Ucciso il pedone sulla carreggiata dello svincolo autostradale: colpa esclusiva dell’automobilista che ha assunto droga e alcol

Condanna definitiva per il conducente, sanzionato con sette anni di reclusione. Respinta la tesi difensiva, mirata ad addebitare una parte di colpa alla vittima dell’incidente. Decisiva la constatazione che l’uomo si è messo alla guida dopo avere assunto droga e alcol.

L’imprudenza compiuta dall’ uomo messosi a camminare a piedi in un posto per nulla sicuro – la carreggiata di uno svincolo autostradale – non può rendere meno grave la condotta dell’automobilista che, alla guida dopo avere assunto alcol e droga, lo ha investito e ucciso Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza n. 10388/21, depositata il 18 marzo . All’origine del caso giudiziario un drammatico episodio nel maggio del 2016 un automobilista centra in pieno un uomo, che a piedi stava percorrendo la carreggiata di uno svincolo autostradale, e lo uccide sul colpo . Ricostruita la dinamica del terribile incidente, si appurano le precarie condizioni psico-fisiche del conducente, postosi alla guida nonostante la precedente assunzione di alcol e droga . Questi elementi probatori sono sufficienti, secondo i Giudici di merito, per arrivare a una severa condanna l’automobilista è ritenuto colpevole di omicidio stradale e viene punito con sette anni di reclusione e obbligato a risarcire con 3mila euro la parte civile, una familiare dell’uomo deceduto dopo essere stato investito. Secondo il legale dell’automobilista, però, la valutazione compiuta in Appello è eccessivamente severa e, soprattutto, incompleta, poiché non ha tenuto conto dell’ imprudenza compiuta dal pedone . Quest’ultimo, difatti, come certificato dalla relazione della polizia giudiziaria intervenuta sul luogo dell’incidente, ha violato anch’egli il Codice della strada, non avendo rispettato, osserva il legale, il divieto di transito ed essendosi invece trovato sulla carreggiata dello svincolo autostradale. Secondo l’avvocato, quindi, anche la vittima ha contribuito a provocare la propria morte. E in questa ottica viene anche rimarcato il valore della segnaletica orizzontale la linea demarca la zona di rispetto che non può essere superata dalle auto ma non consente comunque ai pedoni di stazionarvi , e quindi, la linea non è a protezione dei pedoni , sostiene il legale. Queste osservazioni non convincono però i Giudici della Cassazione, i quali ritengono, invece, che, come già sancito in Appello, la vittima non ha posto in essere alcuna condotta colposa tale da ritenersi concausa dell’incidente . Impossibile, quindi, mettere in discussione non solo la condanna dell’automobilista ma anche i sette anni di reclusione stabiliti come pena in secondo grado. I Giudici della Cassazione tengono poi a precisare che l’investimento non è dipeso in nessun modo dalla condotta della vittima , mentre a originare il drammatico evento ha provveduto l’automobilista mettendosi alla guida della vettura nonostante la sua condizione fisica fosse pregiudicata dall’assunzione di sostanze alcoliche e stupefacenti e perdendo così un appropriato controllo delle proprie azioni . A corroborare questa visione, poi, due dati di fatto la condotta di guida dell’automobilista che aveva una velocità di 86 chilometri orari a fronte di un limite di 30 chilometri orari, e l’impatto avvenuto oltre la carreggiata, poiché il conducente aveva assunto anche una errata traiettoria di marcia . Assolutamente irrilevante , quindi, secondo i Giudici, la presenza del pedone sulla carreggiata dello svincolo autostradale, poiché se il conducente avesse viaggiato in normali condizioni psico-fisiche, alla velocità prevista e mantenendo la traiettoria corretta, l’investimento non sarebbe avvenuto .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 11 febbraio – 18 marzo 2021, n. 10388 Presidente Ramacci – Relatore Semeraro Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza del 24 giugno 2020 la Corte di appello di Milano ha confermato il diniego della circostanza attenuante ex art. 589-bis comma 7 cod. pen. nel giudizio di rinvio a seguito dell'annullamento della sentenza del 23 ottobre 2018 della stessa corte territoriale pronunciato dalla Corte di cassazione, sez. 4, con la sentenza del 11 settembre 2019. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato. La corte territoriale non avrebbe valutato che nella relazione della polizia giudiziaria sull'incidente, in atti, si rappresenterebbe che il pedone deceduto avrebbe violato l'art. 7 comma 1 e 14 c.d.s. per non aver rispettato il divieto di transito e ciò costituirebbe una prova inconfutabile del concorso nella produzione dell'evento, perché la presenza sarebbe stata ingiustificata. La Corte di appello avrebbe attribuito alla segnaletica orizzontale un significato errato, perché la linea demarca la zona di rispetto che non può essere superata dalle auto ma non consente comunque ai pedoni di stazionarvi. La linea non sarebbe a protezione dei pedoni. La corte territoriale avrebbe disatteso le linee tracciate dalla sentenza di annullamento con rinvio e sarebbe caduta negli stessi errori della prima sentenza della Corte di appello poi annullata. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 1.1. La Corte di cassazione, con la sentenza del 11 settembre 2019, ha annullato con rinvio la precedente sentenza della Corte di appello di Milano rilevando non una violazione di legge ma l'esistenza di un vizio della motivazione. La corte territoriale escluse l'applicabilità della circostanza attenuante ex art. 589-bis comma 7 cod. pen. perché la vittima non aveva posto in essere alcuna condotta colposa tale da ritenersi concausa dell'evento, mentre la sussistenza della circostanza attenuante dipende ex lege non più dal concorso di colpa ma dalla circostanza che l'evento non sia conseguenza esclusiva dell'azione o dell'omissione del colpevole. 1.2. Oltre a rilevarsi che con il ricorso si deduce il travisamento della prova per omissione, senza adempiere all'onore di allegazione, la Corte di appello di Milano ha correttamente integrato la motivazione per escludere la sussistenza della circostanza attenuante. La corte territoriale ha correttamente motivato che l'investimento non sia dipeso in nessun modo dalla condotta della vittima. Non è, infatti, la presenza della vittima che di per sé assume rilevanza causale, ma è, come indicato dalla sezione 4, la condotta del terzo che deve inserirsi nel decorso causale dell'agente dando così vita ad una situazione di causalità cumulativa. 1.3. Con motivazione immune da vizi logici la Corte di appello ha ritenuto che il decorso causale sia iniziato quando l'imputato si mise alla guida della vettura nonostante la sua condizione fisica fosse pregiudicata dall'assunzione di sostanze alcoliche e stupefacenti, perdendo così un appropriato controllo delle proprie azioni. La causazione esclusiva dell'evento è stata poi ritenuta in base alle modalità della condotta, poiché l'imputato aveva una velocità di 86 km/h rispetto al limite di 30 km/h. L'impatto era poi avvenuto oltre la carreggiata, sicché l'imputato aveva assunto anche una errata traiettoria di marcia. 1.4. È dunque irrilevante nel decorso causale che il pedone fosse nel punto di impatto perché se l'imputato avesse viaggiato in normali condizioni psico-fisiche, alla velocità prevista e mantenendo la traiettoria corretta l'investimento della vittima non sarebbe avvenuto. 2. Pertanto, il ricorso deve essere rigettato. Ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen. si condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 11/02/2021.