Sospensione condizionale della pena per il padre che rimedia al mancato versamento del mantenimento alla figlia

La Cassazione ha annullato l’ordinanza con cui il Giudice dell’esecuzione aveva revocato il beneficio della sospensione condizionale della pena per un imputato condannato per il reato di cui all’art. 570 c.p Deve infatti essere rivalutato l’adempimento dell’obbligo condizionale del versamento della somma spettante alla figlia proprio a titolo di mantenimento.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 8285/21 depositata il 2 marzo. Il Tribunale di Rovigo condannava l’imputato per il reato di cui all’art. 570 c.p. concedendo il beneficio della sospensione condizionale della pena subordinato al pagamento, in favore della figlia, della somma spettante per il mantenimento per un determinato periodo. Tale beneficio veniva però revocato dal giudice dell’esecuzione per il parziale inadempimento dell’obbligo. Il Tribunale aveva infatti individuato come dies a quo per l’insorgenza dell’obbligo la data del provvedimento presidenziale provvisorio emesso nel giudizio di separazione dei coniugi. Inoltre, secondo il giudice dell’esecuzione non potevano computarsi, ai fini della verifica dell’adempimento, i versamenti effettuati prima della condanna penale che prevedeva il beneficio stesso. La difesa ha proposto ricorso in Cassazione. La Corte ritiene fondato il ricorso. Difatti il giudice dell’esecuzione ha erroneamente individuato la data del decreto di omologa dell’accordo di separazione dei coniugi, in forza del quale l’importo dell’assegno di mantenimento era stato ridotto. Tale errore si ripercuote sul calcolo della somma dovuta complessivamente dal ricorrente e quindi sulla valutazione circa l’adempimento o meno dell’obbligo contestato. Inoltre, il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto verificare se nei limiti oggettivi suddetti l’adempimento, cui è subordinata la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, fosse stato compiuto dal M., entro la maturazione del quinquennio dall’irrevocabilità della sentenza penale di condanna, come correttamente ritenuto nell’ordinanza. Non v’è alcuna ragione giuridica, però, per escludere dal computo dei versamenti rilevanti, ai fini di detta verifica, quelli eseguiti in epoca precedente all’emissione della sentenza penale di condanna. È erronea, quindi, l’affermazione del giudice dell’esecuzione, secondo la quale non potrebbero imputarsi all’adempimento i versamenti effettuati nei mesi e negli anni antecedenti . Per questi motivi, l’ordinanza impugnata viene annullata con rinvio al Tribunale di Rovigo.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 24 novembre 2020 – 2 marzo 2021, n. 8285 Presidente Siani – Relatore Mancuso Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 10 febbraio 2012, divenuta irrevocabile il 26 giugno 2012, il Tribunale di Rovigo, Sezione distaccata di Adria, dichiarava M.D. colpevole del reato di cui all’art. 570 c.p., e lo condannava alla pena di 4 mesi di reclusione ed Euro 400 di multa, con la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena subordinato al pagamento, in favore della figlia del condannato, della somma spettante alla predetta a titolo di mantenimento per un determinato periodo. 2. Con ordinanza del 16 marzo 2020, il Tribunale di Rovigo, in funzione di giudice dell’esecuzione, su richiesta del Pubblico Ministero, revocava, richiamando l’art. 168 c.p., comma 1, n. 1, il suddetto beneficio della sospensione condizionale della pena, sulla base del rilievo che il condannato era rimasto parzialmente inadempiente all’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento in favore della figlia. Nell’ordinanza si affermava che il dies a quo dell’insorgenza dell’obbligo di corresponsione dell’assegno doveva essere inteso con riferimento alla data del provvedimento presidenziale provvisorio emesso nel giudizio di separazione fra il M. e la moglie, e quindi al 24 giugno 2008, mentre il decreto di omologa dell’accordo di separazione consensuale, che ridimensionava l’importo dell’assegno mensile a carico del M. e in favore della figlia da Euro 250,00 a Euro 150,00, era stato emesso il 27 novembre 2011. Inoltre, il giudice dell’esecuzione affermava che, ai fini della verifica dell’adempimento, non potevano computarsi i versamenti effettuati nei mesi e negli anni antecedenti all’emissione della citata sentenza penale di condanna del 10 febbraio 2012, recante la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena. Il giudice dell’esecuzione osservava che il termine finale per l’adempimento era spirato il 26 giugno 2017, con il compimento del quinquennio dal passaggio in giudicato della sentenza penale di condanna. Su tali premesse, il giudice dell’esecuzione operava il calcolo delle mensilità dell’assegno dovute e di quanto effettivamente corrisposto dal M. , pervenendo alla conclusione che costui non aveva versato integralmente l’importo stabilito a suo carico. 3. L’avv. Simone Guglielmin, nell’interesse di M.D. , ha proposto ricorso per cassazione con atto articolato in tre motivi. 3.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce, richiamando l’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e , contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in ragione dell’erronea ricostruzione, operata dal giudice, della fattispecie concreta. Nel ricorso si lamenta l’inesatta indicazione, nell’ordinanza, della data del decreto di omologa dell’accordo di separazione consensuale, data individuata, nel provvedimento qui impugnato, nel 27 novembre 2011, anziché correttamente nel 27 novembre 2009, e si sostiene che da tale errore sia derivato quello del calcolo compiuto dal giudice dell’esecuzione circa il saldo fra le somme versate e quelle residue, posto che a seguito del decreto di omologazione dell’accordo di separazione consensuale fra i coniugi risultava stabilito, come assegno di mantenimento in favore della figlia, un importo inferiore rispetto a quello che era indicato nel decreto presidenziale provvisorio. 3.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce, richiamando l’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b ed e , inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 165 e 168 c.p., nonché vizio di motivazione. Si critica il criterio metodologico adottato dal giudice dell’esecuzione ai fini del computo delle somme effettivamente corrisposte a titolo di mantenimento, criterio consistente nell’aver considerato, ai fini del calcolo, solo i versamenti successivi alla condanna emessa il 10 febbraio 2012 e divenuta irrevocabile il 26 giugno 2012. Il ragionamento del giudice, conducendo a una duplicazione del titolo costitutivo dell’obbligo di mantenimento, è errato nella individuazione di quest’ultimo, da ravvisarsi non nella sentenza penale di condanna - atto meramente accertativo dell’obbligo di mantenimento -, bensì nel provvedimento presidenziale provvisorio emesso il 24 giugno 2008, nel corso del giudizio di separazione dei coniugi. Il giudice dell’esecuzione ha affermato erroneamente l’inadempimento del M. e, comunque, non ha considerato che dalla condotta di costui emerge la volontà di adempiere. 3.3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce, richiamando l’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c ed e , inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza, in relazione all’art. 125 c.p.p., comma 3, art. 175 c.p.p., comma 4, art. 670 c.p.p., comma 3. L’ordinanza ha integralmente omesso di motivare in ordine alla richiesta di rimessione in termini presentata, ex art. 175 c.p.p., per proporre appello. La sussistenza di un vizio di notificazione dell’estratto contumaciale non solo ha provocato la mancata conoscenza della sentenza di condanna, ma ha impedito anche la formazione del titolo esecutivo. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 1.1. In relazione al primo motivo, con il quale la difesa eccepisce l’inesatta individuazione della data del decreto di omologa dell’accordo di separazione consensuale fra i coniugi, deve notarsi che il giudice dell’esecuzione ha erroneamente ritenuto, nel provvedimento qui impugnato, che detto decreto di omologa, in forza del quale risulta la riduzione dell’importo dell’assegno di mantenimento, sia datato 27 novembre 2011, anziché 27 novembre 2009, come affermato dalla difesa e come riscontrabile dall’esame della copia del decreto e del foglio di condizioni della separazione consensuale allegati al ricorso per cassazione qui in valutazione. Tale errore si ripercuote sulla determinazione della somma complessivamente dovuta dal M. e, quindi, inficia le ulteriori valutazioni espresse dal giudice dell’esecuzione per verificare la sussistenza o meno dell’inadempimento contestato al condannato. 1.2. In relazione al secondo motivo, con cui il ricorrente lamenta il computo dei soli versamenti effettuati in epoca successiva all’emissione della sentenza penale di condanna, si osserva che, in base a quanto indicato nella stessa ordinanza del giudice dell’esecuzione, la menzionata sentenza penale di condanna del 10 febbraio 2012 subordinò il beneficio della sospensione condizionale della pena ivi concesso al pagamento da parte del M. , in favore della figlia, delle somme a costei spettanti a titolo di mantenimento, dalla data di emissione del provvedimento presidenziale provvisorio emesso in sede civile il 24 giugno 2008, nell’ambito del giudizio di separazione dei coniugi, al compimento della maggiore età della figlia stessa. Il giudice dell’esecuzione, quindi, avrebbe dovuto verificare se nei limiti oggettivi suddetti l’adempimento, cui è subordinata la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, fosse stato compiuto dal M. , entro la maturazione del quinquennio dall’irrevocabilità della sentenza penale di condanna, come correttamente ritenuto nell’ordinanza. Non v’è alcuna ragione giuridica, però, per escludere dal computo dei versamenti rilevanti, ai fini di detta verifica, quelli eseguiti in epoca precedente all’emissione della sentenza penale di condanna. È erronea, quindi, l’affermazione del giudice dell’esecuzione, secondo la quale non potrebbero imputarsi all’adempimento i versamenti effettuati nei mesi e negli anni antecedenti. È erroneo, ancora, attribuire rilevanza, come indicato dal giudice dell’esecuzione, al fatto che nel giudizio di cognizione la difesa del M. non abbia allegato versamenti antecedenti, e che essi, quindi, non siano stati computati e valutati nella sentenza penale di condanna. 1.3. In relazione al terzo motivo, con cui si censura l’omissione di pronuncia circa una richiesta di rimessione nei termini per impugnare, deve osservarsi come dalle premesse della stessa ordinanza del giudice dell’esecuzione, qui impugnata, emerga, pur genericamente, che il M. avanzò una richiesta di restituzione in termini ai sensi dell’art. 175 c.p.p Dal corpo dell’ordinanza, però, non risulta che il giudice dell’esecuzione, sul quale gravava l’obbligo di valutare detta istanza, abbia espresso alcuna considerazione sulla stessa. 2. In conclusione, l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio al Tribunale di Rovigo, che svolgerà nuovo giudizio senza incorrere nei vizi riscontrati. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Rovigo.