Finto ‘santone’ fa leva sulla religiosità di una signora benestante: ne ricava soldi e una condanna

Nessun dubbio sulla responsabilità penale dell’uomo, colpevole di circonvenzione di incapace ai danni di una donna anziana e benestante. Egli ha puntato sulla forte religiosità della donna, che lo ha considerato come un padre spirituale, e l’ha così convinta a versargli migliaia di euro, formalmente destinati a progetti benefici e invece da lui utilizzati a scopo personale.

Profittare della spiritualità religiosa di una persona – anziana e benestante – presentandosi come un ‘santone’ e farsi consegnare migliaia di euro da mettere in tasca o da utilizzare per acquisti di beni superflui – come un camper – vale una condanna Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza n. 9105/21, depositata il 5 marzo . A finire sotto processo è un uomo che, operativo in Piemonte, spacciandosi per ‘santone’ è riuscito ad agganciare una anziana signora benestante, conquistandone la fiducia facendo leva sulla sua religiosità e convincendola a versargli circa 50mila euro, soldi, questi, ufficialmente destinati ad opere di beneficenza e invece utilizzati, tra l’altro, per l’acquisto di un camper. Ricostruita la vicenda, i Giudici di merito ritengono evidente la colpevolezza dell’uomo, reo di circonvenzione di incapace ai danni dell’ anziana donna e punito con due anni e otto mesi di reclusione . Col ricorso in Cassazione il finto ‘santone’ prova a dare una lettura diversa ai rapporti tra lui e la donna, che, sostiene, non presenta alcuna minorata capacità . Per quanto concerne poi le dazioni di denaro, l’uomo racconta che i bonifici , effettuati dalla donna verso destinatari residenti all’estero, sono stati compiuti per un profitto giusto, ossia al fine di sbloccare una presunta eredità cui lui aveva diritto, ma sulla base di un meccanismo truffaldino di cui egli è stato vittima . Poi, ancora, precisa che l’ intestazione a suo nome del camper è una semplice conseguenza del fatto che è stato lui a guidarlo, poiché la donna non se la sentiva di condurre un mezzo di tali dimensioni ma, aggiunge, il bene non è mai uscito dalla disponibilità della donna . Prima di ribattere alla linea difensiva proposta dall’uomo, però, i Giudici della Cassazione ribadiscono il principio secondo cui il delitto di circonvenzione di incapace non esige che il soggetto passivo versi in stato di incapacità di intendere e di volere , essendo sufficiente anche una minorata capacità psichica, con compromissione del potere di critica ed indebolimento di quello volitivo, tale da rendere possibile l’altrui opera di suggestione e pressione e aggiungono che con la previsione dell’articolo 643 del Codice Penale il legislatore ha inteso tutelare soprattutto quei soggetti che, a cagione della loro età o del loro stato di infermità o di deficienza psichica, sono facilmente determinabili al compimento di atti pregiudizievoli . In questa vicenda la perizia psichiatrica ha rilevato la significativa riduzione del potere di normale discernimento della persona offesa nella relazione con l’uomo, che considerava il suo padre spirituale – pur non essendo egli un religioso –, una riduzione tale da rendere la donna particolarmente suggestionabile sulle tematiche della spiritualità religiosa e accondiscendente alle richieste economiche dell’uomo . Evidente, quindi, che la anziana signora è un soggetto che presenta una potenziale suggestionabilità particolare di cui, ovviamente, si è approfittato il finto ‘santone’, come testimoniato dalla falsa corrispondenza informatica con richieste di esborsi per operazioni benefiche all’estero , esborsi invece da lui utilizzati anche per comprare un camper.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 28 gennaio – 5 marzo 2021, n. 9105 Presidente Gallo – Relatore Pacilli Ritenuto in fatto Con sentenza del 2 marzo 2018 la Corte d’appello di Torino ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale della stessa città il 5 novembre 2011, con cui A.P. è stato condannato alla pena ritenuta di giustizia per il reato di cui all’art. 643 c.p. ai danni di C.A. . Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputata, che ha dedotto i seguenti motivi 1 erronea applicazione della legge e manifesta illogicità della motivazione, per avere la Corte d’appello valorizzato la consulenza del Dott. P. e trascurato le altre due relazioni agli atti, ossia quella prodotta dalla difesa e quella su cui si era basata la valutazione del giudice tutelare, pur avendo il Dott. P. equiparato ad uno stato di dipendenza abnorme ogni forma di dipendenza religiosa. In nessuna delle tre relazioni si farebbe riferimento ad una minorata capacità della persona offesa, necessaria per potere ritenere integrato il reato de quo 2 manifesta illogicità della motivazione in tema di dolo specifico. I bonifici, effettuati dalla persona offesa verso destinatari residenti all’estero, sarebbero stati compiuti per un profitto giusto, ossia al fine di sbloccare una presunta eredità, cui l’imputato avrebbe avuto diritto, ma sulla base di un meccanismo truffaldino, di cui lo stesso imputato sarebbe stato vittima. L’intestazione del camper all’imputato sarebbe stata semplice conseguenza del fatto che sarebbe stato egli a guidarlo, poiché la persona offesa non se la sarebbe sentita di guidare un mezzo di tali dimensioni ma il bene non sarebbe mai uscito dalla disponibilità della medesima. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 1.1 n primo motivo è privo di specificità. Costituisce ius receptum v. Sez. 2, n. 21464 del 20/3/2019, Rv. 275781 Sez. 2, n. 3209 del 20/12/2013, Rv. 258537 quello secondo cui il delitto di circonvenzione di incapace non esige che il soggetto passivo versi in stato di incapacità di intendere e di volere, essendo sufficiente anche una minorata capacità psichica, con compromissione del potere di critica ed indebolimento di quello volitivo, tale da rendere possibile l’altrui opera di suggestione e pressione. Con la previsione dell’art. 643 c.p., infatti, il legislatore ha inteso tutelare soprattutto quei soggetti che, a cagione della loro età o del loro stato di infermità o di deficienza psichica, sono facilmente determinabili al compimento di atti pregiudizievoli. Nel caso in esame, la Corte d’appello ha posto a fondamento del proprio giudizio la perizia psichiatrica disposta in primo grado, che aveva rilevato la significativa riduzione del potere di normale discernimento della persona offesa nella relazione con l’imputato, che considerava il suo padre spirituale pur non essendo un religioso riduzione tale da renderla particolarmente suggestionabile sulle tematiche della spiritualità religiosa e accondiscendente alle richieste economiche dell’imputato. La Corte territoriale ha condiviso i rilievi del primo giudice, secondo cui le diverse conclusioni, cui era giunto il consulente di parte, non potevano essere apprezzate, in quanto muovevano dal presupposto della totale buona fede dell’imputato, che, invece, era da escludere sulla base delle risultanze dibattimentali e del comportamento dello stesso imputato. Alla luce di quanto precede deve ritenersi che la Corte distrettuale, avendo accertato che la persona offesa è un soggetto che presenta una potenziale suggestionabilità particolare , come affermato dal perito, ha fatto buon governo dei suindicati criteri ermeneutici. 1.2 Quanto al secondo motivo deve rilevarsi che il Collegio del merito ha diffusamente argomentato sulle condotte dell’imputato e sulla sua mancanza di buona fede, avendo, tra l’altro, messo in evidenza che la corrispondenza informatica con richieste di esborsi per operazioni benefiche all’estero, mostrata dall’imputato alla persona offesa, era falsa. Il menzionato Collegio è quindi pervenuto alla conclusione che l’imputato aveva procurato a sé ingiusti profitti con danno per la persona offesa, avendo sfruttato la particolare debolezza della vittima. A fronte della motivazione della sentenza impugnata le doglianze, articolate nel secondo motivo, non sono consentite, in quanto si sviluppano sul piano del fatto e sono tese a sovrapporre un’interpretazione delle risultanze probatorie diversa da quella recepita dal decidente di merito, più che a rilevare un vizio rientrante nella rosa di quelli delineati nell’art. 606 c.p.p. il che fuoriesce dal perimetro del sindacato rimesso a questo giudice di legittimità. Secondo la linea interpretativa da tempo tracciata, infatti, l’epilogo decisorio non può essere invalidato da prospettazioni alternative che si risolvano in una mirata rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell’autonoma assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal giudice del merito, perché illustrati come maggiormente plausibili, o perché assertivamente dotati di una migliore capacità esplicativa nel contesto in cui la condotta delittuosa si è in concreto realizzata Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, Rv. 265482 Sez. 6, n. 22256 del 26/4/2006, Rv. 234148 Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, Rv. 235507 . 2. La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché - apparendo evidente che il medesimo ha proposto il ricorso determinando la causa di inammissibilità per colpa Corte Cost., 13 giugno 2000 n. 186 - al versamento della somma indicata in dispositivo in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.