Gare: meglio ripartire da zero se Procura e Corte dei Conti ci hanno messo lo zampino

Legittima la decisione del Comune di annullare la procedura di gara, anche senza prioritariamente valutare l'unica offerta rimasta in gara, così come aveva ritenuto il Giudice di primo grado, quando le circostanze rendono opportuna una nuova procedura.

Insomma, in linea di principio, il contratto deve essere aggiudicato sulla base del raffronto di più offerte, secondo il principio già fissato dall’art. 69 r.d. n. 827/1924, per cui le disposizioni che derogano a tale principio costituiscono norme eccezionali di stretta interpretazione. La fattispecie. Il caso posto all'attenzione della Sezione ha riguardato la decisione del Comune di rifare la gara bandita per il recupero ambientale di un ex cava, in relazione al fatto che delle 3 imprese partecipanti, una era stata esclusa, l'altra si era successivamente ritirata, rimanendo quindi la possibilità di aggiudicare i lavori alla ditta restante. Ma il Comune, nel provvedimento con il quale è stata annullata la procedura, aveva chiarito come nella situazione venutasi a creare, il confronto concorrenziale apparisse indispensabile per la corretta individuazione del concessionario. Invero, già il sistema di selezione della migliore offerta previsto dalla normativa di gara, impostato sul confronto a coppie, rendeva evidente il fatto che l’Amministrazione aveva espresso a monte la preferenza per la comparazione concorrenziale fra più offerte, pur riservandosi la possibilità di aggiudicare anche in presenza di una sola offerta. Peraltro, il Collegio ha rilevato come la particolare durata della gara, che ha indotto una delle partecipanti a ritirarsi, imponesse di ritenere verosimile che l’apertura del confronto a più partecipanti avrebbe consentito di ottenere un’offerta più conveniente per l’Amministrazione, considerando peraltro il fatto nella delibera della Giunta era stato richiamato il fatto che della gara si sono interessate la Procura della Repubblica e la Corte dei Conti. Da valutare l’interesse pubblico. Ha osservato quindi il Collegio che il Comune appaltante ha dovuto valutare se fosse conforme all’interesse pubblico la conclusione di una procedura che dopo un anno e mezzo non era nemmeno iniziata, dalla quale erano venute meno 2 delle 3 offerte originariamente presentate e che aveva sollevato dubbi presso la Procura della Repubblica e la Corte dei Conti. In pratica, ragionevolmente il Comune ha ritenuto che - impostando una nuova gara - fosse possibile ottenere una migliore offerta, considerate le evidenti insufficienze della prima procedura.

Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 28 ottobre – 21 novembre 2014, n. 5761 Presidente Maruotti – Estensore Atzeni Fatto e diritto 1. Con ricorso al Tribunale amministrativo del Piemonte, rubricato al n. 1128/11, Waste Italia s.p.a. impugnava la determinazione n. 49 Tec Reg. Gen. 148/11 del 22 luglio 2011, con la quale il Funzionario Responsabile del Comune di Livorno Ferraris ha determinato di interrompere e di non aggiudicare per le motivazioni in premessa esposte, la gara di procedura aperta per l’affidamento, in concessione di costruzione e gestione, dei lavori di recupero ambientale di un’area di ex cava sita nel Comune di Livorno Ferraris e denominata cava Ballina di cui al bando pubblicato sulla G.U.U.E. n. 2009/S 150-219573 del 7 agosto 2009 unitamente a tutti gli atti ad essa preordinati, consequenziali e, comunque, connessi, tra cui, specificamente, la deliberazione della Giunta comunale n. 10 in data 23 giugno 2011, con la quale si era deliberato di non aggiudicare la gara. La ricorrente riferiva che con bando pubblicato il 7 agosto 2009 il Comune di Livorno Ferraris aveva indetto una procedura aperta per l’appalto della progettazione definitiva ed esecutiva e della realizzazione dei lavori di recupero ambientale di un’area di ex cava, attualmente in stato di abbandono, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Pervenute tre offerte Waste Italia s.p.a., a.t.i. Ireos s.p.a., a.t.i. Furia s.r.l. , la stazione appaltante aveva dapprima disposto, nella seduta del 12 gennaio 2010, l’esclusione di una concorrente Ireos s.p.a. per irregolarità della documentazione amministrativa, ed aveva quindi sospeso la procedura, a causa del sequestro degli atti di gara disposto dalla Procura della Repubblica di Vercelli. In seguito, con lettera del 2 marzo 2011, la Furia s.r.l. ha comunicato al Comune la volontà di recedere dalla procedura ed ha chiesto la restituzione della garanzia fideiussoria, già prorogata dopo la prima scadenza. Rimasta in gara soltanto la Waste Italia s.p.a., il Comune ha adottato i provvedimenti sopra indicati, interrompendo la procedura di gara e non aggiudicando l’appalto, ai sensi degli artt. 55 ed 81 del codice dei contratti pubblici e sulla base di quanto espressamente previsto dal paragrafo V del disciplinare di gara. La ricorrente chiedeva l’annullamento dei suddetti atti, deducendo violazione della lex specialis” di gara, violazione dell’art. 69 del R.D. n. 827 del 1924, violazione degli artt. 55 e 81 del d. lgs. n. 163 del 2006 ed eccesso di potere per difetto d’istruttoria e di motivazione. Con la sentenza in epigrafe, n. 449 in data 14 marzo 2014, il Tribunale amministrativo del Piemonte, Sezione Seconda, accoglieva il ricorso, ritenendo il provvedimento impugnato affetto da carenza d’istruttoria e di motivazione, e conseguentemente annullandolo il primo giudice precisava inoltre che il Comune dovrà ottemperare alla presente pronuncia riaprendo il procedimento e valutando l’offerta tecnico-economica della ricorrente Waste Italia s.p.a. resta salva la facoltà del Comune di non aggiudicare l’appalto, qualora l’offerta risulti non conveniente o non idonea in relazione all’oggetto del contratto”. 2, Avverso la predetta sentenza il Comune di Livorno Ferraris propone il ricorso in appello in epigrafe, rubricato al n. 5314/14, contestando gli argomenti che ne costituiscono il presupposto e chiedendo la sua riforma ed il rigetto del ricorso di primo grado. Si è costituita in giudizio Waste Italia s.p.a., chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma del ricorso di primo grado. Le parti hanno scambiato memorie. La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 28 ottobre 2014. 3. L’appello è fondato. La vicenda è concordemente ricostruita dalle parti. Il Comune appellante ha bandito nell’anno 2009 la gara di cui si tratta, relativa all’affidamento, in concessione di costruzione e gestione, dei lavori di recupero ambientale di un’area di ex cava sita nel proprio territorio e denominata cava Ballina . Tre imprese hanno presentato offerta, ma una è stata immediatamente esclusa per irregolarità della documentazione amministrativa. La gara è stata successivamente sospesa a causa del sequestro degli atti da parte della Procura della Repubblica di Vercelli, perfezionato in data 11 febbraio 2010. Una volta ripresa la procedura, a seguito del dissequestro degli atti 7 luglio 2010 una partecipante ha rinunciato, in data 2 marzo 2011, per cui è rimasta in gara solo l’attuale appellata. A questo punto il Comune appellante con i provvedimenti impugnati la delibera di indirizzo della Giunta Municipale in data 23 giugno 2011 e la determinazione del dirigente responsabile in data 22 luglio 2011 ha revocato la gara. Ritiene il Collegio che il Comune abbia adeguatamente giustificato la propria decisione. Deve essere premesso che la possibilità, per la stazione appaltante, di revocare la gara già indetta è prevista e disciplinata dagli articoli 55 ed 81 del codice dei contratti pubblici, e che tale facoltà è stata ulteriormente ribadita dal punto V del disciplinare della gara di cui ora si tratta. Il primo giudice ha ritenuto che tale potere possa essere esercitato solo dopo avere preso visione dell’unica offerta rimasta in gara, in modo da valutarne in concreto la convenienza. Tale statuizione non è condivisa dal Collegio, con riferimento alla presente fattispecie. In linea di principio, il contratto deve essere aggiudicato sulla base del raffronto di più offerte, secondo il principio già fissato dall’art. 69 del R.D. n. 827 del 1924, per cui le disposizioni che derogano a tale principio costituiscono norme eccezionali di stretta interpretazione. Il Comune appellante - soprattutto nella deliberazione con la quale la Giunta Municipale ha dato gli indirizzi al dirigente responsabile - ha chiarito come nella situazione venutasi a creare, dopo la rinuncia di una delle due imprese originariamente partecipanti, il confronto concorrenziale apparisse indispensabile per la corretta individuazione del concessionario. Invero, già il sistema di selezione della migliore offerta previsto dalla normativa di gara, impostato sul confronto a coppie, rende evidente il fatto che l’Amministrazione ha espresso a monte la preferenza per la comparazione concorrenziale fra più offerte, pur riservandosi la possibilità di aggiudicare anche in presenza di una sola offerta. Soprattutto, poi, deve essere rilevato come la particolare durata della gara, che ha indotto una delle partecipanti a ritirarsi, imponga di ritenere verosimile che l’apertura del confronto a più partecipanti avrebbe consentito di ottenere un’offerta più conveniente per l’Amministrazione. Giova rilevare poi come le premesse della delibera della Giunta richiamino il fatto che della gara si sono interessate la Procura della Repubblica e la Corte dei Conti. E’ vero che tali circostanze non sono espressamente riprese nella parte dispositiva, ma il loro richiamo nelle premesse evidenzia come siano state considerate ed abbiano concorso alla formazione della volontà dell’Amministrazione. Osserva quindi il Collegio che il Comune appaltante ha dovuto valutare se fosse conforme all’interesse pubblico la conclusione di una procedura che dopo un anno e mezzo non era nemmeno iniziata, dalla quale erano venute meno due delle tre offerte originariamente presentate e che aveva sollevato dubbi presso la Procura della Repubblica e la Corte dei Conti. In tale situazione, ragionevolmente il Comune ha ritenuto che - impostando una nuova gara - fosse possibile ottenere una migliore offerta, considerate le evidenti insufficienze della prima procedura. L’appello risulta quindi fondato, nella parte in cui ha dedotto che la scelta dell’Amministrazione si è basata su criteri di economicità ed efficienza, esplicitati nella richiamata deliberazione della Giunta Municipale. 4. L’appello deve, in conclusione, essere accolto e, in riforma della sentenza gravata, va respinto il ricorso di primo grado. Le spese di entrambi i gradi del giudizio, contenute nella misura liquidata in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta definitivamente pronunciando sull'appello n. 5314/2014, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, in riforma della sentenza gravata, respinge il ricorso di primo grado n. 1128/11 . Condanna l’appellata al pagamento, in favore del Comune appellante, di spese ed onorari di entrambi i gradi del giudizio, che liquida in complessivi € 6.000,00 seimila/00 oltre agli accessori di legge, fermo restando il diritto dell’appellante al recupero del contributo unificato, a carico dell’appellata. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.