Richieste cortesi accompagnate da allusioni e minacce larvate: legittimo parlare di estorsione

Riprende vigore l’accusa nei confronti di un uomo, ritenuto membro di un clan mafioso. Necessario un nuovo giudizio sull’applicazione della custodia cautelare in carcere. Intanto, però, viene fatta chiarezza sulle caratteristiche peculiari di un’estorsione.

Richieste cortesi, in apparenza, ma accompagnate da minacce larvate, sono sufficienti per ipotizzare il reato di estorsione Cassazione, sentenza n. 8262/21, sez. II Penale, depositata oggi . Secondo l’accusa, l’imputato fa parte di un clan mafioso – occupandosi del settore degli appalti – e si è reso responsabile anche di diverse estorsioni. Consequenziale, secondo il Gip, la misura coercitiva della custodia in carcere. Questo provvedimento viene però cancellato dal Tribunale in funzione di giudice del riesame decisiva la presunta carenza di gravi indizi di colpevolezza, poiché i dialoghi captati non corroborano l’ipotesi accusatoria provvisoria , secondo il Tribunale. A contestare questa visione è la Procura, che presenta ricorso in Cassazione e pone sul tavolo il peso specifico di numerose captazioni per sostenere la solidità dell’accusa di associazione mafiosa ed estorsione . Per il Tribunale i dialoghi captati legittimano l’assunto che la persona indagata fosse stata esautorata dal sodalizio mafioso , e non è compiutamente definita la forma in cui sarebbero state poste in essere le ipotizzate pressioni in danno della vittima della tentata estorsione . Dalla Cassazione ribattono che, come osservato dalla Procura, alla luce delle intercettazioni è evidente il perdurante ruolo ricoperto dall’uomo nell’ambito del sodalizio criminoso . A questo proposito, viene sottolineato che dalle conversazioni ‘rubate’ emerge il ruolo dell’uomo come persona di rispetto e capace di ingerenze nel settore degli appalti , a conferma dell’ipotesi accusatoria secondo cui l’indagato ha svolto, all’interno del sodalizio, un ruolo attivo quanto al controllo ed alla ripartizione degli appalti . Per quanto concerne invece il capitolo delle estorsioni , i Giudici chiariscono che anche le richieste avanzate da un intermediario in termini di apparente cortesia, ma accompagnate da allusioni pur generiche ma comunque idonee, in un determinato contesto ambientale, ad ingenerare nella vittima il timore di rischi e pericoli inevitabili, in caso di mancata ottemperanza all’invito ricevuto, possono integrare il reato e, allo stesso tempo, non può dubitarsi che integri il delitto di estorsione la condotta consistente nella formulazione di minacce larvate od implicite, volte a far sì che la persona offesa rinunci ad intraprendere azioni legali oppure a coltivare azioni legali già intentate dal proprio dante causa . Fissati questi principi, i Giudici del ‘Palazzaccio’ riaffidano la vicenda all’esame del Tribunale, chiamato a valutare nuovamente la solidità del castello accusatorio e a decidere sull’applicazione della custodia in carcere nei confronti dell’uomo.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 14 gennaio – 2 marzo 2021, n. 8262 Presidente Cervadoro – Relatore Beltrani Ritenuto in fatto Il P.M. presso il Tribunale di Palermo ricorre contro il provvedimento indicato in epigrafe, con il quale il Tribunale di Palermo, in funzione di giudice del riesame ed appello in materia cautelare, ha annullato l'ordinanza con la quale il GIP del Tribunale dello stesso circondario in data 15 luglio 2020 aveva applicato a BR. AN. la misura coercitiva della custodia in carcere per i reati di cui agli artt. 416-bis condotta di mera partecipazione e 56/ 629, comma 2, cod. pen. per carenza di gravi indizi di colpevolezza, poiché i dialoghi captati non corroborano l'ipotesi accusatoria provvisoria. All'odierna udienza camerale è stata verificata la regolarità degli avvisi di rito all'esito, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe il difensore dell'indagato riportandosi alle note depositate , ed il collegio, riunito in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. 1. Il P.M. lamenta vizi di motivazione quanto al reato di cui all'art. 416-bis c.p. e violazione di legge quanto al reato di cui all'art. 629, comma 2, cod. pen., rilevando, sulla base degli atti d'indagine riepilogati, che il Tribunale non avrebbe considerato numerose captazioni che il P.M. aveva posto a fondamento della richiesta ed il G.I.P. aveva valorizzato lamenta, inoltre, che erroneamente sarebbe stata ritenuta la non configurabilità dell'estorsione. 2. Il Tribunale ha argomentato l'impugnata decisione osservando che - i dialoghi captati legittimerebbero l'assunto che l'indagato fosse stato esautorato dall'enucleato sodalizio, non che ne facesse tuttora parte - sarebbe rimasta non compiutamente definita la forma nella quale sarebbero state poste in essere le ipotizzate pressioni in danno della p.o. della tentata estorsione. 2.1. L'affermazione che i dialoghi captati legittimerebbero l'assunto che l'indagato fosse stato esautorato dall'enucleato sodalizio, e non ne facesse tuttora parte curando gli interessi del predetto sodalizio nel settore degli appalti, risulta frutto di travisamento di plurime captazioni. Come osserva il P.M. ricorrente, la conversazione n. 3303 del 13 giugno 2017 in relazione alla quale, alla stregua di quanto documentato dal P.M. - cfr. in dettaglio f. 3 del ricorso - non è ragionevole dubitare dell'identificazione nell'indagato dell'AN. del quale gli interlocutori discorrono dà chiaramente conto del perdurante ruolo ricoperto dal BR. nell'ambito dell'enucleato sodalizio qua ci pensa An. gli ho portato cinquecento Euro la dazione non risulta altrimenti convincentemente giustificata . Il metus promanante dalle condotte del BR. ed il fatto che fosse tuttora una persona di rispetto trova conferma nelle conversazioni n. 7786 del 30 agosto 2017, n. 7892 del 1. settembre 2017 e n. 8190 del 5 settembre 2017 tutte conversazioni aventi ad oggetto ingerenze nel settore degli appalti, il che legittima - almeno allo stato - l'ipotesi accusatoria secondo la quale l'indagato avrebbe svolto, all'interno del sodalizio, un ruolo attivo quanto al controllo ed alla ripartizione degli appalti. 2.2. L'affermazione che sarebbe rimasta non compiutamente definita la forma nella quale sarebbero state poste in essere le ipotizzate pressioni in danno della p.o. della tentata estorsione prescinde del tutto dal consolidato orientamento di questa Corte, da tempo ferma nel ritenere che integra la cd. estorsione ambientale quella particolare forma di estorsione che viene perpetrata da soggetti notoriamente inseriti in pericolosi gruppi criminali che hanno il controllo di un determinato territorio e che è immediatamente percepita dagli abitanti di quella zona come concreta e di certa attuazione, quand'anche attuata con linguaggio e gesti criptici, a condizione che questi siano idonei ad incutere timore e a coartare la volontà della vittima Sez. 2, sentenza n. 19724 del 20/05/2010, Rv. 247117 Sez. 2, sentenza n. 793 del 24/11/2020, dep. 2021, in motivazione . In applicazione del principio, deve ritenersi che anche richieste avanzate da un intermediario in termini di apparente cortesia, ma accompagnate da allusioni pur generiche, ma comunque idonee, in un determinato contesto ambientale, ad ingenerare nella vittima il timore di rischi e pericoli inevitabili, in caso di mancata ottemperanza all'invito ricevuto, possono integrare il reato in oggetto. Né può dubitarsi, per altro verso, che integri il delitto di estorsione, a seconda dei casi consumata o tentata, la condotta consistente nella formulazione di minacce larvate od implicite volte a far si che la persona offesa rinunci ad intraprendere azioni legali, oppure a coltivare azioni legali già intentate dal proprio dante causa. 3. L'ordinanza impugnata va, pertanto, annullata con rinvio al Tribunale di Palermo che colmerà l'evidenziata lacuna della motivazione del provvedimento impugnato e si atterrà al principio di diritto appena enunciato. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Palermo competente ai sensi dell'art. 309, co. 7, cod. proc. pen. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.