No alla pensione con la prosecuzione del lavoro a tempo parziale per i dirigenti medici

Ai dirigenti, contrariamente agli altri dipendenti della pubblica amministrazione, è preclusa la possibilità di andare in pensione, ma continuare a lavorare part-time, per il medesimo ente. Tanto più a coloro i quali operano nel settore sanitario.

Il Collegio, nella motivazione della sentenza n. 256/2012 depositata il 19 gennaio , convalida la sentenza di primo grado, nella parte in cui è stato affermato dal giudice di primo grado, che la disposizione contenuta nell’art. 1, comma 185, legge n. 662/1966, sebbene estesa ai dipendenti pubblici dal successivo comma 187 previa l’adozione di apposito Regolamento poi emanato con D.M. n. 331/1997 del Ministro per la funzione pubblica di concerto con il Ministro del tesoro , non poteva essere applicata, in assenza di specifiche norme regolatorie, anche ai dirigenti pubblici e nella fattispecie ai dirigenti medici , in considerazione della particolare natura delle funzioni dirigenziali e della loro rilevanza ai fini del corretto funzionamento degli uffici e dei servizi pubblici. Part time limitato per i dirigenti. La Sezione, infatti, ricorda che, proprio per tali ragioni, in un primo periodo si era ritenuto che l’istituto del tempo parziale art. 7 legge n. 554/1988 , non potesse trovare applicazione in favore della dirigenza pubblica. E con riferimento alla dirigenza medica si era affermato che la stessa posizione dirigenziale in cui sono inseriti i medici dipendenti al Servizio sanitario nazionale preclude in via di principio l’applicazione del tempo parziale Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 4697/2003 . Solo successivamente si è ritenuto di poter estendere l’istituto del tempo parziale anche in favore dei dirigenti pubblici, con disposizioni anche a carattere pattizio che ne hanno stabilito i limiti e le modalità applicative, in modo da poter soddisfare le esigenze anche del personale dirigente senza peraltro determinare un pregiudizio per il funzionamento della pubblica amministrazione. Le restrizioni per i dirigenti medici. Per quanto riguarda, in particolare, la dirigenza medica sanitaria, come osservato in memoria dalla resistente Azienda sanitaria, il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per il quadriennio 1998-2001 dell’area relativa alla dirigenza medica e veterinaria del Servizio Sanitario Nazionale parte normativa 1998-2001 e parte economica biennio 1998-1999 , sottoscritto in data 8 giugno 2000, al comma 1 dell’art. 64 Norma programmatica ha affermato che le parti, pur prendendo atto che nell’art. 20, comma 1, punto 18 bis , della legge 488/1999, l’istituto del part–time non è consentito ai dirigenti sanitari, concordano sulla necessità ed urgenza di affrontare il problema dell’utilizzazione di tale istituto esclusivamente in quei casi in cui risulti comprovata una particolare esigenza familiare o sociale e fermo rimanendo il rapporto di lavoro esclusivo, con sospensione provvisoria della eventuale libera professione intramuraria svolta . In attuazione di quanto previsto da tale disposizione, sottolinea il Collegio, con il successivo Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro integrativo del CCNL dell'8 giugno 2000, sottoscritto il 22 febbraio 2001, è stato quindi regolamentato l'accesso al part time definito regime di impegno ridotto” dei dirigenti con comprovate esigenze familiari o sociali, e sono stati stabiliti, agli articoli 2 e 3, i requisiti ed i limiti, anche numerici, per l’accesso al regime di impegno ridotto, nonché le modalità per la presentazione delle richieste e per la loro valutazione. In sostanza, per la dirigenza medica sanitaria non solo non si poteva applicare la disciplina generale sul lavoro a tempo parziale dettata dai commi 57 e seguenti legge n. 662/1996, ma nemmeno si poteva applicare la disposizione particolare, contenuta nel successivo comma 185 ed invocata dall’appellante , che prevedeva, a determinate condizioni, al fine di incentivare l’assunzione di nuovo personale, il collocamento in pensione con la prosecuzione del rapporto di lavoro a tempo parziale.

Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 25 novembre 2011 – 19 gennaio 2012, n. 256 Presidente Lignani – Relatore D'Alessio Fatto e diritto 1.- Il dr. L. B., all’epoca coadiutore sanitario in servizio presso l'U.S.S.L. n. 13 di Mirano e di Dolo Venezia , aveva richiesto di poter beneficiare del trattamento di pensione di anzianità al raggiungimento dei requisiti contemplati dalla legge n. 335 dell’8 agosto 1995, e di proseguire il servizio con rapporto di lavoro tempo parziale 19 ore settimanali , come previsto dall'art. 1, comma 185 e seguenti, della legge 23 dicembre 1996 n. 662. Con nota del 3 novembre 1997 il Dirigente del personale dell'U.S.S.L. n. 13 comunicava al dr. B. che la sua richiesta di beneficiare del trattamento di pensione di anzianità dal 16 ottobre 1997 , e contemporaneamente di proseguire il servizio con rapporto di lavoro a tempo parziale, non poteva essere accolta. 2.- Il dr. B. impugnava tale nota davanti al T.A.R. per il Veneto e proponeva poi motivi aggiunti avverso la successiva nota, in data 22 dicembre 1997, con la quale il Dirigente del personale dell'U.S.S.L. n. 13 confermava che non poteva essergli concesso il rapporto di lavoro part-time in quanto, quale dirigente, non rientrava tra le categorie di dipendenti alle quali le disposizioni vigenti consentono tale rapporto, così come indicato nella Circolare I.N.P.D.A.P. n. 61 dd. 27 novembre 1997 . 3.- Il T.A.R. per il Veneto, dopo aver rilevato che al ricorrente era stata liquidata la richiesta pensione, con la conseguenza che il thema decidendum doveva ritenersi oramai circoscritto alla questione della proseguibilità, o meno, del rapporto di impiego a tempo parziale, ha respinto il ricorso ritenendo che i dirigenti non fossero ricompresi nelle categorie di personale alle quali all’epoca era consentita la prosecuzione del rapporto di lavoro a tempo parziale. Il T.A.R., al riguardo, ha affermato che, se è vero che l’art. 1.185 della legge n. 662/96 testualmente riferisce la facoltà di proseguire il rapporto di lavoro a tempo parziale contestualmente al pensionamento sulla base dei requisiti di cui alla tabella B allegata alla L. 8.8.95 n. 335, ai ‘lavoratori’, senza prevedere alcuna esclusione” tuttavia occorre avere riguardo alla circostanza - di fatto e di diritto - che la categoria dei dirigenti sia privati che pubblici viene disciplinata, nel nostro ordinamento, in maniera affatto particolare” e, nella fattispecie, il legislatore se avesse voluto estendere tale facoltà anche ai dirigenti l’avrebbe certamente esplicitato. Inoltre anche talune espressioni utilizzate nelle stesse norme invocate art. 1, commi 185-187, della legge n. 662/96 fanno ritenere applicabili le relative disposizioni ai lavoratori subordinati in genere ma non anche ai dirigenti. 4.- Il dr. B. ha appellato l’indicata sentenza ritenendola erronea e sostenendo che non vi fosse ragione di escludere la categoria dei dirigenti, e tantomeno dei dirigenti sanitari, dall’applicazione della legge n. 662 del 1996 e, in particolare, del comma 185. Quest’ultimo dovrebbe ritenersi esteso anche al personale delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993 n. 29” e quindi a tutte le categorie di dipendenti pubblici con contratti di lavoro privatistico. 5.- L’appello deve essere tuttavia respinto. Come è stato affermato dal giudice di primo grado, la disposizione contenuta nell’art. 1, comma 185, della legge n. 662 del 23 dicembre 1966, sebbene estesa ai dipendenti pubblici dal successivo comma 187 previa l’adozione di apposito Regolamento poi emanato con D.M. 29 luglio 1997, n. 331 del Ministro per la funzione pubblica di concerto con il Ministro del tesoro , non poteva essere applicata, in assenza di specifiche norme regolatorie, anche ai dirigenti pubblici e nella fattispecie ai dirigenti medici , in considerazione della particolare natura delle funzioni dirigenziali e della loro rilevanza ai fini del corretto funzionamento degli uffici e dei servizi pubblici. Si deve infatti ricordare che, proprio per tali ragioni, in un primo periodo si era ritenuto che l’istituto del tempo parziale o part time , introdotto nel sistema del pubblico impiego dall'art. 7 della legge 29 dicembre 1988, n. 554, non potesse trovare applicazione in favore della dirigenza pubblica. E con riferimento alla dirigenza medica si era affermato che la stessa posizione dirigenziale in cui sono inseriti i medici dipendenti al Servizio sanitario nazionale preclude in via di principio l’applicazione del tempo parziale Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 1367 del 12 marzo 2001, n. 4697 del 21 agosto 2003 . Solo successivamente si è ritenuto di poter estendere l’istituto del tempo parziale anche in favore dei dirigenti pubblici, con disposizioni anche a carattere pattizio che ne hanno stabilito i limiti e le modalità applicative, in modo da poter soddisfare le esigenze anche del personale dirigente senza peraltro determinare un pregiudizio per il funzionamento della pubblica amministrazione. 6.- Per quanto riguarda, in particolare, la dirigenza medica sanitaria, come osservato in memoria dalla resistente Azienda sanitaria, il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per il quadriennio 1998-2001 dell’area relativa alla dirigenza medica e veterinaria del Servizio Sanitario Nazionale parte normativa 1998-2001 e parte economica biennio 1998-1999 , sottoscritto in data 8 giugno 2000, al comma 1 dell’art. 64 Norma programmatica ha affermato che le parti, pur prendendo atto che nell’art. 20, comma 1, punto 18 bis, della legge 488/1999, l’istituto del part–time non è consentito ai dirigenti sanitari, concordano sulla necessità ed urgenza di affrontare il problema dell’utilizzazione di tale istituto esclusivamente in quei casi in cui risulti comprovata una particolare esigenza familiare o sociale e fermo rimanendo il rapporto di lavoro esclusivo, con sospensione provvisoria della eventuale libera professione intramuraria svolta”. In attuazione di quanto previsto da tale disposizione, con il successivo Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro integrativo del CCNL dell'8 giugno 2000, sottoscritto il 22 febbraio 2001, è stato quindi regolamentato l'accesso al part time definito regime di impegno ridotto” dei dirigenti con comprovate esigenze familiari o sociali, e sono stati stabiliti, agli articoli 2 e 3, i requisiti ed i limiti, anche numerici, per l’accesso al regime di impegno ridotto, nonché le modalità per la presentazione delle richieste e per la loro valutazione. 7.- Per le ragioni esposte alla dirigenza medica sanitaria non solo non si poteva applicare la disciplina generale sul lavoro a tempo parziale dettata dai commi 57 e seguenti della legge n. 662 del 1996 come peraltro confermato da copiosa giurisprudenza citata dalla Azienda resistente ma nemmeno si poteva applicare la disposizione particolare, contenuta nel successivo comma 185 ed invocata dall’appellante , che prevedeva, a determinate condizioni, al fine di incentivare l’assunzione di nuovo personale, il collocamento in pensione con la prosecuzione del rapporto di lavoro a tempo parziale. 8.- In conclusione l’appello deve essere respinto. Si ritiene di poter disporre comunque la compensazione integrale fra le parti delle spese e competenze di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Dispone la compensazione integrale fra le parti delle spese e competenze di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.