Nessuna scusa e nessun impedimento, ai ricoverati devono essere garantiti i pasti

L'impresa che partecipa alla gara per il servizio di mensa, deve essere in grado di dimostrare che, in caso di emergenza, altro soggetto - regolarmente autorizzato - provvede in sua vece.

Un centro di cottura per garantire sempre il servizio. Se fra le condizioni di partecipazione alla gara, prescritte dal bando, vi era la disponibilità a titolo di proprietà, ovvero per avvalimento o convenzione, di un centro di cottura, da utilizzare in caso di emergenze, ubicato a non più di 50 km dalla città di Foggia, dotato, al momento dell’offerta, di autorizzazione sanitaria intestata alla ditta concorrente, ausiliaria o convenzionata, nei termini specificati dall’art. 16 del disciplinare tecnico, e che, tramite il predetto centro di cottura, doveva essere assicurata l’erogazione del servizio senza soluzione di continuità, anche a fronte di impedimenti di qualsiasi natura , mediante automezzi idonei per la veicolazione di pasti, già dotati di autorizzazione sanitaria , già la Sezione VI aveva affermato che doveva ritenersi legittima l’esclusione dalla gara dell’impresa che come le odierne appellanti vi aveva partecipato senza possedere tale fondamentale requisito. Perché tale requisito poteva dirsi soddisfatto solo se il centro di cottura di emergenza indicato risultasse in possesso dell’autorizzazione sanitaria per svolgere il tipo di servizio richiesto. Bisogna tutelare anche la salute dei consumatori. In particolare, la Sezione VI, sul punto, aveva chiarito che ogni autorizzazione anche identificabile in base a DIA, nel sistema introdotto con il d.lgs. n. 193 del 2007 deve riferirsi ad attività specifiche, in rapporto alle quali sussistono precise regolamentazioni, a tutela della salute dei consumatori, con la conseguenza che la preparazione di pasti da asporto , ovvero preparati e confezionati con determinate modalità e cautele, necessitava di specifica autorizzazione. Risulta del resto evidente, aveva aggiunto la Sezione VI, la diversa configurazione di un servizio di ristorazione in loco , rispetto a quello cosiddetto da asporto , quando riferito in particolare, come nel caso di specie, a grandi strutture richiedenti determinate tipologie di pasti, confezionati in modo idoneo e igienico per il trasporto. Nel caso in esame, considerato che se si fosse verificata l’impossibilità di utilizzare il centro di cottura interno agli Ospedali Riuniti di Foggia, l’impresa aggiudicataria avrebbe dovuto assicurare - attraverso un centro di cottura esterno - la continuità del servizio, risultava evidente che la preparazione di centinaia di pasti aggiuntivi, da confezionare senza rischi di contaminazione, per la rapida consegna in orari stabiliti, avrebbe comportato per un esercizio, definito come bar-ristorante-pizzeria”, non un semplice incremento del lavoro ordinario, ma l’introduzione di un diverso ramo di attività, disciplinato con regole proprie e richiedente, pertanto, apposito titolo autorizzativo o nuova denuncia di attività . Dov’è l'autorizzazione sanitaria? Considerato che il Ristorante Villa d’Este”, che era stato indicato dall’ATI appellante come centro di cottura da utilizzare in caso di emergenze, non era in possesso anche della autorizzazione sanitaria per svolgere il servizio di preparazione di pasti da asporto, deve ritenersi quindi legittimo il provvedimento di esclusione dalla gara adottato dall’amministrazione resistente a seguito dell’accertata mancanza di un requisito essenziale per la partecipazione alla gara. Il punto 3.3 lett. m del disciplinare di gara prevedeva infatti la disponibilità di un centro di cottura dotato di autorizzazione sanitaria e tale autorizzazione, tenuto conto della tipologia del servizio richiesto, non poteva che riguardare la preparazione di pasti da asporto. Senza autorizzazione sanitaria non c’è garanzia. Con la conseguenza che mancando tale autorizzazione l'impresa partecipante alla gara non poteva garantire il servizio richiesto nel caso di una indisponibilità, seppure temporanea, delle cucine messe a disposizione dalla stessa Azienda Ospedaliera. Né, del resto - osserva ancora il Collegio - poteva giovare all’appellante la dichiarazione d’inizio dell’attività presentata, in data 22 aprile 2008, per poter svolgere anche l’attività di preparazione di pasti veicolati nella struttura indicata, posto che tale denuncia era stata respinta, il 16 agosto 2008 dalla ASL di Foggia in quanto la struttura non presentava i requisiti igienico-sanitari previsti dal regolamento CEE 8502/04 e dal d.p.r. n. 327/1980.

Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 25 novembre 2011 – 4 gennaio 2012, n. 3 Presidente Lignani – Relatore D'Alessio Fatto e diritto 1. La costituenda associazione temporanea di imprese, formata dalla Gemeaz Cusin S.p.A., Brin Mense Gestioni Ristorazione Collettiva S.r.l. e Scapa Italia S.p.A. di seguito ATI Gemeaz aveva partecipato alla gara per l'affidamento quinquennale del servizio di ristorazione dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Ospedali Riuniti di Foggia” di seguito Azienda Ospedaliera , classificandosi al secondo posto della graduatoria di merito dietro la società Dussmann. Sia la società Dussmann che l’ATI Gemeaz erano state tuttavia escluse dalla procedura di gara come da verbale n. 11 del 6 maggio 2010 . L’esclusione della ATI Gemeaz, in particolare, era stata determinata dalla circostanza che il Ristorante Villa d’Este”, che era stato indicato dalla ATI come centro di cottura da utilizzare in caso di emergenze e la cui disponibilità doveva essere assicurata dall'offerente, a norma del punto 3.3, lettera M , del disciplinare di gara, non era risultato in possesso dell’autorizzazione sanitaria per la preparazione di pasti veicolati ossia destinati ad essere confezionati e trasportati per essere consumati caldi altrove . 2.- L’ATI Gemeaz aveva impugnato l’esclusione nella parte in cui era stata disposta l’incameramento della cauzione provvisoria, con la segnalazione del fatto all'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, ma il T.A.R. per la Puglia, Sede di Bari, con sentenza della Sezione I, n. 677 del 3 maggio 2011 ha dichiarato il ricorso inammissibile. Secondo il T.A.R., infatti, l’ATI Gemeaz si era astenuta dall'impugnare l’esclusione dalla gara, essendosi limitata a chiedere l'annullamento dell'escussione della cauzione provvisoria e la segnalazione all'Autorità di vigilanza, senza considerare che tali misure, rappresentano una diretta e automatica conseguenza del provvedimento di esclusione, con la conseguenza che le argomentazioni che dovevano essere rivolte contro l'esclusione non potevano essere esaminate perché dirette esclusivamente contro atti meramente consequenziali. Il T.A.R. ha peraltro aggiunto che, nel merito, le censure sollevate dalla ATI Gemeaz riguardanti la mancata disponibilità del centro cottura dotato dei necessari requisiti erano state già ritenute infondate, in primo e secondo grado, nell’analogo ricorso proposto, nella medesima procedura, dalla società Dussmann originaria aggiudicataria provvisoria , respinto con sentenza della Sezione I del T.A.R. di Bari, n. 1943 del 22 luglio 2009, confermata dal Consiglio di Stato, Sezione VI, con decisione n. 1140 del 26 febbraio 2010. 3.- L’ATI Gemeaz ha ora appellato la sentenza del T.A.R. di Bari, Sezione I, n. 677 del 3 maggio 2011 ritenendola erronea per diversi profili, anche alla luce della decisione, n. 26 del 5 aprile 2011, con la quale l’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici AVCP ha disposto l’archiviazione degli atti del procedimento avviato a seguito dell’esclusione delle appellanti dalla gara in questione, con l’invito alla stazione appaltante alla restituzione della cauzione precedentemente escussa. 4.- L’appello deve essere però respinto. Si può prescindere dalla questione riguardante l’interesse ad impugnare l’esclusione da una gara per i soli profili riguardanti l’escussione della cauzione provvisoria e la segnalazione dell’esclusione alla l’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici disposte ai sensi dell’art. 48, comma 1 del Codice dei Contratti , in considerazione della evidente infondatezza nel merito del ricorso. Questa Sezione condivide, infatti, le conclusioni alle quali è giunta nel merito della vicenda la Sezione VI che, con la sentenza, n. 1140 del 26 febbraio 2010, ha respinto il distinto ricorso che era stato proposto dalla società Dussmann, originaria aggiudicataria provvisoria, esclusa dalla medesima gara per gli stessi motivi che hanno determinato l’esclusione delle attuali appellanti. Dopo aver ricordato che fra le condizioni di partecipazione alla gara, prescritte dal bando, vi era la disponibilità a titolo di proprietà, ovvero per avvalimento o convenzione, di un centro di cottura, da utilizzare in caso di emergenze, ubicato a non più di 50 km. dalla città di Foggia, dotato, al momento dell’offerta, di autorizzazione sanitaria intestata alla ditta concorrente, ausiliaria o convenzionata, nei termini specificati dall’art. 16 del disciplinare tecnico, e che, tramite il predetto centro di cottura, doveva essere assicurata l’erogazione del servizio senza soluzione di continuità, anche a fronte di impedimenti di qualsiasi natura”, mediante automezzi idonei per la veicolazione di pasti, già dotati di autorizzazione sanitaria”, la Sezione VI ha affermato che doveva ritenersi legittima l’esclusione dalla gara dell’impresa che come le odierne appellanti vi aveva partecipato senza possedere tale fondamentale requisito. 4.1.- E tale requisito poteva dirsi soddisfatto solo se il centro di cottura di emergenza indicato risultasse in possesso dell’autorizzazione sanitaria per svolgere il tipo di servizio richiesto. In particolare, la Sezione VI, sul punto, ha chiarito che ogni autorizzazione anche identificabile in base a DIA, nel sistema introdotto con il d.lgs. n. 193 del 2007 deve riferirsi ad attività specifiche, in rapporto alle quali sussistono precise regolamentazioni, a tutela della salute dei consumatori, con la conseguenza che la preparazione di pasti da asporto”, ovvero preparati e confezionati con determinate modalità e cautele, necessitava di specifica autorizzazione. Risulta del resto evidente, ha aggiunto la Sezione VI, la diversa configurazione di un servizio di ristorazione in loco”, rispetto a quello cosiddetto da asporto”, quando riferito in particolare, come nel caso di specie, a grandi strutture richiedenti determinate tipologie di pasti, confezionati in modo idoneo e igienico per il trasporto. Nel caso in esame, considerato che se si fosse verificata l’impossibilità di utilizzare il centro di cottura interno agli Ospedali Riuniti di Foggia, l’impresa aggiudicataria avrebbe dovuto assicurare - attraverso un centro di cottura esterno - la continuità del servizio, risultava evidente che la preparazione di centinaia di pasti aggiuntivi, da confezionare senza rischi di contaminazione, per la rapida consegna in orari stabiliti, avrebbe comportato per un esercizio, definito come bar-ristorante-pizzeria”, non un semplice incremento del lavoro ordinario, ma l’introduzione di un diverso ramo di attività, disciplinato con regole proprie e richiedente, pertanto, apposito titolo autorizzativo o nuova denuncia di attività”. 5.- Considerato che il Ristorante Villa d’Este”, che era stato indicato dall’ATI appellante come centro di cottura da utilizzare in caso di emergenze, non era in possesso anche della autorizzazione sanitaria per svolgere il servizio di preparazione di pasti da asporto, deve ritenersi quindi legittimo il provvedimento di esclusione dalla gara adottato dall’amministrazione resistente a seguito dell’accertata mancanza di un requisito essenziale per la partecipazione alla gara. Il punto 3.3 lett. m del disciplinare di gara prevedeva infatti la disponibilità di un centro di cottura dotato di autorizzazione sanitaria e tale autorizzazione, tenuto conto della tipologia del servizio richiesto, non poteva che riguardare la preparazione di pasti da asporto. Con la conseguenza che mancando tale autorizzazione l’ATI Gemeaz non poteva garantire il servizio richiesto nel caso di una indisponibilità, seppure temporanea, delle cucine messe a disposizione dalla stessa Azienda Ospedaliera. 5.1.- Né poteva giovare all’appellante la dichiarazione d’inizio dell’attività presentata, in data 22 aprile 2008, per poter svolgere anche l’attività di preparazione di pasti veicolati nella struttura indicata, posto che tale denuncia era stata respinta, il 16 agosto 2008 dalla ASL di Foggia in quanto la struttura non presentava i requisiti igienico-sanitari previsti dal regolamento CEE 8502/04 e dal d.p.r. n. 327 del 1980. 6.- Ciò chiarito non possono essere condivise le diverse conclusioni alle quali è giunta sul punto, sebbene in procedimento conseguente ma autonomo , l’Autorità di vigilanza, con la citata decisione n. 26 del 5 aprile 2011. 7.- L’esclusione della gara per l’accertata mancanza di uno dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa determina poi, ai sensi dell’art. 48, comma 1, del Codice dei Contratti, l’escussione della cauzione provvisoria prestata e la segnalazione del fatto all’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici per i provvedimenti di cui all’art. 6, comma 11 dello stesso Codice. Infatti, anche a volere ammettere la non automaticità della misura dell’incameramento della cauzione in seguito ad un provvedimento di esclusione da una gara, la stessa non può essere comunque esclusa quando, come nella fattispecie, risulti accertata la carenza, sul piano sostanziale, dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa che l’impresa avrebbe dovuto possedere per partecipare alla gara. Ferma restando l’autonomia della Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici nella determinazione delle ulteriori conseguenze della esclusione, anche a carattere sanzionatorio. Conseguenze che, come si è detto, nella fattispecie, sono state escluse con la citata decisione n. 26 del 5 aprile 2011. 8.- In conclusione, in parziale modifica della sentenza appellata, il ricorso sollevato dalla ATI Gemeaz avverso l’esclusione dalla gara in questione con incameramento della cauzione provvisoria e segnalazione del fatto all'Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici, va dichiarato ammissibile, ma nel merito va respinto. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, fermo quanto disposto dal T.A.R. per le spese del primo grado. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, in parziale modifica della sentenza appellata, ritenuta l’ammissibilità del ricorso proposto in primo grado, respinge il ricorso stesso. Condanna le appellanti al pagamento di € 5.000 cinquemila in favore della Azienda Ospedaliero Universitaria resistente per le spese e competenze di giudizio del grado. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.