Logico chiudere l'ufficio postale se l'utenza media giornaliera è pari a zero

Il Comune, pertanto, non può pretendere da Poste italiane il mantenimento di tutti gli uffici postali se viene dimostrato che la media giornaliera di accessi in una determinata zona non consente una gestione economicamente sostenibile.

La disciplina. Ai sensi dell’art. 3 d.lgs. n. 261/1999 - con cui si è data attuazione alla direttiva 97/67/CE, da ultimo modificata dalla direttiva 2008/6/CE, ponendo le basi per un mercato postale liberalizzato –, il servizio postale universale ricomprende attualmente la raccolta, il trasporto, lo smistamento e il recapito degli invii postali fino a 2 kg, compresi gli invii raccomandati e assicurati, e dei pacchi fino a 20 kg. La disciplina precisa comunque che la parte del servizio universale riservata in via esclusiva a Poste italiane s.p.a. è ora limitata alle sole notificazioni e comunicazioni a mezzo posta degli atti giudiziari e dei verbali delle violazioni del codice della strada v. art. 4 , mentre su tutto il resto, anche nell’ambito dello stesso servizio universale, è possibile il confronto concorrenziale di altri operatori titolari di licenza individuale o di autorizzazione generale. La direttiva emanata nel 2008 ha conservato il servizio universale, inteso come servizio che gli Stati sono tenuti a rendere alle rispettive collettività, ribadendone la funzione di coesione sociale e territoriale, con particolare riferimento alla capillarità della rete postale. In attuazione delle citate direttive, la disciplina nazionale di cui al citato d.lgs. n. 261/1999 come, da ultimo, modificato dal d.lgs. 31 marzo 2011, n. 58 prescrive, conseguentemente, che la fornitura del servizio postale sia assicurata su tutto il territorio nazionale, incluse le situazioni particolari delle isole minori e delle zone rurali e montane, in via continuativa per tutta la durata dell’anno [v. art. 3, commi 1 e 5, lett. c , del citato d.lgs. n. 261 del 1999, e ss.mm.ii.], e che l’Autorità di regolamentazione del settore postale ossia, l’AGCOM sia competente ad adottare i provvedimenti regolatori in materia di qualità e caratteristiche del servizio postale universale, anche con riferimento alla determinazione dei criteri di ragionevolezza necessari a garantire una regolare ed omogenea fornitura del servizio. Infine, secondo le previsioni dell’articolo 2 d.m. 7 ottobre 2008 Criteri di distribuzione dei punti di accesso alla rete postale pubblica – richiamate nel Contratto di programma relativo al triennio 2009-2011 intercorso tra Poste Italiane s.p.a., in qualità di concessionaria del servizio postale universale, e il Ministero dello sviluppo economica, che peraltro non è stato specificamente impugnato dall’originario ricorrente ed appellante il fornitore del servizio postale universale è tenuto ad assicurare un punto di accesso entro la distanza massima di 3 chilometri dal luogo di residenza per il 75% della popolazione un punto di accesso entro la distanza massima di 5 chilometri dal luogo di residenza per il 92,5% della popolazione un punto di accesso entro la distanza massima di 6 chilometri dal luogo di residenza per il 97,5% della popolazione l’operatività di almeno un ufficio postale nel 96% dei comuni italiani, con divieto di effettuare soppressioni di uffici postali nei comuni con unico presidio postale. A giudizio del Collegio, nel caso di specie sono stati osservati i parametri che – secondo la disciplina comunitaria e nazionale, legislativa e regolamentare – presiedono alla distribuzione degli uffici postali sul territorio in quanto, in particolare, dai dati estratti dalla documentazione prodotta da Poste Italiane emerge che il livello medio di clientela giornaliera dell’ufficio postale oggetto della chiusura contestata è pari al valore ‘zero’, sicché la motivazione dell’impugnata determinazione, incentrata sull’impossibilità di garantire l’equilibrio economico dell’ufficio, deve ritenersi suffragata da adeguato supporto probatorio. In sostanza, l’impugnato atto di riorganizzazione aziendale appare, dunque, frutto di un ragionevole ed equilibrato bilanciamento tra dato economico ed esigenze degli utenti, in quanto idoneo a garantire la persistente disponibilità del servizio universale postale alla popolazione interessata, tramite l’ufficio postale sito al centro del Comune, entro i limiti perimetrali stabiliti dalla sopra riportata normativa regolamentare recepita nel Contratto di programma, in conformità alla disciplina comunitaria e legislativa del settore. La partecipazione procedimentale. Quanto al dedotto vizio procedimentale del mancato coinvolgimento del Comune nel processo decisionale che ha portato alla chiusura dell’ufficio postale in questione, risulta documentalmente comprovato che, ha affermato la Sezione, prima dell’emanazione degli atti che hanno portato alla chiusura definitiva dell’ufficio in questione unitamente ad altri uffici , tutti i Sindaci dei Comuni interessati sono stati invitati ad esprimere la propria posizione attraverso comunicazioni inviate via fax tra il 4 e il 7 dicembre 2012, con la mediazione del Prefetto di Salerno, sicché il T.a.r. correttamente ha ritenuto soddisfatte le garanzie partecipative delle Amministrazioni locali quali enti esponenziali degli interessi dei residenti utenti del servizio universale, mentre nessuna disposizione – né a livello legislativo o regolamentare, né a livello di auto-vincolo – condiziona l’atto specifico di riorganizzazione della chiusura di un ufficio postale al consenso delle stesse Amministrazioni locali.

Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 14 ottobre – 10 dicembre 2014, n. 6051 Presidente De Felice – Estensore Lageder Fatto e diritto 1. Con la sentenza in epigrafe, il T.a.r. per la Campania, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 1900 del 2012, proposto dal Comune di Ceraso avverso la nota del 16 novembre 2012 nonché avverso le successive note di differimento e tutti gli atti presupposti e connessi , con la quale il direttore della filiale di Sala Consilina di Poste Italiane s.p.a. aveva disposto la chiusura al pubblico dell’ufficio postale di Ceraso, contrada di San Sumino, a far data dal 10 dicembre 2012 prima, e dal 28 dicembre 2012 poi, in ragione dell’impossibilità di garantirne l’equilibrio economico, provvedeva come segue i in reiezione di correlativa eccezione sollevata dall’ente resistente, affermava la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. c , cod. procomma amm. contemplante le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi , in quanto - la titolarità in capo ad un ente, pubblico o privato, di una funzione amministrativa doveva ritenersi compatibile con la contestuale gestione, da parte dello stesso, di un pubblico servizio, pur se a carattere imprenditoriale, identificandosi la prima nell’attività, di carattere organizzativo o latamente normativo, intesa a disciplinare, in via generale, le modalità di erogazione del servizio, mentre la seconda assumeva carattere meramente materiale e/o esecutivo - alla luce della ricostruzione dell’assetto normativo del servizio postale universale, di cui al d.lgs. 22 luglio, n. 261, in capo a Poste Italiane s.p.a. doveva ritenersi sussistente, accanto al potere organizzativo quindi intrinsecamente regolatrice di interessi molteplici , dell’ulteriore requisito concorrente al riconoscimento di una funzione amministrativa di ordine pubblicistico, ovvero la sua prioritaria finalizzazione al perseguimento di un interesse di carattere generale e/o collettivo, implicante la necessità di contemperare, nella gestione del servizio postale universale, le esigenze di economicità gestionale, proprie dello schema societario, e quelle di carattere pubblicistico, insite nel carattere universale del servizio ed ulteriormente declinate, sul piano normativo, nelle sue finalità di garantire il rispetto delle esigenze essenziali , di offrire agli utenti, in condizioni analoghe, un trattamento identico , di evolvere in funzione del contesto tecnico, economico e sociale, nonché delle esigenze dell’utenza , ex art. 3, comma 8, lett. a , b ed e , d.lgs. n. 261 del 1999, e di svolgere un ruolo fondamentale nella funzione di coesione sociale ed economica sul territorio nazionale , ai sensi del Contratto di programma , con la previsione del possibile concorrente finanziamento pubblico degli oneri per la fornitura del servizio universale art. 3, comma 12, d.lgs. cit. - nella specie, l’atto organizzativo impugnato doveva ritenersi espressivo di una funzione amministrativa in senso stretto, pur se affidata ad un soggetto societario ii respingeva l’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione in capo al Comune ricorrente – pure sollevata dall’ente resistente –, rilevando che il servizio postale strettamente inteso era normativamente diretto alla salvaguardia delle esigenze essenziali dei cittadini, di cui l’ente locale era istituzionalmente portatore, con seguente sussistenza della legittimazione del Comune a far valere la violazione di principi propri ed esclusivi del servizio postale universale, in funzione della conservazione dei servizi a questo connessi ed accessori, interessanti il territorio comunale iii nel merito, respingeva il ricorso sulla base dei seguenti rilievi - il principio di ragionevolezza, relativamente alla distanza che deve sussistere tra gli uffici postali onde garantire adeguatamente le esigenze degli utenti, era normativamente specificato nei criteri di distribuzione dei punti di accesso alla rete postale pubblica di cui al d.m. 7 ottobre 2008, a sua volta richiamato dal Contratto di programma intervenuto tra il Ministero dello sviluppo economico e Poste Italiane s.p.a., avverso il quale alcuna censura specifica era stata formulata dalla parte ricorrente - la distanza tra la popolazione residente nella località San Sumino e l’ufficio postale più vicino tuttora esistente centro di Ceraso risultava pari a km 2,5, rispettosa quindi dei succitati criteri, anche con riferimento alla distanza più favorevole tra popolazione residente ed ufficio postale, pari a km 3, che il gestore del servizio postale universale era tenuto ad assicurare per il 75% della popolazione nazionale - rimanevano di conseguenza superate, ai sensi dell’art. 21-octies l. n. 241 del 1990, anche le censure attinenti ai profili strettamente formali delle determinazioni impugnate, a cominciare da quelli relativi all’adeguatezza del loro impianto motivazionale - era infondata l’ulteriore censura, secondo cui la società resistente avrebbe, di fatto, omesso di subordinare l’effettiva implementazione del piano agli esiti della consueta interlocuzione con le istituzioni locali , alle quali si sarebbe, invece, limitata a comunicare la decisione, già formata e di fatto irreversibile, di procedere alla soppressione dell’ufficio postale oggetto di controversia, poiché, sebbene Poste Italiane s.p.a. si fosse auto-vincolata a porre in essere un’attività di confronto con gli enti pubblici interessati in vista dell’attuazione del processo di razionalizzazione, per un verso, alla luce della documentazione prodotta in giudizio, siffatta attività di confronto risultava essere stata attuata, con la mediazione del Prefetto di Salerno, seppur con esiti finali diversi da quelli auspicati dal Comune ricorrente, e, per altro verso, doveva ritenersi irrilevante l’ipotizzata mancata attuazione della concertazione con il Comune medesimo, attesa la conformità della determinazione di chiusura impugnata ai prefissati parametri normativi in tema di distanze tra uffici postali, con conseguente esclusione dell’obbligo della società di rinvenire una soluzione alternativa a quella adottata che, secondo la prospettazione del Comune, sarebbe dovuta emergere dalla concertazione , né era necessaria l’acquisizione del consenso dell’ente locale interessato o dell’Autorità di garanzia iv dichiarava le spese di causa interamente compensate tra le parti. 2. Avverso tale sentenza interponeva appello il soccombente Comune di Ceraso, deducendo i motivi come di seguito testualmente rubricati a Error in iudicando - violazione del giusto procedimento - violazione del principio di leale cooperazione - violazione dell’autovincolo , con conseguente erronea reiezione della censura di violazione del procedimento di ‘concertazione’, con i Comuni interessati dal processo di razionalizzazione e di chiusura delle sedi di vari uffici postali, tra cui quello di Ceraso San Sumino b Error in iudicando - violazione del d.lgs. n. 261/1999, con particolare riferimento agli artt. 3 e 10, nonché delle direttive 97/67/CE e 2008/6/CE, del d.m. Sviluppo economico del 7.10.2008, del contratto di programma tra P.I. e Ministero dello sviluppo economico, con particolare riferimento all’art. 2, comma 6 ed 8. Violazione degli artt. 3 e 15 della Costituzione. Violazione del d.lgs. n. 58/11 c Violazione stessa normativa e disciplina sopra delineate ed eccesso di potere sotto le medesime figure sintomatiche enunciate nella prima rubrica d Violazione ulteriore della disciplina e della normativa indicate nelle precedenti rubriche. Difetto d’istruttoria e di motivazione. Illogicità ed irrazionalità della scelta . Il Comune appellante chiedeva pertanto, in riforma dell’impugnata sentenza, l’accoglimento del ricorso di primo grado. 3. Si costituivano in giudizio Poste Italiane s.p.a. e le appellate Amministrazioni statali, resistendo e chiedendo il rigetto dell’appello. 4. All’udienza pubblica del 14 ottobre 2014 la causa è stata trattenuta in decisione. 5. Premesso che le parti appellate non hanno proposto appello incidentale avverso le statuizioni reiettive delle eccezioni processuali sub 1. i e 1. ii , sicché ogni relativa questione esula dai limiti oggetti del devolutum per preclusione da giudicato endoprocessuale, si osserva nel merito che i motivi d’appello, tra di loro connessi e da esaminare congiuntamente, sono infondati. Occorre premettere in linea di diritto che, ai sensi dell’articolo 3 d.lgs 22 luglio 1999, n. 261 – con cui si è data attuazione alla direttiva 97/67/CE, da ultimo modificata dalla direttiva 2008/6/CE, ponendo le basi per un mercato postale liberalizzato –, il servizio postale universale ricomprende attualmente la raccolta, il trasporto, lo smistamento e il recapito degli invii postali fino a 2 kg, compresi gli invii raccomandati e assicurati, e dei pacchi fino a 20 kg [con la precisazione che la parte del servizio universale riservata in via esclusiva a Poste italiane s.p.a. è ora limitata alle sole notificazioni e comunicazioni a mezzo posta degli atti giudiziari e dei verbali delle violazioni del codice della strada v. art. 4 , mentre su tutto il resto, anche nell’ambito dello stesso servizio universale, è possibile il confronto concorrenziale di altri operatori titolari di licenza individuale o di autorizzazione generale]. La direttiva emanata nel 2008 ha conservato il servizio universale, inteso come servizio che gli Stati sono tenuti a rendere alle rispettive collettività, ribadendone la funzione di coesione sociale e territoriale, con particolare riferimento alla capillarità della rete postale. In attuazione delle citate direttive, la disciplina nazionale di cui al citato d.lgs. n. 261 del 1999 come, da ultimo, modificato dal d.lgs. 31 marzo 2011, n. 58 prescrive, conseguentemente, che la fornitura del servizio postale sia assicurata su tutto il territorio nazionale, incluse le situazioni particolari delle isole minori e delle zone rurali e montane, in via continuativa per tutta la durata dell’anno [v. art. 3, commi 1 e 5, lett. c , del citato d.lgs. n. 261 del 1999, e ss.mm.ii.], e che l’Autorità di regolamentazione del settore postale ossia, l’AGCOM sia competente ad adottare i provvedimenti regolatori in materia di qualità e caratteristiche del servizio postale universale, anche con riferimento alla determinazione dei criteri di ragionevolezza funzionali alla individuale dei punti del territorio nazionale necessari a garantire una regolare ed omogenea fornitura del servizio. Infine, secondo le previsioni dell’articolo 2 d.m. 7 ottobre 2008 Criteri di distribuzione dei punti di accesso alla rete postale pubblica – richiamate nel Contratto di programma relativo al triennio 2009-2011 intercorso tra Poste Italiane s.p.a., in qualità di concessionaria del servizio postale universale, e il Ministero dello sviluppo economica, non specificamente impugnato dall’originario ricorrente ed odierno appellante –, il fornitore del servizio postale universale è tenuto ad assicurare - un punto di accesso entro la distanza massima di 3 chilometri dal luogo di residenza per il 75% della popolazione - un punto di accesso entro la distanza massima di 5 chilometri dal luogo di residenza per il 92,5% della popolazione - un punto di accesso entro la distanza massima di 6 chilometri dal luogo di residenza per il 97,5% della popolazione - l’operatività di almeno un ufficio postale nel 96% dei comuni italiani, con divieto di effettuare soppressioni di uffici postali nei comuni con unico presidio postale. Orbene, nel caso di specie sono stati osservati i parametri che – secondo la disciplina comunitaria e nazionale, legislativa e regolamentare – presiedono alla distribuzione degli uffici postali sul territorio, in quanto - pur dopo la soppressione dell’ufficio postale della contrada di San Sumino, il Comune di Ceraso abitanti ca. 2.400 ubicazione a 340 s.l.m., in zona collinare interna è, pacificamente, rimasto munito di un ufficio postale, in aderenza ai sopra riportati criteri - dai dati estratti dalla documentazione prodotta da Poste Italiane sub docomma 6 del fascicolo di primo grado emerge che il livello medio di clientela giornaliera dell’ufficio postale di San Sumino è pari al valore ‘zero’, sicché la motivazione dell’impugnata determinazione, incentrata sull’impossibilità di garantire l’equilibrio economico dell’ufficio, deve ritenersi suffragata da adeguato supporto probatorio. L’impugnato atto di riorganizzazione aziendale appare, dunque, frutto di un ragionevole ed equilibrato bilanciamento tra dato economico ed esigenze degli utenti, in quanto idoneo a garantire la persistente disponibilità del servizio universale postale alla popolazione della contrada di San Sumino, tramite l’ufficio postale sito al centro del Comune di Ceraso, entro i limiti perimetrali stabiliti dalla sopra riportata normativa regolamentare recepita nel Contratto di programma, in conformità alla disciplina comunitaria e legislativa del settore. Quanto al dedotto vizio procedimentale del mancato coinvolgimento del Comune di Ceraso nel processo decisionale che ha portato alla chiusura dell’ufficio postale in questione, risulta documentalmente comprovato che, prima dell’emanazione degli atti che hanno portato alla chiusura definitiva dell’ufficio in questione unitamente ad altri uffici , tutti i Sindaci dei Comuni interessati sono stati invitati ad esprimere la propria posizione attraverso comunicazioni inviate via fax tra il 4 e il 7 dicembre 2012, con la mediazione del Prefetto di Salerno, sicché il T.a.r. correttamente ha ritenuto soddisfatte le garanzie partecipative delle Amministrazioni locali quali enti esponenziali degli interessi dei residenti utenti del servizio universale, mentre nessuna disposizione – né a livello legislativo o regolamentare, né a livello di auto-vincolo – condiziona l’atto specifico di riorganizzazione della chiusura di un ufficio postale al consenso delle stesse Amministrazioni locali. Per le esposte ragioni, l’appello è da respingere, con assorbimento di ogni altra questione, ormai irrilevante ai fini decisori. 6. Tenuto conto della natura della controversia, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese di causa interamente compensate tra le parti. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Sesta , definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto ricorso n. 3387 del 2013 , lo respinge e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza dichiara le spese del presente grado di giudizio interamente compensate tra le parti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.