L’iscrizione di una strada nell’elenco delle pubbliche vie non ha natura costitutiva

L’assoggettamento a uso pubblico di una strada privata può derivare anche da un prolungato uso da parte della collettività irrilevante l’inclusione nell’elenco delle vie pubbliche, che è atto con funzione dichiarativa superabile dalla prova contraria.

Il Comune contende ad un condominio la proprietà di una strada. Tuttavia, l'iscrizione di una strada nell'elenco delle vie pubbliche o gravate da uso pubblico non ha natura costitutiva e portata assoluta, ma riveste funzione puramente dichiarativa della pretesa del Comune, ponendo una semplice presunzione di pubblicità dell'uso, superabile con la prova contraria della natura della strada e dell'inesistenza di un diritto di godimento da parte della collettività Cass. civ., sez. un., n. 1624/2010 Cons. Stato, V, n. 7081/2006 . Per il cambio di destinazione di una via serve un prolungato uso pubblico da parte della collettività. La giurisprudenza ha ritenuto che l’assoggettamento a uso pubblico di una strada privata può derivare, oltre che dalla volontà del proprietario e dal mutamento della situazione dei luoghi, della strada nella rete viaria cittadina, anche da un immemorabile uso pubblico, inteso come comportamento della collettività contrassegnato dalla convinzione - pur essa palesata da una situazione dei luoghi che non consente di distinguere la strada in questione da una qualsiasi altra strada della rete viaria pubblica - di esercitare il diritto di uso della strada Consiglio Stato, sez. V, 9 giugno 2008 , n. 2864 . Non basta l’inclusione nell’elenco delle vie pubbliche, da parte del Comune. Nel caso di specie, l’inclusione della strada nell’elenco delle vie pubbliche è avvenuta con due provvedimenti richiamati dal Comune delibera di consiglio comunale n. 314 del 1966 e delibera di giunta comunale n. 1257 del 1997 . In entrambi i provvedimenti, tuttavia, osserva la sezione, risulta che il tratto di via caratterizzato dall’uso pubblico è solo quello iniziale per una lunghezza di metri 90 inferiore alla complessiva lunghezza della strada se si include il piazzale controverso anche nella seconda delibera il riferimento al tratto da altra via non comunicante” significa solamente che la via non conduce ad altra strada pubblica, ma non che l’intera area sia assoggetta ad uso pubblico. Già il Tar Campania, in primo grado, dall'esame delle tavole allegate ai provvedimenti comunali, aveva rilevato come le stesse evidenziassero in rosso la sola parte iniziale della via e, mentre per altre vie è evidenziato solo il nome, in questo caso si tratta di una evidenziatura uniforme che si arresta prima del piazzale, a conferma della non inclusione dello stesso nell’uso pubblico. L’iscrizione non ha effetti costitutivi. Non assume, quindi, rilievo una successiva elencazione delle strade, avvenuta con delibera di giunta n. 3254/2001 in cui la strada controversa è citata per una maggiore lunghezza di 130 metri , perché successiva all’adozione degli atti qui impugnati e perché, come già detto, tale inclusione non sarebbe comunque risolutiva del problema, costituendo solo un indice ai fini dell’accertamento della natura pubblica della via senza quindi alcun effetto costitutivo.

Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2 dicembre 2011 – 10 gennaio 2012, n. 43 Presidente Caracciolo – Estensore Chieppa Fatto e diritto 1. Con sentenza n. 12978/2003 il Tar per la Campania ha accolto il ricorso proposto da alcuni proprietari di appartamenti siti in Napoli nel parco Ottieni avverso due ordinanze del Sindaco del comune di Napoli nella parte in cui è stato disposto in via Ugo Ricci il divieto di sosta e l’istituzione di un parcheggio pubblico nell’adiacente piazzale. Il comune di Napoli ha proposto ricorso in appello avverso tale sentenza per i motivi che saranno di seguito esaminati. Alcuni ricorrenti di primo grado si sono costituiti in giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso e riproponendo i motivi assorbiti in primo grado. All’odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione. 2. L’oggetto del presente giudizio è costituito dalla verifica della legittimità di due ordinanze sindacali, adottati sul presupposto dell’uso pubblico dell’intero tratto di via Ugo Ricci in Napoli, compreso il relativo piazzale. Il giudice di primo grado ha annullato le ordinanze, con cui era stata disposta l’istituzione di un parcheggio ad uso pubblico con divieto di sosta nell’area non destinata a parcheggio, rilevando che a via Ugo Ricci è stata classificata come strada privata ad uso pubblico per la lunghezza di metri 90 b il predetto uso pubblico non è esteso al piazzale adiacente, dove è stato istituito il parcheggio e che era invece sottratto al potere regolamentare comunale. Il Comune appellante contesta tale statuizione, deducendo il difetto di legittimazione ad agire dei ricorrenti di primo grado e sostenendo che la strada in questione non è privata, ma pubblica e che comunque l’uso pubblico riguarda anche il piazzale dove la via confluisce. Con riferimento al difetto di legittimazione ad agire, si rileva che i ricorrenti assumono di essere proprietari dell’area circostanza vera, come illustrato in seguito e ciò è sufficiente a radicare la legittimazione a contrastare i provvedimenti comunali che limitano l’utilizzo del loro bene, sussistendo anche l’interesse attuale ad ottenere l’annullamento di detti provvedimenti, limitativi della propria sfera giuridica. 3. L’appellante collega il profilo della legittimazione all’ulteriore motivo, con cui sostiene che la proprietà della strada è pubblica. Al riguardo, in primo luogo si rileva come l’accertamento sulla natura pubblica o privata di una strada o sull’uso pubblico della stessa può avvenire incidentalmente nell’ambito di un giudizio amministrativo, quale quello di specie, in cui tale elemento costituisce il presupposto per l’adozione di provvedimenti amministrativi in contestazione. Il Comune fa riferimento a un impegno a cedere l’area all’amministrazione, assunto dai dante causa dei ricorrenti nel 1963 e accettato dal Comune nel 1964. Si osserva che i ricorrenti di primo grado hanno provato la proprietà dell’area, attraverso gli atti di acquisto dell’immobile, comprensivi delle parti condominiali e della quota del viale di accesso, mentre il Comune non ha dimostrato che l’impegno a cedere l’area, assunto da altri soggetti nel 1963, si sia poi perfezionati con atti di compravendita anzi tale perfezionamento è escluso dalla nota del 18.5.1989, citata in seguito . Deve, quindi, ritenersi accertata incidentalmente la proprietà privata dell’area. 4. La proprietà privata dell’area non esclude l’uso pubblico della stessa. In ordine all’uso pubblico, va premesso che l'iscrizione di una strada nell'elenco delle vie pubbliche o gravate da uso pubblico non ha natura costitutiva e portata assoluta, ma riveste funzione puramente dichiarativa della pretesa del Comune, ponendo una semplice presunzione di pubblicità dell'uso, superabile con la prova contraria della natura della strada e dell'inesistenza di un diritto di godimento da parte della collettività Cass. civ., sez. un., n. 1624/2010 Cons. Stato, V, n. 7081/2006 . La giurisprudenza ha ritenuto che l’assoggettamento a uso pubblico di una strada privata, può derivare, oltre che dalla volontà del proprietario e dal mutamento della situazione dei luoghi, della strada nella rete viaria cittadina, anche da un immemorabile uso pubblico, inteso come comportamento della collettività contrassegnato dalla convinzione - pur essa palesata da una situazione dei luoghi che non consente di distinguere la strada in questione da una qualsiasi altra strada della rete viaria pubblica - di esercitare il diritto di uso della strada Consiglio Stato, sez. V, 9 giugno 2008 , n. 2864 . Nel caso di specie, l’inclusione della strada nell’elenco delle vie pubbliche è avvenuta con i due provvedimenti richiamati dal Comune delibera di consiglio comunale n. 314 del 1966 e delibera di giunta comunale n. 1257 del 1997 . In entrambi i provvedimenti risulta che il tratto di via Ugo Ricci caratterizzato dall’uso pubblico è solo quello iniziale per una lunghezza di metri 90 inferiore alla complessiva lunghezza della strada se si include il piazzale in questione anche nella seconda delibera il riferimento al tratto da via S. Stefano a non comunicante” significa solamente che la via non conduce ad altra strada pubblica, ma non che l’intera area sia assoggetta ad uso pubblico. Come rilevato dal Tar, le tavole allegate alla delibera del 1997, evidenziano in rosso la sola parte iniziale della via e, mentre per altre vie è evidenziato solo il nome, in questo caso si tratta di una evidenziatura uniforme che si arresta prima del piazzale, a conferma della non inclusione dello stesso nell’uso pubblico. Del resto, ogni dubbio è chiarito dalla nota del 18.5.1989 del dirigente di settore del comune, vistata dal Capo servizio, in cui si comunica che, a seguito di indagini e sopralluoghi sulla situazione di via Ugo Ricci, è risultato che l’acquisizione dell’area da parte del Comune, disposta nel 1964, non è stata mai perfezionata ciò conferma quanto detto al punto precedente e che la classificazione come strada è stata limitata a 90 metri a partire da via S. Stefano, mentre la restante parte non ha le caratteristiche di una strada, non consentendo il transito tra strade comunali e non è caratterizzata dall’uso pubblico, dovendo porsi le spese manutentive e le conseguenti responsabilità ad esclusivo carico dei condomini, che usufruiscono in tutto degli spazi liberi a loro disposizione. Tale documento è decisivo per negare la validità alle tesi del Comune e per escludere che la parte del piazzale sia caratterizzata da un uso pubblico, essendo invece emerso che si tratta di un’area già asservita al condominio e priva di vocazione al pubblico passaggio. Non assume, infine, rilievo una successiva elencazione delle strade, avvenuta con delibera di giunta n. 3254/2001 in cui via Ugo Ricci è citata per una maggiore lunghezza di 130 metri , perché successiva all’adozione degli atti qui impugnati e perché, come già detto, tale inclusione non sarebbe comunque risolutiva del problema, costituendo solo un indice ai fini dell’accertamento della natura pubblica della via, che la appena menzionata nota esclude. Va, quindi, confermato l’annullamento delle impugnate ordinanze, disposto dal Tar, senza necessità di procedere all’esame dei motivi assorbiti in primo grado e riproposti in appello. 5. In conclusione il ricorso in appello deve essere respinto. Alla soccombenza del Comune seguono le spese del presente grado di giudizio nella misura indicata in dispositivo, mentre devono essere compensate le spese con le parti intervenute in giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta , respinge il ricorso in appello indicato in epigrafe. Condanna il Comune di Napoli alla rifusione, in favore delle parti appellate costituite, delle spese di giudizio, liquidate nella complessiva somma di Euro 8.000,00, oltre Iva e C.P., compensando le spese con le parti intervenute in giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.