Il comitato di tutela della “famiglia tradizionale” non può impugnare il registro comunale delle unioni civili

E’ inammissibile il ricorso per l’annullamento del regolamento di istituzione del registro amministrativo delle unioni civili, considerato che, trattandosi di atto regolamentare, non è di per sé impugnabile, in quanto esso è privo di disposizioni immediatamente lesive, proprio per il suo contenuto normativo, astratto e programmatico.

E’ quanto statuito dal Tar Liguria, sez. I, nella sentenza 4 aprile 2014, n. 518. L’iniziativa del Comune di Genova. I profili costituzionali. Il Comune di Genova, con la deliberazione consiliare n. 31/2013, approvava il registro amministrativo delle unioni civili, in relazione a persone, anche del medesimo sesso, legate da vincoli affettivi e di reciproca solidarietà, conviventi ed aventi dimora abituale nel Comune. A fondamento di tale provvedimento di natura regolamentare, veniva posta l'indubbia diffusione nel contesto sociale di forme di legame affettivo e di convivenza, che non si concretano nel matrimonio. Nel preambolo motivazionale della deliberazione, si precisa, in modo espresso, che non si intende creare un nuovo status personale, in ragione della competenza statale in materia, ma dar luogo ad un registro, autonomo e distinto da quelli propri dell'anagrafe, ed avente valenza solo amministrativa. Avverso tale provvedimento regolamentare, propongono ricorso alcuni soggetti, sia quali rappresentanti dell'associazione Essere Famiglia”, sia a titolo personale in quanto legalmente coniugati. Il regolamento viene contestato in quanto, secondo la prospettazione dei ricorrenti, invade indebitamente la competenza statale in materia di anagrafe e, soprattutto, perché parifica la famiglia fondata sul matrimonio e l'unione civile in tema di rapporti fra cittadini e Comune. Proprio in relazione a tale motivo di censura, occorre osservare che, sebbene la Costituzione italiana, per via del combinato disposto degli artt. 2 e 29, consideri la famiglia fondata sul matrimonio” una delle formazioni sociali” in cui l’uomo svolge la propria personalità” e per questo meritevole di particolare protezione, ciò non significa che la Costituzione medesima impedisca di attribuire rilevanza giuridica a forme diverse di convivenza. La famiglia quindi, nella prospettiva costituzionale, non è considerata un fine, ma un mezzo essa è, pertanto, meritevole di tutela nei limiti in cui essa effettivamente sia capace di garantire il libero sviluppo della personalità dei suoi membri. Se, dunque, è chiaro che la Costituzione italiana non ostacola l’attribuzione di rilevanza giuridica a famiglie non fondate sul matrimonio, è però altrettanto evidente che il costituente abbia inteso collocare la famiglia fondata sul matrimonio in posizione preminente rispetto alle altre formazioni familiari. Ad ogni modo, sempre la Corte costituzionale ha precisato da tempo che, sebbene la Costituzione attribuisca alla famiglia fondata sul matrimonio una dignità superiore a quella della famiglia di fatto, per via dei caratteri della stabilità e certezza del vincolo e per via della reciprocità e corrispettività dei diritti e dei doveri derivanti dal matrimonio, anche le consolidate convivenze more uxorio assumono rilievo costituzionale in virtù del riconoscimento delle formazioni sociali, operato dall’art. 2 Cost. sent. n. 461/2000 . I registri comunali delle unioni civili. Con l'istituzione dei registri, i Comuni intendono riconoscere la convivenza, anche omosessuale, come situazione a rilevanza amministrativa, di cui il Comune può tener conto per ogni sua possibile determinazione, attivando procedure finalizzate alla piena equiparazione, sia pure a fini amministrativi, fra la famiglia fondata sul matrimonio e tutte le altre forme di convivenze, comprese quelle instaurate fra persone dello stesso sesso. In buona sostanza, il registro comunale delle unioni civili sembra porsi come strumento utile al possibile godimento di benefici o diritti, di diversa natura, quali l'iscrizione nelle graduatorie per l’assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, la formazione di graduatorie per l’agevolazione sui servizi rivolti alle coppie, il rilascio di permessi di sosta e di circolazione in zone a traffico limitato, etc Ad ogni modo, occorre tener conto del fatto che l'iscrizione in tali registri comunali non può avere carattere costitutivo di un ulteriore status familiare rispetto a quello sancito dallo stato civile, né può comportare la costituzione di un vincolo giuridico analogo a quello derivante dal matrimonio, poiché i Comuni non possono, in alcun modo, derogare alle norme di legge in materia di stato civile, né alla disciplina codicistica del matrimonio, trattandosi di un'esclusiva competenza statale Corte Cost., sent. n. 138/2010 . Le difficoltà in sede di impugnazione. I giudici amministrativi liguri sono perfettamente consapevoli dell'illustrato dibattito in corso, anche se si occupano di un profilo di analisi in parte diverso, ma pur sempre importante il profilo della legittimazione ad impugnare gli elenchi comunali. Tale profilo di doglianza è stato espressamente contestato dal Comune in sede di costituzione in giudizio. Al riguardo, il Tar evidenzia che, essendosi in presenza di un atto regolamentare, nel caso di specie non sussistono i limitati ed eccezionali presupposti per l’impugnativa di tale tipologia di atto normativo. Infatti, per pluriconsolidato orientamento giurisprudenziale Consiglio di Stato, sez. VI^, n. 663/2001 e 5.451/2013 , il regolamento non è di per sé impugnabile, in quanto esso è privo di disposizioni immediatamente lesive, proprio per il suo contenuto normativo, astratto e programmatico, a nulla rilevando che le dette disposizioni possano prefigurare un’incisione futura sulla sfera giuridica di chi ne risulterà in concreto destinatario. Conseguentemente, esso potrà formare oggetto di impugnazione solo insieme agli atti applicativi, perché è solo attraverso tali atti che si realizza il pregiudizio della sfera soggettiva degli effettivi destinatari e, quindi, si attualizza l’interesse a ricorrere. Invero, è possibile un'impugnazione diretta del regolamento solo se il medesimo contenga anche disposizioni immediatamente lesive, incidendo direttamente ed unilateralmente sulla sfera giuridica di uno o più soggetti individuati, emergendo, in tal caso, un contenuto provvedimentale. Nel preciso caso di specie, non sussiste alcuna disposizione immediatamente lesiva di situazioni giuridiche, ma solo affermazioni di principio e generali, la cui condivisibilità ed opinabilità costituisce questione latu sensu politica e di valore, tale da oltrepassare ampiamente i limiti propri del giudizio di legittimità . Infatti, esaminando la posizione dei ricorrenti, non come rappresentanti dell'associazione, ma come soggetti legalmente coniugati, il Tar segnala che i medesimi sono privi di un interesse diretto, in quanto, in ragione delle considerazioni sin qui svolte, non vi sono effetti diretti. In altri termini, il regolamento comunale istitutivo dei registri non esplica alcun effetto immediato sulla loro posizione giuridica. Quindi, difetta un reale interesse a ricorrere, ne può configurarsi un interesse morale, come pure sostenuto dai ricorrenti. Il Tar è molto chiaro in tal senso è reputato morale il sostenere un’idea di famiglia e di sviluppo della persona – fondata sul matrimonio - a scapito di una visione diversa e più ampia quale quella che sarebbe sottesa alla scelta politica del Consiglio comunale , che quindi assumerebbe i connotati dell’amoralità o comunque della non moralità . Si tratta di un'inaccettabile forzatura, che induce i giudici amministrativi liguri a dichiarare inammissibile il ricorso.

TAR Liguria, sez. I, sentenza 27 marzo – 4 aprile 2014, n. 518 Presidente Balba – Estensore Ponte Fatto Con il ricorso in esame le odierne parti ricorrenti, nella rispettiva dichiarata qualità di associazione con specifiche finalità istituzionali in materia nonché di persone in stato matrimoniale, impugnavano il regolamento approvato con delibera consiliare comunale n. 31\2013 e recante l’istituzione del registro amministrativo delle unioni civili. Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, venivano quindi dedotte le seguenti censure avverso il predetto regolamento - incompetenza, violazione degli artt. 117 comma 2 lett i ed l , 42 e 54 d.lgs. 267\2000, 2 e 3 l. 1228\1954 e del dPR 223\1989, rientrando la delibera nella materia dell’anagrafe e dello stato civile, di stretta pertinenza statale, nonché per incompetenza consiliare non rientrando nelle ipotesi in cui tale organo può deliberare - eccesso di potere per manifesta illogicità, contraddittorietà e sviamento in quanto, contrariamente a quanto affermato nelle premesse, parifica la situazione delle unioni civili alla situazione in cui versano i coniugi con particolare riferimento alle prestazioni pubbliche - violazione degli artt. 3 e 29 Cost. e del libro I titolo VI del codice civile, in relazione all’errata equiparazione tra famiglia fondata sul matrimonio e unione civile in tema di rapporti fra cittadini e Comune. L’amministrazione comunale intimata si costituiva in giudizio e, controdeducendo punto per punto, chiedeva la declaratoria di inammissibilità per carenza di legittimazione ad agire e per mancata intimazione di controinteressati, nonchè il rigetto del gravame. Alla pubblica udienza del 27\3\2014 la causa passava in decisione. Diritto 1. Oggetto della presente controversia è l’impugnativa della delibera con cui il Consiglio comunale della città di Genova ha approvato il regolamento avente ad oggetto l’istituzione del registro amministrativo delle unioni civili. Nelle premesse della delibera, dato atto del crescere di forme di legame affettivo e convivenza che non si concretano nel matrimonio, nonché dell’evoluzione giurisprudenziale Corte Cost. 138\2010, 276\2010 e 4\2011, Cass. 4184\2012, Cedu 24\4\2010 e normativa sovranazionale c.d. Carta di Nizza del novembre 2000, raccomandazione 16\3\2003, risoluzione 4\9\2003 e direttiva 2003\86 , si escludeva l’intenzione di creare un nuovo status personale, in quanto di competenza statale, e tuttavia si evidenziava la possibilità comunale di istituire registri per fini diversi e\o ulteriori rispetto a quelli propri dell’anagrafe organizzati nell’ambito dei principi e modalità tassativamente stabilite dalle leggi statali si richiamava altresì l’obiettivo dettato dal vigente statuto comunale di favorire, nella propria organizzazione ed azione la rimozione di tutti gli ostacoli che si frappongono all’effettivo sviluppo della persona ed all’eguaglianza degli individui anche nell’ambito delle comunità intermedie e delle formazioni sociali. Sulla scorta di tali premesse veniva approvato il regolamento istitutivo del predetto registro delle unioni di persone, indipendentemente dal sesso, legate da vincoli affettivi e di reciproca solidarietà, conviventi ed aventi dimora abituale nel Comune di Genova. In tale contesto, nell’articolato veniva data la definizione di unione civile, dettati i requisiti per l’iscrizione, gli effetti consistenti nell’equiparazione alle coppie sposate nei rapporti fra cittadini e Comune , i casi di cessazione e di decadenza nonché la previsione dello scambio delle relative informazioni da parte degli uffici comunali. 2. I soggetti che agiscono per l’annullamento dell’atto regolamentare appena riassunto sono l’associazione essere famiglia”, autodefinitasi associazione libera apolitica aconfessionale, istituita nel 2001 ed avente come scopo statutario la finalità di promuovere e diffondere lo sviluppo della persona in ambito familiare e sociale” due persone fisiche una delle quali coincide con lo stesso legale di parte ricorrente i quali agiscono in riferimento al proprio stato matrimoniale, ritenuto leso dal regolamento impugnato e dalla prevista equiparazione. 3. Preliminarmente, deve essere analizzata l’eccezione di inammissibilità dedotta dal Comune. In proposito, le considerazioni svolte nella memoria della difesa comunale, debitamente sviluppate e delimitate nei termini che seguono, comportano la declaratoria di inammissibilità del gravame. 3.1 In primo luogo, trattandosi di atto regolamentare, nel caso di specie non sussistono i limitati ed eccezionali presupposti per l’impugnativa di tale tipologia di atto normativo In proposito, costituisce jus receptum il principio a mente del quale il regolamento non è di per sé impugnabile, in quanto esso è privo di disposizioni immediatamente lesive, proprio per il suo contenuto normativo, astratto e programmatico, a nulla rilevando che le dette disposizioni possano prefigurare un’incisione futura sulla sfera giuridica di chi ne risulterà in concreto destinatario. Conseguentemente, esso potrà formare oggetto di impugnazione solo insieme agli atti applicativi, perché è attraverso tali atti che si realizza il pregiudizio della sfera soggettiva degli effettivi destinatari e, quindi, si attualizza l’interesse a ricorrere. Soltanto se il regolamento contenga anche disposizioni immediatamente lesive, incidendo direttamente e unilateralmente sulla sfera giuridica di uno o più soggetti individuati, esso sarà immediatamente impugnabile, emergendo allora un contenuto provvedimentale. Invero, la costante giurisprudenza amministrativa condivisa dal Collegio ha sempre escluso, di norma, l'impugnabilità diretta dei regolamenti, le cui prescrizioni sono caratterizzate da generalità ed astrattezza cfr., ad es. C.d.S., sez. VI, 12 febbraio 2001 n. 663 sez. IV, 12 febbraio 2012 n. 812 id., 18 novembre 2013, n. 5451, Tar Trento, sez. I 16 dicembre 2013 n. 408 . Le relative previsioni regolamentari, riguardano, di solito ed all’evidenza anche nella specie , una pluralità indistinta e non determinabile di destinatari neppure potendosi, nel caso de quo rispetto ad altri, circoscrivere alcune categorie di esse , il che ne determina, appunto, la generalità . Inoltre, tali previsioni si caratterizzano per la loro ripetibilità, in quanto applicabili ad un numero indefinito di casi concreti, il che ne determina l'astrattezza. Quanto al regime di impugnazione, per tradizionale affermazione giurisprudenziale - fondata proprio sulle anzidette caratteristiche dell'atto - il regolamento non è di per sé impugnabile, in quanto, come detto, privo di disposizioni immediatamente lesive, proprio per il suo contenuto normativo, astratto e programmatico, a nulla rilevando che le dette disposizioni possano prefigurare una incisione futura sulla sfera giuridica di chi ne risulterà in concreto destinatario Nella specie non vi è alcuna disposizione immediatamente lesiva di situazioni giuridiche ma solo affermazioni di principio e generali, la cui condivisibilità ed opinabilità costituisce questione latu sensu politica e di valore, tale da oltrepassare ampiamente i limiti propri del giudizio di legittimità, come si avrà modo di evidenziare anche oltre. 3.2 In secondo luogo, con riferimento all’oggetto della controversia, mancano comunque a monte i necessari presupposti della legittimazione ad agire e dell’interesse al ricorso in relazione ad entrambe le tipologie di ricorrenti. 3.2.1. Per ciò che concerne l’Associazione ricorrente, come risulta dai richiamati fini statutari, tesi allo sviluppo della persona in generale finalità di promuovere e diffondere lo sviluppo della persona in ambito familiare e sociale”. A tal fine, in termini anche esplicativi degli obiettivi, nello stesso articolo 2 dello Statuto l’associazione dichiara di avviare corsi di formazione e orientamento per genitori, figli, educatori, docenti, studenti e per chiunque operi a supporto della persona e della famiglia. Invero, dall’analisi della documentazione versata in atti emerge come non vi sia alcun punto della statuto da cui desumere che il fine dell’ente sia la tutela della famiglia fondata sul matrimonio. Anzi, all’opposto pare che, quale che sia l’origine del rapporto familiare, l’associazione persegua il fine di agevolare l’educazione di una persona in quanto tale. Infatti, persona, figlio, genitore, educatore le figure richiamate dallo statuto lo si è a prescindere dall’esistenza di un atto di matrimonio o comunque di un legame qualificabile come matrimonio in termini giuridici. Inoltre, lo stesso concetto di famiglia nello statuto viene indicato in generale, senza alcuna specificazione in relazione alla limitazione a quella tradizionale e nucleare fondata sul matrimonio. La stessa giurisprudenza invocata da parte ricorrente Tar Veneto 2786\2007 evidenzia l’ampiezza del concetto di famiglia nell’ordinamento, in cui a quello di famiglia nucleare o civile si accompagna quello di famiglia anagrafica per la quale i requisiti sono individuati dalla presenza fra i membri di un vincolo familiare o affettivo e la coabitazione o dimora abituale nella stessa abitazione. Analogamente, altra condivisibile giurisprudenza Tar Toscana 1041\2001 evidenzia come la stessa Costituzione non escluda la sussistenza di altre formazioni sociali, espressamente tutelate dall’articolo 2 Cost., tanto che la giurisprudenza della Corte costituzionale cfr. ad es. sentenze nn. 237/86, 281/94, 8/96. 138/2010 ha riconosciuto l'ambito di operatività dell'articolo 2 Cost., ai sensi del quale anche un consolidato rapporto di fatto può essere tutelato come espressione del principio solidaristico del quale è permeato l'ordinamento giuridico, e il principio di eguaglianza espresso nell'articolo 3 Cost. impone a tutti i soggetti istituzionali della Repubblica , e quindi anche ai Comuni arg. ex articolo 5 Cost. , di eliminare qualsiasi ostacolo che si frapponga al rispetto della persona umana da tutelare anche nella sua diversità. E lo statuto dell’associazione pare proprio muoversi nell’ottica dello sviluppo della persona, in ogni ambito familiare e sociale in termini quindi tanto condivisibili quanto ben più ampi e non coincidenti con quelli ben più ristretti azionati in ricorso. Incidentalmente, merita un espresso richiamo quanto evidenziato dalla Consulta nella sentenza del 2010 L'articolo 2 Cost. dispone che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Orbene, per formazione sociale deve intendersi ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico. In tale nozione è da annoverare anche l'unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone - nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge - il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri. Si deve escludere, tuttavia, che l'aspirazione a tale riconoscimento - che necessariamente postula una disciplina di carattere generale, finalizzata a regolare diritti e doveri dei componenti della coppia - possa essere realizzata soltanto attraverso una equiparazione delle unioni omosessuali al matrimonio”. Ciò quindi non esclude che le cc.dd. unioni civili possano assumere rilievo in termini generali di famiglia, come confermato dal concetto di famiglia anagrafica. Quindi, in definitiva, già a monte i fini perseguiti dall’associazione non coincidono con quelli azionati nella specie, potendo anzi in astratto collidere con coloro che aderiscono all’associazione, sulla base dei predetti fini statutari, per lo sviluppo della persona e della relativa educazione dei soggetti indicati, senza limitare tale tutela ai soggetti che ripetono la qualifica predetta di persona, figlio, genitore ecc. da un matrimonio. A conferma di ciò lo statuto evidenzia l’interesse per lo sviluppo della persona sia in ambito familiare concetto generale che, in ipotesi, può ricomprendere non solo quella fondata sul matrimonio sia nel ben più ampio ambito sociale che certamente ben può ricomprendere le ipotesi che il regolamento intenderebbe comprendere, e non solo . In proposito, curiosamente, deve evidenziarsi come i fini indicati nelle premesse del regolamento coincidano con quelli dell’associazione lo sviluppo della persona. Ciò conferma come si tratti di visioni generali, politiche e di valori, indipendenti quindi da scelte di legittimità amministrativa rispetto alle quali la problematica si porrà, eventualmente, in sede applicativa e gestionale. Anche di atti amministrativi generali, ma pur sempre di carattere latu sensu gestionale, non normativo e libero nei fini come nella specie, in cui ci si trova dinanzi a scelte normative, più o meno opinabili o condivisibili che siano. 3.2.3 Per quanto concerne poi gli altri ricorrenti, che agiscono in quanto soggetti sposati, oltre alle considerazioni predette in ordine alla natura regolamentare dell’atto impugnato, emerge prima facie l’assenza dei necessari e tradizionali presupposti dell’interesse diretto, concreto, personale ed attuale. Non vi è un interesse diretto, mancando un riflesso diretto sulla sfera giuridica del ricorrente infatti, la norma contestata in quanto previsione generale ed astratta allo stato non ha effetto diretto su tale sfera nè, conseguentemente, può averne il relativo annullamento. Non vi è un interesse attuale, essendo il paventato vantaggio unicamente prospettico, in relazione alle future e allo stato non individuabili, anche a cagione della genericità ed astrattezza delle previsioni regolamentari in contestazione applicazioni in sede amministrativa. L’interesse morale, invocato da parte ricorrente nei propri scritti difensivi, risulta peraltro riferito ai ben distinti casi in cui si pone la questione della permanenza di un interesse alla decisione in relazione al sopravvenire di eventi successivi alla instaurazione del giudizio, dovendo in tali casi essere esclusa l'utilità dell'atto impugnato, ancorché meramente strumentale o morale, ovvero che sia chiara e certa l'inutilità di una pronuncia di annullamento dell'atto impugnato cfr. da ultimo Consiglio di Stato sent. n. 70\2014 . Nel caso de quo l’interesse morale – vantato per l’instaurazione al giudizio - assume connotati in senso lato politici e di valore che, pur laddove reputati condivisibili, fuoriescono all’evidenza dagli ambiti propri del giudizio di legittimità amministrativa. Il concetto di morale viene in questo caso forzato e, in termini giuridici di interesse al ricorso, stravolto nel senso che è reputato morale il sostenere un’idea di famiglia e di sviluppo della persona – fondata sul matrimonio - a scapito di una visione diversa e più ampia quale quella che sarebbe sottesa alla scelta politica del Consiglio comunale , che quindi assumerebbe i connotati dell’amoralità o comunque della non moralità, del contrasto con l’interesse morale sussistente in capo ai ricorrenti orbene, pur nel comprendere le ragioni portate a sostegno della nozione di famiglia nucleare fondata sul matrimonio, il concetto di moralità nei termini assolutisti proposti da parte ricorrente non alberga nel giudizio di legittimità, così come inteso dalla costante giurisprudenza invocata, laddove l’invocato interesse morale ad avere comunque la decisione di un ricorso inizialmente sorretto da un interesse diretto concreto ed attuale concerne il distinto caso dell’ottenimento del riconoscimento dell’originaria fondatezza delle ragioni addotte a sostegno del gravame proposto. 4. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso va dichiarato inammissibile. Sussistono giusti motivi, a fronte della peculiarità della fattispecie e dei temi coinvolti, per compensare fra le parti le spese di lite. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria Sezione Prima definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.