I luoghi della memoria vanno tutelati, specie se riconducibili a spazi immortalati da un sommo poeta, quale è Leopardi

Ma la Soprintendenza non può imporre che la zona in cui si trova il colle dell' Infinito rimanga, nel tempo, aliena da ogni intervento umano. Nel senso che deve comunque ben motivare l'eventuale diniego all'autorizzazione paesaggistica.

Ciò in quanto la tutela del preminente valore del paesaggio non deve necessariamente coincidere con la sua statica salvaguardia, ma richiede al contrario interventi improntati a fattiva collaborazione delle autorità preposte alla tutela paesaggistica, funzionali a conformare le iniziative edilizie al rispetto dei valori estetici e naturalistici insiti nel bene paesaggio. La decisione del Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 1418 depositata il 24 marzo 2014, ha respinto il ricorso che il Ministero per i beni e le attività culturali ad adiuvandum Italia nostra ed il FAI aveva presentato avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale delle Marche con la quale era stato accolto il ricorso contro il parere negativo espresso dalla Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio delle Marche su un piano di recupero di iniziativa privata riguardante una casa colonica con relative pertinenze deposito attrezzi, fienile e porcilaia . L’immobile oggetto di intervento si trova in Recanati e sorge su una porzione di territorio, posta a ridosso del Colle dell’Infinito” di leopardiana memoria, gravata da vincolo paesaggistico ai sensi del decreto ministeriale 26 marzo 1955. L'intervento. La proprietaria dell'area aveva presentato al Comune di Recanati, ai sensi dell'art. 31 l. n. 457/1978, un piano ad iniziativa privata finalizzato al recupero di una casa colonica e dei relativi annessi, ormai da tempo in condizioni di degrado siti su area di sua proprietà, gravata da vincolo paesaggistico imposto dal Ministero per la Pubblica Istruzione, di concerto con il Ministro per i lavori pubblici ed il Ministro per la Difesa con decreto ministeriale 26.03.1955. Ma, a tale proposito, osserva il Collegio, la disciplina vincolistica prevista dal decreto di vincolo non implica inedificabilità assoluta dei terreni ma prevede soltanto che gli interventi sul territorio possano compiersi nel rispetto del valore estetico e tradizionale che connota l'area in esame, contraddistinta tra l’altro da spontanea concordanza e fusione tra l'espressione della natura e l'opera dell'uomo , oltre che dal rilevante panorama. La sentenza del Tar. Il giudice di primo grado aveva accolto il ricorso, annullando così i provvedimenti impugnati, rilevando tra l’altro come la Soprintendenza, nella fattispecie avrebbe dovuto anche chiaramente rilevare le caratteristiche delle costruzioni esistenti verosimilmente presenti in loco già al momento dell'apposizione del vincolo e il relativo impatto sul contesto di riferimento, operando poi un confronto motivato e circostanziato tra l'immagine paesaggistica antecedente e quella successiva all'intervento confronto che non può concludersi con l'adozione di un parere negativo se quest'ultima risulti anche solo equivalente o addirittura migliorativa della prima . Inoltre, il giudice di primo grado aveva rilevato come per evitare che il giudizio di compatibilità paesaggistica si trasformi nell'esercizio di un insindacabile arbitrio, [la Soprintendenza avrebbe dovuto ,ndr] fornire la più ampia e circostanziata motivazione, enunciando sia le premesse, che l'iter logico seguito nel percorso valutativo che si conclude con il giudizio finale . In definitiva, il giudice di prime cure aveva ravvisato un palese vuoto motivazionale nel parere da ultimo espresso dalla autorità soprintendentizia tale per cui detto parere, attingendo a forme stereotipate utilizzabili per qualsiasi contesto paesaggistico e per qualsiasi intervento di recupero edilizio, si è rivelato espressione di un potere in parte indecifrabile, e come tale illegittimo, tenuto conto della lettura di garanzia sostanziale che deve essere data alla disposizione che impone l’onere della motivazione del provvedimento amministrativo art. 3 legge n. 241/1990 . Secondo il Ministero, avrebbe errato il giudice di primo grado nel rilevare il difetto di motivazione degli atti gravati in primo grado tenuto conto che, in materia paesaggistica, le valutazioni cui è chiamata l’autorità preposta alla tutela del vincolo costituiscono espressione di un giudizio tecnico-discrezionale censurabile solo a fronte di macroscopiche contraddizioni o illogicità del processo valutativo. Ma il Collegio non ha condiviso le osservazioni svolte. Ciò in quanto il parere conclusivo espresso dalla competente soprintendenza è apparso per più profili apodittico nella misura in cui lo stesso non esplicita le effettive ragioni di contrasto tra l’intervento di recupero del vecchio fabbricato preesistente alla imposizione del vincolo ed oggi in cattivo stato manutentivo ed i valori paesaggistici dei luoghi compendiati nel decreto di vincolo. Leale collaborazione anche con i privati. Ciò che dal parere negativo della soprintendenza marchigiana non si ricava è qual tipo di accorgimento tecnico o, al limite, di modifica progettuale potrebbe far conseguire all’interessata l’autorizzazione paesaggistica, tenuto conto che l’area non è sottoposta a vincolo di inedificabilità, che l’intervento ha il pregio di proporre il recupero di un immobile ammalorato dal tempo e che la tutela del preminente valore del paesaggio non deve necessariamente coincidere con la sua statica salvaguardia, ma richiede al contrario interventi improntati a fattiva collaborazione delle autorità preposte alla tutela paesaggistica, funzionali a conformare le iniziative edilizie al rispetto dei valori estetici e naturalistici insiti nel bene paesaggio. In definitiva, anche i privati hanno dei diritti e, di conseguenza, in esecuzione della sentenza, la competente soprintendenza provvederà a riattivare, in collaborazione con il Comune di Recanati e con spirito di leale interlocuzione con la parte privata, il procedimento funzionale alla formulazione del prescritto parere, facendo in modo di ben evidenziare l’iter logico della sua definitiva espressione di volontà in ordine all’intervento, nei limiti delle sue attribuzioni e con l’esplicita e dettagliata indicazione delle condizioni alla cui ricorrenza il parere di compatibilità paesaggistica potrà essere rilasciato.

Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 4 – 24 marzo 2014, n. 1418 Presidente De Felice – Estensore Castriota Scanderbeg Fatto e diritto 1. Il Ministero per i beni e le attività culturali impugna la sentenza del Tribunale amministrativo regionale delle Marche 6 giugno 2013 n. 425 che ha accolto il ricorso della signora Anna Maria Dalla Casapiccola avverso gli atti meglio descritti nell’epigrafe della impugnata sentenza recanti il parere negativo espresso dalla Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio delle Marche su un piano di recupero di iniziativa privata proposto dalla originaria ricorrente e riguardante una casa colonica con relative pertinenze deposito attrezzi, fienile e porcilaia . L’immobile oggetto di intervento si trova in Recanati e sorge su una porzione di territorio, posta a ridosso del Colle dell’Infinito” di leopardiana memoria, gravata da vincolo paesaggistico ai sensi del decreto ministeriale 26 marzo 1955. Il Ministero appellante anche nelle sue distinte ed epigrafate articolazioni locali si duole della erroneità della sentenza, che ha accolto il ricorso di primo grado sul rilievo del difetto di motivazione dell’avversato parere negativo, e ne chiede la riforma, con conseguente ripristino dell’efficacia dell’atto annullato, recante la sostanziale interdizione del proposto intervento di recupero edilizio, con ogni statuizione consequenziale anche in ordine alle spese del giudizio. Si è costituita in giudizio la signora Dalla Casapiccola per resistere all’appello e per chiederne la reiezione. L’appellata ha altresì proposto appello incidentale avverso il capo di sentenza che ha respinto la domanda risarcitoria in primo grado proposta. Si è costituita ad adiuvandum Italia Nostra Onlus per sostenere le ragioni dell’amministrazione appellante e per aderire alle conclusioni rassegnate nell’atto di appello. Altrettanto ha fatto il FAI Fondo per l’ambiente italiano che ha concluso per l’accoglimento dell’appello. Con ordinanza 30 ottobre 2013 n. 4286 la sezione ha accolto l’istanza cautelare di sospensione della esecutività della impugnata sentenza, in attesa della definizione della causa nel merito. Le parti hanno depositato articolate memorie difensive in vista dell’udienza di trattazione. All’udienza pubblica del 4 marzo 2014 la causa è stata trattenuta per la sentenza. 2. L’appello è infondato e non merita accoglimento nei sensi di cui appresso. 3. Osserva preliminarmente il Collegio che la rilevata infondatezza nel merito dell’appello principale consente di ritenere assorbite per difetto di interesse al loro specifico esame le eccezioni che appaiono in ogni caso prima facie infondate sollevate dalla appellata Dalla Casapiccola in relazione alla contestata legittimazione di Italia Nostra Onlus e del FAI ad intervenire nel presente grado d’appello per sostenere le ragioni della amministrazione appellante. 4. Giova premettere, in fatto, che il 2 luglio 2012 la signora Anna Maria Dalla Casapiccola ha presentato al Comune di Recanati, ai sensi dell'art. 31 della legge n. 457 del 1978, un piano ad iniziativaprivata finalizzato al recupero di una casa colonica e dei relativi annessi, ormai da tempo in condizioni di degrado siti su area di sua proprietà, gravata da vincolo paesaggistico imposto dal Ministero per la Pubblica Istruzione, di concerto con il Ministro per i lavori pubblici ed il Ministro per la Difesa con decreto ministeriale 26.03.1955. La disciplina vincolistica riveniente dal suddetto decreto non implica inedificabilità assoluta dei terreni ma prevede soltanto che gli interventi sul territorio possano compiersi nel rispetto del valore estetico e tradizionale che connota l'area in esame, contraddistinta tra l’altro da spontanea concordanza e fusione tra l'espressione della natura e l'opera dell'uomo , oltre che dal rilevante panorama. 4.-Con la impugnata sentenza, redatta in forma semplificata, il giudice di primo grado ha accolto il ricorso, annullando così i provvedimenti impugnati, rilevando tra l’altro come la Soprintendenza, nella fattispecie avrebbe dovuto anche chiaramente rilevare le caratteristiche delle costruzioni esistenti verosimilmente presenti in loco già al momento dell'apposizione del vincolo e il relativo impatto sul contesto di riferimento, operando poi un confronto motivato e circostanziato tra l'immagine paesaggistica antecedente e quella successiva all'intervento confronto che non può concludersi con l'adozione di un parere negativo se quest'ultima risulti anche solo equivalente o addirittura migliorativa della prima . Inoltre, il giudice di primo grado ha rilevato come per evitare che il giudizio di compatibilità paesaggistica si trasformi nell'esercizio di un insindacabile arbitrio, [la Soprintendenza avrebbe dovuto ,ndr] fornire la più ampia e circostanziata motivazione, enunciando sia le premesse, che l'iter logico seguito nel percorso valutativo che si conclude con il giudizio finale . In definitiva, il giudice di prime cure ha ravvisato un palese vuoto motivazionale nel parere da ultimo espresso dalla autorità soprintendentizia tale per cui detto parere, attingendo a forme stereotipate utilizzabili per qualsiasi contesto paesaggistico e per qualsiasi intervento di recupero edilizio, si è rivelato espressione di un potere in parte indecifrabile, e come tale illegittimo, tenuto conto della lettura di garanzia sostanziale che deve essere data alla disposizione che impone l’onere della motivazione del provvedimento amministrativo art. 3 della legge n. 241 del 1990 . 5. Con l’appello in esame, la difesa erariale si duole dell’erroneità della sentenza, in relazione all'accertato e insussistente difetto di motivazione del parere negativo impugnato, in considerazione del fatto che la compente autorità soprintendentizia di Ancona avrebbe esplicitato ben tre profili d'incompatibilità dell'intervento, con specifico riferimento a alla modifica dei profili del terreno esistenti del regime idraulico del versante e delle visuali dai punti di osservazione circostanti b alla compromissione della struttura della casa colonica c al contrasto dell'intervento con le caratteristiche architettoniche peculiari e coi valori paesaggistici del sito. Assume l’amministrazione appellante che avrebbe errato il giudice di primo grado nel rilevare il difetto di motivazione degli atti gravati in primo grado tenuto conto che, in materia paesaggistica, le valutazioni cui è chiamata l’autorità preposta alla tutela del vincolo costituiscono espressione di un giudizio tecnico-discrezionale censurabile solo a fronte di macroscopiche contraddizioni o illogicità del processo valutativo, nel caso in oggetto non sussistenti. 6. Osserva il Collegio che la tesi difensiva della amministrazione appellante non appare condivisibile. Anzitutto è da escludere che le motivazioni addotte dalla soprintendenza a sostegno dell’avversato parere negativo possano sfuggire al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, laddove le stesse risultino inficiate, come dedotto in ricorso, dalla violazione dell'obbligo di motivazione di cui all'art. 3 della legge n. 241 del 1990, attesa la natura soltanto apparente della motivazione del parere negativo, reso peraltro in esito ad integrazioni e chiarimenti della parte proponente l’intervento, funzionali al superamento delle criticità evidenziate dalla stessa soprintendenza. Nel merito, anche questo Collegio è persuaso che il parere conclusivo espresso dalla competente soprintendenza appaia per più profili apodittico nella misura in cui lo stesso non esplicita le effettive ragioni di contrasto tra l’intervento di recupero del vecchio fabbricato preesistente alla imposizione del vincolo ed oggi in cattivo stato manutentivo ed i valori paesaggistici dei luoghi compendiati nel decreto di vincolo. Vi si legge, ad esempio, che l’intervento produce pregiudizio e compromissione agli elementi specifici del paesaggio tutelato e dichiarato con decreto del 26 marzo 1955, ma non si indicano in concreto quali profili del progettato intervento arrechino pregiudizio agli specifici valori dei luoghi oggetto di tutela paesaggistica. Del pari sfuggente appare il riferimento, contenuto nel parere del Soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici del 20 dicembre 2012, alla asserita alterazione della percezione consolidata dell’immobile e alle sue caratteristiche intrinseche, posto che la riconversione di una vecchia casa colonica a finalità turistico-ricettive, ove consentita dalla disciplina urbanistica, non può che comportare una naturale alterazione delle caratteristiche intrinseche del fabbricato senza con ciò che ne risulti necessariamente compromessa la sua percezione consolidata” . Tuttavia, non dovrebbe essere questo, nel caso qui dato, il valore presidiato dal decreto di vincolo, né questa l’area riservata alle valutazioni dell’autorità preposta alla tutela paesaggistica, dovendo piuttosto l’esame appuntarsi sui tratti esteriori dell’edificio per verificare se e come, all’esito dell’intervento di recupero, il fabbricato possa risultare adeguatamente inserito nella cornice ambientale circostante, e tanto anche in comparazione – come correttamente rilevato dal giudice di primo grado alla percezione estetica che dello stesso possa trarsi nell’attualità, nelle condizioni di degrado in cui versa l’immobile. Ciò che dal parere negativo della soprintendenza marchigiana non si ricava è, inoltre, qual tipo di accorgimento tecnico o, al limite, di modifica progettuale potrebbe far conseguire all’interessata l’autorizzazione paesaggistica, tenuto conto che l’area non è sottoposta a vincolo di inedificabilità, che l’intervento ha il pregio di proporre il recupero di un immobile ammalorato dal tempo e che la tutela del preminente valore del paesaggio non deve necessariamente coincidere con la sua statica salvaguardia, ma richiede al contrario interventi improntati a fattiva collaborazione delle autorità preposte alla tutela paesaggistica, funzionali a conformare le iniziative edilizie al rispetto dei valori estetici e naturalistici insiti nel bene paesaggio. Dalla lettura degli atti recanti il parere negativo in primo grado impugnato non si evince da ultimo se le attuali ragioni ostative possano essere superate con la ripresentazione di un progetto che, ferme restando le connotazioni plano volumetriche attuali dell’immobile ed escluso lo sbancamento del sottosuolo per la realizzazione dei locali interrati, valorizzi l’uso di materiali della tradizione locale, come ad esempio il rifacimento dell’intonaco esterno nelle tinte naturali con malte di natura non cementizia, ovvero l’apposizione di infissi in legno o l’uso dei coppi in terra cotta per la copertura dei tetti sono, infatti, proprio tali accorgimenti tecnici esteriori, che ben potrebbe la competente soprintendenza prescrivere con maggior competenza e compiutezza di quanto non possa farsi in questa sede, che incidono più di ogni altra cosa sulla percezione esteriore di un immobile e ne determinano il suo corretto inserimento nel contesto paesaggistico circostante. 7. In definitiva, il Collegio è persuaso che il parere negativo espresso dalla soprintendenza territoriale sul progetto di recupero edilizio proposto dalla odierna parte appellata non possa ritenersi immune dal dedotto vizio motivazionale, correttamente ritenuto sussistente dal Tar né detto vizio può ritenersi emendato, stante la inconfigurabilità di una motivazione postuma del provvedimento, dalle pur pregnanti considerazioni contenute negli atti difensivi dalla appellante amministrazione e dagli enti intervenuti ad adiuvandum a proposito della incompatibilità dell’intervento edilizio proposto con i valori paesaggistici espressi dai luoghi contemplati dal Leopardi. Per concludere, in esecuzione della presente sentenza, la competente soprintendenza provvederà a riattivare, in collaborazione con il Comune di Recanati e con spirito di leale interlocuzione con la parte privata, il procedimento funzionale alla formulazione del prescritto parere, facendo in modo di ben evidenziare l’iter logico della sua definitiva espressione di volontà in ordine all’intervento, nei limiti delle sue attribuzioni e con l’esplicita e dettagliata indicazione delle condizioni alla cui ricorrenza il parere di compatibilità paesaggistica potrà essere rilasciato. 8.-Da ultimo, va disattesa la domanda risarcitoria, riproposta in questo grado dalla appellata Dalla Casapiccola a mezzo di appello incidentale, volta ad ottenere la riparazione del danno subìto per effetto della mancata finalizzazione, mercè il negativo parere in primo grado impugnato, del procedimento autorizzatorio del programmato intervento edilizio. Sul punto la impugnata sentenza ha dichiarato la inammissibilità della domanda per assoluta genericità e difetto di prova del danno. Anche questo Collegio è del parere che la richiesta risarcitoria non possa trovare accoglimento, ma per ragioni distinte da quelle ostese in motivazione dal giudice di primo grado. Si è detto, infatti, che le condivisibili ragioni che hanno condotto il giudice di primo grado ad accogliere il ricorso della odierna appellata, impongano oggi il nuovo esercizio dell’azione amministrativa, scevra dal vizio di difetto di motivazione che ha connotato gli atti negativi oggetto dello scrutinio giurisdizionale di questo giudizio. Ma proprio tale circostanza induce ad adottare, allo stato, una decisione reiettiva sulla richiesta risarcitoria, atteso che a per un verso il suo accoglimento supporrebbe, come presupposto ineludibile, che sia acclarato il diritto della originaria ricorrente ad ottenere un titolo abilitativo sul progetto di recupero edilizio a suo tempo proposto ciò che, in ragione dei margini di discrezionalità che ancora connotano l’ulteriore tratto dell’azione amministrativa, non potrebbe ammettersi senza che si verifichi un inammissibile sconfinamento in un’area valutativa che pertiene in via esclusiva alla amministrazione titolare dei poteri dispositivi sul vincolo paesaggistico b per altro verso, l’eventuale parere favorevole della competente soprintendenza, che potrebbe scaturire dalla riedizione dell’azione amministrativa incisa dal giudicato, eliderebbe quantomeno buona parte del le ragioni a base della odierna richiesta di riparazione del danno. In definitiva, anche l’appello incidentale va respinto. 9. Le spese e gli onorari del presente grado di giudizio possono essere compensati tra le parti, anche in considerazione della reciproca soccombenza. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Sesta , definitivamente pronunciando sull'appello RG n. 7119/13 , come in epigrafe proposto, lo respinge. Respinge altresì l’appello incidentale proposto dalla signora Dalla Casapiccola. Compensa tra le parti le spese e gli onorari del presente grado di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.