Il rigore della motivazione del provvedimento repressivo dipende dal momento dell’avvenuta conoscenza dell’illecito

Il lasso temporale, che fa sorgere l’onere di una motivazione rafforzata in capo all’Amministrazione, non è quello che intercorre tra il compimento dell’abuso ed il provvedimento sanzionatorio, ma quello che intercorre tra la conoscenza dell’illecito ed il provvedimento sanzionatorio adottato. Pertanto, in mancanza della conoscenza della violazione, non può consolidarsi in capo al privato alcun affidamento giuridicamente apprezzabile, il cui sacrificio meriti di essere adeguatamente apprezzato in sede motivazionale.

È quanto affermato dal TAR Veneto, Seconda Sezione, nella sentenza n. 1.333 del 28 novembre 2013. L’abuso edilizio come illecito permanente. Il signor A.Z., nei risalenti anni 70’, edificava, nel Comune di Venezia, una serie di manufatti collegati ad un bilancione da pesca, siti in ambito lagunare e, quindi, demaniale. Per la realizzazione di tali manufatti, veniva conseguita la sola concessione lagunare, rilasciata dal Magistrato alle Acque, peraltro con riferimento ad opere precarie. Siffatta concessione non aveva e non ha alcuna valenza di titolo edilizio ed è anche successivamente scaduta in quanto provvisoria. Il Comune, accertato verso la fine del 2010, tale abuso edilizio, intimava, con specifica ordinanza, la demolizione. Il proprietario impugna l’ordinanza, lamentando una carente motivazione, a fronte del lungo decorso del tempo, che avrebbe ingenerato, secondo la sua prospettazione, un legittimo affidamento. Il TAR Veneto, primariamente, evidenzia che, secondo i principi generali, l’abuso edilizio ha carattere permanente. Infatti, l’abuso edilizio integra un illecito di tipo permanente, in quanto è costituito ed ingenerato dalla violazione dell’obbligo, perdurante nel tempo, di ripristinare in conformità al diritto lo stato dei luoghi. Ciò comporta che ogni provvedimento repressivo del Comune, non è emanato a distanza di tempo da un illecito ormai esaurito, ma interviene su una situazione antigiuridica che perdura sino a quel momento. Pertanto, i giudici amministrativi veneti fanno correttamente osservare che sussiste l’obbligo per l’amministrazione di ordinare la rimozione delle opere abusive, a maggior ragione laddove realizzate in aree demaniali e soggette a vincolo, senza alcun particolare obbligo di motivazione circa la sussistenza del pubblico interesse alla loro rimozione . Affidamento e consolidamento. Come anticipato, il ricorrente lamenta una situazione di insufficiente motivazione, a fronte del decorso del tempo. Al riguardo, occorre addivenire ad una importante distinzione. L’affidamento del destinatario del provvedimento amministrativo può essere inteso in due modi o come situazione psicologica di fiducia sulla stabilità del provvedimento affidamento in senso soggettivo , o come attesa ed aspettativa del rispetto di regole corrette, che impongono alla P.A. di tener conto di situazioni altrui, da essa stessa create, nel momento in cui intendesse ritornare sulle sue decisioni affidamento in senso oggettivo . Cosa diversa dall’affidamento è il consolidamento, il quale si base completamente sul decorso del tempo. Infatti, a ben vedere, l’affidamento prescinde dal decorso del tempo, nel senso che il privato destinatario può fidarsi” del decorso del tempo ed aspettarsi che non intervenga il Comune con alcun provvedimento repressivo. L’incidenza del fattore tempo su tali convincimenti è alquanto bassa. Il consolidamento non è altro che il maturare di una data situazione, in conseguenza del decorso del tempo. Motivazione e decorso del tempo. Sulla base di tale importante distinzione e ritenendo che si sia in presenza di una situazione di possibile affidamento, da esaminare attentamente ai fini di eventualmente qualificarlo come legittimo, il TAR prende atto della posizione assunta dalla giurisprudenza in merito ad una precisa questione i rapporti fra l’onere motivazionale, a carico del Comune, ed il decorso del tempo. Da tempo, la giurisprudenza afferma, con riferimento all’ordine di demolizione, che è configurabile un onere di motivazione solo nel caso in cui il lungo decorso del tempo fra la realizzazione dell’opera abusiva e l’adozione della misura repressiva abbia ingenerato, a causa dell’inerzia della Pubblica amministrazione, un affidamento Consiglio di Stato, sez. V, n. 286/1999 . Orientamento che ha sempre ricevuto conferme anche in tempi recenti L’ordine di demolizione di opere abusive è atto vincolato e non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di questo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione” Consiglio di Stato, sez. VI, n. 496/2013 . Invero, il problema è stabilire quand’è che si forma e si configura un legittimo affidamento a seguito del decorso del tempo. Di quale decorso del tempo occorre tener conto? Al riguardo, i giudici veneti sono ben chiari l’intervallo temporale, che fa sorgere l’onere di una motivazione rafforzata a carico del Comune, non è quello che intercorre tra il compimento dell’abuso ed il provvedimento sanzionatorio, ma un altro quello che intercorre tra la conoscenza dell’illecito, acquisita dalla Pubblica Amministrazione, ed il provvedimento sanzionatorio successivamente adottato. Solo ed esclusivamente dal momento dell’acquisita conoscenza, è possibile tener conto di un possibile e legittimo affidamento. Il periodo precedente, può essere anche temporalmente esteso, come nella concreta vicenda, ma non esplica alcuna rilevanza. Quindi, se tale rilevante intervallo temporale è esteso, il Comune ha l’obbligo di dar luogo ad una corposa motivazione. Viceversa, il Comune può limitarsi solo ad indicare la contrarietà di quanto edificato con le regole edilizie.

TAR Veneto, sez. II, sentenza 27 – 28 novembre 2013 n. 1333 Presidente Settesoldi – Estensore Farina Osserva Con il ricorso introduttivo è stata impugnata l’ordinanza con la quale è stata imposta la demolizione di una serie di manufatti collegati ad un bilancione da pesca, siti in ambito lagunare e quindi demaniale per detti manufatti, risalenti agli anni ’70, è incontestato che è stata conseguita la sola concessione lagunare n. 2889 da parte del Magistrato alle Acque, peraltro con riferimento ad opere precarie, la quale non ha alcuna valenza di titolo edilizio atteso altresì che detta concessione è comunque scaduta ne consegue - come peraltro già osservato in occasione dell’ordinanza cautelare n. 233/2011 – che gli interventi contestati risultano a tutti gli effetti abusivi, quanto meno sotto il profilo urbanistico edilizio, e che, trattandosi di abusi realizzati in ambito demaniale, peraltro tutelato e quindi anche in assenza dell’autorizzazione paesaggistica, risultava doveroso, ai sensi dell’art. 35 D.P.R. 380/01, l’ordine di demolizione degli stessi considerato altresì che parte ricorrente ha successivamente presentato istanza di sanatoria dei predetti manufatti e che il diniego della stessa non risulta essere stato impugnato che, pur avendo eliminato soltanto in misura minoritaria alcune parti dei manufatti, è stata riscontrata a seguito di sopralluogo la persistenza degli stessi e quindi l’inottemperanza all’ordine impartito visti i motivi aggiunti proposti avverso l’ordine di rimozione coattiva ritenuto, anche alla luce del diniego di sanatoria non contestato, che risulta ormai indiscussa l’abusività dei manufatti e l’insussistenza di alcun affidamento da parte dei ricorrenti, i quali hanno mantenuto le opere abusive nonostante la conferma del loro contrasto urbanistico edilizio ed il mancato conseguimento della sanatoria che, secondo i principi generali, l’abuso edilizio ha carattere permanente, di modo che sussiste l’obbligo per l’amministrazione di ordinare la rimozione delle opere abusive, a maggior ragione laddove realizzate in aree demaniali e soggette a vincolo, senza alcun particolare obbligo di motivazione circa la sussistenza del pubblico interesse alla loro rimozione che detto principio risulta recentemente ribadito cfr. C.d.S., Sez. V, 9.9.2013, n. 4470 , ove è stato ritenuto che a fronte della motivazione in re ipsa che incontra l’ordine di demolizione dell’abuso edilizio all’esito dell’accertamento della sua esistenza, il lasso temporale che fa sorgere l’onere di una motivazione rafforzata in capo all’Amministrazione non è quello che intercorre tra il compimento dell’abuso e il provvedimento sanzionatorio, ma quello che intercorre tra la conoscenza dell’illecito e il provvedimento sanzionatorio adottato, con l’avvertenza che in mancanza della conoscenza della violazione non può consolidarsi in capo al privato alcun affidamento giuridicamente apprezzabile, il cui sacrificio meriti di essere adeguatamente apprezzato in sede motivazionale ritenuto, infine, che quanto stabilito in occasione della invocata delibera G.comma 482/2013, non determini per l’amministrazione alcun obbligo di recupero dei bilancioni comunque presenti in ambito lagunare e che quindi la suddetta delibera non possa in ogni caso prescindere alla legittimità sotto il profilo urbanistico edilizio degli stessi per detti motivi il ricorso è infondato e va respinto. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nella somma indicata in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto Sezione Seconda , definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna la parte soccombente al pagamento delle spese e degli onorari del giudizio, complessivamente liquidati in € 1.500,00 millecinquecento/00 al netto di I.V.A. e C.P.A. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.