Banca commissariata se le irregolarità gestionali sono costanti nel tempo

Il carattere risalente nel tempo di molte delle vicende che sono state alla base del provvedimento, e anche la loro eventuale ascrivibilità a organi di amministrazione diversi da quelli poi colpiti dal decreto di scioglimento, lungi dall'essere indicativa di un’illegittimità delle determinazioni adottate dall’Amministrazione è invece presupposto per rilevare l'impossibilità del superamento delle criticità” mantenendo la continuità della gestione aziendale per tale dovendosi intendere sia la permanenza dei medesimi organi in carica, sia - più in generale - la prosecuzione di una gestione ispirata alle stesse logiche seguite fino a quel momento .

Del resto una corretta gestione dell'attività non deve avere riguardo soltanto dal punto di vista interno” dell’istituto di credito interessato, o – peggio – dei suoi organi in carica in un determinato momento storico, ma al più generale interesse dell’utenza e della collettività ad una sana e coerente gestione del credito. Con la conseguenza che se dopo una prima tornata” di attività ispettiva svoltasi nel 2010, non fosse stato preso dalla Banca d’Italia alcun provvedimento, e che invece al commissariamento si fosse pervenuti dopo una seconda ispezione svoltasi nel 2013 e in occasione della quale le irregolarità riscontrate sarebbero state quantitativamente minori ciò significa soltanto che si è inizialmente ritenuto di lasciare agli organi di amministrazione in carica uno spatium temporis utile a rimediare alle criticità individuate, e che in seguito si sia concluso che la situazione non fosse significativamente migliorata. Il Consiglio di Stato, Sezione IV, con la sentenza 835 depositata il 19 febbraio 2015, ha riconosciuto la legittimità degli atti relativi al commissariamento di un istituto di credito, disposto ai sensi dell’art. 70, comma 1, lett. a , d.lgs. n. 385/1993, il cui tenore testuale è chiarissimo nell’accomunare, quali possibili cause di scioglimento degli organi delle banche, le gravi irregolarità nell’amministrazione e le gravi violazioni delle disposizioni legislative, amministrative o statutarie malgrado l’uso della disgiuntiva ovvero , le suindicate condizioni possono sussistere congiuntamente o disgiuntamente, senza che gli organi di controllo siano tenuti a indicare di volta in volta in quale delle due previsioni si ricada. Analogamente, non occorre che siano individuate specificamente le norme violate, rilevando soltanto che siano individuate in modo chiaro e preciso condotte o circostanze di fatto contrastanti con una sana gestione dell’istituto di credito e, difatti, la circostanza che la norma faccia riferimento anche all’ipotesi di violazione di disposizioni amministrative o statutarie rende abbastanza chiaro che può trattarsi anche di disposizioni meramente interne, relative alle regole di gestione del credito e di conduzione dell’istituto . Le garanzie partecipative. Il Collegio, nella citata decisione, ha rilevato che secondo consolidata giurisprudenza, con riferimento al procedimento di scioglimento degli organi di amministrazione e controllo, l’art. 7, l. n. 241/1990 è specificamente derogato dall’art. 70, comma 3, d.lgs. n. 385/1993, il quale, ispirandosi ad evidenti ragioni di riservatezza a tutela del pubblico risparmio, sottrae alla regola della partecipazione procedimentale sia il decreto di scioglimento del Ministero dell’Economia e delle Finanze sia la proposta formulata dalla Banca d’Italia di conseguenza, né l’uno né l’altra possono essere comunicati agli interessati prima della consegna dell’azienda ai commissari straordinari. Del resto la Banca d'Italia che ha resistito al ricorso ha correttamente evidenziato la natura non sanzionatoria del procedimento de quo, che è funzionale al perseguimento di interessi pubblici e le cui ricadute afflittive” nei confronti di singoli sono meramente eventuali come confermato dal fatto che le circostanze che determinano l’adozione del provvedimento ex art. 70 non necessariamente debbono tradursi in addebiti a carico degli amministratori cfr. C.g.a.r.s., n. 145/2002, . La citata sentenza, inoltre, nel dedurre motivi di ricorso connessi al procedimento ha richiamato la disciplina di riferimento e le diverse fasi in cui il procedimento stesso deve articolarsi e che vede coinvolti i diversi soggetti della Banca d'Italia, prima che il provvedimento sia trasmesso al Ministero dello sviluppo economico per l'adozione dei provvedimenti formali. Il quadro sintetico di quello che è l’assetto statutario delle competenze è il seguente a al Direttorio spetta la competenza ad assumere i provvedimenti aventi rilevanza esterna relativi all’esercizio delle funzioni pubbliche attribuite dalla legge alla Banca o al Governatore per il perseguimento delle finalità istituzionali art. 21, comma 2 , e quindi, per quanto qui interessa, anche la proposta di adozione del decreto di scioglimento ex art. 70, d.lgs. n. 385/1993 b al Governatore, poi, in quanto organo di rappresentanza esterna della Banca d’Italia art. 24 , compete la sottoscrizione della proposta c quanto al Direttore Generale, questi coadiuva il Governatore nell’esercizio delle sue attribuzioni e lo surroga nel caso di assenza o d’impedimento, circostanze delle quali la sua firma fa piena prova nei confronti dei terzi art. 25, comma 4 . Credito ma con cautela. Nel caso specifico il commissariamento non era stato disposto per perdite patrimoniali art. 70, comma 1, lett. b , del d.lgs. n. 385/1993 , ma per la diversa ipotesi di gravi anomalie e violazioni lett. a dello stesso comma , come evidenziato dalla circostanza che la stessa Banca d’Italia aveva sottolineato l’indispensabilità del proprio intervento proprio in funzione di prevenzione di una grave compromissione della solidità economica dell’Istituto. In pratica, ha affermato la sentenza, il contesto generale di crisi economica non può ex se legittimare una deroga generalizzata dai principi di buona e sana gestione del credito in questo senso, risulta del tutto condivisibile la lettura” che la Banca d’Italia ha fornito delle esortazioni pubbliche, più volte rese dai propri organi istituzionali, a non abbandonare le imprese in crisi per il solo manifestarsi di difficoltà economiche, e che tuttavia non può risolversi in un’indiscriminata abdicazione dal proprio potere-dovere di controllo sull’ordinata e virtuosa gestione del credito.

Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 20 gennaio – 19 febbraio 2015, n. 835 Presidente Giaccardi – Estensore Greco Fatto I ricorrenti indicati in epigrafe, già Presidente e membri del Consiglio di Amministrazione della Bene Banca Credito Cooperativo di Bene Vagienna, hanno impugnato la sentenza con la quale il T.A.R. del Lazio ha respinto il ricorso dagli stessi proposto avverso gli atti con cui, ai sensi dell’art. 70, comma 1, lettera a , del decreto legislativo 1 settembre 1993, nr. 385, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, su conforme proposta della Banca d’Italia, ha decretato lo scioglimento degli organi del predetto Istituto di credito e nominato in loro sostituzione un Commissario Straordinario. A sostegno dell’appello, gli istanti hanno dedotto 1 errore di motivazione della sentenza di primo grado sul primo motivo di ricorso introduttivo violazione e mancata applicazione di legge art. 70 del d.lgs. nr. 385 del 1993 eccesso di potere per errore e difetto di motivazione, vizio del procedimento ingiustizia manifesta con riguardo alla reiezione della censura con cui era stata denunciata la carenza di motivazione a sostegno delle determinazioni assunte, e specificamente la mancata indicazione delle norme asseritamente violate dagli organi dell’Istituto 2 errore di motivazione della sentenza impugnata, con riguardo al secondo motivo del ricorso introduttivo violazione dell’art. 4 del d.lgs. nr. 385 del 1993 e s.m. violazione di legge art. 24 della legge 28 dicembre 2005, nr. 262 violazione degli artt. 7 e segg. della legge 7 agosto 1990, nr. 241 eccesso di potere per errore e difetto di presupposti, di motivazione, vizio del procedimento violazione dei principi generali del procedimento amministrativo illogicità e ingiustizia manifesta con riferimento alla lamentata violazione delle garanzie partecipative nei confronti degli odierni istanti 3 errore di motivazione della sentenza impugnata, con riguardo al terzo motivo del ricorso introduttivo violazione dell’art. 3 del d.lgs. nr. 385 del 1993 e s.m. eccesso di potere per errore e difetto di motivazione, vizio del procedimento in relazione alla censura afferente alla mancata previa acquisizione del parere del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio 4 errore di motivazione della sentenza impugnata, con riguardo al quarto motivo del ricorso introduttivo violazione e mancata applicazione degli artt. 21, 24 e 25 del d.P.R. 12 dicembre 2006 Statuto della Banca d’Italia” violazione dell’art. 19, comma 6, della legge nr. 262 del 2005 eccesso di potere per vizio del procedimento, incompetenza con riferimento alla doglianza relativa alla mancanza della previa deliberazione del Direttorio 5 errore di motivazione della sentenza impugnata, con riguardo al quinto motivo del ricorso introduttivo violazione e mancata applicazione dell’art. 19, comma 5, della legge nr. 262 del 2005 e dell’art. 53 del d.lgs. nr. 385 del 1993 e s.m. eccesso di potere per errore e difetto di motivazione, dei presupposti, dell’istruttoria vizio del procedimento illogicità manifesta con riferimento alla reiezione della doglianza afferente alla carenza di una motivazione in ordine alla ritenuta necessità di intervenire con lo scioglimento degli organi di amministrazione dell’Istituto, anziché con misure meno traumatiche 6 errore di motivazione della sentenza impugnata, con riguardo al sesto motivo del ricorso introduttivo violazione dell’art. 70 del d.lgs. nr. 385 del 1993 e s.m. e dell’art. 19, comma 5, della legge nr. 262 del 2005 eccesso di potere per errore e difetto di motivazione, difetto dei presupposti, difetto di istruttoria, travisamento dei fatti illogicità e ingiustizia manifesta con riferimento alla sostanziale assenza di motivazione, nella sentenza appellata, a fronte delle censure articolate nel merito delle ragioni addotte a sostegno della misura impugnata, essendosi il primo giudice limitato a un generico richiamo alla discrezionalità di cui fruisce l’Amministrazione in subiecta materia ed ai connessi limiti al sindacato giurisdizionale . Si sono costituiti, per resistere all’appello, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e la Banca d’Italia, entrambi di poi articolando diffuse argomentazioni a sostegno dell’infondatezza del gravame e instando per la conferma della sentenza impugnata inoltre, la Banca d’Italia ha eccepito in limine l’inammissibilità dell’appello per genericità dei relativi motivi. Di seguito, parte appellante ha ulteriormente sviluppato le proprie tesi ed ha depositato documentazione ulteriore. La Banca d’Italia ha replicato, eccependo altresì l’inammissibilità della nuova documentazione prodotta per la prima volta nel presente grado analoga eccezione è stata sollevata dagli appellanti, con riguardo alla documentazione prodotta dalla Banca d’Italia. All’udienza del 20 gennaio 2015, la causa è stata trattenuta in decisione. Diritto 1. Il presente giudizio concerne i provvedimenti con i quali il Ministero dell’Economia e delle Finanze, su conforme proposta della Banca d’Italia adottata a seguito di attività ispettiva, ha disposto lo scioglimento degli organi di amministrazione della Bene Banca Credito Cooperativo di Bene Vagienna e la sua sottoposizione ad amministrazione straordinaria, ai sensi dell’art. 70 del decreto legislativo 1 settembre 1993, nr. 385. Gli odierni appellanti, già Presidente e componenti del Consiglio di Amministrazione dell’istituto, hanno impugnato in sede giurisdizionale le predette determinazioni ed oggi, con l’appello in epigrafe, insorgono avverso la sentenza del T.A.R. del Lazio di reiezione di tale ricorso. 2. In via preliminare, va esaminata l’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dalla Banca d’Italia, la quale assume la genericità dei motivi di impugnazione, i quali si risolverebbero in una mera riproposizione delle censure articolate nel ricorso di primo grado. L’eccezione è infondata, potendo ritenersi l’appello all’esame della Sezione conforme al canone normativo di cui all’art. 101, comma 1, cod. proc. amm. E, difatti, se è vero che la disposizione da ultimo richiamata impone alla parte appellante di formulare specifiche censure contro i capi della sentenza gravata”, così sancendo l’inammissibilità di una mera riproduzione dei motivi di doglianza di primo grado proprio perché, come più volte evidenziato dalla giurisprudenza, l’appello non è un iudicium novum, avendo a oggetto le critiche rivolte al decisum di primo grado cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. IV, 28 gennaio 2010, nr. 363 id., sez. V, 29 dicembre 2009, nr. 8966 id., sez. IV, 8 giugno 2009, nr. 3507 , tuttavia il rispetto della detta prescrizione va commisurato alla specificità delle singole vicende processuali ed alla natura dei rilievi mossi dalla parte appellante alla pronuncia contro la quale insorge. In particolare, allorché – come è nel caso di specie – tali rilievi si traducano in un radicale dissenso rispetto al percorso motivazionale seguito dal primo giudice, al quale se ne contrappone uno totalmente alternativo, o, peggio, nell’affermazione del non avere il primo giudice dato realmente riscontro alle censure articolate in ricorso, è quasi naturale che l’atto di impugnazione, pur avendo a proprio oggetto la decisione di prime cure, finisca per sollecitare al giudice di appello un vero e proprio riesame” dei motivi originariamente formulati. 3. Ancora in via preliminare, occorre esaminare le eccezioni di inammissibilità che gli appellanti e la Banca d’Italia hanno reciprocamente sollevato avverso la nuova documentazione prodotta da controparte, con riferimento ai depositi che entrambe le parti hanno effettuato in data 30 dicembre 2014. 3.1. Per quanto concerne i documenti depositati dagli appellanti, di questi va effettivamente dichiarata l’inutilizzabilità, con la sola eccezione di quello indicato al nr. 6 del foliario, che è costituito da un precedente giurisprudenziale che può essere acquisito senza formalità e in qualsiasi momento del giudizio. Infatti, per nessuno degli altri documenti suindicati appaiono sussistere le speciali ragioni che, a mente del comma 2 dell’art. 104 cod. proc. amm., possono legittimare la deroga al divieto di nuove prove in appello, atteso che a i documenti nn. 2, 3 e 4 non risultano indispensabili ai fini del decidere, attenendo a parallele procedure sanzionatorie avviate dalla Banca d’Italia nei confronti dei componenti il disciolto Consiglio di Amministrazione, le quali, come è evidente e meglio appresso si dirà, sono del tutto autonome e distinte dal procedimento qui all’esame, rispetto al quale non rivestono alcuna pregiudizialità né spiegano alcuna incidenza b quanto ai documenti nn. 5, 7-15 e 18-22, trattasi di atti relativi all’organizzazione ed agli orientamenti generali della Banca d’Italia nella propria funzione di vigilanza sul credito, i quali non solo sono estranei alla materia del presente giudizio essendo stati richiamati da parte istante unicamente a ulteriore conforto della propria tesi circa l’asserita contraddittorietà dell’azione della stessa Banca d’Italia nel caso di specie , ma possono in larga misura considerarsi rientranti nella sfera del notorio c infine, quanto ai documenti nn. 17 e 18, trattasi di regolamenti e di atti normativi a carattere generale, dei quali per definizione il Collegio può autonomamente disporre, ove necessari, in virtù del principio iura novit curia. 3.2. Venendo invece ai nuovi documenti prodotti dalla Banca d’Italia, questi sono solo in parte ammissibili. Più specificamente, non possono essere acquisiti quelli indicati ai nn. 27 e 28, afferenti anch’essi alle procedure sanzionatorie attivate dalla Banca d’Italia e ad azioni di responsabilità intentate dai soci avverso gli organi disciolti dell’Istituto di credito, per le ragioni già evidenziate sub a al precedente punto 3.1. Quanto invece ai documenti nn. 24, 25 e 26, che concernono l’ulteriore sviluppo dell’amministrazione straordinaria e la sua più recente conclusione, questi sono certamente ammissibili, essendo non solo di indubbia rilevanza nel presente giudizio al riguardo, è sufficiente rilevare che attengono a fasi ulteriori del medesimo procedimento che qui interessa , ma anche sopravvenuti rispetto alla sentenza appellata. 3.3. Quanto sopra, ovviamente, attiene unicamente all’ammissibilità della documentazione in questione, e prescinde da ogni approfondimento circa la sua rilevanza o decisività ai fini del decidere. 4. Superate le predette questioni preliminari, e passando al merito dell’appello in epigrafe, lo stesso si appalesa infondato e pertanto meritevole di reiezione. 5. Principiando dal primo motivo di gravame, con esso si reitera la censura di carente motivazione nel decreto ministeriale impugnato, assumendosi in via generale l’insufficienza di una motivazione consistente nel mero rinvio alla relazione che accompagna la proposta della Banca d’Italia, e più specificamente l’omessa indicazione delle norme che si assumevano violate. Al riguardo, premesso il richiamo alla pregressa giurisprudenza di questo Consesso che reputa legittima la motivazione del decreto ministeriale di commissariamento formulata ob relationem con richiamo alla proposta della Banca d’Italia, allorché il Ministro ritenga di condividerla cfr. Cons. Stato, sez. VI, 20 dicembre 2012, nr. 6583 , le conclusioni del primo giudice appaiono pienamente condivisibili. Infatti, nel caso di specie il commissariamento è stato disposto ai sensi dell’art. 70, comma 1, lettera a , del precitato d.lgs. nr. 385 del 1993, il cui tenore testuale è chiarissimo nell’accomunare, quali possibili cause di scioglimento degli organi delle banche, le gravi irregolarità nell’amministrazione” e le gravi violazioni delle disposizioni legislative, amministrative o statutarie” di conseguenza, malgrado l’uso della disgiuntiva ovvero”, le suindicate condizioni possono ben sussistere congiuntamente o disgiuntamente, senza che gli organi di controllo siano tenuti a indicare di volta in volta in quale delle due previsioni si ricada. Analogamente, non occorre che siano individuate specificamente le norme violate, rilevando soltanto che siano individuate in modo chiaro e preciso condotte o circostanze di fatto contrastanti con una sana gestione dell’istituto di credito e, difatti, la circostanza che la norma faccia riferimento anche all’ipotesi di violazione di disposizioni amministrative o statutarie” rende abbastanza chiaro che può trattarsi anche di disposizioni meramente interne, relative alle regole di gestione del credito e di conduzione dell’istituto . 6. Del pari destituito di fondatezza è il secondo mezzo col quale, in critica alle opposte conclusioni del primo giudice, si ripropone la censura di violazione delle garanzie partecipative dovute agli odierni istanti, i quali hanno appreso del procedimento de quo e dei suoi esiti soltanto al momento dell’insediamento del Commissario Straordinario. Al riguardo, va innanzi tutto richiamata la consolidata giurisprudenza secondo cui, con riferimento al procedimento di scioglimento degli organi di amministrazione e controllo, l’art. 7 della legge 7 agosto 1990, nr. 241 è specificamente derogato dall’art. 70, comma 3, d.lgs. nr. 385 del 1993, il quale, ispirandosi ad evidenti ragioni di riservatezza a tutela del pubblico risparmio, sottrae alla regola della partecipazione procedimentale sia il decreto di scioglimento del Ministero dell’Economia e delle Finanze sia la proposta formulata dalla Banca d’Italia di conseguenza, né l’uno né l’altra possono essere comunicati agli interessati prima della consegna dell’azienda ai commissari straordinari cfr. Cons. Stato, sez. IV, 11 novembre 2010, nr. 8016 id., sez. VI, nr. 6583 del 2012, cit. id., 8 luglio 2011, nr. 4124 . A fronte di tali approdi dei quali peraltro gli stessi odierni istanti si dicono ben consapevoli , condivisibilmente la resistente Banca d’Italia, riprendendo l’avviso del primo giudice, evidenzia la natura non sanzionatoria del procedimento de quo, che è funzionale al perseguimento di interessi pubblici e le cui ricadute afflittive” nei confronti di singoli sono meramente eventuali come confermato dal fatto che le circostanze che determinano l’adozione del provvedimento ex art. 70 non necessariamente debbono tradursi in addebiti a carico degli amministratori cfr. C.g.a.r.s., 19 marzo 2002, nr. 145 . Ne discende che non risulta sostenibile l’impostazione di parte istante, la quale, nello sforzo di conciliare i principi testé richiamati con le pretese garanzie partecipative spettanti agli interessati, vorrebbe individuare una fase procedimentale anteriore alla proposta della Banca d’Italia, nella quale sarebbe possibile la partecipazione degli interessati laddove, invece, è evidente che il procedimento de quo inizia proprio con la proposta della Banca d’Italia, rispetto alla quale è indifferente quale sia l’input da cui scaturisce, si tratti di una generica istruttoria preliminare ovvero, come nella specie, di una vera e propria attività ispettiva la quale però costituisce procedimento autonomo, suscettibile di condurre anche a esiti diversi . 7. Infondato è anche il terzo motivo d’appello, col quale si reitera la censura di violazione dell’art. 3 del d.lgs. nr. 385 del 1993, a cagione della mancata previa sottoposizione al Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio C.I.C.R. del censurato decreto di scioglimento. Ed invero, come del tutto condivisibilmente evidenziato dal primo giudice, la norma testé citata qualifica come mera facoltà” la previa sottoposizione al C.I.C.R. dei provvedimenti di competenza del Ministro dell’Economia e delle Finanze, il quale pertanto ha ampia discrezionalità in ordine al se avvalersi di tale apporto. A fronte di tali piani rilievi, gli appellanti insistono sulla circostanza che nel caso di specie la proposta della Banca d’Italia era stata di fatto trasmessa al C.I.C.R., ciò che, nella prospettiva attorea, avrebbe comportato una sorta di autovincolo” dell’Amministrazione ad acquisire il parere di cui al precitato art. 3 a tale ricostruzione la Banca d’Italia oppone che la trasmissione al C.I.C.R. avrebbe avuto il solo scopo di individuare la struttura segretariale avente il compito di inoltrare la proposta al Ministro competente a valutarla. Ad avviso della Sezione, è irrilevante approfondire la plausibilità di quest’ultima ricostruzione posta in dubbio da parte appellante , dovendo osservarsi - innanzi tutto, che la facoltà” di sottoposizione al C.I.C.R. ex art. 3 è riservata al Ministro, e pertanto essa non può essere espropriata” da altri soggetti, ciò che si verificherebbe ove si ammettesse che un inoltro al C.I.C.R. da parte della Banca d’Italia abbia vincolato il Ministro ad acquisire il parere del detto Comitato - che in ogni caso, quand’anche fosse stato lo stesso Ministro a trasmettere al C.I.C.R. la proposta della Banca d’Italia, nulla gli avrebbe impedito, giusta l’ampia discrezionalità di cui si è detto, di mutare successivamente avviso e provvedere de plano, rinunciando alla previa audizione dell’organo collegiale. Del tutto inconferente, poi, è il richiamo degli appellanti al comma 2 del medesimo art. 3, che disciplina la diversa ipotesi di sostituzione del Ministro nelle attribuzioni proprie del C.I.C.R. di cui al precedente art. 2, e non ha nulla a che fare con il parere facoltativo previsto dal comma 1. 8. Del pari infondato è il quarto mezzo, col quale si denuncia nuovamente la violazione del sistema delle competenze delineato dagli artt. 21, 24 e 25 del d.P.R. 12 dicembre 2006 Statuto della Banca d’Italia” , assumendosi che la proposta di scioglimento sarebbe stata formulata dal Direttore Generale anziché dal Direttorio, cui apparteneva la competenza istituzionale in subiecta materia. 8.1. Sul punto, giova preliminarmente fornire un quadro sintetico di quello che è l’assetto statutario delle competenze a al Direttorio spetta la competenza ad assumere i provvedimenti aventi rilevanza esterna relativi all’esercizio delle funzioni pubbliche attribuite dalla legge alla Banca o al Governatore per il perseguimento delle finalità istituzionali” art. 21, comma 2 , e quindi, per quanto qui interessa, anche la proposta di adozione del decreto di scioglimento ex art. 70 del d.lgs. nr. 385 del 1993 b al Governatore, poi, in quanto organo di rappresentanza esterna della Banca d’Italia art. 24 , compete la sottoscrizione della proposta c quanto al Direttore Generale, questi coadiuva il Governatore nell’esercizio delle sue attribuzioni e lo surroga nel caso di assenza o d’impedimento, circostanze delle quali la sua firma fa piena prova nei confronti dei terzi” art. 25, comma 4 . 8.2. Tutto ciò premesso, e al di là delle congetture e illazioni formulate dagli odierni appellanti, dalla documentazione in atti risulta che, nel caso che qui occupa, certamente vi furono la riunione del Direttorio e la conseguente delibera di scioglimento, le quali risultano richiamate nella proposta sottoscritta dal Direttore Generale inoltre, quest’ultimo procedette alla sottoscrizione a causa dell’impedimento del Governatore, in puntuale applicazione della disposizione statutaria da ultimo richiamata. A fronte di ciò, parte appellante assume la non veridicità di siffatta ricostruzione, opponendo che in realtà il Direttorio non avrebbe deliberato affatto, ovvero sarebbe intervenuto ex post con una non consentita ratifica” dell’operato del Direttore Generale tanto desumendo da dati formali, quali le modalità di apposizione sulla proposta del richiamo alla delibera direttoriale, ovvero la pretesa incongruenza nei numeri progressivi di protocollo dei due atti, laddove quello della delibera direttoriale è successivo a quello della proposta, anziché precedente come logicamente dovrebbe essere circostanza che, per converso, la Banca d’Italia spiega con un’articolata ricostruzione dei passaggi” interni del verbale del Direttorio, che giustificherebbe la registrazione al protocollo di quest’ultima in un momento successivo a quella del provvedimento del Direttore Generale . Tuttavia, risulta evidente che per affermare la non rispondenza al vero di quanto affermato nei documenti prodotti dall’Amministrazione non è sufficiente fondarsi su induzioni del tipo di quelle sopra richiamate, trattandosi di atti destinati a far fede di quanto in essi affermato fino a querela di falso che parte istante non risulta aver proposto . Ne discende che le suindicate censure di violazione procedimentale, ovvero di incompetenza, risultano non adeguatamente supportate, e vanno pertanto disattese. 9. Infondato è anche il quinto mezzo, col quale è riproposta la censura relativa all’asserito difetto di proporzionalità nell’adozione della misura impugnata, assumendosi, in estrema sintesi, che nella specie sarebbe stata necessaria un’analitica e specifica motivazione – asseritamente carente – in ordine all’impossibilità di far fronte alle problematiche individuate attraverso misure meno afflittive” dello scioglimento degli organi di amministrazione. Al riguardo, è del tutto condivisibile l’avviso espresso dal T.A.R. in ordine alla piena congruenza tra le irregolarità e violazioni riscontrate e i provvedimenti assunti, i quali, come meglio appresso si vedrà, non presentano quei profili di manifesta irragionevolezza o erroneità, che soli possono legittimare un sindacato giudiziale. In primo luogo, da una piana lettura della Relazione che accompagna la proposta della Banca d’Italia è agevole evincere come in essa si dia ampiamente conto del perché si sia ritenuto che fosse impossibile aspettarsi un superamento delle criticità” evidenziate mantenendo la continuità della gestione aziendale per tale dovendosi intendere sia la permanenza dei medesimi organi in carica, sia - più in generale - la prosecuzione di una gestione ispirata alle stesse logiche seguite fino a quel momento . Ma, al di là di tale rilievo, ciò che non persuade è l’idea di parte appellante secondo cui la normativa vigente costruirebbe un sistema” di misure più o meno afflittive, all’interno del quale si applicherebbe un criterio di gradualità rispetto alle violazioni e irregolarità riscontrate, tale da imporre sempre e comunque una motivazione ad hoc in ordine all’inidoneità di misure meno gravose sul modello, per intenderci, di quanto stabilito dall’art. 275 cod. proc. pen. per le misure cautelari personali nel processo penale . Al contrario, risulta evidente che una cosa sono i provvedimenti generali e specifici adottabili dalla Banca d’Italia nell’ambito della propria attività ispettiva che sono disciplinati dagli artt. 53 e 54 del d.lgs. nr. 385 del 1993 , tutt’altra cosa sono invece i provvedimenti adottabili in caso di crisi accertata o conclamata, dei quali si occupa altra parte del T.U. bancario artt. 70 e segg. il rapporto tra le due previsioni si esaurisce nell’ovvio rilievo che l’adozione del commissariamento può essere determinata od occasionata, come è nel caso di specie, dalle risultanze dell’attività ispettiva, ma ciò non comporta affatto che l’Amministrazione sia tenuta a una specifica motivazione sull’assoluta indispensabilità della misura più afflittiva, e sull’inadeguatezza di altre meno intense. 10. Con il sesto e ultimo motivo d’appello, gli istanti ripropongono le doglianze articolate nel merito delle conclusioni raggiunte dalla Banca d’Italia, e condivise dal Ministero intimato, lamentando un non adeguato approfondimento di esse da parte del primo giudice segnatamente, il T.A.R. si sarebbe limitato a un generico richiamo alla pacifica giurisprudenza circa l’ampia discrezionalità valutativa riconosciuta all’Amministrazione in subiecta materia, con ciò esternando una motivazione meramente apparente, destinata a risolversi di fatto in un vero e proprio diniego di giustizia. Anche questo motivo tuttavia, al di là dell’oggettiva ed effettiva sinteticità del capo di sentenza avverso il quale si concentra, risulta destituito di fondatezza. 10.1. Ed invero, se si analizzano in dettaglio le argomentazioni in parte qua svolte nell’appello, risulta evidente che gli istanti a da un lato, non contestano la sussistenza dei fatti accertati in sede ispettiva né ne assumono l’erronea definizione o descrizione, limitandosi piuttosto a non concordare con il giudizio di loro gravità”, sulla base di considerazioni tendenti o a ridimensionare quelle circostanze di fatto o a considerarle addirittura fisiologiche” b per altro verso, rappresentano ulteriori circostanze di fatto in particolare, il contesto di crisi economica e finanziaria in cui l’attività dell’Istituto si inseriva, la risalenza nel tempo di molti dei fatti accertati e la accertata solidità patrimoniale dell’Istituto medesimo , a loro dire non prese in considerazione dalla Banca d’Italia e che avrebbero imposto un esito diverso. Ad esempio della maggior parte delle posizioni debitorie delle quali è stata contestata la cattiva gestione, si sostiene la risalenza a epoca anteriore all’incarico del Consiglio di Amministrazione oggetto della misura di commissariamento di talune circostanze si contesta la valutazione di gravità, assumendole connaturali all’ordinaria attività di un istituto di credito è il caso non solo di talune vicende debitorie, ma anche della rilevata conflittualità interna all’Istituto, che gli istanti tendono a circoscrivere a una non corretta condotta del collegio sindacale, che in parte risulta invece aver contribuito all’adozione delle misure qui contestate infine, per taluni fatti semplicemente gli appellanti si limitano a negare che essi siano indice delle irregolarità ravvisate dalla Banca d’Italia è il caso del particolare assetto degli organi e meccanismi di controllo, p. es. in materia di antiriciclaggio . 10.2. Orbene, non v’è chi non veda che in nessuno di questi casi la parte privata giunge a dimostrare la sussistenza di quei manifesti vizi dell’esercizio del potere discrezionale, in presenza solo dei quali – anche a non voler seguire l’indirizzo più rigoroso, secondo cui il giudizio sulla gravità delle violazioni e irregolarità riscontrate è sempre riservato all’Amministrazione e intangibile in sede giudiziale cfr. C.g.a.r.s., nr. 145 del 2002, cit. – è possibile il sindacato del giudice amministrativo in subiecta materia. 10.2.1. In primo luogo, risulta abbastanza evidente che la mancanza di gravi perdite patrimoniali è circostanza inconferente al caso che qui occupa, laddove il commissariamento non è stato disposto per perdite patrimoniali art. 70, comma 1, lettera b , del d.lgs. nr. 385 del 1993 , ma per la diversa ipotesi di gravi anomalie e violazioni lettera a dello stesso comma , come evidenziato dalla circostanza che la stessa Banca d’Italia ha sottolineato l’indispensabilità del proprio intervento proprio in funzione di prevenzione di una grave compromissione della solidità economica dell’Istituto. Sotto tale profilo, risulta molto ridimensionata anche la rilevanza del dato della relativamente breve durata dell’amministrazione straordinaria, dal quale gli appellanti vorrebbero ricavare ex post la dimostrazione della non necessità dei provvedimenti impugnati. 10.2.2. In secondo luogo, il contesto generale di crisi economica è circostanza notoria e certamente presa in considerazione dall’Amministrazione, ma che non può ex se legittimare una deroga generalizzata dai principi di buona e sana gestione del credito in questo senso, risulta del tutto condivisibile la lettura” che la Banca d’Italia ha fornito delle esortazioni pubbliche, più volte rese dai propri organi istituzionali e su cui insiste parte appellante , a non abbandonare le imprese in crisi per il solo manifestarsi di difficoltà economiche, e che tuttavia non può risolversi in un’indiscriminata abdicazione dal proprio potere-dovere di controllo sull’ordinata e virtuosa gestione del credito. 10.2.3. In terzo luogo, il carattere risalente nel tempo di molte delle vicende oggetto di contestazione, e anche la loro eventuale ascrivibilità a organi di amministrazione diversi da quelli poi colpiti dal decreto di scioglimento, non è circostanza ex se indicativa di un’illegittimità delle determinazioni adottate dall’Amministrazione infatti, è evidente che queste ultime non dovevano avere riguardo soltanto al punto di vista interno” dell’istituto di credito interessato, o – peggio – dei suoi organi in carica in un determinato momento storico, ma al più generale interesse dell’utenza e della collettività ad una sana e coerente gestione del credito. Inoltre, nemmeno è indice di illegittimità il fatto che, dopo una prima tornata” di attività ispettiva svoltasi nel 2010, non fosse stato preso dalla Banca d’Italia alcun provvedimento, e che invece al commissariamento si fosse pervenuti dopo una seconda ispezione svoltasi nel 2013 e in occasione della quale, si sostiene, le irregolarità riscontrate sarebbero state quantitativamente minori ciò, per vero, può significare soltanto che si è inizialmente ritenuto di lasciare agli organi di amministrazione in carica uno spatium temporis utile a rimediare alle criticità individuate, e che in seguito, con giudizio ancora una volta immune da critiche di macroscopica erroneità o irragionevolezza, si è concluso che la situazione non fosse significativamente migliorata. 10.2.4. Infine, non è condivisibile neanche l’impostazione degli appellanti laddove, prendendo in esame atomisticamente ciascuna delle singole vicende oggetto di accertamento della Banca d’Italia, si assume che esse sarebbero in certa misura fisiologiche” nell’ambito di un’ordinaria attività di gestione del credito in periodo di crisi economico-finanziaria. In tal modo, si oblitera che l’esame delle circostanze accertate e la valutazione in ordine alla loro gravità e incidenza sulla conduzione generale dell’impresa devono essere globali, considerando l’influenza di ciascuna di esse sul complessivo andamento dell’istituto di credito. 11. In definitiva, alla luce dei rilievi fin qui svolti, s’impone una decisione di reiezione dell’appello e di conferma della sentenza impugnata. 12. In considerazione della peculiarità della vicenda esaminata, sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del grado. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quarta , definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata. Compensa tra le parti le spese del presente grado di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.