La rilevanza della tossicodipendenza ai fini della continuazione di reato

Anche se la tossicodipendenza non è sufficiente per applicare in via automatica la continuazione, la sua allegazione e dimostrazione impongono che se ne tenga conto in una valutazione complessiva con tutte le altre condizioni già individuate dalla giurisprudenza per dare concreta attuazione all’istituto.

La Corte di Appello di Torino – giudice dell’esecuzione – rigettava l’istanza mossa dall’imputato – volta alla declaratoria della continuazione tra i reati oggetto di tre differenti sentenze di condanna. Avverso tale sentenza l’imputato, accusato di delitti contro il patrimonio , ricorre in Cassazione. La Corte di Cassazione, confermando il rilievo eccepito dalla difesa inerente alla mancata considerazione dello stato di tossicodipendenza – debitamente documentato dal ricorrente - da parte del Giudice dell’esecuzione, ricorda che se la tossicodipendenza non è sufficiente per applicare in via automatica la continuazione , la sua allegazione e dimostrazione impongono che se ne tenga conto in una valutazione complessiva. In secondo luogo l’affermazione, mossa dalla Corte di Appello, secondo cui le condotte dell’imputato sarebbero state accomunate esclusivamente dalla tendenza del ricorrente a comportamenti antigiuridici sarebbe errata, non potendo escludersi che, anche nell’ipotesi di soggetto che abitualmente delinque, alcuni dei delitti possano essere ricondotti ad una comune matrice ideativa e volitiva. Inoltre la Suprema Corte evidenzia come nel provvedimento impugnato, che pure conferma la ravvicinata commissione cronologica degli illeciti e della omogeneità delle motivazioni, manchi qualsiasi dimostrazione della valutazione delle concrete modalità di realizzazione della condotte, non evidenziando la base fattuale su cui si fonda il provvedimento. Alla luce di tali considerazioni, i Giudici di legittimità accolgono il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 3 novembre 2020 – 28 aprile 2021 Presidente Sandrini – Relatore Saraceno Ritenuto in fatto 1. Con la decisione in epigrafe la Corte di appello di Torino, giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza avanzata da S.G. , volta alla declaratoria della continuazione tra i reati oggetto di tre differenti sentenze di condanna. Osservava a ragione, dopo avere testualmente riprodotto giurisprudenza di legittimità, che la unicità del disegno criminoso doveva escludersi, nonostante si trattasse di reati omogenei reati contro il patrimonio e temporalmente prossimi commessi il 18.11.2007, il 28.12.2007 e il 6.1.2008 per le medesime ragioni, integralmente condivise, con cui era stato motivato il rigetto di analoga istanza già respinta con ordinanza del 19.9.2018 sul rilievo dell’insufficienza dimostrativa della mera allegazione della dedizione all’uso di sostanze stupefacenti che non v’era prova che il ricorrente fosse tossicodipendente al tempo della commissione dei fatti, risultando da una delle sentenze la sola esistenza di problematiche fisiche legate alla deambulazione e del resto, tra i numerosi precedenti penali, non ve n’era alcuno riguardante la violazione della legge sugli stupefacenti che i fatti giudicati con le separate sentenze apparivano autonomi, frutto di scelte estemporanee determinate dalla chiara determinazione di procurarsi denaro in maniera illecita e, dunque, indicativi di una stabile dedizione a comportamenti antigiuridici come comprovato dai plurimi precedenti penali , dai quali l’istante traeva abitualmente i mezzi di sussistenza, meritando pertanto una risposta sanzionatoria maggiormente severa e non una pena più blanda, quasi che la consapevole scelta di dedicarsi al crimine fosse meritevole di un riconoscimento premiale. 2. Ricorre l’interessato a mezzo del difensore, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata. Deduce violazione di legge in riferimento all’art. 81 c.p. e art. 671 c.p.p. e vizio di motivazione, dolendosi della totale omessa considerazione della condizione di tossicodipendenza del ricorrente, esistente e puntualmente documentata, quale presupposto per l’individuazione della continuazione ai sensi della L. n. 49 del 2006 del non pertinente richiamo al precedente provvedimento di rigetto dell’istanza di applicazione della disciplina della continuazione, di cui la presente non costituiva mera reiterazione siccome avente ad oggetto reati diversi e ulteriori rispetto a quelli sui quali si era pronunciato il precedente provvedimento. Considerato in diritto 1. Il ricorso appare fondato. 2. Come giustamente rimarca anche il Procuratore generale concludente, il giudice dell’esecuzione ha totalmente omesso di prendere in considerazione lo stato di tossicodipendenza del ricorrente debitamente documentato in atti attraverso la produzione di certificazioni coeve all’epoca di interesse. E, alla luce del testo vigente dell’art. 671 c.p.p., se la tossicodipendenza non è sufficiente per applicare in via automatica la continuazione, la sua allegazione e dimostrazione impone che se ne tenga conto in una valutazione complessiva con tutte le altre condizioni già individuate dalla giurisprudenza per dare concreta attuazione all’istituto Sez. 2, n. 22493 del 21/03/2019, Avanzini, Rv. 275420 Sez. 1 n. 50716 del 07/10/2014, Iannella, Rv. 261490 Sez. 1, n. 18242 del 04/04/2014, Flammini, Rv. 259192 Sez. 2, n. 49844 del 03/10/2012, Gallo, Rv. 253846 Sez. 1, n. 39287 del 13/10/2010, Presta, Rv. 248841 Sez. 1, n. 33518 del 7/07/2010, Trapasso, Rv. 248124, e molte altre ancora . 3. L’affermazione che l’istanza costituiva sostanziale reiterazione di altra analoga già respinta in data 19.9.2018 è anche in linea teorica errata, giacché la nuova domanda è riferita ad un ulteriore reato, commesso tra il primo e il secondo di quelli costituenti oggetto del primo provvedimento e nemmeno risultando che la certificazione della tossicodipendenza fosse stata allegata alla precedente domanda e, dunque, esaminata e trattata. 4. L’affermazione che le condotte fossero accumunate esclusivamente dalla stabile dedizione del ricorrente a comportamenti antigiuridici da cui traeva gli abituali mezzi di sussistenza, tanto essendo avvalorato dai plurimi precedenti penali da cui l’istante risulta gravato, appare altrettanto errata, non potendosi in astratto escludere che, anche nell’ipotesi di soggetto dedito alla abituale commissione di determinati reati, alcuni di essi possano essere ricondotti ad una comune matrice ideativa e volitiva. 5. Non può inoltre non riconoscersi che effettivamente nel provvedimento impugnato, che pure in premessa ha dato atto della ravvicinata epoca di commissione degli illeciti, eseguiti in stretta successione cronologica, e della omogeneità delle violazioni, manca qualsiasi dimostrazione della valutazione delle concrete modalità di realizzazione delle condotte e che esso nel suo complesso è caratterizzato da una pressoché totale astrattezza, perché non indica la base fattuale con cui si è misurato e la motivazione che lo sostiene è perciò inesorabilmente carente. 6. L’ordinanza impugnata deve di conseguenza essere annullata con rinvio alla Corte di appello di Torino, perché, in diversa composizione a mente di Corte Cost. n. 183 del 2013, proceda a nuovo giudizio. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Torino.