Il proprietario non può essere obbligato ad agire in sede giurisdizionale per affermare l’edificabilità del terreno

Concessione edilizia negata dal Comune perché l'area che fa parte di una lottizzazione non è ancora urbanizzata il ricorso non può essere azionato da colui il quale aveva alienato il terreno.

È quanto emerge dalla sentenza n. 4827/2013 del Consiglio di Stato, depositata il 30 settembre scorso. Interesse di tipo pretensivo? Il Comune nega la concessione edilizia perchè l'area che fa parte di una lottizzazione non è ancora urbanizzata ed anzi potrebbe essere espropriata per il completamento infrastrutturale della zona. Ma in tal caso il ricorso non può essere azionato da colui il quale aveva alienato il terreno perchè la richiesta di concessione presuppone un interesse di tipo pretensivo, del quale il dante causa non può ritenersi titolare. E ciò anche se i dinieghi in questione avevano sancito una inedificabilità di fatto dei terreni alienati dai ricorrenti, in contrasto con la loro destinazione urbanistica quale risultante dalle certificazioni allegate agli atti di vendita e comportato minaccia di risoluzione dei contratti. In base alla disciplina normativa applicabile ratione temporis e cioè la l. n. 10/1977, la concessione ad edificare poteva essere rilasciata al proprietario dell'area o a chi abbia titolo per richiederla art. 4, comma 1, sostanzialmente corrispondente all'art. 11, testo unico dell’edilizia di cui al d.p.r. n. 380/2001 attualmente in vigore . Il riferimento operato dalla citata disposizione al titolo era comunemente riferito alla titolarità di un diritto reale di godimento, o, secondo un indirizzo più aperto, anche a chi avesse la materiale disponibilità del suolo in base ad un diritto personale come ad esempio il promissario acquirente dell'immobile, purché avesse a ciò consentito il proprietario C. di S., V, n. 4485/2007 . Pertanto, è solo un legame qualificato con l’area da sfruttare a fini edificatori che fonda l’interesse legittimo ad ottenere il necessario titolo amministrativo ampliativo. In mancanza, si è rispetto a quest’ultimo nella posizione di quisque de populo . Il caso. L'appellante ha lamentato pregiudizi di carattere economico, sia per i contratti di vendita dei lotti già stipulati ed in relazione ai quali i dinieghi sono stati opposti dal Comune, sia in relazione agli altri lotti nei quali ha frazionato l’originario appezzamento di terreno. Ma tale circostanza se è certamente idonea a fondare una legittimazione secondaria, abilitante un intervento adesivo rispetto all’impugnativa nei confronti dei suddetti dinieghi, il ricorso avrebbe potuto essere proposto esclusivamente dai titolari dei terreni interessati da detti provvedimenti. Mentre è precluso all’alienante. Secondo il Collegio è irrilevante richiamare la giurisprudenza amministrativa che riconosce la legittimazione ad impugnare strumenti urbanistici non solo ai titolari di aree in essi comprese ma anche quelli di aree vicine, ogniqualvolta costoro lamentino una diminuzione di valore a causa del nuovo assetto pianificatorio. In quel caso si aziona infatti un interesse oppositivo direttamente correlato ad un potere di carattere generale. Nel caso in esame, invece, si lamenta la frustrazione delle aspettative edificatorie relative ad uno specifico appezzamento di terreno, che a mente della normativa sopra menzionata solo il proprietario può far valere in sede amministrativa e successivamente in sede giurisdizionale. In sostanza, gli obblighi discendenti in capo all’alienante del terreno non sono idonei a fondare invece alcuna relazione qualificata con il medesimo. L’esposizione dello stesso alle possibili impugnative contrattuali dell’acquirente non gli consentono certamente di chiedere in luogo di questi i necessari titoli edilizi, trattandosi di un’ingerenza nella proprietà altrui non consentita da alcuna norma di legge, e tanto meno di reagire davanti all’autorità giurisdizionale contro i relativi dinieghi, pena altrimenti la violazione del divieto di sostituzione processuale sancito con carattere di generalità dall’art. 81 c.p.c La situazione giuridica del lottizzante e quella del proprietario del singolo lotto sono differenti. Il caso in esame evidenzia, quindi, la differenza fra la situazione giuridica del lottizzante, che ha una posizione qualificata in ordine al perfezionamento degli atti giuridici e degli interventi materiali necessari per rendere attuabile la lottizzazione, e quella del proprietario del singolo lotto, il quale ha legittimazione esclusiva ad agire per garantirne l’edificabilità, fermo restando che – osservazione ovvia – il proprietario non può essere obbligato ad agire in sede giurisdizionale per affermare l’edificabilità del terreno, né altri possono costringerlo a subire un’iniziativa di tale contenuto.

Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 12 luglio – 30 settembre 2013, n. 4827 Presidente Pajno – Estensore Atzeni Fatto e diritto 1. Con ricorso al Tribunale amministrativo della Puglia, sede di Lecce, rubricato al n. 1956/01, i signori Giovanna Viva ed Enrico Indaccolo riferivano di essere proprietari di un ampio appezzamento di terreno sito in Comune di Collepasso avente destinazione edificatoria zona B ex D.M. 1444/1968 di completamento dello strumento urbanistico vigente e di averne alienato nel 1999 due lotti, ed impugnavano i dinieghi di concessioni edilizie opposti dall’amministrazione comunale ai propri aventi causa, rispettivamente, coniugi Marco Rollo e Monica Pasquali, acquirenti del lotto censito in NCT alla particella 973 del foglio 13 e Giuseppe Tedesco e Concetta Spagnolo, acquirenti della particella 968 del medesimo foglio. Entrambi i dinieghi venivano motivati sulla base dell’assenza di opere di urbanizzazione di collegamento alla pubblica via, pur previste dal piano particolareggiato predisposto per la zona, e della mancanza tanto di obblighi dell’amministrazione, quanto di impegni degli istanti, concernenti la relativa realizzazione. Dolendosi del pregiudizio che da dette decisioni discendeva, a causa della minaccia di risoluzione dei contratti di vendita dei terreni, nonché della diminuzione di valore dei lotti finitimi, stante la pretesa comunale di acquisizione gratuita degli stessi per il completamento infrastrutturale della zona, i ricorrenti ne chiedevano l’annullamento in base ai seguenti motivi - illegittimo condizionamento dei diritti edificatori inerenti ai lotti all’esecuzione di opere di urbanizzazione primaria su superfici altrui - travisamento fattuale in ordine all’assenza di dette opere. Nel contraddittorio con l’amministrazione comunale il Tribunale amministrativo della Puglia, sede di Lecce, Sezione I, con sentenza 22 giungo 2002, n. 2319, dichiarava l’impugnativa inammissibile per carenza di interesse concreto ed attuale all’annullamento”. A base di tale statuizione il giudice di primo grado poneva la negazione dell’assunto sui cui il ricorso si fondava e cioè che i dinieghi avevano sancito una inedificabilità di fatto dei terreni alienati dai ricorrenti, in contrasto con la loro destinazione urbanistica quale risultante dalle certificazioni allegate agli atti di vendita. In contrario, infatti, il Tribunale amministrativo osservava che i dinieghi erano motivati dall’assenza di impegni degli istanti in ordine alla realizzazione delle necessarie opere di urbanizzazione e che tale ragione era legittima, visto, da un lato, il disposto dell’art. 31, comma 5, l. n. 1150/1942 e, dall’altro lato, che gli stessi ricorrenti hanno riconosciuto che le aree in questione non sono completamente urbanizzate”. 2. Avverso la predetta sentenza propone ricorso in appello, rubricato al n. 8203/02, il signor Enrico Indraccolo, anche in qualità di erede della signora Giovanna Viva, deducendo che - la dichiarazione di inammissibilità è in primo luogo errata, essendo indiscutibile che il condizionamento dei titoli edilizi richiesti dai propri aventi causa alla realizzazione di opere di urbanizzazione si riflette direttamente sulla sfera giuridica dei loro danti causa, a causa dell’alterazione del sinallagma dei contratti di vendita, in cui i lotti erano stati venduti come direttamente edificabili, nonché per via della diminuzione di valore dei restanti lotti facenti parte del medesimo appezzamento di terreno, dovendo da ciò inferirsi anche la legittimazione ad agire nella presente impugnativa - tale statuizione sottende in realtà un rigetto nel merito, nel cui scrutinio il Tribunale amministrativo si è nondimeno spinto, errando nuovamente, per non avere considerato che i suoli in questione sono inseriti in un tessuto quasi completamente urbanizzato e compreso nella toponomastica comunale, in esecuzione di un piano particolareggiato appositamente approvato dall’amministrazione e comportante la dichiarazione di pubblica utilità delle opere in esso previste - a questo riguardo, l’appellante riferisce che occorre provvedere unicamente al completamento della rete viaria per soli trenta metri, circostanza in virtù della quale assume che l’Amministrazione possa imporre specifica commisurazione del contributo di costruzione ma non già di far gravare sul privato interessato ad edificare l’ultimazione infrastrutturale dell’area. Resiste all’appello il Comune di Collepasso, il quale reitera l’eccezione di difetto di legittimazione attiva, che assume potere essere vantata solo dal richiedente il permesso di costruire negato e non già dal suo dante causa. La causa è stata assunta in decisione alla pubblica udienza del 12 luglio 2013. 3. L’appello deve essere respinto. Come si ricava dalla speculare narrativa del ricorso di primo grado e dell’appello, i ricorrenti hanno azionato in questo giudizio l’interesse allo sfruttamento edificatorio dei terreni da loro alienati a terzi, dolendosi del diniego opposto dall’Amministrazione resistente. Si tratta dunque di un interesse di tipo pretensivo, del quale tuttavia gli stessi non possono ritenersi titolari. In base alla disciplina normativa applicabile ratione temporis” e cioè la l. n. 10/1977, la concessione ad edificare poteva essere rilasciata al proprietario dell'area o a chi abbia titolo per richiederla”. art. 4, comma 1, sostanzialmente corrispondente all'art. 11, del testo unico dell’edilizia di cui al d.p.r. n. 380/2001 attualmente in vigore . Il riferimento operato dalla citata disposizione al titolo” era comunemente riferito alla titolarità di un diritto reale di godimento, o, secondo un indirizzo più aperto, anche a chi avesse la materiale disponibilità del suolo in base ad un diritto personale come ad esempio il promissario acquirente dell'immobile, purché avesse a ciò consentito il proprietario C. di S., V, 24 agosto 2007, n. 4485 . Pertanto, è solo un legame qualificato con l’area da sfruttare a fini edificatori che fonda l’interesse legittimo ad ottenere il necessario titolo amministrativo ampliativo. In mancanza, si è rispetto a quest’ultimo nella posizione di quisque de populo”. Ora, l’odierno appellante lamenta pregiudizi di carattere economico, sia per i contratti di vendita dei lotti già stipulati ed in relazione ai quali i dinieghi sono stati opposti dal Comune di Collepasso, sia in relazione agli altri lotti nei quali ha frazionato l’originario appezzamento di terreno di proprietà della defunta madre e ricorrente in primo grado Giovanna Viva. Simili allegazioni sono certamente idonee a fondare una legittimazione secondaria, abilitante un intervento adesivo rispetto all’impugnativa nei confronti dei suddetti dinieghi, che tuttavia avrebbe potuto proporre esclusivamente i titolari dei terreni interessati da detti provvedimenti, essendo per contro la stessa preclusa all’alienante. Non giova in contrario richiamare la giurisprudenza amministrativa che riconosce la legittimazione ad impugnare strumenti urbanistici non solo ai titolari di aree in essi comprese ma anche quelli di aree vicine, ogniqualvolta costoro lamentino una diminuzione di valore a causa del nuovo assetto pianificatorio. In quel caso si aziona infatti un interesse oppositivo direttamente correlato ad un potere di carattere generale. Qui, invece, si lamenta la frustrazione delle aspettative edificatorie relative ad uno specifico appezzamento di terreno, che a mente della normativa sopra menzionata solo il proprietario può far valere in sede amministrativa e successivamente in sede giurisdizionale. Gli obblighi discendenti in capo all’alienante del terreno non sono idonei a fondare invece alcuna relazione qualificata con il medesimo. L’esposizione dello stesso alle possibili impugnative contrattuali dell’acquirente non gli consentono certamente di chiedere in luogo di questi i necessari titoli edilizi, trattandosi di un’ingerenza nella proprietà altrui non consentita da alcuna norma di legge, e tanto meno di reagire davanti all’autorità giurisdizionale contro i relativi dinieghi, pena altrimenti la violazione del divieto di sostituzione processuale sancito con carattere di generalità dall’art. 81 cod. proc. civ. L’appellante, in sostanza, pretende di sostituirsi ai suoi aventi causa nella gestione del loro specifico e personale interesse alla qualificazione urbanistica dell’immobile di loro proprietà, in mancanza – per quello che risulta – di qualsiasi mandato nei suoi confronti e nell’acquiescenza degli stessi aventi causa all’operato dell’Amministrazione. L’appellante, quindi, pretende di operare nella veste, non consentita nel processo amministrativo, di sostituto processuale di terzi in questo senso, da ultimo, C. di S., VI, 18 aprile 2012, n. 2208 . 4. Peraltro, deve anche essere osservato come le argomentazioni proposte dall’appellante non possano essere condivise nel merito. Invero, dalla sua stessa prospettazione risulta che i lotti di terreno di cui si tratta non sono adeguatamente urbanizzati. In presenza di tale situazione di fatto, il diniego di concessione edilizia costituisce atto dovuto. Chiunque abbia un legittimo interesse può attivarsi, nei confronti del Comune perché vengano rimossi gli ostacoli all’utilizzo a scopo edificatorio dei terreni in questione, ma fino a quando quel processo non si è concluso il diniego di concessione edilizia rimane atto dovuto. Tale osservazione – in realtà ovvia – colora ulteriormente quanto esposto al punto 3. Infatti, il caso in esame evidenzia la differenza fra la situazione giuridica del lottizzante, che ha una posizione qualificata in ordine al perfezionamento degli atti giuridici e degli interventi materiali necessari per rendere attuabile la lottizzazione, e quella del proprietario del singolo lotto, il quale ha legittimazione esclusiva ad agire per garantirne l’edificabilità, fermo restando che – altra osservazione ovvia – il proprietario non può essere obbligato ad agire in sede giurisdizionale per affermare l’edificabilità del terreno, né altri possono costringerlo a subire un’iniziativa di tale contenuto. 5. In conclusione, l’appello deve essere respinto. Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta definitivamente pronunciando sull'appello n. 8203/02, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna l’appellante al pagamento, in favore dell’Amministrazione costituita, di spese ed onorari della presente fase del giudizio, che liquida in complessivi € 2.000,00 duemila/00 oltre agli accessori di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.