Il premio di maggioranza sarà anche ingiusto, ma deve essere assicurata la governabilità dell'ente locale

E' così possibile, e legittimo, che nel Consiglio comunale abbiano la maggioranza le liste che, al primo turno, hanno portato a casa il misero risultato del 28,61 per cento. Tutto merito del candidato sindaco collegato che, al ballottaggio, ha ottenuto 7643 voti, contro i 6779 dell’altro candidato.

Maggio 2012, elezioni a Santeramo in Colle. In quella occasione, il Sindaco, risultato eletto al secondo turno, Michele D’Ambrosio, ha ottenuto una maggioranza pari a 7643 voti, contro i 6779 dell’altro candidato, Vito Zeverino, nonostante al primo turno le liste a lui collegate avessero raggiunto un risultato pari al 28,61% dei voti validi rispetto al 43,53% delle liste collegate al candidato Zeverino. Come imposto dalla normativa attualmente in vigore art. 73 TUEL , l’ufficio elettorale aveva attribuito alle liste collegate al sindaco eletto a seguito di ballottaggio il 60% dei seggi consiliari c.d. premio di maggioranza . Ma alcuni cittadini elettori e candidati alla carica di consigliere utilmente collocati nei risultati qualora fosse stato a loro applicato il principio proporzionale, hanno impugnato davanti al TAR della Puglia l’applicazione del premio di maggioranza alle liste del Sindaco eletto, previa declaratoria di incostituzionalità della norma applicata. Il TAR, con sentenza n. 1762 del 12 ottobre 2012, respingeva il ricorso, affermando la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata, ritenendo che il legislatore, nell’ambito delle proprie prerogative politiche, avesse bilanciato l’interesse alla rappresentanza politica e quello alla governabilità, senza eccedere dai limiti della ragionevolezza ed affermando, inoltre, che il sistema doveva considerarsi temperato, all’evidente fine di evitare risultati squilibrati, dal requisito richiesto, per l’attribuzione del premio che nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate al primo turno avesse già superato nel turno medesimo il 50 per cento dei voti validi. Premio di maggioranza ingiusto? Visto l'esito negativo in primo grado, si sono rivolti al Consiglio di Stato, rinnovando le questioni di legittimità costituzionale ed in particolare l’illegittimità dell’art. 73, comma 10, secondo periodo, del D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267 in riferimento agli artt. 2 e 3 Cost., facendo leva sui precedenti dati dalla Corte Costituzionale circa l’illogicità dei sistemi elettorali maggioritari applicabili ai candidati o alle liste collocatesi in prima posizione, ma avendo ricevuto una percentuale di voti assai bassa rispetto al complesso dei voti validamente espressi e comunque l’irragionevolezza rispetto ai diritti dei cittadini ed al principio di eguaglianza dell’inesistenza di una soglia minima per l’applicazione del premio di maggioranza, pur in presenza del principio di trascinamento” derivante dalla presenza di un candidato Sindaco e dalla necessità di assicuragli la governabilità dell’Ente. In pratica, la tesi dei ricorrenti presuppone la incostituzionalità della norma di riferimento e si sostanzia nella irragionevolezza della stessa, in quanto liste che al primo turno hanno ottenuto un esiguo risultato elettorale possono comunque conseguire, in base alla norma citata, un premio di maggioranza pari al 60% dei seggi, purché il candidato sindaco venga proclamato eletto. Recita l’art. 73, comma 10, TUEL, nella parte di interesse Qualora un candidato alla carica di sindaco sia proclamato eletto al secondo turno, alla lista o al gruppo di liste ad esso collegate che non abbia già conseguito, ai sensi del comma 8, almeno il 60 per cento dei seggi del consiglio, viene assegnato il 60 per cento dei seggi, sempreché nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate al primo turno abbia già superato nel turno medesimo il 50 per cento dei voti validi. I restanti seggi vengono assegnati alle altre liste o gruppi di liste collegate ai sensi del comma 8 . Tuttavia, secondo la Sezione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 73, comma 10, secondo periodo, TUEL, sollevata in riferimento agli artt. 2 e 3 Cost., appare manifestamente infondata. Il Collegio ha ritenuto infatti, nel dirimere la controversia in esame, che non si possano seguire le tesi sostenute dalla Corte di Cassazione con la nota ordinanza n. 12060 del 17 maggio 2013, con la quale sono state rimesse alla Corte Costituzionale le questioni di legittimità inerenti i premi di maggioranza per l’elezione della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, così come disciplinati dalla L. n. 270/1995 tali premi investono sistemi elettorali fondati su turno unico e dunque caratterizzati da schemi assolutamente non raffrontabili con sistemi elettorali a doppio turno, come appunto quello per il Sindaco ed il consiglio comunale. Da garantire la governabilità dell’ente locale. Nel merito, afferma la sentenza, si deve rilevare che la Corte Costituzionale si è già pronunciata sulla questione, sia pure indirettamente, con la sentenza 4 aprile 1996 n. 107. Con questa pronuncia la Corte ha affermato che la governabilità dell’ente locale non può sì essere assunta come un valore assoluto, ma può essere apprezzata dalla discrezionalità del legislatore come valore specificamente tutelabile - di qui l’alterazione del criterio proporzionale - in tutti quei casi in cui vi sia un sindaco debole” in quanto collegato ad una o più liste deboli”, per cui deve essere risolta in via normativa l’evenienza di maggioranze sostanzialmente inesistenti. Comunque la non assolutezza del principio della governabilità è appunto dimostrata dalla previsione dell’attribuzione della maggioranza assoluta dei seggi a quella lista – o quelle liste - contrapposte al candidato eletto sindaco che abbiano ottenuto la maggioranza assoluta dei voti espressi al primo turno tale previsione costituisce il corretto bilanciamento tra le esigenze costituzionali di rispetto della sovranità popolare e la necessità che i comuni debbano infine ottenere un’amministrazione stabile. Appare evidente, quindi, che le esigenze di governabilità emergano fortemente nel turno di ballottaggio, in cui la scelta degli elettori torna di nuovo in campo con i presupposti del tutto diversi rispetto a quelli del primo turno l’elettore deve operare una nuova decisione politica” che può essere anche radicale nei casi in cui tra i due candidati presenti al ballottaggio non vi sia quello votato al primo turno e ne è prova la possibilità della previsione degli apparentamenti, alleanze tra liste, contrapposte quattordici giorni prima. Inoltre il voto è concentrato solo sul candidato sindaco e dunque, osservava la Corte Costituzionale, la manifestazione di volontà dell’elettore è necessariamente unica e non sussistono quindi più ostacoli intrinseci a valorizzare il collegamento tra il candidato sindaco ed i simboli delle liste a lui collegate.

Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 23 luglio - 23 settembre 2013, n. 4680 Presidente Volpe – Estensore Prosperi Fatto e diritto Nelle elezioni comunali tenutesi a Santeramo in Colle il 6 e 7 maggio 2012 ed i seguenti 20 e 21, il Sindaco risultato eletto al secondo turno, Michele D’Ambrosio, ha ottenuto una maggioranza pari a 7643 voti, contro i 6779 dell’altro candidato, Vito Zeverino, nonostante al primo turno le liste a lui collegate avessero raggiunto un risultato pari al 28,61% dei voti validi rispetto al 43,53% delle liste collegate al candidato Zeverino. Come imposto dalla normativa attualmente in vigore art. 73 TUEL , l’ufficio elettorale ha attribuito alle liste collegate al sindaco eletto a seguito di ballottaggio il 60% dei seggi consiliari c.d. premio di maggioranza . Camillo Nicola Giulio Larato, Paolo Vito Silletti e Francesco Fraccalvieri, cittadini elettori e candidati alla carica di consigliere utilmente collocati nei risultati qualora fosse stato a loro applicato il principio proporzionale, impugnavano davanti al TAR della Puglia l’applicazione del premio di maggioranza alle liste del Sindaco eletto, previa declaratoria di incostituzionalità della norma applicata. Il TAR, con sentenza n. 1762 del 12 ottobre 2012, respingeva il ricorso, affermando la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata, ritenendo che il legislatore, nell’ambito delle proprie prerogative politiche, avesse bilanciato l’interesse alla rappresentanza politica e quello alla governabilità, senza eccedere dai limiti della ragionevolezza ed affermando, inoltre, che il sistema doveva considerarsi temperato, all’evidente fine di evitare risultati squilibrati, dal requisito richiesto, per l’attribuzione del premio che nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate al primo turno avesse già superato nel turno medesimo il 50 per cento dei voti validi. Con appello in Consiglio di Stato notificato il 24 novembre 2012 i tre ricorrenti in primo grado impugnavano la sentenza del TAR della Puglia, rinnovando le questioni di legittimità costituzionale già sostenute in primo grado ed in particolare l’illegittimità dell’art. 73, comma 10, secondo periodo, del D. Lgs. 18 agosto 2000 n. 267 in riferimento agli artt. 2 e 3 della Costituzione, facendo leva sui precedenti dati dalla Corte Costituzionale circa l’illogicità dei sistemi elettorali maggioritari applicabili ai candidati o alle liste collocatesi in prima posizione, ma avendo ricevuto una percentuale di voti assai bassa rispetto al complesso dei voti validamente espressi e comunque l’irragionevolezza rispetto ai diritti dei cittadini ed al principio di eguaglianza dell’inesistenza di una soglia minima per l’applicazione del premio di maggioranza, pur in presenza del principio di trascinamento” derivante dalla presenza di un candidato Sindaco e dalla necessità di assicuragli la governabilità dell’Ente. La tesi dei ricorrenti presuppone la incostituzionalità della norma di riferimento e si sostanzia nella irragionevolezza della stessa, in quanto liste che al primo turno hanno ottenuto un esiguo risultato elettorale possono comunque conseguire, in base alla norma citata, un premio di maggioranza pari al 60% dei seggi, purché il candidato sindaco venga proclamato eletto. Recita l’art. 73, comma 10, TUEL, nella parte di interesse Qualora un candidato alla carica di sindaco sia proclamato eletto al secondo turno, alla lista o al gruppo di liste ad esso collegate che non abbia già conseguito, ai sensi del comma 8, almeno il 60 per cento dei seggi del consiglio, viene assegnato il 60 per cento dei seggi, sempreché nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate al primo turno abbia già superato nel turno medesimo il 50 per cento dei voti validi. I restanti seggi vengono assegnati alle altre liste o gruppi di liste collegate ai sensi del comma 8.” In ogni caso, anche ai fini della rilevanza della questione di costituzionalità, non può non tenersi conto del fatto che, avendo le liste collegate al sindaco eletto ottenuto un risultato superiore al 25% al primo turno, esse hanno comunque ottenuto un risultato decisamente apprezzabile in termini numerici quale soglia di ammissibilità del premio di maggioranza. Gli appellanti concludevano per l’accoglimento del proprio ricorso con la rimessione alla Corte Costituzionale della questione sollevata e, in esito alla dichiarazione di illegittimità costituzionale, con la domanda di annullamento parziale del verbale di proclamazione degli eletti nella parte in cui era stato attribuito il premio di maggioranza alle liste collegate al sindaco eletto Michele D’Ambrosio. I soggetti intimati non si sono costituiti in giudizio. Alla odierna udienza pubblica la causa è passata in decisione. Si deve preliminarmente dare atto della rinuncia all’appello da parte di Camillo Nicola Giulio Larato, in quanto il medesimo è stato chiamato a surrogare un eletto al consiglio poi dimessosi dalla carica. Relativamente al Larato l’appello deve perciò essere dichiarato improcedibile, visto che la rinuncia è stata notificata al solo Comune e non ai controinteressati. La questione di legittimità costituzionale dell’art. 73, comma 10, secondo periodo, TUEL, sollevata in riferimento agli artt. 2 e 3 della Costituzione, appare manifestamente infondata. Preliminarmente il Collegio ritiene che, nel dirimere la controversia in esame, non si possano seguire le tesi sostenute dalla Corte di Cassazione con la nota ordinanza n. 12060 del 17 maggio 2013, con la quale sono state rimesse alla Corte Costituzionale le questioni di legittimità inerenti i premi di maggioranza per l’elezione della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, così come disciplinati dalla L. n. 270/1995 tali premi investono sistemi elettorali fondati su turno unico e dunque caratterizzati da schemi assolutamente non raffrontabili con sistemi elettorali a doppio turno, come appunto quello per il Sindaco ed il consiglio comunale. Nel merito si deve rilevare che la Corte Costituzionale si è già pronunciata sulla questione, sia pure indirettamente, con la sentenza 4 aprile 1996 n. 107 con questa pronuncia la Corte ha affermato che la governabilità dell’ente locale non può sì essere assunta come un valore assoluto, ma può essere apprezzata dalla discrezionalità del legislatore come valore specificamente tutelabile - di qui l’alterazione del criterio proporzionale - in tutti quei casi in cui vi sia un sindaco debole” in quanto collegato ad una o più liste deboli”, per cui deve essere risolta in via normativa l’evenienza di maggioranze sostanzialmente inesistenti. Comunque la non assolutezza del principio della governabilità è appunto dimostrata dalla previsione dell’attribuzione della maggioranza assoluta dei seggi a quella lista – o quelle liste - contrapposte al candidato eletto sindaco che abbiano ottenuto la maggioranza assoluta dei voti espressi al primo turno tale previsione costituisce il corretto bilanciamento tra le esigenze costituzionali di rispetto della sovranità popolare e la necessità che i comuni debbano infine ottenere un’amministrazione stabile. Appare evidente che le esigenze di governabilità emergano fortemente nel turno di ballottaggio, in cui la scelta degli elettori torna di nuovo in campo con i presupposti del tutto diversi rispetto a quelli del primo turno l’elettore deve operare una nuova decisione politica” che può essere anche radicale nei casi in cui tra i due candidati presenti al ballottaggio non vi sia quello votato al primo turno e ne è prova la possibilità della previsione degli apparentamenti, alleanze tra liste, contrapposte quattordici giorni prima. Inoltre il voto è concentrato solo sul candidato sindaco e dunque, osserva la Corte Costituzionale, la manifestazione di volontà dell’elettore è necessariamente unica e non sussistono quindi più ostacoli intrinseci a valorizzare il collegamento tra il candidato sindaco ed i simboli delle liste a lui collegate. Per le sue esposte considerazioni l’appello deve perciò essere dichiarato improcedibile per quanto riguarda Camillo Nicola Giulio Larato, mentre deve essere respinto per quanto concerne gli altri appellanti. Non vi è luogo a pronuncia sulle spese di giudizio, vista la mancata costituzione di tutte le parti intimate. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte improcedibile ed in parte lo respinge e, per l’effetto, conferma nei limiti suddetti la sentenza impugnata. Nulla per le spese. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.