio oggetto del permesso di costruire contestato. Tenuto conto, peraltro, che l'immobile in corso di costruzione è posto ad una distanza inferiore ai 10 mt dalla parete laterale dell’immobile di proprietà delle ricorrenti. Finalità della normativa. Relativamente a tale questione, la Sezione ha ricordato che secondo un preciso orientamento del Consiglio di Stato la distanza minima fissata dall’articolo 9 D.M. numero 1444/1968 di dieci metri dalle pareti finestrate è volta alla salvaguardia delle imprescindibili esigenze igienico –sanitarie, al fine di evitare malsane intercapedini tra edifici tali da compromettere i profili di salubrità degli stessi, quanto ad areazione luminosità ed altro. Si tratta, certamente, di una norma che in ragione delle prevalenti esigenze di interesse pubblico ha carattere cogente e tassativo, prevalendo anche sulle disposizioni regolamentari degli enti locali che dispongano in maniera riduttiva. Con la sentenza numero 1670 il Collegio ha rilevato che la ratio sottesa alla norma e la cogente valenza della stessa va considerata alla luce dello stato dei fatti. Ovvero, come correttamente aveva anche osservato il Giudice di Primo grado, il caso specifico si pone al di fuori del campo applicativo dell’articolo 9 citato, tenuto conto delle caratteristiche oggettive che connotano la vicenda, tali da fare escludere che sussistono i presupposti di fatto e di diritto richiesti per l’applicabilità della disciplina in discussione. La condizione indispensabile per potersi applicare il regime garantistico della distanza minima dei dieci metri è data dal fatto che esistano due pareti che si contrappongono di cui almeno una è finestrata detto ciò le appellanti avevano sostenuto che i balconi delle loro abitazioni, sia pure per un lato limitato, quello minore, offrono la possibilità di affacciarsi sullo spazio che intercorre col fabbricato erigendo e perciò stesso la distanza minore di 10 mt dell’erigendo edificio provocherebbe, in violazione della regola della distanza minima posta dal citato articolo 9 una lesione a quegli aspetti di tutela che la norma implicitamente persegue. Ma nel caso specifico si è di fronte ad un posizionamento dei due fabbricati tale da non influire sulle finalità igienico–sanitarie, dacché, in concreto, le due pareti fronteggianti in realtà sono costituiti da muri ciechi, privi di aperture finestrate. Invero, le aperture costituite dai balconi sono posizionate sul lato antistante le abitazioni, che corre in modo perpendicolare al vicino edificio, e non sulla parte che fronteggia il fabbricato oggetto del titolo ad aedificandum e sono queste le aperture che consentono alle abitazioni di usufruire delle condizioni di areazione e luminosità. Vero è che per una parte minore dei balconi del fabbricato delle appellanti è possibile in modo per così dire obliquo affacciarsi sul canale di scolo che divide i due edifici, ma si tratta di veduta irrilevante, nel senso che non è con riferimento a tale sporgenza laterale che può essere messa in discussione l’usufruibilità di area e luce per i vani interni, assicurata quest’ultima dall’affaccio esistente sul lato che si protende sul fronte strada.

Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 17 febbraio – 31 marzo 2015, numero 1670 Presidente Giaccardi – Estensore Migliozzi Fatto Il Comune di Roccabernarda rilasciava in data 4 giugno 2013 un permesso di costruire in favore dei sigg.ri Nicola e Francesco Ieriti poi intestato alla Società Supermercato F.lli Ieriti snc per la realizzazione di un fabbricato ad uso commerciale su un lotto posto in via A. Guarasci , inserito in catasto al foglio 12, particelle nnumero 1299,1325-1327. Avverso tale atto autorizzativo insorgevano con due ricorsi proposti innanzi al Tar della Calabria sede di Catanzaro le sigg.re Rosa Domenica e Foresta Maria, proprietarie di un fabbricato ad uso abitativo sito in un lotto adiacente, che lamentavano la violazione delle distanze regolamentari previste dall’articolo 9 del D.M. numero 1444 del 1968 relativamente a pareti finestrate e pareti di edifici antistanti. L’adito Tribunale amministrativo con sentenza numero 1462/2014 rigettava le proposte impugnative, ritenendole infondate. Le predette sigg.re Rosa Foresta hanno impugnato tale decisum, ritenuto errato ed ingiusto, deducendo a sostegno del proposto gravame con un unico articolato motivo la censura di violazione dell’articolo 9 del D.M. 2 aprile 1968 numero 1444. Assumono le appellanti che erroneamente l’impugnata sentenza ha ritenuto che la fattispecie fuoriesca dall’ambito applicativo della norma recata dal citato articolo 9 del D.M. numero 1444/68, attesa la presenza nelle abitazioni di loro proprietà di balconi prospicienti l’edificio autorizzato che risulta collocato a meno di dieci metri e tanto in ispregio alla regola della distanza minima prevista dalla norma di che trattasi. Si sono costituiti in giudizio sia il sig. Ieriti Francesco che il sig. Ieriti Nicola quest’ultimo, anche nella veste di Amministratore della Società Supermercato Ieriti snc, ha presentato unitamente al controricorso di resistenza anche ricorso in appello incidentale a fondamento del quale ha dedotto i seguenti motivi Violazione dell’articolo 41 c.p.a Inammissibilità del ricorso originario per omessa notifica al controinteressato Erronea statuizione circa l’ammissibilità e/o la procedibilità del ricorso principale in primo grado per mancanza di legittimazione ed interesse ad agire. Illegittimità del permesso di costruire rilasciato alla ricorrente principale per violazione degli articolo 873 e 891 codice civile e 96 R.D. numero 523/1904, con riguardo alla distanza del fabbricato dal limitrofo canale di scolo demaniale. Le parti hanno poi prodotto memorie ad ulteriore illustrazione delle tesi reciprocamente sostenute. All’odierna udienza pubblica la causa è stata introitata per la decisione. Diritto Si può prescindere dall’esame delle eccezioni di inammissibilità sollevate con l’appello incidentale che rimane improcedibile in ragione della infondatezza dell’appello principale. Con la controversia all’esame la Sezione è chiamata a verificare la legittimità o meno di un titolo edilizio rilasciato dal suindicato Comune calabrese per la realizzazione di un fabbricato ad uso commerciale in relazione alle disposizioni disciplinanti le distanze tra edifici di cui all’articolo 9 del D.M. numero 1444 del 1968. In particolare occorre stabilire se nella specie sia stata rispettata o meno la norma di cui al numero 2 del I comma del predetto articolo che, in tema di distanza minima dai confini di proprietà , prescrive la distanza minima assoluta di mt 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti. La questione giuridica viene in rilievo avuto riguardo al fatto che sull’immobile delle appellanti sono allocati, su vari piani, dei balconi che presentano il lato maggiore posto sulla facciata e un lato minore che affaccia sull’edificio in corso di costruzione e tenuto altresì conto che l’erigendo fabbricato circostanza questa non contestata è posto ad una distanza inferiore ai 10 mt dalla parete laterale dell’immobile delle sigg.re Rosa Foresta. Secondo un preciso orientamento di questo Consiglio di Stato cfr Sez. IV 20/7/2011numero 4374 idem 12/6/2007 numero 3094 dal quale il Collegio non ha motivo di discostarsi, la distanza minima fissata dall’articolo 9 del D.M. 2 aprile 1968 numero 1444 di dieci metri dalle pareti finestrate è volta alla salvaguardia delle imprescindibili esigenze igienico –sanitarie, al fine di evitare malsane intercapedini tra edifici tali da compromettere i profili di salubrità degli stessi , quanto ad areazione luminosità ed altro e trattasi certamente di una norma che in ragione delle prevalenti esigenze di interesse pubblico testè indicate ha carattere cogente e tassativo , prevalendo anche sulle disposizioni regolamentari degli enti locali che dispongano in maniera riduttiva. Ora, ferme restando la ratio sottesa alla norma de qua e la cogente valenza della stessa, occorre convenire che il caso sottoposto al vaglio di questo giudice, come correttamente osservato dal TAR, si pone al di fuori del campo applicativo dell’articolo 9 citato tenuto conto delle caratteristiche oggettive che connotano la vicenda, tali da fare escludere che sussistono i presupposti di fatto e di diritto richiesti per l’applicabilità della disciplina qui in discussione. La condizione indispensabile per potersi applicare il regime garantistico della distanza minima dei dieci metri è data dal fatto che esistano due pareti che si contrappongono di cui almeno una è finestrata detto ciò le appellanti sostengono che i balconi delle loro abitazioni sia pure per un lato limitato, quello minore,offrono la possibilità di affacciarsi sullo spazio che intercorre col fabbricato erigendo e perciò stesso la distanza minore di 10 mt dell’erigendo edificio provocherebbe , in violazione della regola della distanza minima posta dal citato articolo 9 una lesione a quegli aspetti di tutela che la norma implicitamente persegue. Così non è. Come si rileva dalla documentazione anche fotografica depositata un giudizio, nella specie si è di fronte ad un posizionamento dei due fabbricati tale da non influire sulle finalità igienico–sanitarie, dacchè, in concreto le due pareti fronteggianti in realtà sono costituiti da muri ciechi, privi di aperture finestrate. Invero, le aperture costituite dai balconi sono posizionate sul lato antistante le abitazioni, che corre in modo perpendicolare al vicino edificio, e non sulla parte che fronteggia il fabbricato oggetto del titolo ad aedificandum e sono queste le aperture che consentono alle abitazioni di usufruire delle condizioni di areazione e luminosità. Vero è che per una parte minore dei balconi del fabbricato delle appellanti è possibile in modo per così dire obliquo affacciarsi sul canale di scolo che divide i due edifici, ma trattasi di veduta che non rileva ai fini all’esame , nel senso che non è con riferimento a tale sporgenza laterale che può essere messa in discussione l’usufruibilità di area e luce per i vani interni, assicurata quest’ultima dall’affaccio esistente sul lato che si protende sul fronte strada. In altri termini lo stato dei luoghi è tale che gli affacci balconi dell’edificio Rosa Foresta prendono luce ed area da un lato strada che non fronteggia il fabbricato Ieriti e comunque le pareti contrapposte, quelle posizionate sul canale di scolo, non recano finestre o aperture nei sensi richiesti dalla norma qui in rilievo. Se così è ne deriva che le signore Rosa e Foresta non possono invocare l’applicabilità della regola della distanza minima dei dieci metri e, conseguentemente, il permesso di costruire rilasciato in favore del fabbricato ad uso commerciale da erigersi sull’adiacente lotto non risulta inficiato dal vizio di legittimità dedotto in prime cure, in questo grado pure insistentemente denunciato. In forza delle suestese considerazioni l’appello proposto dalle sigg.re Rosa Domenica e Foresta Maria è infondato e va respinto, rendendosi così improcedibile l’appello incidentale proposto da Ieriti Nicola. Sussistono peraltro giusti motivi, in relazione alla peculiarità della vicenda, per compensare tra le parti le spese del presente grado del giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quarta definitivamente pronunciando, così dispone rigetta l’appello principale proposto da Domenica Rosa e Foresta Maria b dichiara improcedibile il ricorso in appello incidentale proposto da Ieriti Nicola Compensa tra le parti le spese e competenze del presente grado del giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.