Furgone rubato forzando la portiera con un cacciavite: il furto non può dirsi aggravato

Ai fini della configurabilità della circostanza aggravante di cui all’art. 65, n. 2, c.p., non è sufficiente la sola estrinsecazione di una energia fisica da parte dell’agente, essendo invece necessaria anche la produzione di un effetto, ancorché minimo, di tale energia in termini di alterazione del bene.

La Suprema Corte, con la sentenza n. 13070/21 depositata il 7 aprile, ha annullato parzialmente la sentenza con cui la Corte d’Appello di Firenze aveva condannato un imputato per il reato di furto aggravato ex art. 625, nn. 2 e 7, c.p., nonché per il reato di cui all’art. 55, comma 9, d.lgs. n. 231/2007. La difesa ha proposto dinanzi ai Giudici di Piazza Cavour dolendosi per la ritenuta sussistenza della circostanza aggravante della violenza sulle cose , in quanto non risulta esserci stata alcuna immutazione della destinazione d’uso del bene su cui era stata esercitata l’energia fisica. Da ciò, discenderebbe inoltre l’improcedibilità dell’azione penale per mancanza della querela in relazione alla fattispecie di furto semplice. La censura risulta fondata. Dalla ricostruzione della vicenda era emerso che l’imputato aveva forzato con un cacciavite la portiera di un autocarro e tale elemento è stato valorizzato ai fini della circostanza aggravante in parola. La giurisprudenza di legittimità ha però sul punto affermato che sussiste l’aggravante della violenza sulle cose tutte le volte in cui il soggetto, per commettere il fatto, fa uso di energia fisica, provocando la rottura, il guasto, il danneggiamento, la trasformazione della cosa altrui o determinandone il mutamento nella destinazione Cass.Pen. n. 20476/18 . Precisa dunque la Corte come sia evidente che, ai fini dell’integrazione della circostanza aggravante, non sia sufficiente la sola estrinsecazione di una energia fisica , essendo invece necessaria anche la produzione di un effetto, ancorché minimo, di tale energia. Per riprendere le parole della Corte il concetto di violenza , nell’accezione posta a fondamento della suddetta circostanza aggravante, risulta composito , in quanto postula non solo la mera condotta consistente in una manifestazione di energia fisica , ma richiede anche la produzione di un effetto che può consistere in una gamma diversificata di alterazioni, da quelle minime, come un semplice danneggiamento, a quelle più gravi o irreversibili, come la rottura e la trasformazione del bene . Applicando tali principi al caso in esame, non emerge in alcun modo che la forzatura della serratura abbia cagionato una qualsiasi alterazione del bene su cui la forza era stata esercitata. Per tali motivi, la Corte annulla la sentenza impugnata limitatamente alla sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 625, n. 2, c.p. e rinvia per un nuovo esame alla Corte d’Appello di Firenze.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 17 febbraio – 7 aprile 2021, n. 13070 Presidente Sabeone – Relatore Catena Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Firenze, in riforma della sentenza emessa in data 19/03/2015 dal Tribunale di Lucca in composizione monocratica - con cui S.R. era stato condannato a pena di giustizia per i reati di cui a all’art. 624 c.p., art. 625 c.p., nn. 2 e 7, in omissis b al D.Lgs. n. 231 del 2007, art. 55 comma 9, in omissis , con la recidiva specifica e reiterata - esclusa la circostanza aggravante di cui all’art. 625 c.p., n. 7, riduceva la pena nei confronti dell’imputato. 2. In data 08/07/2019 S.R. ricorre, a mezzo del difensore di fiducia avv.to Fausto Malucchi, deducendo un unico motivo, di seguito enunciato nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1 2.1. violazione di legge, in riferimento all’art. 625 c.p., n. 2, vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b ed e , in riferimento alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante della violenza sulle cose, in quanto, nel caso di specie, non risulta essersi verificata alcuna immutazione della destinazione d’uso del bene su cui era stata esercitata energia fisica, sicché nessuna conseguenza si era prodotta, tale da necessitare un ripristino dell’originaria funzione del bene ne conseguirebbe, pertanto, l’improcedibilità dell’azione penale per mancanza della querela in relazione alla fattispecie di furto semplice. Considerato in diritto Il ricorso è fondato quanto alla questione concernente la sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 625 c.p., n. 2. La sentenza impugnata, infatti, ha ricordato come la persona offesa, F.F. , aveva notato che la portiera dell’autocarro Nissan, nella sua disponibilità, era stata forzata con un cacciavite sulla base di detta circostanza, quindi, è stato affermato che, per la sussistenza della contestata aggravante, sia sufficiente l’impiego di forza fisica o di uno strumento per forzare la serratura, aperta senza fare uso della chiave, non essendo, invece, necessario che la portiera o la serratura fossero divenute inservibili. La giurisprudenza di questa Corte, tuttavia, ha chiarito che in tema di furto, sussiste l’aggravante della violenza sulle cose tutte le volte in cui il soggetto, per commettere il fatto, fa uso di energia fisica, provocando la rottura, il guasto, il danneggiamento, la trasformazione della cosa altrui o determinandone il mutamento nella destinazione Sez. 5, sentenza n. 20476 del 17/01/2018, Sforzato, Rv. 272705 Sez. 5, Sentenza n. 5266 del 17/12/2013, dep. 03/02/2014, Vivona, Rv. 258725 Sez. 5, sentenza n. 22568 del 08/03/2012, Maggio, Rv. 252966 Sez. 5, sentenza n. 24029 del 14/05/2010, Vigo, Rv. 247302 Sez. 4, sentenza n. 41952 del 06/11/2006, Di Cola ed altro, Rv. 235541 . Appare, quindi, del tutto evidente come, ai fini dell’integrazione della circostanza aggravante di cui all’art. 625 c.p., n. 2, della violenza sulle cose, non sia sufficiente la sola estrinsecazione di una energia fisica, rendendosi necessaria anche la produzione di un effetto, ancorché minimo, di tale energia. Il concetto di violenza, nell’accezione posta a fondamento della suddetta circostanza aggravante, risulta composito, in quanto postula non solo la mera condotta consistente in una manifestazione di energia fisica, ma richiede anche la produzione di un effetto che può consistere in una gamma diversificata di alterazioni, da quelle minime, come un semplice danneggiamento, a quelle più gravi o irreversibili, come la rottura e la trasformazione del bene. Non a caso, la più recente giurisprudenza ha ritenuto che la semplice manipolazione o forzatura, che non determini una manomissione ma si risolve in una semplice manipolazione, non implicando alcuna rottura, guasto, danneggiamento, trasformazione o mutamento di destinazione che renda necessaria un’attività di ripristino, non integra la circostanza aggravante in esame Sez. 5, sentenza n. 11720 del 29/11/2019, dep. 09/04/2020, Romeo Giovanvito, Rv. 279042 Sez. 4, sentenza n. 57710 del 13/11/2018, Vales Lukas, Rv. 274771 . Tanto premesso, non vi è dubbio come, nel caso di specie - alla luce della motivazione di entrambe le sentenze di merito - non emerga affatto che la forzatura della serratura avesse cagionato una qualsiasi alterazione del bene su cui era stata esercitata la forza fisica, ovvero si fosse risulta ad una manomissione senza alcuna conseguenza sulla funzionalità del bene. D’altro canto, tale verifica richiede un accertamento di merito delle risultanze processuali che, all’evidenza, non rientra nei compiti di questa Corte regolatrice, sicché si impone l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio per nuovo esame sul punto, ad altra Sezione della Corte di Appello di Firenze, che, alla luce dell’enunciato principio di diritto, procederà alla verifica della sussistenza o meno della contestata circostanza aggravante, con le determinazioni conseguenti. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 625 c.p., n. 2, con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di Appello di Firenze.