Bioscanner e lotta ai tumori: inascoltati Codacons e altre associazioni a tutela del consumatore

Ma soltanto perchè la richiesta era generica. Il Consiglio di Stato ribalta i motivi che - secondo il Tar - avrebbero legittimato il diniego all'accesso.

Ciò in quanto sussiste il requisito dell’interesse pubblico sotteso alla più ampia divulgazione possibile dell’apparato medicale e sia perché, sul piano oggettivo, si tratta di una strumentazione medica almeno potenzialmente rafforzativa delle possibilità di tutelare il diritto alla salute dei consumatori e a nulla rileva il fatto, quindi, che la società sia privata. Il dubbio. Perchè il bioscanner, prodotto da una società italiana, particolarmente efficace nella diagnosi precoce delle neoplasie tumorali e, in generale, delle infiammazioni dei tessuti non viene commercializzato, ovvero proposto agli enti pubblici o privati che lo potrrebbero utilmente utilizzare? Insomma, sussiste l’interesse pubblico alla ostensione dei documenti richiesti, perchè è indubbio il vantaggio che riceverebbe la collettività degli utenti dei servizi sanitari dalla diffusone di un dispositivo medicale particolarmente efficiente, avuto riguardo al suo grado di precisione nell’attività diagnostica, all’economicità del suo impiego ed al carattere non invasivo degli esami diagnostici compiuti con l’ausilio del predetto bioscanner. Le associazioni a tutela dei consumatori, in pratica, chiedono di saperne di più sostenendo l’ammissibilità della richiesta di accesso rivolta alla società privata, in quanto afferente un tratto della sua azione di rilevanza pubblica in considerazione del nesso con il diritto primario della salute di cui sono titolari i consumatori, e lamentano la erroneità della sentenza di primo grado che ha respinto il ricorso sull’assorbente rilievo della natura privata della società destinataria della richiesta di documenti e della afferenza degli stessi a dati relativi alla politica commerciale e industriale della società, estranei alla disciplina dell’accesso ai documenti amministrativi. Il produttore tace. Il Tar aveva posto a base del rigetto del ricorso il fatto che la società destinataria della domanda di accesso è una società privata, quotata in borsa, che svolge attività imprenditoriale in regime di concorrenza con altri operatori nazionali, senza alcuna connotazione pubblicistica rilevante, ai sensi dell’art. 22, comma 1, lett. e , della legge n. 241 del 7 agosto 1990. Inoltre, le informazioni richieste si riferivano a scelte imprenditoriali ed a atti relativi ad aspetti di diritto e politica industriale che nulla hanno a che vedere con lo svolgimento di un’attività di interesse pubblico da parte delle società intimate Finmeccanica e, per essa, la sua controllata Galileo Avionica spa, titolare esclusiva del diritto di utilizzare il brevetto del dispositivo medico a fini commerciali . In sostanza, l’interesse pubblico sotteso alla domanda ostensiva rivolta ad una società privata, rispetto ai documenti dalla stessa detenuti, non può coincidere con l’interesse indiretto che avrebbe la collettività dei consumatori, sul piano di una più accentuata protezione del diritto alla salute, alla commercializzazione di una apparecchiatura medica particolarmente efficace nella diagnosi delle malattie. La legge sull'accesso. In materia di accesso alla documentazione amministrativa i soggetti privati sono assimilati alle pubbliche amministrazioni – in relazione al potere-dovere di esaminare le domande di accesso - solo limitatamente alla attività di pubblico interesse che risulti disciplinata dal diritto nazionale o comunitario art. 22, lett. e , della legge n. 241 del 7 agosto 1990 . Ma se difettano anzitutto, rileva il Collegio, i presupposti per assimilare l’attività delle società private oggetto della domanda di accesso relativa a documenti da cui desumere il grado di commercializzazione dell’apparecchiatura diagnostica ad una attività di pubblico interesse disciplinata dalla normativa nazionale o comunitaria, manca anche una disciplina nazionale o comunitaria che disciplini o condizioni le scelte imprenditoriali di un soggetto privato riguardo alle modalità di commercializzazione di un prodotto medicale, trattandosi di una attività riservata alle insindacabili valutazioni del management societario ovvero alle scelte di politica industriale anch’esse incensurabili del soggetto titolare del marchio o del brevetto, non potendo ravvisarsi, nei confronti di un soggetto privato, un obbligo giuridico di commercializzare un prodotto o un macchinario, financo ove possa ritenersi provata la sua positiva efficacia sulla salute umana. Il diritto alla salute e l'interesse pubblico. La questione dirimente, pertanto, nella prospettiva della infondatezza della istanza ostensiva - afferma il Collegio - risulta quella della carenza di una disciplina normativa che regolamenti la specifica attività di commercializzazione del bioscanner laddove non appare al contrario insussistente, come non condivisibilmente sostenuto dal Tar, il requisito dell’interesse pubblico sotteso alla più ampia divulgazione possibile dell’apparato medicale di che trattasi, e ciò sia perché, sul piano oggettivo, si tratta di una strumentazione medica almeno potenzialmente rafforzativa delle possibilità di tutelare il diritto alla salute dei consumatori, in considerazione delle sue significative risposte sul piano della diagnosi precoce di alcune patologie, sia perché, sul piano soggettivo, il controllo di fatto e di diritto che lo Stato esercita, in forza della quota azionaria di riferimento ma anche in virtù dei poteri speciali di cui risulta titolare d.p.c.m. 28 settembre 1999, attuativo dell’art. 2 del D.L.31 maggio 1994 n. 241 conferiscono all’attività dell’ente privato una rilevanza pubblicistica che difficilmente potrebbe negarsi. In questo senso viene in parte rettificata la motivazione posta a corredo della sentenza di primo grado quanto alla affermata insussistenza, già in linea di principio, di un interesse pubblico sotteso alla vicenda di che trattasi. Le carenze effettive . Oltre alla assenza di una attività presa in specifica considerazione dalla normativa nazionale o comunitaria, afferma ancora la sentenza - un’altra ragione a sostegno della non accoglibilità della originaria istanza di accesso è riconducibile al carattere estremamente generico della richiesta di documenti formulata a suo tempo dalle associazioni appellanti. Tenuto conto del suo specifico contenuto, la pretesa ostensiva in esame risulta avere una inammissibile natura ‘esplorativa’, in contrasto con l’art. 24, comma 3, della legge 7 agosto 1990 n. 241, che vieta espressamente domande di accesso tese ad esercitare un sindacato generalizzato sulla attività delle pubbliche amministrazioni e a fortiori su quella dei soggetti privati la domanda di accesso, infatti, non appare rivolta alla acquisizione di specifici documenti, bensì risulta funzionale ad ottenere informazioni non accessibili con lo strumento giuridico in esame sul grado di diffusione di un dispositivo medico, per come e nella misura in cui le stesse possano indirettamente desumersi dalla carenza o dalla scarsità di documentazione di una certa natura relativa essenzialmente a domande partecipative a commesse pubbliche di forniture di strumentazioni biomedicali eventualmente riscontrata, all’esito dell’accesso, presso il destinatario della richiesta di accesso.

Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 12 – 26 giugno 2012, n. 3768 Presidente Maruotti – Estensore Scanderberg Fatto e diritto 1.- E’ impugnata la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio 24 novembre 2011, n. 9228 , nella parte in cui ha respinto il ricorso di primo grado n. 5248 del 2011 proposto dal Codacons e dall’Associazione italiana per i diritti del malato avverso il diniego di accesso opposto dalla società Finmeccanica spa anche per conto della società controllata Galileo Avionica spa sulla istanza ostensiva proposta dalle odierne appellanti per ottenere gli atti ed i documenti nonché le domande presentate ai fini della partecipazione a procedure anche di rilievo pubblico e/o gare d’appalto e/o trattative private volte alla commercializzazione” dell’apparecchiatura medicale denominata TrimProb costituente un bioscanner particolarmente efficace nella diagnosi precoce delle neoplasie tumorali e, in generale, delle infiammazioni dei tessuti . Non forma oggetto di impugnazione il capo della medesima sentenza, sempre a contenuto reiettivo, reso sul diniego ministeriale di ostensione di altra documentazione, riguardante le eventuali campagne di pubblicità e commercializzazione dello stesso strumento diagnostico. 2.- Le associazioni appellanti insistono in questo grado nel sostenere l’ammissibilità della richiesta ostensiva rivolta alla intimata società privata, in quanto afferente un tratto della sua azione di rilevanza pubblica in considerazione del nesso con il diritto primario della salute di cui sono titolari i consumatori, e lamentano la erroneità della sentenza impugnata che ha respinto il ricorso sull’assorbente rilievo della natura privata della società destinataria della richiesta di documenti e della afferenza degli stessi a dati relativi alla politica commerciale e industriale della società, estranei alla disciplina dell’accesso ai documenti amministrativi. 3.- Concludono le appellanti per l’accoglimento, con l’appello, del ricorso di primo grado, con consequenziale ordine alla società appellata di esibizione della documentazione richiesta, in riforma della impugnata sentenza. Si sono costituite le parti intimate per resistere al ricorso e per chiederne la reiezione. All’udienza del 12 giugno 2012 la causa è stata trattenuta perla sentenza. 4.- L’appello è infondato e va respinto. L’infondatezza nel merito del ricorso esime peraltro il Collegio dall’esaminare la questione, riproposta in questo grado, della tardività del ricorso di primo grado. Il Collegio ritiene che l’appello, che va definito con sentenza semplificata ai sensi dell’art. 116, quarto comma, cpa, non sia suscettibile di favorevole esame. Il Tar ha posto a base del rigetto del ricorso le seguenti argomentazioni la società destinataria della domanda ostensiva è una società privata, quotata in borsa, che svolge attività imprenditoriale in regime di concorrenza con altri operatori nazionali, senza alcuna connotazione pubblicistica rilevante, ai sensi dell’art. 22, comma 1, lett. e , della legge n. 241 del 7 agosto 1990 le informazioni richieste si riferiscono a scelte imprenditoriali ed a atti relativi ad aspetti di diritto e politica industriale che nulla hanno a che vedere con lo svolgimento di un’attività di interesse pubblico da parte delle società intimate Finmeccanica e, per essa, la sua controllata Galileo Avionica spa, titolare esclusiva del diritto di utilizzare il brevetto del dispositivo medico a fini commerciali l’interesse pubblico sotteso alla domanda ostensiva rivolta ad una società privata, rispetto ai documenti dalla stessa detenuti, non può coincidere con l’interesse indiretto che avrebbe la collettività dei consumatori, sul piano di una più accentuata protezione del diritto alla salute, alla commercializzazione di una apparecchiatura medica particolarmente efficace nella diagnosi delle malattie. 5.-Le appellanti censurano tale sentenza, ritenendo al contrario che sussista l’interesse pubblico alla ostensione dei documenti richiesti, atteso l’indubbio vantaggio che riceverebbe la collettività degli utenti dei servizi sanitari dalla diffusone di un dispositivo medicale particolarmente efficiente, avuto riguardo al suo grado di precisione nell’attività diagnostica, all’economicità del suo impiego ed al carattere non invasivo degli esami diagnostici compiuti con l’ausilio del predetto bioscanner. Di qui l’interesse delle associazioni ricorrenti ad ottenere la documentazione rivelatrice del grado di diffusività dell’apparato medicale nonché gli eventuali ostacoli che si sono frapposti ad una commercializzazione su larga scala. 6.- L’appello va respinto. Come è noto, in materia di accesso alla documentazione amministrativa i soggetti privati sono assimilati alle pubbliche amministrazioni – in relazione al potere-dovere di esaminare le domande di accesso - solo limitatamente alla attività di pubblico interesse che risulti disciplinata dal diritto nazionale o comunitario art. 22, lett. e , della legge n. 241 del 7 agosto 1990 . Nel caso di specie difettano anzitutto i presupposti per assimilare l’attività delle società private oggetto della domanda di accesso relativa a documenti da cui desumere il grado di commercializzazione dell’apparecchiatura diagnostica ad una attività di pubblico interesse disciplinata dalla normativa nazionale o comunitaria. Manca infatti una disciplina nazionale o comunitaria che disciplini o condizioni le scelte imprenditoriali di un soggetto privato riguardo alle modalità di commercializzazione di un prodotto medicale, trattandosi di una attività riservata alle insindacabili valutazioni del management societario ovvero alle scelte di politica industriale anch’esse incensurabili del soggetto titolare del marchio o del brevetto, non potendo ravvisarsi, nei confronti di un soggetto privato, un obbligo giuridico di commercializzare un prodotto o un macchinario, financo ove possa ritenersi provata la sua positiva efficacia sulla salute umana La mancanza del suindicato requisito normativo nella fattispecie oggetto della originaria domanda ostensiva rende già di per sé accoglibile l’appello in esame. La questione dirimente, pertanto, nella prospettiva della infondatezza della istanza ostensiva, risulta quella della carenza di una disciplina normativa che regolamenti la specifica attività di commercializzazione del bioscanner laddove non appare al contrario insussistente, come non condivisibilmente sostenuto dal Tar, il requisito dell’interesse pubblico sotteso alla più ampia divulgazione possibile dell’apparato medicale di che trattasi, e ciò sia perché, sul piano oggettivo, si tratta di una strumentazione medica almeno potenzialmente rafforzativa delle possibilità di tutelare il diritto alla salute dei consumatori, in considerazione delle sue significative risposte sul piano della diagnosi precoce di alcune patologie, sia perché, sul piano soggettivo, il controllo di fatto e di diritto che lo Stato esercita, in forza della quota azionaria di riferimento ma anche in virtù dei poteri speciali di cui risulta titolare d.p.c.m. 28 settembre 1999, attuativo dell’art. 2 del D.L.31 maggio 1994 n. 241 conferiscono all’attività dell’ente privato una rilevanza pubblicistica che difficilmente potrebbe negarsi. 7.- In questo senso ed alla luce del rilievo appena svolto deve essere in parte rettificata la motivazione posta a corredo della sentenza di primo grado quanto alla affermata insussistenza, già in linea di principio, di un interesse pubblico sotteso alla vicenda di che trattasi. 8.- Oltre alla assenza di una attività presa in specifica considerazione dalla normativa nazionale o comunitaria, un’ltra ragione a sostegno della non accoglibilità della originaria istanza ostensiva il Collegio inoltre ravvisa con riguardo al carattere estremamente generico della richiesta di documenti formulata a suo tempo dalle odierne associazioni appellanti. Tenuto conto del suo specifico contenuto, dianzi pedissequamente riportato, la pretesa ostensiva in esame risulta avere una inammissibile natura ‘esplorativa’, in contrasto con l’art. 24, comma 3, della legge 7 agosto 1990 n. 241, che vieta espressamente domande di accesso tese ad esercitare un sindacato generalizzato sulla attività delle pubbliche amministrazioni e a fortiori su quella dei soggetti privati la domanda di accesso, infatti, non appare rivolta alla acquisizione di specifici documenti, bensì risulta funzionale ad ottenere informazioni non accessibili con lo strumento giuridico in esame sul grado di diffusione di un dispositivo medico, per come e nella misura in cui le stesse possano indirettamente desumersi dalla carenza o dalla scarsità di documentazione di una certa natura relativa essenzialmente a domande partecipative a commesse pubbliche di forniture di strumentazioni biomedicali eventualmente riscontrata, all’esito dell’accesso, presso il destinatario della richiesta di accesso. 9.- L’appello in definitiva va respinto, con consequenziale conferma, sia pur con motivazione parzialmente diversa, della sentenza impugnata. Le spese di lite possono essere compensate tra le parti, ricorrendo giusti motivi. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Sesta definitivamente pronunciando sull'appello RG n,1671/12 , come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.