Patologia psichiatrica per la madre, la figlia maggiore può badare alla sorella e il padre non esce dal carcere

Respinta la richiesta avanzata dall’uomo e mirata all’ottenimento degli arresti domiciliari. Pur a fronte dei problemi psichiatrici della moglie, è stata esclusa una sua impossibilità assoluta di prestare assistenza alla figlia di appena 4 anni. Decisiva, secondo i Giudici, anche la presenza a casa della figlia più grande.

I problemi psichiatrici della moglie e le possibili ripercussioni sulla figlia più piccola – appena 4 anni di età – non sono sufficienti per permettere all’uomo di evitare la custodia cautelare in carcere e di ottenere gli arresti domiciliari. Decisiva la constatazione che la donna è comunque in grado di prestare assistenza alla bambina, che, comunque, può trovare rifugio nella sorella più grande quando la madre attraversa dei momenti di chiusura Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza n. 13021/21, depositata il 6 aprile . A negare all’uomo la possibilità di tornare a casa è in prima battuta il Tribunale. Per i Giudici va respinta la richiesta di sostituzione della custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari . Ciò perché la moglie, pur avendo problemi psichiatrici, non risultava assolutamente impossibilitata all’assistenza della figlia di appena 4 anni . Non necessario, quindi, il ritorno a casa dell’uomo. Questa decisione viene ovviamente contestata dall’uomo, che col ricorso in Cassazione pone in evidenza la grave patologia psichiatrica della moglie , e sostiene che la figlia si trova privata dell’assistenza e della cura genitoriali, non potendosi attribuire un ruolo di supplenza all’altra figlia . Sempre secondo l’uomo, poi, non ci si può limitare a considerare i semplici bisogni fisici della bambina riguardanti la nutrizione e l’igiene , mentre non può essere ignorata l’inesistenza di un rapporto madre-figlia in termini affettivi, a causa della patologia della donna che, pertanto, è assolutamente incapace di accudire la figlia . Dalla Cassazione mostrano però di condividere la decisione presa dal Tribunale, anche perché poggiata su accertamenti che hanno preso in considerazione lo stato e gli effetti della patologia psichica da cui è affetta la donna e hanno messo a fuoco le sue possibili ricadute sulla figlia piccola, sotto l’aspetto non solo dei bisogni materiali ma anche prendendo in esame quelli dovuti alle condizioni emotivo-relazionali e al processo evolutivo della minore . Ebbene, tale verifica ha escluso l’ impossibilità della donna di accudire la figlia , impossibilità che deve essere assoluta e rappresentata da uno stato di incapacità che renda la madre del tutto incapace all’assistenza genitoriale, senza perdere di vista le opportunità del nucleo familiare in cui vive la minore . In questa ottica i Giudici della Cassazione osservano che il deficit della madre, seppur significativo, non la allontana del tutto dal proprio intervento quale genitore e, comunque, può anche trovare forme di bilanciamento nelle cure prestate da altri congiunti , cioè nelle cure prestate alla bambina dalla sorella più grande. Difatti, gli accertamenti compiuti non hanno evidenziato una mancanza di assistenza materiale della minore , e la patologia accusata dalla madre non ha determinato un distacco dalla figlia, della quale la donna comprende i bisogni primari e di mantenimento con adeguata competenza intellettiva . Inoltre, i momenti di ‘chiusura’ della donna sono per così dire riequilibrati grazie all’intervento integrativo nelle cure materiali della minore prestato dalla sorella più grande . Tirando le somme, emerge una condizione di forte disagio familiare ma possono essere escluse, visto anche l’intero contesto, privazioni di assistenza da parte della madre aventi carattere assoluto .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 13 gennaio – 6 aprile 2021, n. 13021 Presidente Rocchi – Relatore Binenti Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Catanzaro, con il provvedimento indicato in epigrafe, rigettava l’appello avverso l’ordinanza con la quale era stata respinta la richiesta di sostituzione, con gli arresti domiciliari, della custodia cautelare in carcere applicata a T.F. , rilevando che lo stesso, diversamente da quanto prospettato nell’atto di impugnazione, non si trovava nelle condizioni previste dall’art. 275 c.p.p., comma 4, in quanto la di lui moglie non risultava assolutamente impossibilitata l’assistenza della prole dell’età di anni quattro. 2. Propone ricorso per cassazione T.F. , denunciando violazione dell’art. 275 c.p.p., comma 4, e vizi della motivazione. Deduce che la documentazione prodotta e gli stessi accertamenti peritali disposti dal Tribunale sulla figlia e la moglie del ricorrente affetta da grave patologia psichiatrica , avevano dimostrato che la minore si trovava invece priva dell’assistenza e della cura genitoriale che avrebbe dovuto essere preservata, non potendosi attribuire un ruolo di supplenza a terzi come l’altra figlia , nè ci si poteva limitare a considerare ai fini di cui trattasi, come pure era stato fattO nel provvedimento, i semplici bisogni fisici riguardanti la nutrizione e l’igiene. Sono intervenute affermazioni del perito nel senso dell’assenza dell’assoluta impossibilità ad accudire la prole da parte della madre, che risultano smentite da altre illustrazioni del medesimo esperto, attestanti invece l’inesistenza di un rapporto madre-figlia in termini affettivi a causa della patologia della prima, la quale, pertanto, era risultata assolutamente incapace di accudire alla minore. Inoltre, a prescindere dai rilievi di cui sopra, non è stata fornita risposta in ordine al secondo motivo dell’appello, che aveva rappresentato la possibilità di soddisfare le esigenze cautelari tramite gli arresti domiciliari indicati come eseguibili fuori dalla regione e con lo strumento del braccialetto elettronico. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito illustrate. 2. Come risulta dalla lettura della motivazione del provvedimento impugnato, il Tribunale di Catanzaro ha basato la propria decisione sulla ragionata valutazione dell’esito di nuove indagini peritali ai fini della verifica dell’assoluta impossibilità di assistenza della prole descritta dall’art. 275 c.p.p., comma 4, apprezzando accertamenti che hanno preso in considerazione lo stato e gli effetti della patologia psichica da cui è affetta la moglie di T. e messo a fuoco le sue possibili ricadute sulla figlia dell’età di anni quattro, sotto l’aspetto non solo dei bisogni materiali, ma anche prendendo in esame quelli dovuti alle condizioni emotivo-relazionali e al processo evolutivo della minore. Tale verifica si è risolta nel senso della non sussistenza dell’impossibilità di cui trattasi, che per il carattere assoluto deve esser rappresentata da uno stato di incapacità che renda la madre del tutto incapace all’assistenza genitoriale, senza perdere di vista le opportunità del nucleo familiare in cui vive la minore. Da ciò deriva che in tale ambito di verifica il deficit della madre che, seppur significativo, non la allontani del tutto dal proprio intervento quale genitore, può anche trovare forme di bilanciamento nelle cure prestate da altri congiunti. Il Tribunale dà conto che gli accertamenti compiuti non hanno evidenziato una mancanza di assistenza materiale della minore, nè che la patologia accusata dalla madre abbia determinato un distacco dalla figlia, della quale la donna comprende i bisogni primari e di mantenimento con adeguata competenza intellettiva. Ed ancora, è stato dato atto che i momenti di chiusura della donna sono rimasti per così dire riequilibrati grazie all’intervento integrativo nelle cure materiali della minore prestato dalla sorella più grande risultata a ciò idonea. Quel che diversamente ha inciso in termini marcati, con ricadute inevitabili nei rapporti fra madre e figlia, è piuttosto la comprensibile non accettazione dell’allontanamento del ricorrente. Tuttavia, tale situazione, come riscontrato dal perito, non ha alterato significativamente il processo evolutivo della minore. Si tratta di valutazioni che rappresentano ragionevolmente una condizione sì di forte disagio familiare, ma non privazioni di assistenza da parte della madre aventi il carattere assoluto richiesto dall’art. 275 c.p.p., comma 4, secondo una verifica rapportata all’intero contesto delle condizioni familiari. Le doglianze svolte nel ricorso, oltre a citare principi giurisprudenziali in materia che gli accertamenti non hanno ignorato, concentrano l’attenzione sulla incontestata vulnerabilità della moglie del ricorrente, riportando, con riguardo al profilo dei rapporti con la figlia, alcuni passaggi della relazione peritale che non possono in sé rappresentare travisamenti dell’intera lettura di merito alla base delle articolate spiegazioni circa la natura non assoluta dell’impedimento. La difesa lamenta, al contempo, il mancato esame delle condizioni assistenziali e degli effetti sul processo evolutivo della minore, mentre, come evidenziato, non ci si è sottratti a tale verifica e all’apprezzamento dei suoi esiti. Pertanto, dette censure, in larga parte solo rivalutative, risultano infondate. Si denuncia, inoltre, l’omessa pronuncia su un motivo dell’appello che aveva rappresentato l’adeguatezza degli arresti domiciliari alla stregua delle cautele prospettate, ma, secondo quanto pare rappresentare lo stesso ricorso e comunque risulta dall’esame dell’atto di appello, ogni deduzione esposta al riguardo rimaneva comunque riferibile al verificarsi dei presupposti di cui all’art. 275 c.p.p., comma 4, a fronte del riacutizzarsi della patologia della moglie del ricorrente introdotto quale elemento di novità ai fini rivalutativi. Sicché, una volta esclusa la fondatezza di tale genere di prospettazione, non si imponevano ulteriori considerazioni in ordine al mantenimento della misura. Anche tale ultimi rilievi, conseguentemente, non meritano accoglimento. 3. Il ricorso va, dunque, rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.